2021. Le sei volte di Luna Rossa

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Le sei volte di Luna Rossa

Tratto dal Giornale della Vela del 2021, Anno 47, n. 3, aprile, pag. 88/97.

Sono passati esattamente 24 anni da quella sera di febbraio del 1997 quando Patrizio Bertelli entrò nello studio di Frers e ne uscì pronto per fare la Coppa America. In mezzo ci sono state sei Luna Rossa, alcune di una bellezza accecante, altre meno. Ma tutte con lo spirito delle origini, quello della grande avventura italiana.

Chissà cosa stava pensando quel pomeriggio di febbraio del 1997 Patrizio Bertelli mentre camminava per le vie intorno al Duomo di Milano, diretto allo studio di German Frers. Inizia qui la nostra storia, la saga di Luna Rossa, in una fredda serata milanese. Forse era uno di quei giorni in cui anche a Milano d’inverno c’è il sole, quello che è certo è che qualcosa deve avere messo al patron aretino un po’ di voglia di evasione. Ma quel pomeriggio a Milano, nello studio di German Frers, Luna Rossa poteva benissimo non nascere. Patrizio Bertelli stava andando dal progettista per discutere le bozze del disegno di una barca da crociera. Quello che accade nello studio dell’argentino è una scena alla “sliding doors”. Bertelli entra con un’idea. German gliene propone un’altra. Il patron di Prada deve allora scegliere quale porta imboccare, se quella della sua idea, costruire una barca da crociera con cui viaggiare e continuare a fare qualche regata con altre barche. Oppure ascoltare la suggestione di Frers, progettare una barca per una sfida alla Coppa America. Cosa sarebbe successo se Bertelli avesse imboccato la prima porta non possiamo saperlo, sta di fatto che quella sera a Milano nacque Luna Rossa. Nessuno lo sapeva, ma sarebbe diventata la storia più lunga di un team, guidato da un solo uomo, nell’America’ Cup. Le sei volte di Luna Rossa.

La prima Luna Rossa, ITA 45, che ci portò diretti in Coppa America nel 2000 ad Auckland. E’ il “proiettile d’argento” di Doug Peterson che fece passare notti insonni agli italiani, incollati davanti alla TV.

Una magnifica ossessione

Una storia fatta di grandi vittorie ma anche di sconfitte cocenti, ma che comunque tanto ha dato alla vela italiana. Nessuno può dimenticare il boom della nautica di inizio 2000 subito dopo la Coppa America, e anche se i tempi sono cambiati c’è da scommettere che quest’estate ai prossimi corsi di vela per i più giovani ci sarà un bell’aumento delle iscrizioni. Tutto grazie all’intuizione che Patrizio Bertelli ebbe 24 anni fa, quella sera a Milano. Una magnifica ossessione. Un sogno sportivo che ha coperto adesso più generazioni, dato che a bordo della nuova Luna Rossa ci sono i figli dei ragazzi del 2000, come per esempio Matteo, il figlio di Ciccio Celon. Adesso a interessarsi alle regate c’è anche un altro Bertelli, Lorenzo, il figlio, ed è così che Luna Rossa si sta quasi tramandando generazione dopo generazione. La storia di questo team in Coppa America di fatto è un unicum, dato che, se contiamo anche la sfida che non è poi andata in porto per protesta contro Oracle, quelle di Luna Rossa sono adesso ben sei campagne di Coppa America. Nessun altro sindacato nella storia della Coppa è mai rimasto insieme per così tanto tempo, a parte proprio Team New Zealand. Ma l’America’s Cup è stata da sempre una contesa molto anglofona, come testimonia anche il nome che porta, e per questo l’impresa sportiva di un team latino come Luna Rossa è qualcosa che in futuro resterà ben scritta nella storia della Coppa.

È il 6 febbraio del 2000, dopo una vera e propria battaglia navale contro American One di Paul Cayard, Luna Rossa si aggiudica per 5-4 la finale sfidanti. Patrizio Bertelli alza la coppa piena di champagne e la rovescia in testa all’amico Antonio Marrai.

La prima Luna

Nel giro di poche settimane Bertelli costruì la lista dell’equipaggio e i contorni del sindacato. Per il timone una scelta precisa, il napoletano Francesco De Angelis, allora 37enne, che nel 1995 aveva vinto l’Admiral’s Cup con Brava ed era al vertice di molte classi One Design o box rules degli anni ’90. Ad affiancarlo alla tattica l’olimpionico Torben Grael, fresco vincitore dell’oro nella Star alle Olimpiadi di Atlanta. Nel team di progettazione entrò anche Doug Peterson. L’equipaggio radunava i migliori talenti italiani: Pietro D’Alì, Stefano Rizzi, Lorenzo Mazza, Ciccio Celon, solo per citare qualche nome, oltre che ovviamente un giovane Max Sirena, ai tempi 26enne e alla sua prima campagna in Coppa America. I lavori iniziarono a Livorno con l’arrivo delle prime barche “lepre”, poi il team si sposta a Punta Ala dove fa base alcuni mesi prima di trasferirsi ad Auckland. Nel 1999 proprio a Punta Ala viene varata la prima Luna Rossa, ITA 45, quella che vincerà la Louis Vuitton Cup e si andrà a giocare poi la Coppa America, preferita a ITA 48. La selezione sfidanti per l’America’s Cup del 2000 fu durissima, undici chellenger di cui almeno cinque partivano con l’obiettivo di provare a vincere la Louis Vuitton Cup. In finale, come nella trama di un film, sarà Cayard l’avversario da battere, l’amico di un tempo, il timoniere del Moro di Venezia. Ne venne fuori una serie senza esclusione di colpi, in acqua e ai microfoni dei giornalisti, vinta da Luna Rossa dopo un epico 5-4. Ma la barca italiana in finale di Coppa America restò stregata dalla “magia nera”, da quella Black Magic tanto sgraziata quanto innovativa e veloce. I kiwi avevano tirato fuori uno dei loro conigli dal cappello, e il 5-0 fu servito.

Un momento di spettacolare “circling” prepartenza alla Louis Vuitton Cup del 2003 ad Auckland. Un grande classico dei match-race su barche dislocanti. Se riuscivi a guadagnare la poppa dell’avversario e “ingaggiarti” con lui, lo mettevi in guai seri.

Il “peschereccio” del 2023

Nel momento in cui taglia il traguardo dell’ultima regata del 2000 Luna Rossa issa un guidone con su scritto “Arrivederci”. Proprio in quel momento la barca italiana diventava Chellenge of Record e si preparava a restare in Nuova Zelanda per preparare un’altra campagna. Le attese inutile dirlo erano altissime per il tentativo di rivincita. Il livello degli sfidanti si alzò ulteriormente, con l’arrivo di Alinghi e di Oracle, a cui facevano seguito altri sindacati di qualità come One World che fece molto male a Luna Rossa. Qualcosa non andò per il verso giusto. A capo del team progettuale fu messo l’esperto Doug Peterson a cui venne data grande fiducia, ma quando venne varata ITA 74 già dai primi allenamenti si capì che i conti non tornavano, e in regata nella prima alba italiana davanti alla TV si intuì subito che qualcosa nel mezzo non andava, tanto che la barca venne soprannominata “il peschereccio” per via del suo deficit di velocità. ITA 74, dopo il licenziamento di Peterson, fu pesantemente modificata, insieme con la sistership ITA 80, cosa che non impedì però a Luna Rossa di essere eliminata in semifinale contro gli americani di One World, che avevano al timone l’astro nascente James Spithill, appena 23enne e già alla sua seconda Coppa.

La Luna Rossa nel 2007 a Valencia, dove arrivò nella finale sfidantii persa con la “bestia nera” New Zealand. Si tratta dell’ultima Luna Rossa monoscafo (IACC). Poi arrivarono i multiscafi nel 2010 e la Coppa venne rivoluzionata.

La magica edizione del 2007

In Italia siamo nel pieno del boom della vela sull’onda dell’avventura iniziata nel 2000 da Luna Rossa. Un entusiasmo che esplode quando per la prima volta la Coppa America fa tappa in Italia nel 2004, per i Louis Vuitton Cup Acts organizzati da Alinghi a Trapani. Una serie di regate memorabili dove oltre allo spettacolo in acqua l’Italia e il capoluogo siciliano mostrarono tutto l’entusiasmo per la regata con un’enorme presenza di pubblico a terra e in mare. Fu il preludio della Coppa di Valencia del 2007, quella con addirittura 13 sfidanti, dove Luna Rossa si presentava con la novità James Spithill, che andò a sostituire De Angelis, il quale restò però lo skipper della barca italiana. Luna Rossa partì molto bene nei Round Robin, ma inizialmente sembrò leggermente inferiore agli americani di Oracle e ai neozelandesi durante la fase a gironi. La semifinale contro Oracle proprio per questo motivo rappresentava il momento della verità. La barca americana del magnate Larry Ellison con al timone Chris Dickson era uno scoglio non da poco, ma i miglioramenti della barca italiana uniti a una forma strepitosa di Spithill in partenza liquidano la questione velocemente con un perentorio 5-1. Memorabile la partenza in cui l’australiano rifilò ben due penalità all’avversario per un pre start che è restato nella storia del trofeo. La finale di Louis Vuitton Cup del 2007, contro Team New Zealand, è una delle ferite aperte: il secondo 5-0 ricevuto dai kiwi fa quasi più male del primo del 2000. Ci fu l’illusione alla vigilia di potersela giocare, e in effetti la prestazione contro Oracle si era rivelata confortante, ma i kiwi erano cresciuti enormemente nel frattempo e, con il favore di qualche regata poco brillante di Luna Rossa, la serie non ebbe storia.

L’equipaggio di Luna Rossa – per la prima volta con caschetti e abbigliamento da “alieni” – a bordo dell’AC72 nell’edizione 2013 della Louis Vuitton Cup nella baia di San Francisco.

La Luna indecisa del 2013

La Coppa entra a questo punto nel caos della disputa legale tra Alinghi e Oracle. Gli americani la vinsero in una surreale sfida a Valencia tra un trimarano, Oracle, e un catamarano, Alinghi e decisero di rimetterla in palio a San Francisco nel 2013 con una nuova classe di barche, gli AC 72, dei catamarani ad ala rigida molto complessi. Patrizio Bertelli si dimostrò più prudente che in passato, la crisi economica si faceva sentire a livello internazionale, e Team Prada imposta la sfida più per restare dentro il mondo Coppa che per essere competitiva. Furono solo 3 gli sfidanti, Luna Rossa si riuscì a liberare velocemente di Artemis ma non potè nulla contro Team New Zealand che si impose per 7 a 1 guadagnandosi la possibilità di sfidare in finale Oracle. Match che verrà ricordato come quello della grande rimonta americana da 1-8 a 9-8.

Un momento della sfida Luna Rossa-Team New Zealand a San Francisco nel 2013: vinsero i kiwi per 7-1.

La sfida incompiuta

Bertelli non ci sta e vuole provarci ancora, questa volta partendo con molto anticipo con una grossa ricerca progettuale. Oracle a questo punto annuncia per l’edizione un altro cambio di classe, con gli AC 62, e Luna Rossa parte subito a sviluppare il progetto. Ma gli sfidanti latitano, e il defender decise quindi di “virare” sull’AC 50, sempre un catamarano ma sensibilmente più piccolo, con molti elementi one design, cambiando ancora una volta le carte in tavola. Cosa che fece infuriare Bertelli che vedeva così come vana tutta la fase di sviluppo progettuale in avanzato stadio di sviluppo. Il resto della storia è nota. Il patron ritira la sfida, ma da il via libera a Max Sirena di trasferirsi da Team New Zealand e portare loro alcune delle innovazioni che il team italiano aveva immaginato, come i famosi grinder ciclisti per aumentare la produzione di energia idraulica per le manovre. Anche questa tecnologia fu decisiva per la vittoria dei kiwi a Bermuda, i quali dopo 14 anni di inseguimenti riportano la Coppa in Nuova Zelanda. Il rito della sfida lanciata sul traguardo dell’ultima regata viene ripetuto, e il 26 giugno del 2017 Patrizio Bertelli e Agostino Randazzo, Presidente del Circolo della Vela Sicilia, presentano ufficialmente la sfida per la 36ma America’s Cup, che si correrà nel 2020/2021 ad Auckland, in Nuova Zelanda, dove 20 anni prima tutto era cominciato. Il cerchio quindi, almeno idealmente si chiude con il ritorno nella terra dei Maori. Un’edizione questa contraddistinta da un nuovo cambio di barche, probabilmente l’ultimo per un po’ di tempo, che porta la Coppa America nel futuro. Se qualche anno fa qualcuno ci avesse raccontato che sarebbe nata una barca che con 12 nodi ne avrebbe fatto 35 di bolina, con un angolo a meno di 20 gradi, e sarebbe andata agilmente oltre i 40 in poppa, ci saremmo messi a ridere. Luna Rossa è riuscita con un team quasi tutto italiano, con tecnologie in grande parte appartenenti al nostro paese, ad interpretare questa nuova classe di barche al meglio. Lo spirito di squadra visto in acqua ad Auckland è quello che, anche se con sfumature molto diverse negli anni, ha sempre contraddistinto Luna Rossa ed è il motivo per cui la barca italiana scalda il cuore anche dei non velisti. Riuscire ad appassionare un paese intero 20 anni dopo la prima volta non è cosa da poco. È una storia unica.

di Mauro Giuffrè


NDR. L’edizione della Coppa America del 2021 vide il ritorno ai monoscafi e si gareggiò con barche della classe AC75. Luna Rossa, dopo avere vinto il torneo di selezione dei challenger (Prada Cup), sfidò nuovamente il Team New Zealand, ma venne sconfitta per 7-3.


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