Classic Boat Cult | RED ROOSTER, torna a nuova vita il cult firmato Carter
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Con le clamorose vittorie del Rabbit, di Tina e di Optimist, la seconda metà degli anni sessanta vede l’ascesa fulminea di un nuovo progettista, una figura a suo modo geniale, ma comparsa nel panorama senza apparente ragione e, meno che mai, senza che nessuno lo prefigurasse, nemmeno lui… Ovviamente, Dick Carter, matita geniale e chiave di volta verso la rivoluzione degli anni ‘70. Ma non è a lui direttamente che vogliamo guardare in questo suo articolo, bensì ad una sua creazione, un progetto tanto estroso quanto eccellente: Red Rooster.
Classic Boat Cult | RED ROOSTER, torna a nuova vita il cult firmato Carter
Perché tornare al 1969, tornare a Red Rooster? La risposta è presto offerta: Red Rooster, dopo un lungo periodo di ricerca e contrattazioni, ha avuto garantita la sua sopravvivenza e, presto –così come il Rabbit prima di lui– sarà oggetto di un importante refit. In attesa che questo avvenga, però, eccovi la storia di uno tra i più ambiti progetti firmati Dick Carter.

Red Rooster – le origini
Dopo il successo del Rabbit (1965), Carter riceve commissioni in tempi record, diventando, peraltro, una delle figure coinvolte per la stesura della nascente International Offshore Rule. In rapida successione, seguono così Tina e Optimist, cui si aggiungono vari impegni legati alla serie. Ma a fine anni ‘60 Carter disegna una barca per sé, e questa, nuovamente, sarà una spariglia carte.
Tendenzialmente, Carter nasce come velista, prima che progettista, e per lui uno, e uno soltanto, è l’Everest cui ambire: il Fastnet. E, così come fu per il Rabbit, è questo cui guarda quando imbastisce Red Rooster. Nel 1967 ci fu in realtà un altro tentativo alla famosa roccia d’Irlanda, Rabbit II, una partecipazione, però, non particolarmente fortunata. Da qui, però, l’idea, un impeto: le geometrie variabili, ovvero quello che poi nel Noryema (VII) –erede di Red Rooster– diventerà la dicitura VGX > Variable Geometry Experiment. In poche parole, la pinna zavorrata basculante, una risposta all’attrito causato dalla pinna di deriva nella tratta dal Fastnet a Plymouth, principalmente corsa sotto venti portanti.

Proprio come nel caso di una deriva, il concetto prevedeva una scassa interna in grado di consentire il basculare della pinna sull’asse obliquo longitudinale, portandola dalla posizione “corretta” fino ad essere completamente ritirata. Il vantaggio? Maggiore pescaggio e performance in bolina, resistenze ridotte e maggiori velocità nelle andature portanti. Se la risposta è semplice, la relativa realizzazione, però, non lo è affatto: ci sono da risolvere problemi di equilibrio dello scafo a deriva abbassata e alzata, di stabilità con mare formato a deriva alzata, per non parlare del meccanismo necessario per alzare e abbassare una pinna necessariamente zavorrata. Per rendersi la vita ulteriormente difficile, Carter opta per un’ulteriore complicazione: anche la la pala del timone sarà mobile, componente che, di conseguenza, comportato che questa sia necessariamente comandata da una barra. Neanche a dirlo, Red Rooster si rivelò un successo eclatante.

Red Rooster – esordi
Finito in fretta e furia, Red Rooster festeggia il suo varo il 13 Luglio 1969. Meno di una settimana dopo, per la sua messa a punto ufficiale, partecipa alla Cowes-Dinard: sarà primo in II Classe IOR. Il maggior pescaggio in bolina e gli attriti ridotti alle portanti si rivelano subito una scelta azzeccata. Ma per capire quanto, non servirà aspettare a lungo. Solo pochi giorni dopo arriva la Channel Race, la prima prova valida per l’Admiral’s Cup. Qui, nella regata a squadre, Red Rooster segna il secondo, appena dietro l’australiana Ragamuffin.

In men che non si dica, Carter è di nuovo a raccogliere risultati. Britannia Cup, 30 miglia: Red Rooster è terzo; New York Yacht Club Challenge Cup, 35 miglia: primo. Qui, arriva il Fastnet.
Complessivamente, prova si dimostra favorevole alle barche più grandi, eppure, il primo in classifica generale è Red Rooster, che domina così come fece il Rabbit 4 anni prima. Ragamuffin, secondo, è staccato di oltre un’ora e un quarto, Phantom, inglese, è dietro tre ore e quaranta minuti… complici le altre barche della squadra, ben piazzate, Red Rooster fa il miracolo: la squadra americana conquista la Coppa, la seconda per Carter…

Red Rooster – il post-Carter
Dopo una seconda eclatante vittoria all’Admiral’s, inevitabilmente, la Carter Offshore diventa il focus di ogni attenzione e, Red Rooster, diviene incompatibile con la mole di lavoro e messo in vendita. Prima, però, una crociera francese in famiglia, tanto lungo quanto la costa quanto i canali –grazie alla peculiare deriva basculante e al ridotto pescaggio.

Red Roster è così venduta, e portata in California dalla nuova proprietà, con l’idea di regatarci nella Transpacific Race –da Los Angeles a Honolulu– manifestazione prevalentemente nota per i venti portanti, ideali per una barca a deriva mobile. Da qui, però, si perdono tutte le tracce di Red Rooster, che ricompare solo negli anni ‘90, rientrata in Francia, ora nelle mani di un nuovo armatore, Jean-Jaques Roscian, che la porterà poi nelle Filippine.

Qui, interamente riverniciata in bianco, Red Rooster rimane in stato di semi abbandono fino all’agosto 2025, quando, dopo infiniti tentativi, David Carter riesce finalmente a ottenere la proprietà dello scafo, a breve destinato a rientrare in patria per un meritatissimo restauro.

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