1998. Slocum, il primo a girare il mondo da solo. A fine Ottocento

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Slocum, la leggenda

Tratto dal Giornale della Vela del 1998, Anno 24, n. 09, ottobre, pag. 94/99.

La storia di Joshua Slocum, il primo marinaio della storia ad aver circumnavigato il globo in solitario nel 1895, a 51 anni. La barca si chiamava Spray, era lunga 11 metri, l’altezza sottocoperta era di poco più di un metro. Ci mise tre anni.

Joshua Slocum. Nonostante una vita in mare, tra avventure e peripezie di ogni genere, il celebre navigatore non imparò mai a nuotare.

Fu il primo uomo a circumnavigare il globo in solitario. Si chiamava Joshua Slocum e da cent’anni il suo nome è scritto nella storia della vela.

Nell’epoca dei viaggi nello spazio, della clonazione e della realtà virtuale, poco è rimasto sul nostro pianeta che non sia stato fatto prima. Se oggi molti di noi possono realisticamente sperare di realizzare il sogno di una crociera intorno al mondo, qualcosa devono anche a Joshua Slocum, il primo uomo a circumnavigare il globo su un piccolo yacht, per giunta in solitario. L’eccezionalità della sua impresa sta in un complesso intreccio di elementi: il primato, la barca, la solitudine ma in buona sostanza tutto si può ricondurre alla straordinaria personalità dell’autore. Nel secolo scorso, dopo una vita di lavoro in mare, si ringraziava Dio per essere ancora vivi e ci si disponeva a un meritato riposo. Nel 1895, a 51 anni di età, Joshua Slocum invece, per amore o per forza prendeva un’altra strada: una strada lunga 46 mila miglia che nell’arco di tre anni lo portò col suo Spray in ogni angolo del mondo gettando le basi di un mito che resiste ben saldo all’attacco del tempo.

Una vita in mare

Slocum – americanizzazione del cognome paterno Slocombe – nasce in Nuova Scozia il 20 febbraio 1844 da una famiglia di quaccheri inglesi immigrati nel nuovo mondo da diverse generazioni. Benché la vocazione per il mare fosse frequente sia fra gli Slocombe che fra i Southern (la famiglia materna), per Joshua sembrava prospettarsi una soluzione diversa. Lo zio Joel, un gigante sempre di ottimo umore, era giudice di pace, mentre il padre John, altrettanto imponente ma piuttosto scorbutico, era diacono metodista. Dopo uno sfortunato tentativo di coltivare la terra la famiglia Slocombe scambiò la fattoria dove era nato Joshua con un negozio di stivali da marinaio dove, secondo i progetti del padre, Joshua avrebbe dovuto trascorrere il resto dei suoi giorni. Costretto a lasciare la scuola per lavorare in negozio, il giovane Slocum scoprì ben presto che la vita di bottega non faceva per lui; così, dopo che in un eccesso d’ira il padre distrusse un modellino di nave cui stava lavorando, Joshua, non ancora dodicenne, fuggì di casa per diventare un marinaio. Imbarcato su di una goletta di St. Mary Bay come cuoco, si fece le ossa per quattro anni imparando il difficile mestiere di pescatore: poi, nel 1860, morta la madre, mise il suo sacco su un veliero diretto a Dublino tagliando i ponti con la terra natale. Da questo momento, Joshua salì tutti i gradini della rigorosa gerarchia navale dell’epoca dimostrando una disposizione per le cose di mare al di sopra del comune. Entrando a Dublino il pilota di turno chiese al capitano di mettere al governo il miglior timoniere: toccò a Joshua e certo non fu un errore.

Joshua Slocum nacque in Nuova Scozia,  il 20 febbraio 1844.

Una carriera “convenzionale”

Durante i primi due anni di Lungo Corso Slocum recuperò il tempo perduto in negozio preparando l’esame da secondo ufficiale nelle guardie franche, fra un turno e l’altro. Leggere fu sempre una sua grande passione, di scienza come di letteratura. A 18 anni fece il primo viaggio da tenente, spendendo i pochi risparmi per un almanacco e un sestante d’ebano con la graduazione in avorio. Per 25 anni fece una carriera convenzionale nella marina mercantile, se convenzionale si può definire una vita che non lo vide mai a terra per più di qualche mese, a spasso per tutto l’Estremo Oriente, l’Australia e l’America. Nel 1869 il suo primo comando, una goletta: poi brigantini, navi, piroscafi e persino una cannoniera. La sua vita in mare divenne un libro d’avventure con racconti di tempeste, naufragi, ammutinamenti, ma anche di isole tropicali, amicizie e soddisfazioni professionali. Legato alla famiglia quanto al mare, sulle sue navi imbarcava anche moglie e figli, tra cui Victor che fu suo primo ufficiale e poi capitano. In quegli anni la grande vela era al declino, l’acciaio prendeva il posto del legno sugli scafi e il vapore scalzava alberi e pennoni dalle rotte di lungo corso. Slocum non aveva nulla in contrario a comandare un piroscafo ma quando le sue sostanze gli permisero di diventare armatore, scelse un piccolo tre alberi armato a nave l’Aquidnek.

Uno sfortunato incidente cambia tutto

I sogni di tranquillità del capitano si incagliarono su un bassofondo davanti a Guarakasava, dove la nave spezzò la chiglia lasciando Slocum con la moglie e due figli in Sud America senza un dollaro in tasca. Piuttosto che elemosinare un passaggio su qualche postale decise di costruire da sé una imbarcazione per tornare a casa. Varata il 13 maggio 1888, giorno in cui gli schiavi del Brasile furono dichiarati liberi la chiamò Libertade. Il viaggio gli procurò una certa fama, ma trovare un buon comando era sempre più difficile così, quando l’amico Eben Pierce gli offri in regalo una nave da ristrutturare, Joshua accettò di buon grado. La “nave”, come lo stesso Slocum disse, «non era altro che un vecchissimo sloop chiamato Spray, che i vicini dicevano fosse stato costruito nell’anno “uno”. Era accuratamente puntellato in mezzo a un campo e ricoperto da un telone, a qualche distanza dall’acqua salata.». «Lo demolisce, suppongo» chiese un passante, «no, lo ricostruisco» rispose Slocum. L’intenzione era di utilizzare lo Spray per la pesca ma dopo una stagione fallimentare si fece largo nella fantasia del capitano l’idea di un viaggio intorno al mondo. È difficile sostenere che Slocum non pensasse fin dall’inizio a una speculazione commerciale sul suo progetto. Si era accorto del grande interesse suscitato dal viaggio della Libertade e probabilmente sperava in un ritorno pubblicitario o editoriale.

A sinistra, lo Spray. A destra, Slocum.

Una lezione indimenticabile

Il valore della sua impresa non può essere tuttavia minimamente intaccato da considerazioni di questo tipo. Nel 1898, al suo ritorno da 3 anni intorno al mondo, Slocum fu accolto in patria come un eroe. In mare aveva dimostrato capacità straordinarie e le stesse capacità dimostrò a terra tenendo conferenze e pubblicando la storia del suo viaggio a puntate su diverse riviste. In uno stile chiaro e sintetico, come un giornale di bordo, Joshua lascia una lezione indimenticabile su come andar per mare: con umiltà, competenza e una certa dose di umorismo. Nel 1909, a 65 anni, dopo aver ristrutturato lo Spray nei cantieri del grande Nat Herreshoff a Bristol, Rhode Island, in previsione della consueta crociera invernale a Grand Cayman, Slocum prese il mare per non fare più ritorno. Il mistero della sua scomparsa non è mai stato chiarito. Per il figlio Victor le ipotesi sono quattro: affondamento in una tempesta (la meno verosimile perché sia Joshua che lo Spray erano in perfetta forma), un incendio, una caduta in mare (Slocum non aveva mai imparato a nuotare), e infine una collisione notturna, forse la più probabile considerata l’abitudine del capitano di stare pochissimo al timone. Evidentemente il suo legame con il mare non poteva prevedere un destino diverso. Il suo testamento sta tutto in una frase, l’ultima del suo libro: “Dovunque la mia nave navigasse, i miei giorni furono felici”.

Il mito dello Spray

Il mito dello Spray, come quello del suo comandante, ha affascinato diverse generazioni di appassionati di mare: ma che razza di barca era mai questa che navigava da sola, per migliaia di miglia, senza bisogno di alcun intervento sul timone? Benché sia passato alla storia come yacht, lo Spray era a tutti gli effetti una barca da lavoro. Servì per la pesca alle ostriche lungo le coste del Delaware prima ancora che Slocum nascesse. Misurava poco più di 11 metri per 4,25 di larghezza, aveva un’altezza sottocoperta di 1.25 metri, una stazza netta di 9 tonnellate e una lorda di 10,5. Visto con gli occhi di oggi sembra quasi un bastimento: la ruota di prora, di quercia canadese, era capace di spaccare il ghiaccio e in effetti spaccò in due uno scoglio corallino alle isole Keeling senza riportare che una minima scalfittura. Lo Spray fu ristrutturato con un sistema tuttora molto in voga per le barche d’epoca: ricostruendo ogni pezzo e sostituendolo all’originale, così che quando Slocum lo rimise in mare era una barca completamente nuova. Braccioli e ordinate erano di quercia piegati a vapore in una marmitta usata come caldaia. Il fasciame era di pino della Georgia spesso tre centimetri e mezzo e la coperta di pino bianco, inchiavardata a bagli di pino giallo. L’armo a sloop aurico, con un albero in spruce del New Hampshire, fu modificato a yawl nella Terra del Fuoco. La nuova attrezzatura «lo migliorò solo in quanto riduceva le dimensioni di una randa piuttosto grande e facilitava un poco il governo di bolina». Il recupero costò 153 dollari, 62 centesimi e tredici mesi di lavoro.

Come si navigava sullo Spray

Slocum stava al timone soltanto il minimo indispensabile: nelle duemilasettecento miglia fra Thursday Island e le Keeling Cocos, in ventitré giorni di traversata rimase alla barra per circa un’ora. Questa straordinaria stabilità di rotta era dovuta in parte alle qualità della barca e in parte al mestiere del suo comandante che cercò con pazienza il giusto assetto fino a trovare un perfetto equilibrio. “Col vento in poppa non usavo la mezzanella, la imbrogliavo sempre. Col boma tutto ben allascato fuori ed il vento a due quarte dall’anca, lo Spray si manteneva perfettamente in rotta. Non ci misi mai molto a trovare quanta barra ci voleva per mantenerlo in rotta e allora legavo la ruota in quella posizione. La randa lo portava ed il fiocco cazzato piatto in centro… aumentava molto la sua capacità di mantenersi in rotta. Un robusto alabasso per ammainare il picco era necessario, altrimenti non sarei riuscito ad ammainare la randa con vento forte. La quantità di timone necessaria a governare dipendeva dalla forza e dalla direzione del vento. Sono particolari che si imparano presto con la pratica. Dirò brevemente che di bolina con vento leggero lo Spray orzava poco o niente. Quando il vento aumentava andavo in coperta e giravo la ruota del timone di una caviglia o due sopravvento e la fermavo di nuovo o, come dicono i marinai, la rimettevo nella sua ritenuta e la lasciavo stare, come prima”.

Il lungo viaggio dello Spray.

Il giro intorno al mondo

Lo Spray partì da Boston a mezzogiorno del 24 aprile 1895 e, deciso per un viaggio intorno al mondo, seguì il percorso che il suo capitano reputava più favorevole per un veliero di quelle dimensioni. Inizialmente Slocum pensava di fare rotta per levante anziché per ponente, passando per il canale di Suez. Diresse così verso le Azzorre, e poi per Gibilterra, ma, alle porte del Mediterraneo, cambiò idea e prese una rotta a lui più familiare toccando il Brasile, l’Uruguay, l’Argentina e raggiungendo il Pacifico attraverso il canale di Magellano. Da qui con pochi scali verso le Marchesi, le Samoa e l’Australia. E ancora in mare alla volta del Sudafrica, dei Caraibi e infine degli Stati Uniti. L’8 maggio 1898, diretto verso casa, tagliò la rotta che aveva percorso nel viaggio di andata e alle una del mattino del 27 giugno 1898 diede fondo nel porto di Newport dopo una crociera lunga oltre quarantaseimila miglia, della durata di tre anni, due mesi e due giorni.

di Fabio Vespa


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