1988. Come si diventa il Paganini della vela, parla il “fenomeno” Torben Grael

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Benvenuti nella sezione speciale “GdV 5o Anni”. Vi stiamo presentando, giorno dopo giorno, un articolo tratto dall’archivio del Giornale della Vela, a partire dal 1975. Un consiglio, prendete l’abitudine di iniziare la giornata con le più emozionanti storie della vela: sarà come essere in barca anche se siete a terra.


Volare al lasco

Tratto dal Giornale della Vela del 1988, Anno 14, n. 07, dicembre-gennaio, pag. 45/47.

Ha 25 anni, brasiliano, ha appena vinto le Olimpiadi con la Star. Andava il doppio più veloce degli altri. Storia di Torben Grael artista della vela che diventerà beniamino degli italiani con la prima Luna Rossa nel 2000.

Lo hanno Chiamato “Paganini” perché sente il timone come un violino: Un “fenomeno”, perché nessuno aveva mai visto niente del genere. Alle Olimpiadi ha stupito il mondo, Si chiama Torben Grael, ha 25 anni, è brasiliano di Rio. Con la sua Star in poppa e al lasco a Pusan era molto veloce. Quanto? Due volte gli altri. Saltando imprendibile da un’onda all’altra in una planata senza fine è entrato nella leggenda infliggendo distacchi impensabili a campioni acclamati. La sua storia è ancora giovane, e noi ve la raccontiamo in esclusiva: la comincia in Olanda un nostro grande campione, Giorgio “Dodo” Gorla.

“Era l’ultima prova a Medemblick, questa primavera. Nell’anno delle Olimpiadi, a Medemblick vengono proprio tutti per la Spa regata. È una specie di campionato mondiale, ci sono 8 metri di vento. Sono le condizioni mie e di Alfio. Siamo veloci, partiamo liberi. È una buona bolina. Alla boa c’è solo l’americano Ed Adams campione del mondo Star lo scorso anno a Chicago, davanti. Il primo lasco è piuttosto largo, quasi una poppa. Sono nell’onda di Adams, incollato a lui senza perdere un metro. Strambiamo, il secondo lasco è ovviamente molto più stretto, sulla Star è una delle andature più difficili, sono molto impegnato. Alla boa con la coda dell’occhio ho fatto in tempo a vedere che il primo degli inseguitori, cento metri più indietro, è il danese Jensen, un giovane che viene dal Laser, normalmente abbastanza bravo al lasco. Sono molto concentrato ora, il mio sguardo è fisso sulla prua, non posso guardare indietro e del resto neppure mi interessa; Jensen è bravino, d’accordo, ma non mi ha mai recuperato cento metri in un solo lasco. Abbiamo passato da poco metà del lato, Adams è sempre lì, quasi impossibile superarlo, ma intanto non guadagna, segno che la nostra velocità non deve essere tanto male. Ecco, sento il rumore di un’onda alle mie spalle, lo riconosco è il rumore di una Star, non voglio voltarmi, penso che non è possibile che ci stiano riprendendo, so di essere andato veloce. Sono piuttosto arrabbiato, chiedo ad Alfio come è possibile che Jensen ci abbia preso tanto vantaggio, lui risponde: guarda che non è mica Jensen, è il fenomeno! Ora mi volto, è vero, alle mie spalle c’è la Star di Torben Grael. Salgo all’orza per difendermi. Non mi supera, è vero (vorrei anche vedere!), ma non avevo mai visto una Star andare tanto più veloce delle altre al lasco”

Torben Grael e Giorgio Gorla.

All’improvviso è arrivato il fenomeno

Dodo Gorla, campione mondiale Star 1984, europeo 1985 e 1987, cinque volte campione italiano e due medaglie di bronzo olimpiche nell’80 e nell’84, tutto nella classe Star e sempre con Alfio Peraboni a prua, mi ha raccontato questa storia a Pusan, alla vigilia delle Olimpiadi 1988. Chi è andato in Star sa che ben difficilmente un timoniere riesce a prevalere nettamente sugli altri in un’andatura come il lasco, in genere sono favoriti quelli che arrivano alla Star dal Finn che dimostrano più sensibilità nel riuscire a portare la barca strapoggiata. I campioni in questo campo sono stati il tedesco Alex Hagen che tra il 1981 e il 1983 ha vinto di tutto nella classe, mondiale, due europei, due europei di primavera con il fortissimo Vincent Hoesch a prua. Quando Hagen si involava al lasco era indubbiamente il più veloce, un gradino sopra gli altri. Ottimo è sempre stato anche Albino Fravezzi, indipendentemente dai molti prodieri che ha avuto. Fravezzi era specialista della poppa, una tattica raffinata e una grande sensibilità gli hanno sempre consentito grandi performances. Ma dietro Hagen e Fravezzi, negli ultimi anni si sono affacciati una serie di timonieri completi, bravi in poppa come di bolina; difficilissimi e rari diventavano i capovolgimenti di fronte, chi vira davanti di bolina generalmente ci resta, sia che si vada in poppa che al lasco. Di questo gruppo di timonieri fanno parte gli americani Cayard, Brun, Reynolds e Adams, il nostro Gorla, i tedeschi Hellmich e Griese, il canadese McDonald. Poi d’improvviso è arrivato il “Fenomeno” Torben Grael. Altezza normale, non troppo muscoloso, capelli neri corti e folti, sempre allegro con un gran sorriso come biglietto da visita. Questo è il “Fenomeno” a terra. Nella classe Star si comincia a parlare di lui nel gennaio di quest’anno a Buenos Aires dove si disputa il campionato mondiale. Grael ha una barca in affitto e poco competitiva, ma nelle poppe e nei laschi comincia già a volare. Dieci, anche quindici barche recuperate in un solo lato, ma di bolina è ancora lento, in classifica generale sarà quinto, un risultato eccezionale, commenteranno i velisti presenti, ma è ancora troppo poco per salire alla ribalta.

Un giovane in grande crescita

Le Olimpiadi si avvicinano e Grael gira il mondo per fare esperienza. A Medemblick in Olanda non entra nei primi tre, ma ormai i suoi avversari pensano con terrore al giorno che imparerà a portare la barca di bolina. A partire da giugno in quaranta giorni il Fenomeno Grael vince i titoli brasiliani di Star, Soling, 470 e Laser. Mica male. Il suo problema resta ancora una Star competitiva per le Olimpiadi, ma la fortuna lo aiuta. Il cantiere Lillia sta preparando una barca per Gorla. Le tolleranze della classe consentono minime variazioni e il nostro timoniere di punta in compagnia di Peraboni ha optato per una barca che offra i migliori spunti al lasco. Il ragionamento degli italiani è semplice: “siamo già molto forti di bolina, ci conviene avere una barca veloce al lasco dove soffriamo di più”. Successivamente la Fiv acquista una barca del cantiere Folli, la Lillia di Gorla “pensata” per il lasco resta disponibile, quale occasione migliore per Fenomeno Grael! La Lillia è sua ed egli vola a Pusan rinfrancato. Per lui non è neppure la prima volta, ha già partecipato ai giochi olimpici nel 1984 a Los Angeles nei Soling e si è anche portato a casa la medaglia d’argento strappata proprio nell’ultima prova dal collo del norvegese Usterud incredibilmente squalificato per pumping. Ma allora, ricorda Gianluca Lamaro che rappresentava l’Italia nei Soling, “Grael era un buon regatante, non un fenomeno. E con lo spinnaker non ricordo di avergli mai visto fare cose pazzesche” Sulla Star però è un’altra cosa. A Pusan sono previste sette regate di prova prima del via ufficiale. Fenomeno comincia a scaldare i motori, e a specializzarsi anche. La sua velocità migliore la sviluppa quando c’è da mettere su il tangone del fiocco. Prima, nelle andature di bolina e al lasco stretto, è ancora controllabile. E poi a Pusan c’è pane per i suoi denti, il Mar del Giappone che bagna il Sud della Corea è molto agitato e spazzato da correnti fortissime. Quelle di Pusan in particolare viaggiano a circa tre nodi di velocità (una intensità mostruosa paragonata a quelle mediterranee) nella direzione opposta al vento. Il risultato è che le boline diventano cortissime (perché la corrente spinge verso la boa) e i laschi sembrano non finire mai (con la corrente contro). Fenomeno è scatenato. Di bolina è migliorato, ma neppure troppo. Alla prima boa nelle regate di prova gira sempre tra il decimo e il quindicesimo posto, dopo i due laschi è sempre nei primi cinque, nella seconda bolina mediamente perde un paio di posizioni e nella poppa torna al vertice. Le sue credenziali sono in rialzo, lentamente ma inesorabilmente tutti cominciano ad indicarlo come il favorito numero uno.

Grael veleggia al lasco durante le ultime Olimpiadi.

Lo spettacolo ha inizio

Il giorno della prima regata ufficiale si avvicina, e i gommoni degli allenatori cominciano a seguirlo da vicino per scoprire i suoi segreti. Lo facciamo anche noi, Fenomeno Grael osservato dall’esterno sembra lo scopritore dell’acqua calda. Quando arriva una raffica in poppa tutti i derivisti sanno che si deve poggiare il più possibile, che ogni metro guadagnato sottovento corrisponde a un metro guadagnato verso la boa. Fenomeno non fa altro che questo. Insegue le onde strapoggiato, la sua prua è sempre più bassa di quella dei suoi avversari, la randa in mano per pompare e colpi di schiena. Le oscillazioni della sua barca sono molto vistose, in alto l’albero compie un grande arco, il tangone sfiora l’acqua da un lato, e il boma fa altrettanto dall’altro. Tutto questo si chiama “rocking” ed è espressamente vietato dal regolamento di regata con la regola 54.2 (e), pensa qualcuno in malafede; ma non è vero, quando il vento supera i 10 metri al secondo, è perfettamente legale. Fenomeno ha semplicemente la mano più sensibile dei suoi avversari, mantenere la barca strapoggiata è un’arte, e il piccolo brasiliano riesce a farlo meglio degli altri. Cominciano le Olimpiadi. Nella prima regata Fenomeno sembra aver trovato l’ispirazione giusta anche di bolina. Vira quinto alla prima boa, in due laschi vola al comando bruciando proprio il tedesco Alex Hagen. Il vecchio re del lasco cede il suo scettro al nuovo. Fenomeno vince in scioltezza la prima regata. Tornando a terra i più pessimisti vedono già chiuso il discorso della medaglia d’oro. Si sbagliano. Le boline a Pusan sono corte, è vero. Ma difficilissime. Il vento salta. Anche per Fenomeno, che nella seconda regata gira la boa della prima bolina tra gli ultimissimi (sono ventuno in gara) e con distacco. All’arrivo sarà settimo, ed è già un miracolo. Alla sesta regata l’episodio decisivo. Fenomeno è nettamente in testa alla classifica provvisoria con un primo, due secondi, un settimo e un undicesimo. Ci sono quattordici metri al secondo di vento. Alex Hagen gira primo la boa di bolina con trenta metri di vantaggio sul gruppo guidato dal danese Jensen e dal veterano austriaco Hubert RaudaschI. Fenomeno è intorno al decimo posto, ha fatto un’altra delle sue “per-niente-momorabili” boline. Fosse l’Hagen dei tempi d’oro, la regata sarebbe finita, nei due laschi distanzierebbe tutti sino a rendersi imprendibile. Ma questa è un’altra storia. La fama di Fenomeno è già talmente grande che chi gli è davanti si volta continuamente indietro preoccupato. Alla strambata è quinto, l’inglese Mc Intyre che poi vincerà la medaglia d’oro, per fermarlo lo porta sino a prua al vento. I due urlano, litigano, è una umiliazione farsi superare sopravvento, l’inglese lo sa bene, ma quando puggiano di nuovo, Fenomeno ha il turbo inserito.

Traiettorie a regola d’arte

Dalla barca con la quale seguiamo vicinissimi la regata, il team leader della squadra russa Velentin Mankin, uno dei più grandi velisti di tutti i tempi con le sue tre medaglie d’oro e una d’argento vinte, lo ammira estasiato e spiega la sua superiorità: “E’ come Paganini, tiene il timone come si impugna un violino. Le sue traiettorie sono arte. Non lo si può spiegare, è l’istinto del fuoriclasse, è il più grande spettacolo di queste Olimpiadi!” Fenomeno oggi è grandissimo, Hagen sente il suo fiato sul collo. Spiegherà a terra: “Ho cominciato presto a voltarmi per vedere dove era. Quando è stato vicino ho cercato di ripetere le sue traiettorie. Un errore incredibile. Mi sono sentito come un principiante al cospetto di un campione. E forse era davvero così, lui ha girato per primo la boa, io per cercar di far quello che faceva lui, quarto, completamente nel pallone, tanto che ho finito la regata schiantandomi mure a sinistra contro il rappresentante delle Virgin Island”. Fenomeno intanto è ancora alle prese con quel lato tanto insidioso per lui che è la bolina. Torna al quinto posto. Ma il lato di poppa con quel popò di vento e le onde che ormai superano i tre metri di altezza, è qualcosa da raccontare ai nipoti. Vai Fenomeno! Con Mankin che ripete “fantastico, fantastico..” il piccolo brasiliano si immette nella corsia di sorpasso. Vede l’oro a portata di mano, anzi di schiena a giudicare da come si spenzola. Plana senza smettere mai, arriva in testa, forse sarebbe il momento di navigare in modo più conservativo, di non rischiare più tanto, ma sarebbe come aver detto a Luis Armstrong nel mezzo di un assolo di risparmiare il fiato. Non frena Fenomeno, continua il suo “rocking” forsennato e scendendo da un’onda infila il tangone in acqua rompendo la crocetta di sinistra. Per continuare la poppa non c’è problema, e poi la boa è anche vicina, ma per la bolina sarà possibile solo navigare mure a dritta.

Valentin Mankin: è stato lui a paragonare Grael a Paganini.

A un passo dalla medaglia d’oro

Gira primo la boa, Fenomeno, e come previsto si mette a navigare con il vento dalla parte destra, passa il timone a Nelson Falcao che è accucciato fuori. Sale sull’albero e per mezz’ora, seguito sul suo bordo solitario da decine di binocoli, cerca di riparare la crocetta con una stecca, con una legatura. Non c’è niente da fare. Fenomeno torna in porto con il sogno dell’oro svanito in un’onda. A terra crediamo di trovarlo distrutto, ma lui seduto in barca mentre smonta l’albero, sorride a tutti raccontando quel che è successo. Quando passiamo accanto a Gorla ripete ancora la storia che ormai deve aver raccontato cento volte e che ha sempre lo stesso finale, la perdita della medaglia d’oro ormai sicura. Ma guardando Gorla trova il modo di chiedergli se vuole scambiare la cerata italiana con la sua brasiliana, perché i colori della nostra gli piacciono molto. Fenomeno in tutto! Una disavventura del genere avrebbe spezzato il cuore di più di un velista, ma lui è anche capace di perdere con questa signorilità. Le Olimpiadi del resto per lui finiscono qui, ormai scarico nell’ultima prova sarà capace di portare a casa soltanto la medaglia di bronzo anche se di lui si continuerà a parlare molto più del vincitore dell’oro stesso, l’inglese Mc Intyre. In porto, poi, alla fine di tutto, quando c’è da pensare solo a smontare le barche per infilarle nei container e tornare a casa, è ancora il tedesco Hagen ad avvicinare Fenomeno e dirgli testualmente: “Senti, tu mi spieghi come fai ad andare così forte al lasco, io ti spiego come si va di bolina, e vinciamo senza problemi i prossimi dieci campionati mondiali”. Fenomeno ride, propone allenamenti insieme. Ci allontaniamo per non essere indiscreti, in fondo è una conversazione privata. Però notiamo che Fenomeno continua a sorridere, l’impressione è che faccia davvero fatica a spiegare a parole il suo istinto di “uomo più veloce del mondo al lasco”.

di Luca Bontempelli


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