2021. Allarme! In pericolo la Posidonia, foresta del mare
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Posidonia, la foresta fragile del Mediterraneo
Tratto dal Giornale della Vela del 2021, Anno 47, n. 04, maggio, pag. 82/87.
La Posidonia il polmone che rifornisce di ossigeno il Mediterraneo sta scomparendo. Per salvare la foresta fragile dei nostri mari occorre mobilitarsi tutti. Perché ci sono accorgimenti e azioni che possiamo fare e sollecitare per salvare i mari. E noi stessi.
A chi naviga in barca a vela lungo le coste italiane può capitare d’imbattersi in una di quelle praterie di un verde acceso che spiccano dai fondali attraverso il blu del mare. A prima vista sembrano alghe, ma in realtà sono piante acquatiche e costituiscono non solo un habitat prezioso per le specie marine, ma esattamente come le foreste tropicali della terraferma attraverso la fotosintesi arricchiscono di ossigeno il mare, tanto da essere considerate il “polmone verde” del Mediterraneo. Stiamo parlando della Posidonia Oceanica, una pianta marina che a dispetto del nome scientifico vive solo nel Mediterraneo e cresce in pochi centimetri d’acqua fino a oltre 40 metri di profondità perchè come ogni pianta, anche sott’acqua. Nelle giuste condizioni la Posidonia forma radici, fusto, foglie e fiori e colonizza i fondali sabbiosi o ghiaiosi formando delle vaste praterie molto folte che superano le 700 piante per metro quadrato. Queste foreste verdi rappresentano gli ambienti naturali più produttivi del Mediterraneo. Al loro interno infatti offrono cibo e rifugio a circa 400 specie vegetali e 1.000 specie animali.
Una pianta preziosa che produce ossigeno e protegge i fondali
Le praterie di Posidonia rivestono poi un importante ruolo come barriera contro l’erosione dei fondali. Con le loro foglie infatti frenano il moto ondoso e le correnti, mentre il fitto intreccio di radici trattiene la sabbia e altri sedimenti. Anche quando muore la Posidonia continua a essere utile all’ambiente: le sue foglie trasportate dalle correnti lungo le nostre coste formano dei banchi che proteggono litorali e dune di sabbia dalle mareggiate. Ma la funzione più importante della Posidonia è che produce ossigeno: si stima che ogni metro quadrato di prateria in buona salute possa arrivare a liberare fino a 14-16 litri di ossigeno al giorno. Agisce in altre parole come un vero sistema biologico che regola l’assorbimento di CO2 nel mare e nell’atmosfera. Da tutto questo s’intuisce quanto la Posidonia Oceanica abbia uno straordinario valore per il Mediterraneo. Un valore però destinato a ridursi, se non corriamo presto ai ripari.
Minacciata da inquinamento, spiagge artificiali e pesca a strascico
Attualmente la Posidonia occupa il 3% del Mediterraneo che corrisponde a una superficie di 38.000 km2. Purtroppo però le sue praterie stanno scomparendo a vista d’occhio: i ricercatori stimano che nel Mare Nostrum negli ultimi 50 anni sia già sparito il 34% di Posidonia e la sua velocità di regressione è del 5 per cento all’anno. In pratica ogni 30 minuti perdiamo un’area ricoperta di Posidonia equivalente a un campo di calcio. Un allarme lanciato già nel 1990 quando la Posidonia è stata inserita nella lista rossa delle specie protette perché a rischio di estinzione. A minacciare il “polmone verde” del nostro mare sono l’inquinamento generalizzato, la presenza di microplastiche, ma anche la pesca a strascico e la costruzione di opere costiere, spiagge artificiali e dighe foranee che modificano il tasso di sedimentazione in mare. A tutto questo si aggiungono i cambiamenti climatici che provocano forti modifiche delle correnti marine e l’alterazione delle condizioni di temperatura, salinità e composizione del mare in cui la Posidonia vive. Il guaio è che questa pianta acquatica cresce molto lentamente, appena 2 cm l’anno, quindi tali perdite sono irreversibili, in quanto il recupero della Posidonia richiede diversi secoli.
Meno Posidonia vuol dire un Mediterraneo più povero
Perdere la Posidonia vuol dire avere un Mediterraneo più povero di ossigeno, salute e biodiversità. Il che si traduce anche in un danno economico che coinvolge l’intera collettività del Mare Nostrum: meno pescato per le industrie ittiche, una blue economy più sofferente, turismo nautico e balneare penalizzati. Senza contare i costi enormi della riforestazione dei fondali marini. Sapete quanto costa ricostituire un metro quadrato di prateria? Circa 800-1.000 euro. Per tutte queste ragioni le prateria di Posidonia sono considerate un ecosistema da salvaguardare dalla Comunità Europea e soggette a specifiche leggi di tutela che sono state ratificate anche in Italia, come la direttiva n. 43/92 CEE relativa alla “conservazione degli habitat naturali e semi-naturali e della flora e della fauna selvatiche”, ma anche la Convenzione di Berna del 1979 relativa alla “Conservazione della vita selvatica dell’ambiente naturale in Europa” e la Convenzione di Barcellona del 1995 per la protezione del Mediterraneo dall’inquinamento.
Ecco come noi diportisti possiamo salvarla
La tutela della Posidonia tuttavia non può passare solo attraverso leggi restrittive, ma entrare nella nostra coscienza ambientale. Anche noi diportisti possiamo contribuire, per esempio evitando, quando sostiamo in rada, di calare l’ancora su una prateria di Posidonia. L’ancora e la catena delle nostre barche a vela infatti con i loro movimenti continui causati da vento, correnti e moto ondoso hanno un forte impatto sulla prateria, perché ne strappano radici, fusti e foglie: considerate che ogni volta che si tira via l’ancora da una prateria di Posidonia in media si possono distruggere fino a 34 fasci di piante, ovvero circa un metro quadrato. Insomma per ormeggiare in rada in modo ecocompatibile e rispettoso della natura non resta che approfittare dei fondali di sabbia o di roccia.
Ancoraggi ecocompatibili e comportamenti green
Una volta gettata l’ancora su un fondale sicuro e senza Posidonia, noi diportisti possiamo poi mettere in atto altri comportamenti rispettosi di questa fragile pianta aquatica. È importante per esempio non scaricare in mare le acque nere e le acque grigie: ogni cabinato dovrebbe imbarcare due serbatoi dedicati per lo scarico responsabile in porto. Altra regola base del diportista “eco” è quella di non gettare rifiuti in mare, in particolare la plastica, così come detergenti, creme solari, olii, idrocarburi e altri liquidi tossici che andrebbero a contaminare il mare circostante e le praterie di Posidonia. Sarebbe bene infine non disturbare gli abitanti delle praterie verdi con rumori molesti o urti tra le foglie quando facciamo il bagno o ci dedichiamo al diving.

Scaricare la App Donia per evitare le praterie
Proprio per cercare di limitare il fenomeno degli ancoraggi distruttivi della Posidonia da parte di chi va per mare, recentemente la società Andromède Océanologie ha lanciato Donia (www.donia.fr), un’applicazione gratuita che permette ai diportisti e pescatori di individuare i siti di ancoraggio liberi dalle praterie così da non danneggiarle con ancore e catene. Disponibile su smartphone e tablet, la cartografia della App indica la natura del fondale, la profondità, la regolamentazione in mare, le immagini satellitari ma anche i porti e soprattutto le zone di ancoraggio. La precisione dei dati consente così agli utenti di ancorare lontano dalle praterie sottomarine, nel rispetto della legge e della salvaguardia degli ecosistemi marini.
Trapianto di Posidonia: è possibile?
Negli ultimi anni in Italia si è sviluppata l’idea di tutelare la Posidonia mediante interventi di trapianto in grado di accelerare la lenta colonizzazione di queste piante e favorire il ripristino dell’ecosistema degradato compensando i danni causati dalla costruzione di porti o infrastrutture costiere o dalla posa di cavi sottomarini. Il rimboschimento dei nostri fondali è già stato sperimentato a Civitavecchia dove sono stati trapiantati 10.000 metri quadri di Posidonia, ma lo stesso è avvenuto anche in Puglia, Calabria, Sicilia Sardegna, Toscana e Lazio. Non è semplice portare a termine il trapianto con successo perché i fattori critici sono tanti: i fondali donatore e ricevente devono avere caratteristiche molto simili di temperatura dell’acqua e di salinità, poi influiscono il moto ondoso, le correnti, la presenza di alghe, etc. Attualmente c’è un progetto finanziato dall’UE, Life Seposso (www.lifeseposso.eu) che sta valutando le tecniche più efficaci per il rimboschimento e sensibilizzando l’opinione pubblica sull’importanza della Posidonia. Chi distrugge, deve ricostruire, questo è l’assioma. Del resto qualcuno ha detto che un paese civile si distingue anche per il modo in cui tratta le proprie piante, comprese quelle marine come la Posidonia, che fanno respirare il Mediterraneo e con lui tutti noi.
di David Ingiosi
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