2013. Donald Crowhurst, la tragedia di un marinaio
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Donald Crowhurst, il sognatore
Tratto dal Giornale della Vela del 2013, Anno 39, n. 09, ottobre, pag. 84/89.
Donald Crowhurst per salvare la sua famiglia dalla bancarotta parte con un piccolo trimarano per la prima edizione della Golden Globe Race nel 1968, la prima regata attorno al mondo in solitario della storia. La drammatica vita di un uomo che al mare ha dato tutto.
Anno 1968, il giornale inglese Sunday Times lancia la prima regata intorno al mondo in solitario senza scalo. Alla partenza si presenta in cravatta un inglese sconosciuto. È impreparato, ma pronto a tutto per soddisfare il suo spirito di avventura e salvare la propria famiglia dalla bancarotta. Ripercorriamo la drammatica vita di un uomo che al mare ha dato tutto.
“Ci sono molte somiglianze tra portare una piccola barca e vivere. Parti del tutto impreparato, hai davanti un lungo viaggio che pensi non finirà mai. Conosci una serie di trionfi e di sconfitte. E d’un tratto ti rendi conto che quel che è fatto è fatto. Gli errori che hai commesso sono incancellabili”. E di errori, nella vita di Donald Crowhurst, ne vengono commessi tanti. È il 1968, l’anno precedente Francis Chichester ha circumnavigato il mondo in solitario e in Inghilterra scoppia la febbre dell’oceano. Il quotidiano Sunday Times lancia la sfida: il più veloce uomo a compiere il giro del globo senza scalo e senza assistenza vincerà un premio di 5000 sterline. Qualunque velista interessato deve partire con un proprio mezzo da un qualunque porto inglese entro il 31 ottobre 1968. Nove uomini accettano la sfida. Tra loro anche uno sconosciuto tecnico elettronico, Donald Crowhurst, appunto.
Un sognatore senza esperienza
Nato nelle Indie Britanniche nel 1932, Crowhurst trascorre in Asia un’infanzia solitaria. Quando con la famiglia si trasferisce in Inghilterra, perde presto il padre e inizia a lavorare come tecnico elettronico, fondando una propria azienda, ma barcamenandosi sempre tra diversi problemi finanziari. Velista dilettante, cerca di brevettare anche numerosi strumenti elettronici per la nautica, senza successo. L’impresa di Chichester colpisce la sua immaginazione e il premio in denaro proposto dal Sunday Times fa il resto: Crowhurst vuole partecipare alla Golden Globe Race. Il primo problema, non indifferente, consiste nel trovare una barca e per due mesi tenta con ostinazione di ottenere l’utilizzo del Gypsy Moth IV, il sedici metri di Chichester, che lo stesso baronetto inglese aveva indicato come “la barca peggiore con la quale navigare da soli”. Fallito questo tentativo, incredibilmente Crowhurst trova un vero e proprio sponsor per costruire una sua barca. È Stanley Best, costruttore di camper, completamente digiuno di nautica. “Mia moglie dice che dovevo essere impazzito. L’ho fatto, immagino, per il fascino di quell’idea, per la pubblicità e l’eccitamento e per la capacità di persuasione di Donald. A conti fatti, gira che ti rigira, bisogna proprio dire che era un uomo straordinario, e convincente quant’altri mai”, afferma Best anni dopo.

Una barca “rivoluzionaria”
Crowhurst è però in grande ritardo sugli altri concorrenti, già pronti a salpare e punta forte su un’idea: costruire un trimarano per sfruttarne la velocità e recuperare il tempo perduto. Non gli interessa essere il primo in assoluto, ma il più veloce, il che gli garantirebbe la vittoria del premio in denaro. Inizia così, in tutta fretta, la costruzione di Teignmouth Electron che scende in acqua a fine settembre. Il suo viaggio inaugurale, dal cantiere alla cittadina di Teignmouth, dalla quale Crowhurst intende salpare per l’impresa, fa capire quanto il progetto fosse raffazzonato: la navigazione prevista di tre giorni, è invece di due settimane. Inoltre, Crowhurst dimostra di non avere un grande piede marino, cadendo in mare per ben due volte.
Il pianto inascoltato
Crowhurst, a questo punto, ha solamente due settimane per mettere a punto la barca, la scadenza del 31 ottobre si avvicina inesorabilmente. Sul ponte del trimarano le provviste vengono ammucchiate quasi alla rinfusa, mentre una troupe della BBC segue ininterrottamente i preparativi. La storia di uno sconosciuto ed inesperto marinaio, spinta dai giornali e dalla televisione, sta accendendo la fantasia degli inglesi. Crowhurst, in cuor suo, sa che la barca non è pronta, e che nemmeno lui lo è. “Tesoro, sono molto deluso dalla barca, Non va bene. Non sono preparato”, confida alla moglie la notte tra il 30 e il 31 ottobre. “Se adesso rinunci, sarai infelice per il resto dei tuoi giorni?”, gli chiede Claire. Donald non risponde, ma scoppia a piangere. Piange fino al mattino, dormendo meno di cinque minuti. “Che sciocca sono stata”, ha confidato in seguito Claire. “Non mi sono resa conto che mi chiedeva di fermarlo. Era stato sempre così straordinario a rimettere a posto le cose nei momenti di crisi, che non immaginavo minimamente non potesse farlo ancora. E così non accolsi il suo richiamo. Che sciocca sono stata!”.

In cravatta alla partenza
Nel porto di Teignmouth una piccola folla si ritrova il giorno successivo a salutare quel l’uomo che, con indosso una cerata gialla e ancora la cravatta, si appresta a sfidare gli oceani. I problemi non tardano a presentarsi: la barca procede a una lentezza esasperante, percorrendo circa 60 miglia al giorno, meno della metà di quelle previste. Soprattutto, lungo la discesa dell’Atlantico, inizia a imbarcare acqua. Affrontare gli oceani del sud appare un suicidio. Lo sconforto si impadronisce di Crowhurst: tornando indietro, sarebbe stato rovinato, andando avanti, sarebbe morto. Anche a casa, in Inghilterra, l’entusiasmo si affievolisce, finché… finché non arriva un telegramma: “Sfrecciato verso sud, 243 miglia percorse in un giorno”. Improvvisamente il vento sembra cambiare, Crowhurst abbatte un record dopo l’altro, ogni risultato sembra nuovamente possibile, i giornali rilanciano la grande avventura. La rincorsa ai primi in classifica procede spedita, l’oceano Indiano viene attraversato in un lampo. Ma è tutto falso.

La grande finzione
Crowhurst in realtà non lascia mai l’Atlantico. Cosa avesse davvero in mente, iniziando a inviare false coordinate, non lo sappiamo. Quello che inizia come un tentativo di prendere tempo di fronte al fallimento, si trasforma con il passare dei mesi in una drammatica lotta con se stesso. Lentamente si avvicina alle coste del Sud America, dove inizia a farsi strada l’idea di aspettare l’arrivo dei concorrenti, per accodarsi a loro e fingere di portare a termine la regata. Ma anche questo piano fallisce. Crowhurst è costretto ad approdare in Argentina per riparare il rivestimento dello scafo. Quando riprende il mare, davanti a lui Robin Knox-Johnston arriva per primo in Inghilterra, ma Crowhurst appare, agli occhi di tutti, ancora in gara con Bernard Moitessier e Nigel Tetley per la circumnavigazione più rapida. A Crowhurst basta arrivare, non da vincitore, per evitare che i suoi libri di bordo vengano controllati dai giudici. Sarebbe comunque, agli occhi del mondo e soprattutto dello sponsor, un risultato positivo. Invece Bernard Moitessier, con un gesto che lo renderà immortale agli occhi dei marinai sognatori di tutto il mondo, quando ormai ha la vittoria in pugno, volta la prua verso sud e compie un altro mezzo giro del mondo senza scalo, fino a Tahiti. Nigel Tetley, dal canto suo, naufraga a 1000 miglia dall’arrivo. L’impensabile è accaduto, Donald Crowhurst è atteso in patria come un eroe, oltre 100mila persone sono pronte ad accoglierlo. Ma a bordo di Teignmouth Electron, ormai la pazzia divora la mente dell’inglese. Nelle ultime due settimane di navigazione, riempie i diari di bordo di 25mila parole deliranti. Le sue ultime annotazioni risalgono al primo di luglio. Il 10 luglio, il trimarano viene trovato abbandonato alla deriva al largo delle isole Bermuda e l’inganno del drammatico viaggio scoperto e rivelato al mondo. Il corpo di Donald Crowhurst non è mai stato ritrovato.

di Alessandro de Angelis
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