Les Voiles de Saint-Tropez 2025: trionfo italiano tra Maxi e Vele d’Epoca
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Si chiama Les Voiles de Saint Tropez ed è la festa della vela di fine estate, dove almeno una volta nella vita bisogna partecipare…se amate la vela. E quest’anno, passeggiando alle prime luci dell’alba lungo le banchine del Vieux Port, tra i 245 yacht ormeggiati per la 27ª edizione de Les Voiles, si sentiva risuonare la nostra lingua da ogni angolo. Non era solo suggestione: gli equipaggi tricolore hanno letteralmente fatto man bassa, portandosi a casa trofei su trofei in quella che è stata probabilmente la più italiana delle edizioni di sempre.
La fortuna del principiante (che principiante non è)
La storia più bella di questa edizione ha il sapore della Romagna e profuma di salsedine. Arriva da Enzo Pellizzaro, armatore del Solaris 60 Crazy Diamond, che ha dominato la categoria Maxi 5 vincendo tutte e cinque le regate disputate. Un risultato pazzesco, soprattutto se si considera che era la sua prima volta a Saint-Tropez. “È stata una settimana meravigliosa, non potevo chiedere di più,” ha commentato Pellizzaro, quasi incredulo. “Probabilmente è stata la fortuna del principiante!“. Fortuna, forse, ma anche tanto manico, condiviso con un gruppo di amici con cui naviga fin da bambino. La loro vittoria dimostra che a Les Voiles non contano solo i budget milionari, ma anche il cuore e l’affiatamento.
Ma l’onda tricolore non si è fermata qui. Nella classe regina, la Maxi GP, il wallyrocket 71 Django 7X di Giovanni Lombardi Stronati, con il leggendario Vasco Vascotto alla tattica, ha ingaggiato un duello mozzafiato con l’americana Vesper, vincendo per un solo punto in una lotta decisa sul filo di lana. E che dire di Twin Soul B, il Mylius 80 di Federico Lunardini, che ha tenuto a bada il campione in carica Lyra grazie anche alla classe infinita di Paul Cayard a bordo. Il trionfo italiano è stato completato dal secondo posto di Capricorno dei fratelli Del Bono tra i Maxi 1 e dalla vittoria di Yoru di Luigi Sala tra i Maxi 4.

Ma anche nelle barche d’epoca e classiche l’Italia si è fatta sentire: il Moro di Venezia di Massimiliano Ferruzzi ha vinto nella categoria IOR, mentre il 12 metri S.I. KZ5, con Tiziano Nava al timone, ha chiuso al secondo posto. E a completare la festa tricolore ci ha pensato anche il Corto Maltese di Michele Colasante, che ha messo tutti in riga nella combattuta classe IRC 4.

La diva del Golfo: Sua Maestà Atlantic
Se gli italiani hanno vinto, la scena se l’è presa tutta lei: Atlantic. La replica della goletta del 1903, con i suoi 64 metri di lunghezza e 300 tonnellate di peso, ha lasciato tutti a bocca aperta. Quando ha spiegato la sua “superficie velica da Hollywood”, come l’ha definita il capitano Fosse Fortuin, un’enormità di 2.600 metri quadrati di tela, un silenzio quasi religioso è calato sul golfo.

Per domare questo mostro sacro, Fortuin ha messo insieme un equipaggio di 30 persone che è un piccolo capolavoro di diplomazia internazionale: il velaio italiano Beppe Zaoli a curare la nuova, enorme randa da 820 m², e un manipolo di marinai olandesi del cantiere Talsma, “giganti nel loro campo” specializzati nel manovrare yacht classici in spazi ristretti. Il risultato? Una coreografia perfetta che ha regalato immagini indimenticabili. E il sogno continua: dopo i Caraibi, Atlantic tornerà in Europa per poi fare rotta verso il Pacifico nel 2027, con un programma che prevede Polinesia, Australia e Nuova Zelanda.
Il Rolex Trophy per la migliore Big Boat alla fine è andato a Cambria di Chris Barkham, ma Atlantic si è portata a casa qualcosa di più prezioso: il cuore di tutti gli spettatori.
Pride: la leggenda che non invecchia
Ma non sono stati solo i Maxi a regalare emozioni. Tra i Modern, la storia più affascinante porta il nome di Pride, lo storico Swan 44 della famiglia Grave che dal 1973 custodisce questo gioiello nero con un’attenzione maniacale. William Grave e il suo equipaggio hanno dominato la categoria IRC 3 vincendo anche la Coupe de la Ville de Saint-Tropez per il miglior Modern assoluto, confermando che il fascino di alcune barche è davvero eterno.
Non è un caso: Pride è la barca che nel 1981 sfidò il 12 metri Ikra dando vita alla prima Nioulargue, quella che poi sarebbe diventata l’anima di Les Voiles. Una storia travagliata quella di questo Swan 44 firmato Sparkman & Stephens: dopo anni di semi-abbandono vicino a Saint-Tropez quando l’armatore storico Dick Jayson smise di regatare, la barca venne salvata nel 2005 da Alfonso Vesentini, che se ne innamorò perdutamente. “Inviai una lettera d’amore a Dick Jayson, dicendo che una barca con quel pedigree DOVEVA continuare a navigare,” ricorda Vesentini in una nostra intervista in occasione del edizione 2023 de Les Voiles de Saint-Tropez.

Nel 2013, dopo la morte di Dick Jayson, la barca passa alla nipote Gillian Graves e al marito Will, grande velista con esperienza anche in Coppa America con Dennis Conner. È proprio Will che ha voluto il refit integrale completato nel 2023 presso il Shipyard & Marina Sant’Andrea di San Giorgio di Nogaro, con il progetto dello Studio Cossutti: nuovo piano velico, coperta razionalizzata, albero in carbonio 2,3 metri più alto dell’originale. Lavori perfetti e rigorosamente Made in Italy.
Quest’anno la famiglia Grave ha voluto dare una marcia in più ingaggiando Steve Benjamin, campione del mondo Etchells e medaglia olimpica nel 470 nel 1984. Il risultato? Una settimana praticamente perfetta, con il peggior piazzamento che è stato un secondo posto. Un dominio totale in una delle categorie più affollate, con 33 barche in gara.
Lo spirito (e i protagonisti) di Les Voiles
Perché il segreto di questo evento sta tutto qui: nel mix unico tra competizione ai massimi livelli e un’atmosfera rilassata che non ha eguali. Come diceva Patrice de Colmont, l’inventore della Nioulargue da cui tutto è nato: una regata al giorno e poi tutti a terra a far festa. E lo spirito del Club 55 è più vivo che mai.
Lo si è visto nella serata organizzata dal nuovo partner, Edmond de Rothschild, dove i velisti si sono sfidati a bocce tra un bicchiere di rosé e l’altro. Tra gli ospiti d’onore, anche Charles Caudrelier, fresco vincitore della Route du Rhum. Osservando le manovre delle barche d’epoca, ha confessato: “Non ho mai navigato su una barca Classica! Ma trovo affascinante il lavoro dell’equipaggio, la coordinazione. È una vera coreografia“. Lui, abituato a gestire gli 11 membri dell’equipaggio sui Volvo Ocean 65, guardava con ammirazione i 20 velisti impegnati sui Maxi e sui Classic.
E la banchina era da Oscar! Paul Cayard, Torben Grael, Mauro Pelaschier e persino Sua Maestà Re Frederik X di Danimarca. Senza dimenticare personalità come Pier Luigi Loro Piana, Ariane de Rothschild e Marie Tabarly, che hanno dato a questa edizione quel tocco di classe in più che solo Les Voiles sa regalare.

Un finale col botto
Questa 27ª edizione, definita da molti “una delle più equilibrate e fotogeniche di sempre”, si è conclusa con un finale spettacolare. L’ultimo giorno, raffiche a 55 nodi hanno spazzato il golfo, costringendo gli equipaggi a raddoppiare gli ormeggi e l’organizzazione a improvvisare la premiazione al riparo di Place des Lices. Un finale da film per una settimana da sogno, chiusa dai magnifici fuochi d’artificio sul golfo che hanno illuminato a giorno le silhouette delle barche più belle del mondo
Les Voiles de Saint-Tropez 2025 passerà alla storia come l’edizione del trionfo italiano, ma anche come la conferma che certi luoghi e certi eventi hanno un’anima. Un’anima dove “le più belle regate sull’acqua si sposano con la migliore atmosfera a terra”. Appuntamento al prossimo anno, per un’altra pagina di storia della vela.
Giacomo Barbaro
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