Alla scoperta della storia del designer Thomas Tison

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In occasione dei 50 anni del Giornale della Vela, le grandi eccellenze del mondo della vela si raccontano e svelano i loro progetti. In questa rubrica scoprite tutte le aziende e le persone che hanno fornito un importante contributo all’articolato mondo della vela, che permette a tutti noi di andare per mare, in ogni forma e contesto.

In questa puntata, vi portiamo alla scoperta della storia e delle novità di Thomas Tison, la cui filosofia di progettazione è mettere al centro la cultura, in ogni sua forma.


Le mie barche fuori dal coro e dal tempo

Elida, il 48 piedi (15 metri) in legno e carbonio in azione all’ultima Admiral’s Cup. La barca, progettata da Thomas Tison, è stata realizzata impiegando tavole di un particolare tipo di legno, quello del Sitka, la cui rigidità verrà incrementata con una serie di fasce continue in carbonio e l’utilizzo esclusivo di resina epossidica.

Viaggio alla scoperta della storia del designer Thomas Tison, delle sue strane barche in legno e carbonio e della sua filosofia di progettazione che mette al centro la cultura. In ogni sua forma.

Lo abbiamo rincorso per un po’ di tempo – impegnato com’è tra le sue barche decisamente fuori dal coro (presto arriverà il suo daysailer L’Été) e la Coppa America – ma finalmente lo abbiamo “braccato”, Thomas Tison. Uno dei designer francesi più originali e sulla cresta dell’onda. Quando lo incontriamo è raggiante, perché il 48 piedi che ha progettato, Elida, in legno e carbonio (sic!) ha appena concluso un Fastnet quasi perfetto, secondo nella categoria Admiral’s 1, davanti a “bolidi” come il wal-lyrocket51 Django e a vari TP52. E ha voglia di parlare.

Chi è Thomas Tison e cosa fa oggi?
È qualcuno che è nato con il pallino dell’evoluzione tecnologica, della velocità, della bellezza e il Mediterraneo nella sua anima. Sono queste le quattro “colonne” su cui baso il mio lavoro e le mie scelte, anche di vita. Oggi vivo a Villefranche-sur-mer, tra Nizza e Monaco, dove ho il mio studio (Thomas Tison Yacht Design & Engineering, ndr) e presto anche il mio cantiere. Il nostro team è composto da un gruppo di sei specialisti principali che coprono ogni area della progettazione di una barca. Lavoriamo su tre differenti “aree”: una è quella dei progetti che io chiamo di architettura navale avanzata, come l’America’s Cup, le barche da regata, i foiler, lavori per la Difesa dove le tecnologie vanno avanti spedite. La seconda area è la nostra “Timeless Collection”, che è la nostra produzione di barche che mixano costruzione artigianale e alta tecnologia: una vera gamma di “alta fascia”. E poi ci sono i superyacht e gli barche custom sopra i 16 metri, sia a vela che a motore. Per il resto, la mia vita è piuttosto semplice, mi piace la guida sportiva, navigare a vela, sciare, giocare a tennis e passare del buon tempo con i miei amici…

Elida vista di poppa durante l’Admiral’s Cup 2025. Photo: James Tomlinson.

Il tuo primo contatto con l’acqua?
Avevo pochi mesi di vita. Sono cresciuto sulla punta dell’Ile de Re, un’isola di fronte a La Rochelle. La mia famiglia viveva qui otto mesi l’anno, a poche centinaia di metri dal mare. Avevamo molte barche: in giardino, sulla spiaggia. Ho avuto un’infanzia felice, immaginatevi un bambino che scorrazzava a piedi nudi tra barche e garages… Ogni giorno potevamo scegliere tra varie derive e barche più grandi: per la pesca, o per la vela. Mio nonno amava navigare, ho imparato da lui: non ricordo quante barche avesse pure lui! Le barche erano l’argomento di conversazione di famiglia, per tutto il tempo! Poi, naturalmente, ho passato molto tempo a fare crociere, regate e a costruzione di barche: un ciclo costante ed eterno per me!

Quando hai deciso che avresti fatto il designer?
Da (molto) giovane. Ero affascinato ogni anno dalle novità sul mercato delle barche. Sempre più veloci, più belle: alcune, poi avevano un’aura quasi magica. Ci sono barche che sono così belle che non osi nemmeno avvicinarti, e penso che questa sensazione mi abbia fatto sorgere la domanda su chi ci fosse dietro. Se scopri la vela, non puoi non chiederti chi sono i grandi progettisti dalle cui matite nascono le barche! Prima dei 10 anni, avevo già imparato la nozione di “centro di gravità” sui libri di architettura navale, molto prima che a scuola. Crescendo, ho suonato musica classica ad alti livelli, ma a 18 anni ho deciso di allontanarmene e trascorrevo le 10-12 ore giornaliere che avrei impiegato a suonare a progettare barche. Non avevo voglia di studiare, così mandai una e-mail a Juan Kouyoumdjian, che sapevo essere in città. Ma lui era agli inizi, non era ancora il “nome” che è oggi. Così iniziai a costruire barche in un cantiere locale, come dipendente: lì capii che era meglio studiare. Mi sono trasferito a Southampton per studiare yacht design, e dopo un anno sono tornato da Juan K. Una grande esperienza per me: lo studio era impegnato nella progettazione dei leggendari VOR 70 ABN Amro, dopo la vittoria della Volvo Ocean Race nel 2007 l’intero ufficio fu “assoldato” dai team di Coppa America a Valencia, me incluso. Sono tornato a Southampton dopo la America’s Cup un paio di anni dopo per finire la mia laurea. Poi, ho studiato Ingegneria Aerospaziale e ho iniziato a frequentare il corso di Economia alla London School of Economics, ma a un certo punto ho realizzato che non avevo più bisogno di studiare e ho fondato ufficialmente la mia azienda.

Il designer francese Thomas Tison è conosciuto per le sue barche “fuori dal coro” che mixano tradizione e tecnologia. Ha alle spalle anche quattro campagne di Coppa America: la prima con Mascalzone nel 2007, l’ultima con INEOS con cui ha vinto la Louis Vuitton Cup.

La tua esperienza musicale ti ha aiutato anche nel tuo lavoro?
Oggi suono ancora musica classica 10-12 ore a settimana. Progetto barche con lo stesso “mindset” con cui approccio la pratica di uno strumento musicale, cercando sempre una certa perfezione e bilanciamento.

La tua filosofia di progettista, in poche parole.
Il mio obiettivo è ispirare le persone, mostrare una via diversa: come esseri umani, secondo me dobbiamo sì sforzarci di portare qualcosa di “singolare” sul tavolo. Ma senza sforzarci troppo. Il bello di proporre qualcosa di singolare e semplice è che non toglie nulla agli altri, non c’è competizione, rende la vita più bella per tutti… Nel tempo, poi, ho scoperto che mi piace immaginare il futuro. Questo è il focus della nostra divisione di architettura navale avanzata… Giocare con la nozione del tempo, sia portando il futuro ai giorni nostri che il passato nel presente. Questa è la mia ricetta per creare qualcosa di diverso, senza influire sulla funzionalità, che sulle barche a vela non deve mai venir meno. Le barche devono navigare bene.

Mascalzone Latino durante Louis Vuitton Cup. Photo: Marco Trovati.

Perché il legno?
Il legno è sempre stato presente nella mia vita. Da giovane navigavo a bordo di un bellissimo yacht in legno, tutto in mogano verniciato. Dall’altro lato, i miei nonni avevano una fabbrica piuttosto grande di mobili, che dovettero chiudere: memore di ciò, mai e poi mai avrei voluto costruire barche in legno. Il legno nella vela era emblema di costruzione amatoriale, tradizione, lentezza: nulla di ciò mi interessava. Ma un giorno, mi fu chiesto di ingegnerizzare la struttura del Dream Symphony, un 141 metri progettato da Dykstra, interamente in legno. Passo dopo passo, ho trovato la quadra e ho capito che avrei potuto creare qualcosa di interessante con il legno. È nato così il metodo di costruzione Exoskin che ho sviluppato e che usiamo ancora oggi con le nostre barche. Il legno porta il calore che amo e la preziose finiture ci costringono a comportarci in modo diverso in fase di progettazione. Quando costruiamo una barca in legno dobbiamo piegarlo. C’è una tendenza naturale a essere molto più attenti ai dettagli e gli angoli acuti spariscono durante il processo di progettazione… Spesso, oggi, le barche a vela più costose rappresentano anche i progetti peggiori: una logica assurda, da cui cerchiamo di fuggire con barche come Elida e poi L’Été. La mia idea è che le barche, oggi, dovrebbero essere almeno allo stesso livello dell’ambiente in cui vivono. Una barca della nostra gamma “Timeless” è come indossare uno smoking. E’ questo quello che mi piace…

Quali sono le “pietre miliari” della tua carriera?
Partiamo dal passato prossimo. Vedere Elida battagliare per la vittoria nella sua categoria al Fastnet è stato splendido. Ogni America’s Cup a cui partecipi, poi, è una grande “milestone”: vedi subito sul campo gli sforzi compiuti in fase di progettazione. Con INEOS (il team inglese di Coppa America, ndr) ero l’architetto responsabile per la costruzione, l’affidabilità, e l’innovazione dietro alcuni dei sistemi e vincere la Louis Vuitton Cup mi ha reso più che felice. La Coppa America non è solo vela. È competizione di design, spionaggio, battaglie tra team e personaggi straordinari. Se vuoi la vela pura, invece, quella oggi è il SailGP. Oggi non aspetto altro che l’avvio del cantiere dove presto costruiremo le nostre barche: design e costruzione oggi devono andare di pari passo… Quest’anno, poi, mi è piaciuto molto navigare sul Classic Yacht del 1908 Mariska e organizzare i record di percorrenza mediterranei che abbiamo settato (2 ore e 50 da Sanremo a Villefranche). Veleggiare sul Mariska era uno dei miei sogni da bambino e riunire persone per navigare in un’atmosfera piacevole è un mio obiettivo per i prossimi decenni. Spesso pianto semi come questi, e poi li lascio crescere… E questo aspetto credo che crescerà.

La mastodontica struttura del 141 Dream Symphony, che ha dato il via all’idea di Tison della costruzione in legno. Il progetto è di Gerard Dykstra, Tison ha curato l’ingegnerizzazione.

Cosa ti ha insegnato l’esperienza di Coppa America?
È molto raro trovare un posto sulla terra dove le migliori risorse sono lì per sviluppare e progredire. Quando costruisci una barca normale, solo una frazione del budget va al design, ma qui stiamo parlando di moltiplicare il valore della barca e una settimana in più di design può fare la differenza tra perdere o vincere l’America’s Cup. All’inizio, durante la mia prima America’s Cup a Valencia con Mascalzone Latino, ho anche scoperto quanto fosse importante la costruzione per progettare le barche migliori. Non puoi progettare un foil se non sai di cosa è fatto. Non puoi aggiungere altre finestratute se non capisci i carichi in mare… Questa interfaccia tra design e quella che chiamiamo architettura strutturale è al centro del mio lavoro e le due combinate sono ciò che è comunemente conosciuto come architettura. Ora c’è più di uno scambio tra ciò che porto all’America’s Cup e ciò che l’America’s Cup porta a me. Ad esempio, una ricerca che abbiamo fatto sul nostro Mini 6.50 prototipo è stata applicata a INEOS Britannia…

I designer (passati e presenti) che ti hanno ispirato?
Sono più ispirato da artisti (James Tissot nella pittura, il polistrumentista francese French Kiwi Juice nella musica), dalla cultura mediterranea e da designer o architetti al di fuori della vela (Zaha Hadid, Norman Foster). Ma sicuramente guardo all’eredità di Herreshoff o Fife per studiare come affrontavano alcune situazioni. Entrambi avevano il loro cantiere navale, entrambi erano coinvolti nell’America’s Cup e quindi sono un’ispirazione per me come persona più che come progettista…

Gli interni futuristico-classici di L’Été.

Domanda d’obbligo. Progetti futuri?
Presto lanceremo commercialmente una deriva foiling e, tra tutti i progetti, questo è quello che attendo con maggiore impazienza. Perché non arriverà solo con progressi tecnologici, ma anche con un’innovazione finanziaria e con un design che racchiude tanta cultura. Riportare la cultura nella vela è fondamentale oggi, è gratuita e rende il mondo molto più piacevole per tutti. Non vedo l’ora anche di vedere L’Été prendere vita, la nuova America’s Cup e i superyacht che vedranno la luce in cinque anni…



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