2003. L’amore di Gianni Agnelli per la vela e le sue barche
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Buon Vento Avvocato
Tratto dal Giornale della Vela del 2003, Anno 29, n. 02, marzo, pag. 48/52.
Se ne va un grande appassionato di vela, l’Avvocato Gianni Agnelli. Il Giornale della vela lo ricorda attraverso le sue incredibili barche, i momenti e gli uomini che hanno segnato la sua passione. E svela come nacque Azzurra, quando disse “Si facciamo la Coppa America italiana”.
Gianni Agnelli e la vela: un amore a prima vista. Da vero intenditore, da autentico esteta. Barche, momenti e uomini che hanno segnato la sua grande passione.
L’ultima dichiarazione che Gianni Agnelli ha rilasciato sulla vela, due mesi prima di andarsene, l’ha dedicata al Team Prada. A fine novembre. Luna Rossa aveva appena battuto la svedese Orn nella seconda regata di ripescaggio dei quarti di finale. L’Avvocato, però, guardava già oltre: “Credo che per loro sarà sempre più difficile andare aranti. Quando una barca cambia la prua vuol dire che ha problemi seri”. Un affermazione in puro stile Agnelli: breve, sicura e indiscutibilmente precisa. Per di più rilasciata in un momento, l’unico, in cui per l’equipaggio di De Angelis le cose cominciavano finalmente ad andare meglio. In molti. onestamente. Avevano pensato che poi, una volta giunta in semifinale, Luna Rossa sarebbe stata eliminata. Nessuno, però, aveva avuto il coraggio di sbilanciarsi senza paura come l’Avvocato. Tante volte le sue affermazioni erano pesanti come sentenze. La vela da timonare, prima con i suoi Agneta, Capricia, il 12 metri Tomahawk e poi con i maxi Extra Beat e Stealth, e la vela da vedere come la Coppa America erano per Agnelli alcune delle passioni più forti, come quella per la Ferrari e la Formula 1, sicuramente meno sbandierate di quella per il calcio e la Juventus. Quella per l’America’ Cup lo travolse negli anni Sessanta, quando chiese addirittura al suo amico John Fitzgerald Kennedy (immortalato insieme a lui e Beppe Croce mentre segue le regate a Newport in una celebre foto) di aiutarlo nel far accettare al New York YachtClub, detentore della brocca d’argento, una sfida italiana. I tempi non erano evidentemente ancora maturi e tale onore era riservato solo ad australiani e inglesi. Quella richiesta a Kennedy, tuttavia, venti anni dopo ebbe un seguito. “Per un Paese come l’Italia è importante essere presente in Coppa America e fare bene” era la convinzione di Agnelli.

Tutti in corso Marconi
“Fu l’Avvocato a far partire definitivamente il progetto di Azzurra – ricorda Cino Ricci – nella primavera del 1981. Vallicelli gli chiese di mettersi in contatto con Agnelli, al quale poteva richiedere un colloquio attraverso Walter Mandelli, allora consigliere di Umberto Agnelli, oltre che armatore dei Vanina dei quali Ricci era skipper. Partii con la mia macchina da Forlì per andare a trovarlo nel suo ufficio, all’ultimo piano della Fiat a Torino, in Corso Marconi 12”. Agnelli ascoltò in silenzio Cino Ricci che parlò di filato per un’ora intera. Poi, guardandolo dritto nelle palle degli occhi, gli disse: “Va bene, la facciamo questa Coppa America”. Alzò il telefono sulla sua scrivania e chiamò Montezemolo che si trovava al primo piano, chiedendogli di salire. “Scrissero subito una lista delle persone e delle aziende da coinvolgere nel progetto – continua Ricci – tra questi c’erano lveco, Cinzano, Barilla e altri ancora”. Poi. Agnelli chiese a Ricci con che circolo velico pensava di lanciare la sfida. “Lo Yacht Club italiano” rispose lo skipper. “No, quelli non tireranno mai fuori una lira. Conosco io un giovane entusiasta”. Così, per la seconda volta, Agnelli alzò il telefono e chiamò l’Aga Khan. Non lo trovò perché questi si trovava in Africa, ma l’Avvocato aveva deciso: Azzurra avrebbe regatato per lo Yacht Club Costa Smeralda.

Carisma e astuzia
Anche Pasquale Landolfi ricorda come l’interessamento in prima persona di Agnelli fu determinante per la nascita di Azzurra: “Incastrò tutti già alla prima riunione”. Quel primo incontro avvenne nella tarda primavera del 1981 nella sede della Fabbri Editori, vicino a Linate, Milano. “L’Avvocato arrivò in elicottero ed era molto interessato al fatto che io fossi riuscito ad acquistare il 12 metri Enterprise dal New York Yacht Club. Allora non era come oggi, comprare una barca usata da uno yacht club che aveva vinto la Coppa America non era facile”. Avendo la sensazione che dopo quella prima riunione molti degli industriali presenti non si sarebbero più fatti vedere o avrebbero passato troppo tempo a prendere una decisione. Agnelli usò la sua astuzia e il suo carisma. “Propose a tutti di firmare immediatamente una fideiussione di 250 milioni a testa – ricorda divertito Landolfi – lo chiese con un fare molto facile e tranquillo che nessuno dei presenti se la sentì di fare brutta figura e tirarsi indietro davanti all’Avvocato, magari contrariandolo”. Così parti definitivamente l’avventura di Azzurra, nella quale Agnelli non si espose mai più di tanto, lasciando in primo piano l’Aga Khan. “L’Avvocato era uno con troppi interessi per seguire un progetto di tre anni quanti ne richiede una campagna di Coppa America – spiega Landolfi – nei progetti a lunga scadenza lui si annoiava. Per il suo ritmo di vita, tre anni erano trecento per una persona normale. Era un amante della vela, ma la interpretava come il maestro Von Karajan, che usciva in barca tra un concerto l’altro. Agnelli si costruì poi le sue barche per divertirsi, come lo Stealth, sul quale usciva però due ore per poi risalirei magari due mesi più tardi.

Un regalo alla Marina Militare
Che Agnelli fosse un vero amante delle sue barche è fuor di dubbio. Nel 1993 donò il suo Capricia alla Marina Militare. Un gesto di stima verso il Corpo che dedica la sua attività al mare, ma sicuramente anche di grande affetto nei confronti della sua barca, che avrebbe sofferto nel vedere nelle mani di qualcun altro (quando vendette Extra Beat impose al suo nuovo armatore, un ricco industriale statunitense, di non venire mai a navigare in Mediterraneo). “Il Capricia è stato perfettamente conservato così come ce lo ha consegnato dieci anni fa l’Avvocato ed è utilizzato come barca scuola e per l’attività addestrativa in giro per il mondo – racconta il Comandante Angelo Lattarulo – è uno scafo molto veloce, è inserita nel circuito AIVE e vince ancora molte regate”. Questa voglia di Agnelli di bruciare tutto, la testimonia anche Cino Ricci: “Da Azzurra in poi, l’Avvocato e io ci siamo frequentati per molti anni. Sono andato spesso a dormire a casa sua e siamo andati a vedere le partite della Juventus. Abbiamo viaggiato molto, anche in Portogallo e in Spagna, dove andavamo in barca sui suoi Capricia, Agneta ed Extra Beat. Si stava via solo un giorno, due al massimo. L’Avvocato era un tipo sbrigativo, voleva l’adrenalina, amava la barca sbandata, le manovre in condizioni difficili. Se c’era vento si usciva in mare, altrimenti si tornava a casa. A lui non piaceva ciondolare nella bonaccia, la barca non gli piaceva per leggere un libro come magari faceva Gardini. Anche a Newport, quando eravamo lì con Azzurra, noi uscivamo tutto il giorno in mare per allenarci. Alle volte lui veniva con noi e faceva giusto un paio di bordi. Poi, vestito solo con jeans e maglietta, saliva in coperta, salutava, si tuffava in mare e si faceva raccogliere dal motoscafo che ci seguiva. Un giorno, si portò un suo amico americano che, però, era vestito di tutto punto. Lui. come al solito, dopo qualche virata si tuffò in mare e se ne andò. L’americano mi chiese dove era andato Agnelli. A casa, gli risposi. Allora mi domandò fino a quando saremmo rimasti fuori in mare e io gli dissi: Fino a stasera. Così anche quel poveraccio dovette buttarsi in mare con tutto il bel vestito e farsi recuperare dal motoscafo per tornare a terra con l’Avvocato”.

La simpatia per Soldini
Le battute di Agnelli resteranno sempre famose. Anche quelle rivolte a Giovanni Soldini. Straordinaria fu quella fatta dopo che il navigatore italiano salvò la francese Isabelle Autissier dal naufragio nel corso della terza tappa dell’Around Alone: “Soldini e l’unico uomo capace di trovare una donna anche in mezzo all’oceano”. Un’altra battuta: “Mi piacerebbe andare in barca con lui, ma temo che lui preferisca andare da solo”. Un riferimento all’attività di navigatore solitario di Soldini. “A me sarebbe piaciuto molto andare in barca con l’Avvocato, ma purtroppo non ci siamo mai riusciti per via dei rispettivi impegni” confessa Soldini, che ogni tanto riceveva qualche telefonata da Agnelli. “Una volta fu per propormi di partecipare al tentativo di record di traversata atlantica con il suo Stealth, ma una serie di contrattempi mi impedirono di accontentare la sua richiesta. L’Avvocato era una persona molto curiosa e voleva conoscere le cose da vicino. Pochi mesi dopo che avevo varato il trimarano, lui stava tornando dall’Inghilterra dove Stealth aveva vinto il Fastnet e decise di atterrare con il suo elicottero a La Rochelle dove ci trovavamo a lavorare sulla barca. Voleva incontrarmi e vedere la barca, ma purtroppo io quel giorno ero a Lorient”.

L’ultima telefonata
Quel record atlantico per battere il quale fece appositamente costruire Stealth, non riuscì mai a stabilirlo. In compenso, nell’agosto del 2001, si tolse due belle soddisfazioni: la sua barca nera, affidata a Ken Read e con a bordo gli amatissimi nipoti John e Lapo Elkann vinse il Fastnet in tempo reale e, pochi giorni dopo, la regata attorno all’isola di Wight, organizzata per celebrare i 150 anni della Coppa America. Il caso volle che quella stessa domenica, Michael Schumacher si laureò campione mondiale di Formula 1. Negli ultimi mesi, causa la malattia, Agnelli era stato costretto a seguire la Coppa America lontano da Auckland, “Mi dispiace non poter vedere Luna Rossa da vicino come la volta passata”. All’inizio del 2000, l’Avvocato era volato in Nuova Zelanda dove aveva trascorso ben due settimane con gli equipaggi, divertendosi e sparando battute a raffica. Seguiva la competizione al largo attraverso il binocolo, poi la sera incontrava Francesco De Angelis (“Lo conosco dai tempi di Azzurra, ma allora era troppo giovane”), chiedeva spiegazioni a Torben Grael, conosceva persone come lo stesso Ken Read (allora su Stars & Stripes), prendeva in giro amabilmente Patrizio Bertelli: “Mi ricorda tanto il Gattamelata, un capitano di ventura che si conquistò i meriti sul campo”. L’ultima volta che l’Avvocato ha telefonato ad Auckland è stato per dispiacersi dell’eliminazione di Luna Rossa. Poi ha chiesto: “Ma i neozelandesi sono ancora i più forti?”
A.F.
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