E’ la Giraglia, bellezza… E anche se c’è bonaccia è una figata lo stesso
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L’ultima edizione – la numero 72 – della Loro Piana Giraglia? Ce la racconta, con il suo solito (e apprezzato) stile semiserio, il nostro velista-filosofo Marco Cohen*, che ha partecipato con il suo Mat 12 Dajenu.
E’ la Giraglia, bellezza…
E’ la Giraglia, bellezza… Sarà anche la settantaduesima edizione, ma nonostante i suoi anni l’ho trovata in gran forma e devo dire che, dopo alcune perplessità sull’anno scorso, questa edizione della Loro Piana Giraglia, con il nuovo format di quattro regate costiere prima della lunga, mi ha conquistato.
Facciamo qualche passo indietro nel tempo: la settimana prima di fine maggio mi trovo di fronte a una scelta, per me interista psicopatico, molto difficile: 151 Miglia o finale Champions di Monaco?
Ovviamente scelgo PSG-Inter e mi ritrovo a gufare disperato il mio amato Dajenu in regata che, senza di me in equipaggio (della serie, proprio per questo!), sta andando benissimo… decimo in reale all’Elba su 200 barche.
Sì, lo so, sono una persona orribile, ma fatemi chiarire: mi andava bene, ma così benissimo era veramente troppo.
Per fortuna la barca cade in un orrido buco di bonaccia e perde qualche posizione, giusto per rimarcare al mio equipaggio: “Avete visto cosa succede quando non ci sono?”.
Sarò punito doppiamente, sia per la bonaccia che mi fermerà post Giraglia, sia per il risultato di Monaco che non mi sembra il caso di ricordare visto che siamo su un giornale di vela.
E a proposito di vela, tornato depresso dalla Baviera mi presento a Saint-Tropez in grandissimo spolvero (nel senso di Saint-Tropez e non di me, depresso post gita Inter)… e lo devo dire subito: questo format delle quattro regate costiere mi ha veramente conquistato, un po’ come per la Copa del Rey che alla fine ha solo una regata in più.
Che classe! E che posto barca!
Ma non la lunga… e poi con un villaggio in stile “chic Loro Piana” veramente di classe.
Insomma, in un momento così orribile per il mondo che ci circonda, è veramente un privilegio potersi ritagliare una settimana da dedicare alla vela, agli amici, godendosi la bellezza di un posto così e dell’organizzazione che si prende cura di tutti gli equipaggi.
All’arrivo a Saint-Tropez, via auto, mi accorgo con commozione che per la prima volta nella mia vita, dopo essere stato sempre più vicino di posto ai bagni pubblici, la mia amata creatura è ormeggiata di fronte a Sénéquier.
Certo, non è stato a buon mercato… come mi ricordava sempre mio nonno: “Se vuoi che la ruota giri meglio, ricordati sempre di aggiungere l’olio”. Mi ero imbattuto nelle settimane precedenti in una contrattazione in stile peggiori souk di Gerusalemme che mi ha visto risalire dal posto barca a Sainte-Maxime (il posto dei paria della Giraglia in cui vengono relegati quelli che hanno pagato l’iscrizione fuori tempo massimo e che sono costretti all’uso del traghetto verde, insieme ai turisti, per presentarsi allo struscio di Saint-Tropez) a quello prestigioso nella banchina.
Le superbarche della Giraglia
Principale, tra i maxi e i TP52. Siccome sono una persona di grande classe ed eleganza, non rivelerò la posta in gioco né le fonti.
Iniziano già il sabato le regate costiere che, anche se non tecnicissime, sono un piacere per gli occhi e il livello delle barche è stratosferico come non mai.
Impossibile non notare, oltre ai due 100 piedi da Sydney Hobart, Arca e Scallywag, con le loro rande giganti che facevano sembrare dei modellini quelle dei TP52, e il nuovo bellissimo Verdier, anch’esso di 100 piedi, il Magic Carpet con i timoni doppi alzabili e girevoli, oltre al nuovo My Song ClubSwan 80 e a un elegantissimo Capricorno Judel Vrolijk e due Wally 100, Galatea e V (ex Tango).
Oltre a FlyingNikka, finalmente in modalità decollo e vincitore in reale. Insomma, una meraviglia! In questo spettacolo di barche sfrecciavano tipo motorini in impennata i ragazzi cattivi dei Cape 31, che anche con vento hanno vinto e regatato nelle costiere, mettendo in fila tutti i TP52 in IRC 1.
Le cose che non capisco
Solo tre cose continuo a non capire:
- Il senso di dividere le classifiche in IRC e ORC. Soprattutto quando si ha a che fare con l’altura e non con i bastoni/triangoli super tecnici; per me una scelta senza senso che fa solo confusione.
- Il fatto che alcuni Maxi, penso viste le previsioni di poco vento, abbiano deciso di non partecipare alla lunga. Della serie: “Allora cazzo vi comprate un Maxi?”. Anno scorso “perché troppo”, quest’anno “perché troppo poco”… lo trovo veramente un atteggiamento di poca classe ed eleganza. Perché uno, per quello che mi riguarda, dovrebbe sempre presentarsi alla linea di partenza e poi al massimo si ritira, salvo situazioni eccezionali che possono mettere a rischio l’equipaggio. Ma questo non era il caso.
- La terza, direi che la capisco ma mi fa soffrire, è l’erosione delle barche più “compatte” e normali che sono la base di ogni movimento velico. E per questo ho preso a testimonianza il racconto di Carlo Sebastiano Tadeo, l’armatore di una delle barche più piccole, l’Elan 31 Sangria, che ci racconterà con orgoglio l’esperienza sulla sua piccola grande barca.
Si parte con la lunga!
Dopo le costiere con “champagne conditions” a terra (Champagne Ruinart nel villaggio… visto quanto ne ho bevuto, mi sembra corretto citarlo) e in mare con la regata di domenica che ha toccato punte di oltre 30 nodi, mettendo a dura prova i timonieri più “da brezze e vermentino” come il sottoscritto.
P.S.: non parlo degli equipaggi, sennò il mio si incazza.
Vento che sarà l’assente assoluto della lunga (vedi foto)… la grande cippa!
Segnalo un clamoroso terzo posto di Dajenu overall in IRC in Giraglia, con dietro tutti i maxi e i TP52.
Appena riprende il segnale vicino alla costa della Corsica ci arriva infatti un messaggio del mio amato Mills, progettista del bellissimo MAT 12 (una barca che non ci meritiamo…), che ci chiede se siamo impazziti vista la posizione in classifica sul tracking.
Sotto la Giraglia, anziché regolare le vele, parte un aperitivo importante (vedi foto) come da tradizione e fedeltà al nostro motto: “Sull’aperitivo siamo fortissimi!”.
Fino a ricomporci improvvisamente quando ci accorgiamo che sta arrivando sopra le nostre teste il drone del Media Center dello YCI e, della serie “quando ci ricapita?”, di colpo ci trasformiamo in un equipaggio quasi credibile con una delle migliori virate della nostra discutibile carriera velica.
Verso il tramonto arriva una cippa impressionante che ci inghiotte per quasi 12 ore. Addio sogni di gloria, visto che le barche grandi stanno arrivando già a Genova, ma altra nottata bellissima con luna quasi piena, alba magica e surreale, decine e decine di cetacei di ogni genere e un arrivo in serata di venerdì quasi miracoloso visto il non-vento, e con tanto di riprese video e foto, sempre capitanate dall’ottimo Caffarena che ci viene ad accogliere all’arrivo e ci accompagna allo YCI a Genova.
Accoglienza, direi, non da liguri visto che anche a tarda serata venivano sfornate focacce, pizze e trofie al pesto per gli equipaggi accaldati e affamati.
Tre belle storie dalla Giraglia
Finisco con tre storie che ho estratto da questa Giraglia, per me veramente indimenticabile e un omaggio alla magia e alla bellezza della vela.
1) La storia di Leonardo Servi. Quella di Leonardo Servi che ha fatto una follia, ma che adesso, visti i risultati (ha subito vinto in ORC 2 e secondo in overall), forse così folle non era: si è ricomprato Scricca, il Comet 38S, la barca con cui aveva vinto tutto tre anni fa.
Mi racconta: “È stato come rifare l’amore con una vecchia fidanzata e poi, continuando la metafora… di lei conoscevo già tutto e quando ho dovuto fare la perizia prima dell’acquisto sapevo dove guardare e dove mettere le mani per il faticoso lavoro di refit durato quasi sei mesi. E siccome la vela è un po’ come andare in bicicletta… non si scorda mai.
All’inizio, dopo la scelta crocieristica sullo Swan 44 (bellissima), ci eravamo guardati in giro per ritornare a fare le regate con una barca competitiva, ma quando ci siamo accorti cosa potevamo permetterci, ci siamo resi conto che i prezzi del nuovo sono schizzati alle stelle e allora, usato per usato, a questo punto sono tornato dal vecchio amore, coadiuvato da due nuovi co-armatori, Lorenzo Merlini e Alessandro Bianchi.”
2) Carlo Sebastiano Tadeo. Mi parla con grande orgoglio della scelta della sua piccola e amata Sangria come barca che poteva consentire un triplice uso: in solitaria/equipaggio ridotto (della serie “piccolo è meglio”), in crociera con la famiglia e gli amici e, perché no, in regata visto il rating favorevole.
Gli chiedo come reagisce quando vede in banchina quelle meravigliose barche da svariati milioni…
“Vedendo quelle barche viene voglia di montarci sopra ogni tanto come membro dell’equipaggio. Non soffro minimamente di invidia perché mi immagino anche l’impegno di doversi occupare di un mezzo del genere. Impegno non solo finanziario, ma anche organizzativo. Già con la mia è un bell’impegno. Mettere su un gruppo di sei persone, figurati di 15-20 persone. No! Invidia proprio no. Al massimo ne prenderei una con un metro in più per partecipare ai mondiali, non una di 30 metri, è proprio tutto un altro concetto.”
3) Questa è una bellissima storia… Per chi era in banchina e si chiedeva cosa ci facessero Pierino D’Alì e Mauro Pelaschier a bordo di uno IOR, Elo del 1988.
Anzi, le storie sono due. La prima è che il nome Elo nasce da un regalo di tre lettere in metallo recuperate da una lancetta abbandonata, fatte a un bambino di 6 anni di nome Giuseppe Sorda, genovese, che poi anni dopo si ricordò di quel nome quando disegnerà un prototipo ultraleggero… Elo, per l’appunto.
La storia continua con l’idea dello YCI e dell’armatore di regalare la barca al club e di usarla come nave scuola per i ragazzi più talentuosi con dei campioni della vela, da Chieffi a Pelaschier, che ho avuto finalmente l’onore di intervistare.
Gli chiedo subito che differenza c’è tra l’esperienza di Elo coi ragazzi e quelle con le barche su cui va a regatare in modo professionistico?
“Sinceramente, alla mia età, gli armatori li scelgo col lumicino e cerco di fare solo le cose che mi piacciono (e qua chi ricorda il grande Jep Gambardella de La Grande Bellezza).
E questa di Elo è una di queste: trasferiamo la mia esperienza, la nostra esperienza assieme a Chieffi e D’Alì. Possiamo giocare e divertirci, ma la cosa più importante con questi ragazzi è che: al di là dell’agonismo e della competizione, quando si vince o della frustrazione quando non vai bene, ci ricordiamo sempre che noi siamo lì apposta per fare un trasferimento di esperienza. Questa straordinaria iniziativa dello YCI dovrebbero farla anche tutti gli altri Yacht Club d’Italia.
Giornale della Vela, se vi piace questa idea, lanciatela pure!”
Gli chiedo poi se un po’ gli girano le palle a vedere tutta questa gioventù nel fiore degli anni (a me un po’ sì… per questo glielo chiedo) che fa tutto senza sforzo e fatica, vista l’età.
“Quando io scelgo di andare in barca per mio piacere, scelgo i miei amici e quindi è più facile trovarmi con i miei coetanei… ma qua è un modo diverso di andare in barca e quindi cambia il mio modo di porsi, cambia il presupposto e quindi capisco cosa mi vuoi dire, ma trovo la soluzione per non incazzarmi perché mi ricordo sempre il motivo importante per cui sono su Elo e per cui partecipo a queste regate: quello di condividere con dei ragazzi che si avviano all’attività agonistica tutta la mia esperienza. Ed è una cosa bellissima che mi piace molto.”
E a proposito di incazzature gli chiedo se questa Giraglia senza vento lo ha fatto arrabbiare, per usare così un eufemismo.
“Per fortuna c’era Pierino e lasciavo più a lui le incombenze al timone, io mi occupavo più di coordinare le manovre e quindi andavamo d’accordo in generale, senza pensare che questa barca del 1988 non fosse troppo adatta a quelle condizioni e, per fortuna, come ti dicevo, mi sono sempre ricordato che c’era un altro scopo. Quello di istruire i ragazzi. Che è poi la vera motivazione che ha fatto in modo che nessuno si incazzasse così tanto.”
Potevo non chiedere, vista la sua provenienza dal nord-est, un parere sui suoi vini preferiti e sul vino in barca.
“Guarda, il mio armatore preferito è il Sig. Moretti, il Sig. Bellavista Sella & Mosca e quando vado con lui in barca e a terra abbiamo un parterre non indifferente, ma in regata si pensa a regatare e non a bere. Poi, una volta sbarcati, una happy hour dopo ci sta.”
Gli chiedo, visto che ha regatato su centinaia di barche, quelle che gli sono rimaste nel cuore.
Ci pensa un po’ su e poi mi snocciola con sicurezza e precisione questa lista:
Le 5 barche del cuore di Mauro Pelaschier
- Rrose Selavy, Frers 65 e 72
- Roba da Pazzi, Quarter Tonner di Paperini
- Spritz di Ceccarelli, Quarter Ton
- Linda, One Tonner Schomachen, primo mondiale a Rio de Janeiro 1983
- E ovviamente per finire la lista nel modo migliore possibile, Azzurra di Vallicelli.
Gli commento: “Certo, Rio de Janeiro, bella location…” e lui: “Quando vinci un mondiale, il tuo primo mondiale, devi essere nel posto giusto e Rio non ha tradito le sue aspettative.”
“Certo“, mi dice (e non posso che apprezzare, da velista filosofo, questa battuta finale): “Nel tuo modo di vivere e di pensare cambi con l’età. Oggi mi sento e sono felice di essere così, ovviamente molto diverso da quello del mondiale, ma le risposte cambiano con la vita.”
Ma chiudiamo con…
Cinque cose che si possono fare in barca quando non c’è vento (per far incazzare il tuo armatore)
Nel mio caso sono io e quindi è tutto più facile.
- Guardare Instagram. Con ventone o pioggia è assolutamente impossibile, ma quando ci sono condizioni come quelle della Giraglia diventa tutto più facile. Un piccolo consiglio: fate finta di controllare Navionics, per cui ogni tanto fornite indicazioni al vostro equipaggio, generiche ma motivanti, tipo: “Adesso stiamo andando molto meglio” oppure “Da 1.2 nodi di velocità, l’assetto funziona il 15% in più rispetto a prima”. Un mix insomma di supercazzole, ma elencate con precisione e nessuno vi romperà mentre rientrate dalla pausa social che coincide peraltro solo col fatto che non c’è stato il segnale per lontananza dalla costa.
- “Adesso che è tranquillo faccio io il sugo per stasera, tanto la cucina è sottovento.” Sembra una frase innocua, anzi quasi meritevole, ma come voi ben sapete appena uno scende di sotto si scatena un irresistibile effetto a catena… “Già che sei lì, mi passi un panino?” (che vuol dire “me lo prepari perché non siamo al Panino Giusto”… spesso aggiungendo pure indicazioni sul tipo di mostarda desiderata, in grani o no). A quel punto cambiano i pesi e finisce la concentrazione e la barca inizia a perdere l’assetto.
- Molto meglio prepararsi un panino di nascosto e, essendo tu quello che ha fatto la spesa, tirando fuori alcune delicatezze fuori dalla portata di tutti. Ad esempio, tengo alcune salse gourmet da aperitivo nello sportello dove ci sono gli strumenti e le tabelle di regolazione dell’albero, che dal 2016 nessuno ha mai osato aprire in regata. E quindi sono più al sicuro che in una cassaforte.
- Ricordare al timoniere che, nel tuo turno precedente il suo turno, per intenderci, hai percorso 5 volte le miglia di quello attuale.
- Per ultima, la più odiosa di tutte e consigliabile solo per gli armatori… Dopo che il malcapitato di turno ha timonato con 37 gradi per tre ore, osservi una piccola striscia di vento che si avvicina e con sguardo che sottintende un chiaro “con tutti i soldi spesi e i sacrifici che ho fatto per portarti in barca… ti scoccerebbe farmi timonare per 10 minuti?”.
*Chi è Marco Cohen
L’autore di questo articolo è il produttore cinematografico e velista Marco Cohen, qui ritratto al timone del suo Dajenu alla Rolex Middle Sea Race.
Armatore di un MAT 12 (progetto di Mark Mills) gira il Mediterraneo per regate (perdendole quasi tutte ma divertendosi un sacco). Acuto umorista e filosofo della vela (“Ho riabbracciato la vela a 37 anni dopo l’ennesimo infortunio a calcio, quando ho realizzato che è l’unico sport che si può fare da seduti e con un bicchiere in mano”), i suoi articoli hanno sempre un grande successo. Qui sotto potete leggere alcune sue “perle”:
-
- Come rallentare una barca da regata. 10 segreti per non vincere
- Come andare in barca se sei un Over 60
- Fenomenologia (semiseria) del Campionato Invernale
- La sindrome dell’armatore ovvero come essere felici nonostante la barca
- Come partecipare alle regate d’altura sapendo di perdere
- Guida per sognare la Sydney Hobart
- La sindrome del cambio barca
- Barca piccola contro barca grande
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