2010. Coppa America. Quando è nata l’era dei multiscafi
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Coppa America. Quando è nata l’era dei multiscafi
Tratto dal Giornale della Vela del 2010, Anno 36, n. 01, febbraio, pag 18-23.
Dopo 30 mesi di liti e ripicche, nel 2010, due giganteschi multiscafi lunghi 27 metri si sfidano per la prima volta nella storia ultracentenaria della Coppa America. Sono il catamarano Alinghi di Bertarelli e il trimarano Oracle di Allison. Il GdV svela i segreti di questa folle sfida.
La folle sfida
Il defender svizzero Alinghi e lo sfidante statunitense BMW Oracle Racing scendono finalmente in acqua per contendersi la 33esima Coppa America. Un match che tutto il mondo sta aspettando da oltre due anni e che offrirà uno spettacolo mai visto prima.
Finalmente ci siamo. Alinghi e BMW Oracle Racing si contendono la 33esima America’s Cup sul campo di regata di Valencia, in Spagna. Lo fanno in maniera del tutto anomala e impensabile fino a soli due anni e mezzo fa (l’estate del 2007, quando si concluse la 32esima Coppa America con la vittoria di Alinghi su Emirates Team New Zealand): il defender svizzero (Alinghi) e il challenger, lo sfidante statunitense (BMW Oracle Racing), si sfideranno infatti con due giganteschi multiscafi (lunghi 27 metri) che sono di quanto più evoluto e tecnologico si possa ammirare oggi nel panorama della vela. Certo, quanti si sintonizzassero in questo momento e si trovassero davanti a una scena come quella di queste pagine, si chiederebbero: “Ma che diavolo sta succedendo, come si è arrivati a questo punto?”. La 33esima folle sfida di Coppa America (ma, attenzione, proprio perché folle, assolutamente affascinante e imperdibile) è frutto di 30 mesi di litigi, ripicche, vendette personali, ma, soprattutto, di cause in tribunale tra i due team presieduti dai ricconi Ernesto Bertarelli (patron di Alinghi) e Larry Ellison (BMW Oracle Racing).
Tutto è iniziato quando, proprio nel luglio del 2007, subito dopo avere difeso con successo la 32esima Coppa America, Alinghi ha presentato ai potenziali sfidanti dell’edizione successiva un Protocollo (il “regolamento” scritto ad hoc a ogni nuova edizione dell’America’s Cup), firmato in accordo con un anonimo circolo spagnolo senza storia (la Coppa America è formalmente una fida tra yacht club, rappresentati nell’epoca moderna da team finanziati da sponsor), che doveva ricoprire il ruolo di Challenger of Record, come impone il Deed of Gift (l’Atto di Donazione della Coppa America, in pratica la “costituzione” della regata, scritto nel 1857). Il Challenger of Record ha un compito molto importante in un’edizione di Coppa America: acquisisce il diritto di ricoprire questo ruolo il primo club che lancia la sfida al defender che poi, con esso, scrive appunto il Protocollo che tutti i successivi sfidanti non possono far altro che accettare. Il Challenger of Record decide tutte le nuove regole insieme al defender: creandone uno fantasma, quello spagnolo, Alinghi aveva trovato il modo di scrivere un Protocollo da solo, senza rendere conto a nessuno. Al ruolo di Challenger of Record, invece, aspirava BMW Oracle Racing, che scottato dalla bruciante eliminazione nella semifinale di selezione degli sfidanti (per mano di Luna Rossa), voleva affrontare la campagna per la 33esima Coppa America con il vantaggio di imporre le proprie regole al defender. Invece, evitare di mettersi al tavolo con Larry Ellison, o con un qualsiasi altro piantagrane che avrebbe cercato di ostacolare la sua visione di una nuova Coppa America, era proprio il motivo principale per cui Bertarelli aveva creato un Challenger of Record fantasma, in modo da poter fare così di testa propria.
Larry Ellison e Ernesto Bertarelli finiscono in tribunale
Non accettando tale esclusione, Larry Ellison ha portato di fronte al tribunale di New York (dove è depositato l’Atto di Donazione) Ernesto Bertarelli, con l’intento di delegittimare il circolo velico spagnolo, primo passo per accaparrarsi il ruolo di Challenger of Record. Contemporaneamente, infatti, BMW Oracle Racing ha lanciato ad Alinghi una propria sfida (con un trimarano di 90 piedi) attraverso una clausola del Deed of Gift, che permette al primo degli sfidanti di escludere altri potenziali team dalla competizione e di scegliere con che barca regatare. Questa sfida, lanciata attraverso l’Atto di Donazione, è divenuta concreta nel momento in cui il tribunale di New York ha sentenziato che il ruolo del circolo spagnolo era effettivamente illegittimo. Così, la sfida di BMW Oracle Racing, che inizialmente doveva essere solo una provocazione (nel tradizionale mondo della Coppa America, un multiscafo, un catamarano per la precisione, era apparaso tra lo sdegno dei molti solo una volta, nel 1988, quando Dennis Conner si era visto costretto ad accettare una sfida lanciatagli dai neozelandesi con un enorme monoscafo di 90 piedi), è divenuta effettiva. Una volta acquisita la tanto desiderata poltrona di Challenger of Record, Larry Ellison ha cercato di fare un passo indietro, ovvero di proporre ad Alinghi di sedersi a un tavolo per scrivere il Protocollo per una Coppa America sul modello delle precedenti, ovvero con una selezione degli sfidanti e, soprattutto, con barche convenzionali simili ai monoscafi utilizzati fino al 2007. Insomma, una Coppa America con un formato che desse continuità alle edizioni precedenti. A quel punto, però, i rapporti tra le due parti erano completamente compromessi (da non sottovalutare il fatto che lo skipper di BMW Oracle Racing era nel frattempo diventato quel Russell Coutts che Bertarelli aveva licenziato durante la campagna del 2007 e al quale, scrivendo una regola su misura, aveva di fatto impedito di prendere parte all’evento per conto di qualsiasi altro team): così, Bertarelli ha costretto Ellison a portare avanti la sua sfida. Per la sua origine controversa, la 33esima America’s Cup è anche chiamata Deed of Gift Match. In questi due anni, i due team sono finiti davanti al giudice per una serie infinita di motivi (affrontando ciascuno spese legali per 15 milioni di euro), i più importanti dei quali la data e il luogo della sfida (per il resto si sono scornati sulla configurazione stessa delle barche, sulle loro attrezzature, sui componenti della Giuria di regata e ogni altro dettaglio possibile). Inizialmente poteva essere addirittura già nel 2008, poi nel 2009; una volta negli Emirati Arabi, un’altra in Australia e così via.
Una regata del 1857, disputata con barche del 2010
Sicuramente, i due team hanno in alcuni casi sfruttato a proprio favore più di una causa in tribunale per prolungare i tempi di attesa del match, dato che, onestamente, all’inizio nessuno dei due pensava che si potesse realmente arrivare al punto di sfidarsi con due giganteschi multiscafi. Quello che è stato sempre ben delineato dall’inizio, è che BMW Oracle Racing avrebbe regatato con un trimarano lungo 27 metri e largo altrettanto. Il motivo di tali dimensioni, ancora una volta, va ricercato nel Deed of Gift, che pone a 90×90 piedi le misure massime che può avere la barca di uno sfidante (ricordiamoci che l’Atto di Donazione fu scritto nel 1857, quando i detentori erano gli americani del New York Yacht Club e lo sfidante, a turno, era sempre e solo un inglese che, appunto, con largo anticipo doveva dichiarare il tipo di barca con la quale lanciava la sfida). In pratica, visto lo storico precedente del 1988, quando i neozelandesi pensavano di avere fatto la furbata sfidando Dennis Conner con la barca più grande possibile (un monoscafo di 90 piedi, appunto) senza immaginare che quello avrebbe avuto l’intuizione di difendersi con un catamarano di misure ben inferiori, ma ovviamente più veloce, BMW Oracle Racing ha presentato la propria sfida con la tipologia più veloce di barca a vela (un multiscafo, nel caso specifico un trimarano) dalle misure massime consentite dal Deed of Gift. Alinghi, quindi, ha risposto ovviamente con un multiscafo della stessa lunghezza, ma un catamarano (una tiplogia più familiare agli svizzeri, che adottano nelle regate sui loro laghi), di 10 piedi più stretto. A questo punto, il fascino del folle Deed of Gift Match deriva prima di tutto dall’eccezionalità delle barche schierate dai due team (che per questa campagna hanno speso in tutto 200 milioni di euro a testa, escluse le spese legali) e, poi, dall’assoluta impronosticabilità del risultato finale. Durante questa vigilia della 33esima America’s Cup, le teorie sono infinite: il catamarano è favorito perché naviga più facilmente su uno scafo solo, il trimarano ha l’ala rigida che è nettamente più efficiente, e così via. Queste e altre considerazioni, inoltre, devono tenere conto del fatto che anche la regata stessa si disputa sui percorsi previsti dall’antico Deed of Gift, ovvero su un bastone di 40 miglia (andata di 20 miglia di bolina e ritorno di 20 miglia di poppa) e triangolo equilatero di 39 miglia, composto da tre lati di 13 miglia, di cui il primo di bolina. Su entrambi i percorsi le boe sono da lasciare a sinistra. Altri elementi molto determinanti ai fini della sfida, sono i limiti meteorologici: si regata solo se le onde del mare avranno un’altezza non superiore a un metro e se la velocità del vento, misurata a 60 metri dalla superficie dell’acqua (in pratica in testa d’albero), non eccederà i 15 nodi. In pratica, c’è la chiara paura da parte dei due team di rompere tutto, e le regate si svolgeranno in condizioni di acqua piatta e aria molto leggera. Queste sono le uniche certezze del Deed of Gift Match: una regata del 1857, disputata con barche del 2010.
Andrea Falcon
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