2023. A bordo di un gommone a vela un sogno lungo 4.000 miglia
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A bordo di un gommone a vela un sogno lungo 4.000 miglia
Tratto dal Giornale della Vela del 2023, Anno 49, n. 10, novembre, pag 88-93.
Con un gommone a vela lungo appena sei metri nel 1969 tre italiani attraversano l’Oceano Pacifico. Cronaca di un’impresa di 4.000 miglia dal Perù alla Polinesia alla ricerca di un sogno avventuroso dal sapore hippy.
Céleusta: La storia dimenticata di una follia italiana
A bordo di un gommone a vela lungo appena sei metri nel 1969 tre italiani attraversarono il Pacifico, per un totale di oltre 4.000 miglia. Cronaca di un’impresa hippy da riscoprire.
Nell’estate che verrà per sempre ricordata per lo sbarco degli americani sulla luna c’è stato un altro sbarco, storicamente meno rilevante forse, ma comunque epico. È quello compiuto da tre italiani che a giugno 1969 sono partiti dalla costa peruviana a bordo di un gommone a vela per raggiungere la Polinesia francese dopo settanta giorni di navigazione e oltre quattromila miglia percorse. Ecco il racconto del Céleusta, un gommone di 6 x 2,40 metri, che possiamo restituirvi grazie ai pensieri di due componenti dell’equipaggio: durante la traversata uno ha tenuto un diario in inglese, l’altro ha registrato i suoi pensieri su audio-cassetta. Ci sarebbero anche più di dodicimila metri di girato, mai pubblicato.
Come nasce un’impresa
Autunno 1967, nella sua casa di Narni (Umbria), Mario Valli, 50 anni ed ex comandante di marina ora alla direzione di un centro velico, incontra Sergio Croci, assistente regista 37enne che aveva lavorato anche con Fellini e che aveva in progetto di organizzare un giro del mondo in barca a vela da documentare e trasformare in un film. Nella serata si parlò anche di altri progetti cinematografici e documentaristici di Croci, che tirò fuori l’idea della traversata del Pacifico in canotto. Valli, in pensione, con famiglia e non convinto dall’ipotesi di stare fuori casa per circa due anni e completare il giro del mondo, fu però subito convinto dall’idea del Pacifico. Aveva avuto inizio l’avventura del Céleusta, il nome deciso da Croci per il gommone, che deriva dal nome di colui che dava il ritmo ai vogatori sulle antiche fregate greche e romane. Il reclutamento del terzo componente dell’equipaggio fu semplicissimo. Al Bar Canova di Piazza del Popolo a Roma, Croci si incontra con lo sceneggiatore Vittorio Macioci, 32 anni, e gli racconta dell’impresa in partenza. Macioci, in quel momento non occupato, chiese di poter partecipare, pur non avendo nessuna esperienza in mare. Partì così la ricerca di sponsor e appoggi, visto che il budget dei tre era molto risicato: Mario Valli era un pensionato, Croci e Macioci vivevano di espedienti e aiuti di familiari e amici. Oltre a quella del film-documentario, la “motivazione ufficiale” dell’impresa era “effettuare ricerche e documentazioni sul comportamento psicofisico di uomini in condizioni eccezionali”, con l’ausilio di medici e psicologi. Addirittura i tre portarono a bordo una serie di test pensati dal team medico della Marina Militare, e kit per analizzare la temperatura di sangue e urina ogni giorno. I tre riuscirono a farsi fornire il gommone da Pirelli, un Laros 80, modificato con legno e acciaio inossidabile per l’installazione dell’albero. Fiat fornì l’attrezzatura cinematografica per filmare l’impresa, Star (quella del dado) fornì invece una grande quantità di cibo precotto. Céleusta venne presentato il 7 novembre 1968 nella sede della Lega Navale sulla spiaggia di Ostia. Dopo circa un anno e mezzo dalla genesi, l’avventura era in procinto di partire, praticamente senza conoscersi e senza esperienze nautiche comuni, Céleusta era pronto per portare i tre ad attraversare il Pacifico. Il gommone fu trasportato in Perù con una nave mercantile, mentre i tre viaggiarono verso il Sud America separatamente. Macioci fu il primo a partire, anche lui in nave, verso il Perù, Mario lo raggiunse due mesi dopo in aereo mentre Sergio giunse in Perù solo una settimana prima della partenza.
dell’arcipelago delle Tuamotu, nella Polinesia francese.
La disastrosa partenza dal Perù
Domenica 2 giugno 1969 il Laros 80 Céleusta venne portato da Callao al largo della costa peruviana, trainato da un rimorchiatore. Da lì il Céleusta avrebbe seguito la corrente di Humboldt lungo le coste del Perù per poi prendere gli alisei a circa 5 gradi dall’Equatore, verso la Polinesia. Giunti a circa 90 miglia dal Perù ci vollero più di due ore di tempo e quattro squadre di marinai per mettere in acqua il gommone, che pesava circa due tonnellate, e il carico di circa ulteriori due tonnellate, posto su un canotto del rimorchiatore, non senza difficoltà. È ormai notte, e la cima che lega il rimorchiatore al canotto con a bordo il carico e due marinai peruviani si spezza. Nel buio della notte il rimorchiatore si allontana alla deriva e i tre si addormentano, tra le onde del Pacifico e quel poco che sono riusciti a salvare del carico. Di fatto il 2 giugno 1969 si ritrovarono in mezzo al Pacifico senza aver mai passato un giorno insieme in mare. Il secondo giorno è speso nel tentativo di mettere in salvo il carico, ormai fradicio, e sistemare le vele, con un’atmosfera ai limiti del tragico, stando al diario di Macioci, l’ultimo reclutato dei tre, che nonostante l’esperienza nautica è in preda al mal di mare. Appena la randa si gonfia il battello parte veloce, e una volta sistemato il timone fisso i tre cercano di sistemare il materiale, o quello che ne è rimasto. È andata perduta tutta l’attrezzatura per la pesca, per esempio, ma anche il materiale per l’igiene: il sapone è “misteriosamente” rimasto tutto sul rimorchiatore, così come il dentifricio (ma ci sono gli spazzolini!).
Il Céleusta fotografato all’arrivo sull’Atollo di Raroia. Il Laros 80 (6 x 2,40 metri) fornito da Pirelli e modificato con l’installazione di un albero alto circa 6 metri. Considerata la distanza percorsa, il gommone non si presenta in condizioni così disastrose, salvo un po’ di fouling a prua.
Contatto radio: c’è speranza
Ciò che è rimasto dopo il trasferimento dal canotto al gommone è poco, ma in realtà la prima, sofferta, decisione è quella di eliminare una parte del carico: vestiti, contenitori ermetici, casseruole, 40 chili di viveri. Da lì inizia l’avventura, con otto giornate senza sole, con l’equipaggio indolente e stanco, che dorme appena può farlo e riesce a concordare su un’unica regola, i turni di guardia della notte: dalle 20 a mezzanotte Sergio, da mezzanotte alle 4 Mario e dalle 4 alle 8 Vittorio. Il tempo coperto non consente di fare osservazioni astronomiche, perciò per più di due settimane il Céleusta naviga solo basandosi sulle stime. Finalmente dopo circa 10 giorni riescono a mettersi in contatto radio con Roma: il primo collegamento tra “Italia 1” e il canale di assistenza prestabilito prima della partenza. È un momento di gioia che ridà speranza a tutto l’equipaggio a bordo, diversi radioamatori si collegano per ascoltare la conversazione. La convivenza forzata e alcuni cedimenti del battello, come la rottura di uno dei quattro paterazzi di poppa intorno al quarantesimo giorno di navigazione, e la crescente scarsità del cibo e dell’acqua potabile a bordo, mettono in seria difficoltà il buon esito dell’impresa. I tre riescono a pescare qualche pesce, come un dorado e un gempylus, grazie a una lenza e a un chiodo ritorto usato come amo. A tenere viva la speranza del trio ci pensano i collegamenti radio, dove Mario scopre ad esempio i risultati scolastici dei figli dopo le pagelle. Ma il clima a bordo è tutt’altro che facile, tra puzzo, discussioni, incertezza sulla posizione e razionamento delle vivande. “Se potessi scegliere, nella vita normale, non andrei neanche a prendere un caffè con uno di loro. E così loro“ “Sto leggendo il Kon-Tiki. Mi rendo conto che erano una banda molto più allegra della nostra” annota nel suo diario Vittorio Macioci.
1. Il Céleusta imbarcato a bordo di una nave della Marina Militare peruviana. Verrà
messo in acqua a circa 90 miglia dalla costa di Callao. 2. Vittorio Macioci protegge
un tatuaggio spalmandosi della crema solare. 3. Il comandante Valli mostra un
dorado pescato con un arpione fatto con del legno e una lima appuntita. 4. Croci
si fa passare la camera per le riprese. 5. Il primo contatto radio con Roma. 6.
Osservazione con il sestante. 7. Altro che osmosi inversa! Croci riempie un dissalatore
solare, un pallone di plastica che dopo una prolungata esposizione al sole restituisce
acqua filtrata e “depurata”. 8. Una barca a motore scorta il Céleusta nell’atollo di
Raroia, in Polinesia francese. 9. Un piccolo fornello da campeggio alimentato da
combustibile solido consente all’equipaggio di mangiare anche un pasto caldo.
Finalmente la Polinesia
Poi arriva l’inaspettato primo contatto via radio con la Polinesia: è un ottimo segnale, significa che la rotta è giusta. Dicono al Céleusta che il giorno successivo due aerei porteranno pacchi al gommone. I tre membri dell’equipaggio non si fanno sfuggire qualche richiesta, chi un pacchetto di Gauloises, chi una birra fresca, chi del vino. Il giorno seguente si apre lo spinnaker rosso e si mette a mare il battellino di servizio, si prepara un razzo per rendersi più visibili. Ma niente da fare, il rumore dell’aereo, anche se atteso tutto il giorno, non si fa sentire. Via radio a fine giornata arriva la conferma: l’aereo (alla fine solo uno) avrebbe sorvolato a lungo la zona, senza trovare però l’imbarcazione. Poi però il giorno successivo ancora, dicono, manderanno una barca a cercarli. E questa volta si vede una barca all’orizzonte, i razzi partono, il Céleusta si affianca alla biscaggina dell’Onnis. Vittorio si fionda a bordo, prende i viveri, torna sul gommone. Probabilmente entro due giorni il Céleusta vedrà terra. Infine l’arrivo, dopo settanta giorni di navigazione. Il 10 agosto del 1969 alle 17:15 il gommone passa nella barriera corallina davanti alla Polinesia, nell’atollo di Raroia. L’ingresso nella baia è difficoltoso a causa del meteo, solo il giorno seguente alle 9,30 la goletta Moana Rau rimorchia il gommone e alle 17:30 dell’11 agosto 1969 l’equipaggio tocca finalmente terra, dopo aver attraversato l’Oceano Pacifico dal Perù alla Polinesia percorrendo 4.199 miglia con un gommone a vela di appena 6 metri. Una storia incredibile che valeva la pena di ricordare.
Federico Rossi
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