2005. Addio a Straulino, il fuoriclasse della vela italiana
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Addio a Straulino, il fuoriclasse della vela italiana
Tratto dal Giornale della Vela del 2005, Anno 31, n. 1, febbraio, pag 40/43.
A 90 anni scompare l’ammiraglio Agostino Straulino, l’essenza della vela italiana. Dalla sua prima vittoria in una regata nel 1934 sino all’ultima a Napoli nel 2002, ha vinto con ogni barca e in tutti i mari del mondo. Lo ricordano amici ed equipaggi che hanno avuto l’onore di navigare con lui.
Buon vento Ammiraglio!
Se a uscire di scena è un Grande, c’è il rischio di uscire dalla storia e finire dritti nella leggenda. E Agostino Straulino, scomparso il 14 dicembre, a 90 anni, grande lo era davvero. Per le vittorie e per il modo di vivere il mare, la vela e se vogliamo persino la vita. Sul primo fronte ci aiutano i numeri che sono più sinceri di tanti bla-bla ascoltati e letti nei giorni successivi al triste evento. Sei presenze ai Giochi Olimpici, compresa quella come riserva a Kiel 36. Una medaglia persa per sfortuna a Torquay ‘48. Un oro fantastico a Helsinki ’53, un argento a Melbourne ‘56, un quarto posto (delusione terribile) a Napoli ‘60 e ancora un quarto a Enoshima ’64. con il 5.5 S.l. che è stata la barca della maturità dopo le tante stagioni con le Star. Con la regina delle classi olimpiche si è imposto in tre Mondiali e dieci Europei. Poi altri due titoli iridati: quello dei 5-5 S.I. a Napoli (sorta di chiusura ufficiale con la vela che a lui piaceva) e quello dei One Tonner a Porto Cervo, al timone di Hydra. Non deve far sorridere che solo Alessandra Sensini (“bravissima ma il windsurf non è vela” commentò subito dopo l’oro di Sydney) possa vantare un curriculum degno di un confronto sulla carta. Quanto all’uomo, è giusto ricordare che al di là del suo talento innato, favorito dall’essere nato a Lussinpiccolo (un tempo italiana, ora croata) e dall’avere scelto la Marina Militare come scuola di vela e di vita, Straulino è stato il primo regatante italiano, moderno e completo. Capace di creare una coppia perfetta con Nico Rode, di preparare e mettere a punto le barche in modo straordinario (ecco il marinaio), di guidare magistralmente equipaggi d’altura e persino quello dell’Amerigo Vespucci che al suo comando si permise qualche “esibizione” entrata nella storia come la risalita del Tamigi a vela. Non nella leggenda perché come ricorderanno quattro velisti che hanno gareggiato con lui, Agostino Straulino non era solo l’uomo che sussurrava alle barche ma un timoniere che voleva vincere sempre e comunque. Dalla sua prima regata (1934) sino all’ultima corsa a Napoli nel 2002. Vinta naturalmente.
Il ricordo di Carlo Rolandi: “Il primo professionista italiano”
Prima avversario poi suo prodiere nell’ultimo periodo staristico. Carlo Rolandi, presidente onorario FIV, ha vinto due titoli europei ma ha anche condiviso con l’Ammiraglio il dolore dei Giochi napoletani. “Un’esperienza irripetibile, con tante regate in giro per il mondo e parecchie vittorie. Straulino è stato il primo ‘professionista’ della nostra vela, basti pensare che ci allenavamo almeno due-tre volte la settimana per tutto l’anno e gareggiavamo in tutti gli appuntamenti importanti. Poi era un tecnico eccezionale che considerava prioritario non avere alcun problema allo scafo e alle attrezzature: da qui i controlli maniacali che facevamo quotidianamente e le soluzioni introdotte per primo, come i tenditori delle sartie che passavano sottocoperta. In regata, aveva la capacità di portare la Star a stringere cinque gradi più degli altri. Cosa che lo portava a non forzare mai la partenza: tanto alla prima boa di bolina era solo o nel gruppo di testa! Amava le condizioni estreme perché con aria forte imponeva la sua esperienza e con poco vento il suo istinto lo portava dalla parte giusta. Mi piace ricordare il suo trionfo al Mondiale 5.5 S.I. di Napoli quando con una manovra apparentemente assurda, mollò il gruppo dei primi e prevedendo l’entrata del Maestrale dal largo, conquistò il titolo. Un capolavoro assoluto”.
Il ricordo di Franco Franzese: “Sentiva il vento prima degli altri”
Stesso mare. stesso dialetto, stesso amore per la vela: eppure si sono incontrati a Fiumicino, solo nei primi anni ’70. Franco Franzese, classe ’38, nato a Pola e triestino di adozione, è stato prima avversario e poi prodiere di Straulino, nelle migliori stagioni alturiere dell’Ammiraglio. “Un uomo eccezionale, gradevolissimo in barca come in banchina. Non era burbero come ho letto su tanti giornali: certo, in divisa da ufficiale manteneva l’aplomb ma non poteva altrimenti. Ho ricordi straordinari delle regate corse con lui sull’Hydra: era capace di stare tutta una notte al timone, sereno e concentratissimo, anche con vento forte, come di ‘inventarsi un successo nella bonaccia. Una volta da avversario, ci rifilò un paio d’ore intuendo che il vento sarebbe entrato da quella parte: mai vista una cosa del genere. Ma anche nella Barcolana del ‘76. disputata senza un alito di vento, con quel “cassone” del Kerkyra riuscì ad arrivare 17° assoluto. Straulino capiva molto d’altura, è stato non a caso uno degli animatori dell’AICI (‘Associazione Italiana Classi lor, ndr) a metà degli anni 70. Mi restano decine di ricordi, bellissimi. Come quella volta in cui mi chiese dove fosse la boa: lui cominciava a vedere davvero poco. In dialetto risposi che poteva poggiare. E lui, sempre in dialetto, mi disse ‘Dimmi dove è, a poggiare casomai ci penso io’. Mi mancherà moltissimo l’Ammiraglio”.
Il ricordo di Gigio Russo. “Un marinaio straordinario”
Immaginate un quindicenne entusiasta a cui Straulino chiede se vuole essere il suo prodiere sui one tonner. Successe nel 1971 a Gigio Russo, North Sails, che con l’Ammiraglio vinse addirittura il Mondiale due anni dopo. “Timonava le barche di Marina Spaccarelli Bulgari, prima Kerkyra e poi Hydra. Il successo nel 1973 fu in gran parte merito suo, gli americani come North e Hood lo ammisero senza problemi e capirono che, finalmente, gli italiani non erano più gli ultimi arrivati nell’altura. Oltre alle qualità tecniche, mi colpiva il fatto che a 60 anni era tostissimo dal punto di vista psicologico e fisico: dava stimoli continui all’equipaggio ed era capace di tenere per ore e ore il timone senza cedimenti. Tatticamente era per la regata conservativa, perché era sicuro del mezzo che preparava in modo perfetto e naturalmente delle sue qualità. E oltre che un uomo con la U maiuscola, era davvero un marinaio straordinario: aveva rispetto della barca, delle attrezzature e delle vele a cui teneva come non ho visto fare a nessun altro. Si è interessato sino all’ultimo di vela. Voleva conoscere gli aspetti tecnici anche se in definitiva non amava le barche moderne e le nuove formule. Ha voluto andare in mare finché è stato possibile: pochi lo sanno ma quasi sino a 80 anni si è concesso lo sfizio di navigare, in crociera, da Fiumicino a Lussinpiccolo. Timonando quasi sempre”.
Il ricordo di Angelo Lattarulo: “Il mito che non mollava mai”
Il Comandante Angelo Lattarulo, da quattro anni alla guida di Marivela, ha condiviso con Straulino l’ultimo successo della sua carriera, il Trofeo Ammiraglio Acton a Napoli, nell’aprile 2002. “L’Ammiraglio era lo skipper del Sagittario, con un equipaggio composto da soli ufficiali della Marina Militare in pensione. In quell’occasione, ebbi l’onore di farne parte, se vogliamo come “ragazzo” considerando l’età dei miei colleghi. Garantisco che a 88 anni Straulino non aveva perso nulla delle sue caratteristiche: fissato con la preparazione della barca, informato sugli avversari, esigentissimo con quanti erano con lui. Amava troppo la vela e la regata per prenderle sottogamba: sorrido al pensiero che il giorno seguente la vittoria, durante la Velalonga, sorta di passeggiata agonistica nel golfo, mi rimproverò per un fiocco non portato bene… Al di là del mito vivente che è stato per tutti noi della Marina Militare come velista e, non dimentichiamolo, come ufficiale. A me piace ricordarlo come una persona che non ha mai voluto monetizzare i suoi trionfi e le sue capacità. Gli bastava quanto fatto e il suo amore per la vela e il mare. La sua impresa? Nel ‘65, riuscì a portare la Vespucci fuori dal porto di Taranto, manovrando le vele. E credetemi, viste le dimensioni della nave, non è facile farlo neppure a motore. Un maestro“.
Di lui scrisse anche Gianni Brera
Una delle pochissime pagine (i suoi recensori dicono l’unica) sulla vela firmata da Gianni Brera non poteva che essere dedicata a Straulino. Risale al 24 gennaio 1972 e fa parte dell’Arcimatto, sorta di diario a 360° del più grande giornalista sportivo italiano. Ecco alcuni stralci dell’articolo che fa parte della raccolta “La bocca del leone – L’Arcimatto Il 1967-1973” edita da Baldini e Castoldi. “Di fronte allo yachting sono meno irto che di fronte al golf. La vela ha indubbiamente un fascino arcano. È un ala inventata per consolarci della nostra precaria terrestrità; è anche un sollievo per tutti noi che abbiamo remato a Lepanto: ma la nostra condizione di liberti della forcola viene ancora umiliata dall’ignoranza. Un’ala freme e si gonfia se viene opposta al vento con battiti non casuali. È però un fatto che la vela ti ruba gli occhi e ti si porta via suggerendoti pensieri di levità meravigliosa…Una mano di Straulino muove la barra fino a rendersi abile e suasivo prosseneta del vento. La vela allora si gonfia con palpiti sensuali e io mi salvo con la pancia di Rode, grottescamente inarcato fuori bordo…” (Gianni Brera)
Maurizio Bertera
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