1994. Quando è nata la rivoluzione della vela

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La barca delle meraviglie.

Quando è nata la rivoluzione della vela

Tratto dal Giornale della Vela del 1994, Anno 20, n. 10, novembre pag  56/65.

Si chiama Wallygator II, è lungo 105 piedi, raggiunge i 30 nodi di velocità, è tutto comandato da sensori e idraulica. Il Giornale della Vela si accorge che con il Wally 105 nasce una barca che rivoluzionerà la storia dello yachting. E svela i segreti di questo oggetto rivoluzionario.


105 piedi di lunghezza, 60.000 kg di peso, 30 nodi di velocità, 700 metri di tubi idraulici, oltre 200 sensori. Ecco i numeri strabilianti del nuovo Wallygator II, il rivoluzionario maxi da crociera.

Mentre le barche a vela per così dire minori, quelle fino a 50-60 piedi di lunghezza, vivono un lento ma costante processo evolutivo che interessa sia le forme che i materiali, il mondo dei maxi yacht da crociera appare ingessato dentro canoni rigorosamente tradizionali. Ogni tanto, qualche progettista più estroso tenta una mossa rinnovatrice, smagrisce una sezione, modifica un po’ gli slanci, toglie alcune tonnellate di troppo. Ma la tendenza resta più o meno la stessa, dislocamenti pesanti tughe stile “attico-superattico-terrazza”, strutture mastodontiche costrette a subire stress che obbligano a dover sovradimensionare tutto, dall’ossatura all’attrezzatura. In definitiva, su queste barche il compromesso tra prestazioni e comfort pende decisamente verso il secondo degli aspetti. Volendo trovare una giustificazione, si potrebbe argomentare che lo studiare nuove forme e soluzioni per grandi scafi a vela comporta un lavoro di ricerca estremamente dispendioso, pesante da sostenere anche con i budget di un maxi yacht. Soprattutto se manca una struttura a cui convergano tutte le informazioni, capace pertanto di far interagire la tecnologia dei materiali con la dinamica dei fluidi, l’idraulica con l’elettronica, il design con la marinità. E quanto Luca Bassani si è prefisso di fare con la Wally Yachts, una équipe di professionisti che studia e realizza la barca nel suo complesso, dalla identificazione delle esigenze armatoriali all’esecuzione del progetto, fino alla scelta del cantiere e dei fornitori, così da sollevare il cliente da ogni possibile rischio connesso al dover trattare con più interlocutori, ricercando al contempo il miglior rapporto qualità-prezzo. Il tutto con criteri innovativi che comportano l’uso delle più avanzate tecnologie, senza le quali una barca a dislocamento leggero non avrebbe ragion d’essere. Bassani, che oltre a vantare una grande esperienza di vela (è stato uno degli armatori “storici” dello IOR, nonché due volte europeo di 6 metri SI), conosce bene il settore dell’industria nautica, essendo stato proprietario della Barbarossa e della Harken, già nel 1989 aveva dimostrato che nel segmento dei maxi da crociera, di nuovo c’era ancora molto da dire. Wallygator, un 85’ realizzato da Sangermani su progetto di Luca Brenta, riassumeva quella che sarebbe poi stata la filosofia della Wally Yachts, il “fast & easy sailing”:dislocamento leggero per prestazioni elevate, ma con grandi spazi sopra e sottocoperta e soprattutto massima semplicità nella conduzione. Quella barca è servita come primo banco di prova, a ruota sono seguite Boabunda, un 60’ cruiser racer IMS, e Rrose Selavy, un 65′ IMS. Nel frattempo nasceva l’idea di Wallygator II, un maxi yacht di 105′ che rivoluzionasse il vecchio modo di andare a vela dei grandi cruiser, un secondo banco di prova dove sperimentare nuove soluzioni tecnologiche per creare il know-how necessario al futuro della Wally. Il risultato lo potete vedere sfogliando queste pagine, anche se per radiografare e capire Wally 105 non basterebbe l’intera rivista. Non è infatti la sua linea e il suo apparire a farne un oggetto così originale, quanto l’ingegnerizzazione che sta dietro ogni più piccolo dettaglio di questa barca di oltre trenta metri.

Progetto e costruzione

Realizzare uno yacht di 105 piedi a dislocamento leggero implica un lavoro di ricerca del tutto particolare. Bisogna risolvere innanzitutto il problema del passo sull’onda, che rischia di essere troppo “nervoso”: quello dei volumi interni, che l’assenza di immersione dello scafo tende a penalizzare: e poi quello più ovvio, ma forse il più difficile da affrontare, che è il mantenimento dei pesi entro valori molto più rigorosi di quanto non avvenga per un dislocamento pesante, perché una tonnellata non prevista, rischia di variare baricentri e simmetrie. Dopo mesi di prove in vasca e simulazioni al computer, dove varie configurazioni di carene sono state investite da treni di onde per verificarne il comportamento, il progettista Luca Brenta ha trovato la soluzione nell’allargare le sezioni dal baglio massimo verso poppa e assottigliare quelle di prua, mantenendo un’ alta inerzia longitudinale data da una waterline estremamente sviluppata. All’elevata stabilità di forma si somma un rapporto di zavorra su dislocamento del 40%, con un centro di gravità che si pone ben al di sotto della linea di galleggiamento. Larghe sezioni significano naturalmente ampi spazi interni e in coperta, che su Wally sono paragonabili a quelli di una barca di almeno venti piedi più lunga. Resta il terzo punto, ovvero il mantenimento dei pesi. E qui entrano in gioco i materiali compositi che hanno permesso di risparmiare il 50% del peso di una costruzione più tradizionale. Il solo scafo arriva appena alle 12,5 tonnellate, è realizzato con un sandwich supertecnologico fatto da anime differenziate di PVC (si va da 80 fino a 130 kg/mq), con pelle esterna in quadriassiali di ibrido vetro-kevlar, che forniscono la necessaria resistenza agli urti, mentre la pelle interna è in tessutodi carbonio, per il massimo della rigidità. Il laminato è realizzato con resine epossidiche, sottovuoto e con post cura. L’anima della coperta è in nido d’ape, così come le paratie. Il mobilio è strutturale. Il dislocamento è di 60 tonnellate.

Idraulica

E’ il cuore di Wallygator, costituito da quattro pompe e da settecento metri di “arterie” che distribuiscono l’energia (qualcosa come 500 litri di olio al minuto) alle varie utenze. Vediamo di descrivere sinteticamente il funzionamento di questo impianto assolutamente innovativo. Tutto parte da due motori diesel Yanmar da 175 cavalli ciascuno che, al posto del comune invertitore e della linea d’asse, hanno un accoppiatore ad ingranaggi. Ognuno di questi accoppiatori fa andare due pompe idrauliche a portata variabile, che mandano olio ad una serie di valvole di scambio. In questo modo l’energia viene indirizzata ai dissalatori, al generatore, ai sistemi propulsivi e ad una moltitudine di servizi quali l’apertura del portellone di poppa, il sali-scendi della deriva, i winch, la scotta della mezzana, il salpancore ecc. Persino i boccaporti sono ad apertura idraulica, schiacci un pulsante e il boccaporto (naturalmente custom in carbonio!) si chiude. La particolarità di questo impianto sta nel fatto che si possono usare le utenze contemporaneamente, alimentandole ciascuna con pressioni diverse ma con un’entrata in bar costante, senza cali di potenza. Solitamente, in un impianto idraulico la pressione entra, ipotizziamo, a 150 bar ed esce a 150 bar; se devo alimentare più utenze, devo maggiorare l’afflusso di olio, altrimenti quando schiaccio un pulsante del winch della drizza mentre salpo l’ancora, la potenza su entrambi cala: in questo caso, invece, entrano 150 bar ed escono su un’utenza 150 bar e su un’altra 200 bar. Le regolazioni possono essere effettuate sia aumentando il numero di giri dei motori diesel, sia variando la portata della pompa. Naturalmente esiste un sistema manuale di sicurezza che sostituisce il motore diesel nel caso dovesse andare in panne (una evenienza comunque rara visto che ce ne sono due, e che ogni motore, da solo, è in grado di alimentare tutte le pompe idrauliche). Superfluo sottolineare che lo studio richiesto per realizzare questo sistema, opera di Gianni Cariboni, è stato immane.

Propulsione

Il sistema propulsivo permette di raggiungere una velocità di crociera di oltre 12 nodi.

Un’altra delle meraviglie di Wallygator è il sistema propulsivo. Il cuore “idraulico”, che abbiamo descritto sopra, trasmette infatti l’energia necessaria a muovere due eliche, senza invertitori e linea d’asse. Al loro posto ci sono due thruster, cioè due piedi retrattili e girevoli a 360°, che spingono Wallygator ad una velocità di crociera di oltre 12 nodi. Un thruster è posto a prua, come una comune elica di manovra, l’altro è posto a poppa. Navigando a vela rientrano nello scafo diminuendo gli attriti, con un guadagno di circa due nodi. Inoltre, non dovendo più ottimizzare la forma dell’elica in funzione della navigazione a vela, si è potuto installare la più efficiente conformazione possibile: eliche a quattro pale che al posto di spingere, tirano. Dunque a marcia avanti il piede è rivolto verso prua e non verso poppa, così da sfruttare l’acqua meno turbolenta in entrata e migliorare la spinta. L’elica di poppa misura appena 600 mm di diametro, quella di prua 500 mm, con due motori da soli 175 cv, leggeri e compatti, per giunta estremamente parchi nei consumi rispetto alle potenze che sarebbero necessarie per muovere uno yacht di queste dimensioni. Quando si decide di andare a motore, con un pulsante si comanda la discesa dei thruster (od anche di uno solo dei due) e con due joy-stick si indirizza la spinta di ciascuna elica avanti o indietro ma anche a 45°, a 90°, a 135°, sia a destra che a sinistra. Ciò significa poter effettuare qualunque tipo di manovra. ad esempio uscire da una banchina a cui si è ormeggiati all’inglese con vento che spinge perpendicolarmente, semplicemente flettendo i due joy-stick nella posizione di 90° verso lo specchio libero di mare: la barca si sposta per magia di lato. Ma il principale vantaggio della trasmissione idraulica è che si è totalmente liberi nel posizionare il motore. Senza più dover sottostare alla convenzionale linea d’asse, lo si può installare dove più fa comodo. Tanto a far funzionare l’elica sono solo due tubi da un pollice e mezzo di diametro. Anche i due thruster sono opera di Cariboni, mentre le eliche sono state studiate e realizzate dalla Hydromarine.

Alberi, vele e coperta

Come è noto, gli yacht a dislocamento leggero fruiscono di un rapporto “peso/potenza” estremamente favorevole, che consente loro di sviluppare velocità entusiasmanti, specie alle andature larghe, con superfici veliche molto contenute. Quando però questo yacht è un cruiser racer di 32 metri che apre al vento qualcosa come 530 mq di tela (in bolina!), la soluzione per gestire le manovre con quattro sole persone di equipaggio, senza ricorrere ai sistemi avvolgibili, diventa più complessa. Per questo la Wally Yachts si è affidata ad uno specialista come Chris Mitchell, che ha realizzato un piano velico a ketch, che in crociera presenta una maestra ed una mezzana completamente steccate ed un fiocco autovirante al 95% della J, inferito allo strallo per mezzo di garrocci tradizionali. La ripartizione delle superfici, che ricorda per certi versi quella degli ultimi maxi Whitbread, è in tal modo molto equilibrata senza tuttavia castigare l’aspect ratio (l’albero di maestra misura m 38,5 dalla coperta, quello di mezzana m 28,4) così da fornire alte potenzialità con vento leggero, ma al contempo permettere di navigare fino a 35 nodi di apparente senza cambiare vele, limitando le riduzioni alle sole rande, notoriamente più facili da controllare delle vele di prua. La gestione delle drizze e delle scotte è naturalmente affidata a winch idraulici. Con questo armamento Wallygator vira senza bisogno di toccare una scotta; la totale assenza di volanti e stralletto, permette di risalire il vento semplicemente girando la ruota. Ovvio che senza l’impiego di materiali ad alta tecnologia, tutto ciò non sarebbe possibile. E infatti, gli alberi di Wally in carbonio, realizzati dall’azienda americana Omohundro, hanno consentito un risparmio di peso del 50% (oltre due tonnellate), che si traduce in una maggiore stabilità e conseguente tenuta di tela. La forma molto angolata delle crocette ed un quartiere largo quanto la barca (le lande sono poste in falchetta) provvede a fornire la necessaria stabilità longitudinale.

Piano di coperta

Di Wally colpisce l’assoluta pulizia del ponte e l’ergonomia di ogni passaggio. Tutte le manovre sono incassate in parte sotto la falchetta, in parte sotto una finta coperta centrale. Il pozzetto è dotato di un dodger a scomparsa che usa come traliccio principale il rollar della scotta di randa e crea un’area riparata di enormi dimensioni. Tutto il fitting è stato disegnato dalla Harken.

Il pozzetto è dotato di un ampio dodger a scomparsa che usa come traliccio principale il roolbar della scotta di randa e crea un’area riparata di enormi dimensioni. Il ponte e la zona della timoneria colpisce per l’assoluta pulizia. Titte le manovre sono incassate sotto la falchetta e sotto una finta copertura centrale.

Tender

Il tender è alloggiato in un autentico garage a poppa. Studiato da Victory Design, il tender è un prodigio di architettura: è infatti dotato di un motore diesel, così da usare lo stesso carburante dei motori, ed eliche di superficie tipo Arneson.

Ancoraggio

Basta osservare la prua per capire che anche l’ancoraggio non è tradizionale: nessun musone, né passaggi per la catena. L’ancora esce da un alloggiamento stagno a livello del galleggiamento, quattro metri a poppavia della prua, con evidenti vantaggi in termini di beccheggio. Risolti anche i problemi relativi al tiro dell’ancora, che comporta sempre un musone molto allungato.

L’elettronica

Su barche di queste dimensioni, tenere sotto controllo la gestione di bordo è uno dei compiti più delicati e impegnativi. Gli impianti sono tanti e complessi ed una svista può causare danni anche molto seri. I tecnici di Servowatch, un’azienda specializzata in programmi per computer, hanno appositamente realizzato un sistema di controllo elettronico di tutte le principali attrezzature, e non solo, che consente di tenere a bada la “vita” della barca semplicemente spingendo i pulsanti di monitor stagni “touchscreen” piazzati in punti strategici come la timoneria o il carteggio. In pratica, su questi schermi compaiono dei menu, che visualizzano in tempo reale una serie di informazioni. Quali? Ad esempio voglio conoscere i consumi di acqua, premo il relativo file ed ecco comparire la quantità d’acqua dei serbatoi e i relativi consumi giornalieri. Così per il gasolio, per l’elettricità, per le temperature dei gas di scarico ecc. Naturalmente ogni indicazione è corredata di allarme visivo e sonoro, che avvisa dell’entrata in riserva o di un problema sull’impianto. Oltre a queste informazioni, il “Servo” di Wally fornisce i carichi di lavoro del sartiame, la situazione del circuito idraulico, controlla l’apertura delle valvole, della posizione dei portelli dei thruster o dell’ancora. In totale 380 informazioni, che corrispondono ad altrettanti sensori sparsi per la barca. Compresi due sonar posti nel siluro del bulbo che segnalano la presenza di un ostacolo sommerso fino a 200 metri dalla prua. Navigando a 10 nodi, sono circa quaranta secondi di tempo per evitare un ostacolo. Meteosat, Saturn C, Radar sono solo alcune delle apparecchiature di bordo.

Gli interni del Wallygator II

Il salone ha una superficie di 40 metri quadrati divisi in zona pranzo, con un tavolo lungo quasi tre metri, e zona lettura. Sebbene sia una barca a dislocamento leggero, Wallygator II dispone di una sorprendente volumetria interna dovuta alla notevole larghezza delle sezioni.

Sebbene sia un dislocamento leggero, Wallygator dispone di una sorprendente volumetria interna dovuta alla notevole larghezza delle sezioni. Basta dare uno sguardo al salone, quaranta metri quadrati di superficie divisi in zona pranzo, dove spicca un tavolo di quasi tre metri e zona lettura, per rendersi conto che è innanzitutto un cruiser. Ma quello che si apprezza è anche la sobrietà delle linee, senza alcun particolare che stoni minimamente con lo spirito di essenziale marinità proprio di una vera barca a vela. Nella ripartizione dei locali vanno sottolineati due particolari di notevole interesse: innanzitutto la divisione ospiti armatore a prua e locali equipaggio a poppa. Non è una novità, ormai molti progettisti e armatori hanno compreso i vantaggi di questa soluzione: dormire lontani dagli impianti, dal pozzetto e dai rumori della banchina. Su Wallygator è stato però anche risolto il problema della navigazione in prua con mare grosso, quando la cabina anteriore diventa poco confortevole, realizzando una quarta cabina ospiti, posta sul lato opposto del carteggio, proprio a centro barca. L’altro aspetto rimarchevole è che gli interni sono concepiti come una cellula abitativa destinata a navigazioni lunghe ed impegnative. Qualche esempio? Non esistono cuccette doppie, bensì singole di comode dimensioni con antirollio. La zona equipaggio include una dispensa separata dotata di celle frigorifere capaci di stoccare cambuse oceaniche, un locale lavanderia e zona cerate. In definitiva una eccellente combinazione di comfort e, perché no di lusso, senza mai dimenticare la funzionalità.

Leonardo Zuccaro


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