Porti fantasma italiani e di chi è la colpa, parte 2. Prosegue la nostra inchiesta

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Porti fantasma

Perché alcuni porti turistici del nostro Paese stentano a partire, rimangono al palo e risultano a distanza di anni come progetti tristemente irrealizzati? Prosegue la nostra inchiesta sui “porti fantasma” italiani con altri casi di gestione fallimentare.

Porti Fantasma italiani – La seconda puntata

Ha fatto molto clamore e suscitato tanti apprezzamenti da parte della comunità dei lettori del Giornale della Vela la nostra recente inchiesta sui cosiddetti “porti fantasma italiani”. Perché li abbiamo chiamati “fantasma”? Semplice, perché sono approdi e marina turistici che, nonostante le gare di appalto, gli studi territoriali, i fiumi di denaro, le approvazioni tecniche e le concessioni, di fatto rimangono progetti irrealizzati. Bloccati da nodi burocratici, stop amministrativi, attese estenuanti di permessi, diatribe istituzionali e contenziosi legali tra soggetti pubblici e privati.

Dal Sud al Nord, praticamente lungo tutte le coste italiane, questi porti “fantasma” rappresentano situazioni assurde e paradossali che, per quanto isolate, diventano l’emblema di un sistema di portualità turistica che nel nostro Paese ancora arranca, mostra scarsa maturità e poca lungimiranza. Gettare luce su questi problemi e raccontare anche quello che non funziona nella nostra nautica fa parte del lavoro di una testata specializzata come il Giornale della Vela e accanto al sostegno dei lettori, registriamo inevitabilmente lo sgomento e il disagio da parte di chi vorrebbe vivere nel rispetto delle regole, ma anche in assoluta libertà la propria passione su un territorio accogliente e all’avanguardia sul fronte dei servizi nautici e sul tema ambientale.

Gli altri porti “critici” segnalati dai voi lettori

In quell’inchiesta abbiamo parlato di alcuni porti “ombra” particolarmente grandi e importanti che testimoniano situazioni macroscopiche di gestione fallimentare che si trascinano da anni: Fiumicino, Civitavecchia, Formia, Torre del Greco, Marsala, Marina di Ravenna, Senigallia e Ospedaletti. Ma non sono certo gli unici casi critici in Italia.

I nostri lettori ce ne hanno giustamente segnalati altri e partendo proprio dall’approfondimento di quelle segnalazioni vogliamo in questa seconda puntata dell’inchiesta raccontare altri progetti di porti e marina turistici che per quanto annunciati a gran voce negli ultimi anni, sono ancora lì, tristemente incompiuti, con disagi al territorio, all’economia e alla comunità di velisti.

Porti fantasma

Porto di Vibo Marina, una “nebbia” lunga 20 anni

Lo hanno definito il “porto delle nebbie”, come il celebre romanzo noir di Georges Simenon, o ancora il “buco nero” della Costa degli Dei. Certo è che quello di Vibo marina è uno dei porti più problematici e controversi d’Italia. Nel corso degli ultimi 20 anni il progetto della nuova struttura portuale è stato soggetto a blocchi e controversie, inclusi problemi di finanziamento e revoca di concessioni. In particolare, un finanziamento di 18 milioni di euro è stato bloccato a causa di problemi burocratici. Inoltre lo stesso progetto è stato estromesso dal Fondo di Sviluppo e Coesione e il Tar di Catanzaro ha confermato l’esclusione di un’associazione di diportisti dallo scalo a causa di presunte infiltrazioni mafiose. Insomma un porto bloccato sul nascere da un connubio virulento di politica, burocrazia e amministrazione che ne ha impedito lo sviluppo, con risvolti catastrofici a livello turistico e occupazionali non solo di Vibo Marina, ma di tutta la provincia.

Lo scorso 7 marzo, chiuso il capitolo giudiziario-amministrativo che l’ha visto prevalere sul Comune di Vibo in tutti i gradi, l’imprenditore Francesco Cascasi ha finalmente illustrato il progetto del nuovo porto. Le varie opere, per un importo di 27 milioni di euro, includono 300 posti barche, vari resort e strutture ricettive, un cantiere destinato al refitting, una Club House” con relativi uffici, servizi e lounge bar. Il tutto dovrebbe vedere la luce entro il 2027. Nebbia permettendo…

Porti fantasma

Porto di Ponza, dopo 7 anni gara da rifare

Nell’area di Cala dell’Acqua, sulla costa nord occidentale di Ponza, in prossimità della località Le Forna, da anni si parla del progetto di un nuovo porto turistico, moderno e funzionale, in grado di riqualificare tutta l’area, ex Samip, un tempo sede di una miniera di bentonite fino agli Anni 70. Nel 2016 la società Marina di Cala dell’Acqua Srl viene selezionata in una Conferenza dei Servizi a presentare il progetto definitivo. Il piano del nuovo porto, sviluppato dal CNR e dall’Università La Sapienza di Roma, all’inizio prevede 450 posti barca con pontili, banchine, finger e ormeggi, cime a terra e corpo morto. Ormeggi disponibili per barche con lunghezza massima di 50 metri e pescaggio massimo di 16 metri, visto che il fondale roccioso della zona interna alla diga foranea, è particolarmente profondo. La nuova struttura prevede anche alcune soluzioni all’avanguardia, tra cui un innovativo sistema che sfrutta il moto ondoso per produrre energia, che sembrano convincere le istituzioni locali e regionali a partire con i lavori.

Invece nella Conferenza dei Servizi del luglio 2017 l’intero progetto ottiene una serie di pareri negativi, in particolare da parte del Comitato Tecnico del Genio Civile per le Opere Marittime, oltre al fatto che mancano i pareri preliminari di VAS (Valutazione Strategica Ambientale) e VIA (Valutazione di Impatto Ambientale). Arriva anche lo stop da parte del Provveditorato delle Opere Pubbliche. Quindi inizia un lungo contenzioso tra la stessa società Marina di Cala dell’Acqua Srl e il Comune. Fino all’inizio di marzo 2025 quando il Consiglio di Stato dà ragione all’attuale giunta e impone che l’intera procedura per l’attribuzione dell’incarico di progettazione del nuovo porto turistico deve essere rifatta daccapo.

Lavori bloccati anche al porticciolo di Torregrande

Uno dei progetti più recenti per la riqualificazione di un porto turistico che stenta a partire per lungaggini burocratiche è il porticciolo di Torregrande, al centro della costa occidentale della Sardegna. A occuparsi dei lavori, per un investimento di 5 milioni di euro, è la società Marine Oristanesi guidata da Gianni Salis che a fine 2024 incassa l’ok del Comune. L’intervento prevede la sistemazione di due pontili in cemento e la sostituzione di quattro pontili galleggianti, con l’installazione di nuovi impianti per acqua ed energia elettrica a uso degli armatori.

Come data di partenza del cantiere viene inizialmente indicato il 7 gennaio 2025 e infatti per quel giorno si provvede a sgomberare le banchine: via dunque 90 posti barca per far posto a mezzi meccanici e operai. In seguito però il Comune stesso annuncia uno slittamento di un mese e il 7 gennaio diventa il 7 febbraio. Poi salta fuori il fatto che la Regione chiede ulteriore documentazione per dare il nullaosta al progetto e da febbraio si arriva a marzo, quindi da marzo si passa ad aprile. Infine si arriva a maggio 2025 e nulla si è ancora mosso. Finora a causa dei ritardi la società Marine Oristanesi ha perso tra i 120 e i 150mila euro per via degli ormeggi non assegnati e gli armatori non hanno il posto barca per la stagione.

Porti fantasma

Civitanova Marche: restyling del porto resta un miraggio

Il 21 giugno del 2021 la società Eurobuilding capitanata dall’imprenditore Umberto Antonelli presenta al Comune di Civitanova e alla Regione Marche un ambizioso progetto di ampliamento del porto cittadino, con l’intento di trasformarlo in uno scalo per grandi yachts con edifici residenziali, alberghieri, commerciali e cantieristici. Una rivoluzione che interessa 200.000 metri quadri a terra e 300.000 di superficie acquea, per le quali viene presentata regolare domanda di concessione demaniale di 90 anni, motivata con la necessità di rientrare, da parte degli investitori, dei costi faraonici del progetto. Il consiglio comunale, tuttavia, con delibera del 3 marzo 2022 dichiara irricevibile la proposta della Eurobuilding.

La società allora ricorre al Tar e accusa il Comune di avere ritardato i termini del procedimento, ma soprattutto di aver considerato il progetto una proposta di “project financing” quando invece la normativa di riferimento era il DPR 509/97, vale a dire il regolamento che disciplina il procedimento della concessione dei beni del demanio marittimo. Il Tar a marzo del 2023 respinge il ricorso della Eurobuilding, ma il Consiglio di Stato invece nel settembre 2024 lo accoglie e, anzi, chiede chiarimenti alla Regione rimandando la sentenza definitiva nei prossimi mesi. Diportisti e cittadini nel frattempo ancora aspettano di vedere il nuovo porto…

Porti fantasma

Talamone, il porto tra problemi logistici e speculativi

Del nuovo porto turistico di Talamone si parla da tanti anni, ma è nel 2023 che il Comune di Orbetello apre concretamente il fascicolo. A luglio dello scorso anno, la giunta cittadina individua le varie opzioni tecnico-giuridiche per valutare il percorso e crea uno specifico gruppo di lavoro. Si fa avanti la Società Porto Turistico di Talamone, formata da imprenditori locali, con un progetto da oltre 40 milioni di euro che segue il piano finanziario di prefattibilità commissionato proprio dall’amministrazione comunale. Contro l’intero progetto insorgono però la gran parte dei titolari delle concessioni per i pontili talamonesi, le tante imprese “blu” locali e gli stessi residenti. Insieme formano il comitato “Salviamo Talamone” che accusa il Comune di volere speculare sull’operazione e mettere le mani sulle 18 concessioni oggi rilasciate a vari soggetti, tra cui piccole imprese private e associazioni sportive dilettantistiche, da decenni protagoniste del buon funzionamento e dello sviluppo del porto.

Sul piatto vengono messe anche le molte criticità legate alla piena operatività e capacità della baia. Un progetto così ampio corre il rischio di dare il via a un cantiere che verrebbe completato non prima di 7 anni, innescando importanti problematiche per circa 600 posti barca esistenti, usati da villeggianti e residenti, con consequenziali danni economici a tutto il paese. Il comitato fa dunque ricorso al Tar che il 20 febbraio 2025 annulla tutti gli atti della gara e la procedura del Comune di Orbetello relativi alla trasformazione dell’approdo di Talamone in porto turistico giudicandoli illegittimi. Tutto da rifare dunque…

Porto di Riposto, da 2 anni si attende l’inizio dei lavori

Altra situazione paradossale è quella del porto di Riposto, in provincia di Catania. Il bacino attualmente presenta un quadro desolante con strutture fatiscenti, rifiuti, lavori di riqualificazione incompleti e un generale stato di abbandono. Il rifacimento dell’area portuale, lanciato nel maggio del 2021 dal comune, in qualità di stazione appaltante a una ditta aggiudicataria, doveva essere un’opportunità per rilanciare l’economia locale, migliorare la qualità della vita dei cittadini e valorizzare il patrimonio culturale e ambientale del territorio. Invece da oltre 2 anni la zona è interdetta a pedoni e veicoli, essendo adibita a cantiere per la costruzione di un molo pennello e delle relative opere di ormeggio. Peccato però che il cantiere, finanziato dalla Regione con uno stanziamento di 895mila euro, è rimasto incompleto, cosi come non si hanno notizie per l’avvio del secondo step, relativo alla realizzazione del predetto molo pennello.

Intanto nell’area esterna sono stati allocati vecchi pontili e decine di finger, tutti in attesa di essere conferiti in discarica ed esposti al degrado quotidiano. Nell’estesa banchina permangono delle casette in legno per la guardiania del sito, che nel corso degli anni sono state vandalizzate, con vetri infranti e rifiuti di ogni genere accatastati nei pressi degli ingressi. Come se non bastasse, sul fondale dello specchio d’acqua interessato dagli interventi, si trovano alcune strutture di ancoraggio dei pontili rimossi e altre strutture sommerse che ostacolano l’esecuzione dei lavori. Nessuno, nel frattempo, muove un dito. Un silenzio assordante che scuote la frustrazione e l’impotenza dei cittadini e dei diportisti di fronte all’inerzia delle istituzioni.

Porti fantasma

Rio Martino, il porto-canale che s’insabbia e muore

Altra vicenda lunga e travagliata è quella del porto canale di Rio Martino, ubicato sulla costa laziale al confine tra Latina e Sabaudia. Ad oggi la struttura risulta interdetta dalla Guardia Costiera di Terracina perché il canale è completamente insabbiato. Impossibile il transito per qualsiasi unità sia da pesca che da diporto con disagio enorme non solo degli operatori marittimi, ma di tutto il territorio circostante. Pensare che circa 20 anni fa intorno a quel canale c’era un mondo: darsene attive, pescatori, il distributore di carburante, quattro ristoranti e la draga sempre pronta a rendere fruibile l’ingresso e l’uscita del piccolo porto. C’erano circa 2.000 barche ormeggiate. Poi nel 2002 le istituzioni locali decisero che era tutto abusivo: ci furono i sequestri degli approdi per barche da diporto. Il canale fu promosso a fiume e il porto è poi morto, così come è morta l’economia del piccolo borgo. In mezzo, ci sono stati i lavori di ricostruzione del porto canale, delle sue bocche, delle sue banchine, delle aree limitrofe, ufficialmente conclusi nel 2018.

Nel corso degli anni, tuttavia il porto è stato chiuso e riaperto più volte a causa delle continue mareggiate. Nel frattempo, il Comune di Latina lanciava la gara per la gestione di 270 posti barca per i diportisti: l’affidamento nel 2021 è a un consorzio di operatori di Borgo Grappa, per una convenzione che, quando sarà operativa, prevederà finalmente la manutenzione continua del passo marittimo. Partono i progetti di realizzazione, ma comincia anche il braccio di ferro su chi debba rendere il porto canale operativo. Finché a gennaio 2025 la Regione Lazio conferma un finanziamento di 1.100.000 euro per l’esecuzione dell’intervento di difesa dell’arenile costiero. Serve un anno solo per pulire il canale, e poi?

Serve una “governance” Made in Italy”

È chiaro che ognuno di questi progetti “maledetti” costituisce un caso a sé per peculiarità geografiche, amministrative e territoriali. È pur vero tuttavia che si manifestano nodi comuni, aspetti critici speculari, procedure e dinamiche sovrapponibili. A riprova di un sistema nazionale che manca di visione, strumenti condivisi e strategia unitaria.

Come abbiamo già detto, in tema di portualità l’Italia dovrebbe seguire l’esempio di altri Paesi più svegli di noi, come la Francia, la Croazia, ma anche la Grecia e la Turchia. E cioè creare una cabina di regia nazionale per coordinare regioni ed enti locali sulla gestione delle aree territoriali, l’assegnazione delle concessioni, le ammissioni a fondi e gli sgravi fiscali. E poi maturare una vera “governance” di sistema targata “Made in Italy”. Il rischio altrimenti è lasciare le nostre coste abbandonate a sé stesse oppure alla mercé di investitori e soggetti stranieri che, messe le mani sui nostri preziosi territori, poi fanno il bello e cattivo tempo…

David Ingiosi

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10 commenti su “Porti fantasma italiani e di chi è la colpa, parte 2. Prosegue la nostra inchiesta”

  1. Lorenzo Imbasciati

    ben fatta l’analisi delle diverse situazioni.
    Davvero deprimente la soluzione suggerita: si auspica una “cabina di regia” in cui lo stato “fa meglio di quanto ha fatto” il controllore, nessuna consapevolezza del fatto che il difetto sta nel manico: tutti i difetti che sono ben analizzati nella prima parte sono figli dell’intervento pubblico e cosa si auspica? Più intervento pubblico. Non ne usciremo!

  2. Nicola Pagano

    Porto di Vieste tantissimi soldi spesi per avere un approdo e sempre in puglia il porto di Trani che versa in condizioni pietose per non parlare del Salento tra San Foca un approdo mai terminato a Otranto un porto senza porto

  3. Nicola Pagano

    Porto di Vieste tantissimi soldi spesi per avere un approdo e sempre in puglia il porto di Trani che versa in condizioni pietose per non parlare del Salento tra San Foca un approdo mai terminato a Otranto un porto senza porto

  4. Aggiungete qualcosa sul marina di Sant’Agata di Militello, praticamente concluso, ma che non riesce a vedere la luce in fondo al tunnel…

  5. Daniela Ziarelli

    Vi siete dimenticati il porto di San Felice Circeo.
    Mai finito ma gestito da anni da privati.
    Oramai fatiscente.
    Molo di ponente con il cemento che si sta sbriciolando.
    Soldi pubblici buttati ,anzi usati da pochi.
    Non hanno MAI fatto manutenzione perché finirlo significherebbe metterlo nelle gare.
    Controllare nel portolano come è definito.

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