Coperta e Manutenzione: come sostituire la gommatura del teak

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(Parlando di barche) classe ed eleganza senza tempo sono spesso associate a linee d’altri tempi, slanci profondi e scafi snelli, poppe a cuore e specchi ‘lontani’ dall’acqua… e Teak, teak a non finire… coperte da dolce vita e ottoni immacolati. In parole povere, il teak è da sempre uno degli elementi che, più d’altri, donano un tono totalmente differente ad uno scafo. E non ha valenza meramente estetica. Eppure, vantaggi e look a parte, il teak è anche una ‘piccola tragedia’ da manutenere, sia sul fronte pulizia e usura, sia sul fronte comenti (la gommatura, per capirci, quell’interstizio ‘calafatato’ che troviamo tra una tavola e l’altra). Proprio parlando di quest’ultimi, ecco come affrontare la sostituzione dei comenti in puro stile fai-da-te.

Teak e Manutenzione: come sostituire i comenti

Negli articoli precedenti, legati a questa breve serie sulla manutenzione degli scafi (soprattutto Classic), abbiamo affrontato tematiche relative i problemi legati all’osmosi, all’usura delle componenti di timoneria e dell’albero stesso. È ora il turno di affrontare la coperta e, quale elemento migliore per partire, se non il teak. Prima di concentrarci sulla sua manutenzione ordinaria, però, vediamo intanto come sostituirne i comenti, per capire poi come tenerlo sempre al top. Ovviamente, vale sempre la stessa regola: rivolgersi ad un professionista non è mai cosa di cui vergognarsi, soprattutto se non volete svolgere una singola riparazione, ma volete rifare l’intera coperta (un lavoro che prende intere settimane, richiede strumenti appositi e, insomma, non è cosa banale). Conoscere la teoria, però (o una delle potenziali tecniche per arrivare al risultato) non fa comunque mai male, e vi consente di intervenire in autonomia laddove il campo di intervento sia sufficientemente ristretto da potervici cimentare in prima persona.

Cantiere del Pardo
Comenti sani per una coperta sana

Teak e Comenti: quando intervenire

Innanzitutto, quando si creano le condizioni per le quali può aver senso intervenire? Talvolta, l’usura è palese, i comenti saltano, cedono, o iniziano a ‘spellarsi’, e l’intervento è richiesto dall’osservazione stessa: banalmente, i comenti stanno venendo meno, se addirittura non sono già saltati. Altre volte, invece, la necessità è meno evidente, o magari appare meno necessaria e, semplicemente, il teak risulta più assottigliato dei comenti, che sono così in rilievo rispetto alla superficie del legno. Anche in questo caso, prevenire è meglio che curare. L’assenza o il danno dei comenti, infatti, può portatre a problemi ben più ingenti dell semplice fattore antiestetico.

Le doghe in teak, infatti, sono fissate alla coperta con un collante (salvo casi ‘antichi’, ove erano avvitate per economia), e sonon unite tra loro lateralmente mediante un incastro. L’intercapedine che risulta tra queste è detta comento, generalmente sigillata con un gomma poliuretanica flessibile (spesso sikaflex). Scopo dei comenti è l’impedire infiltrazioni d’acqua nelle canalette e negli incastri, evitando così che l’umidità si infiltri al di sotto di queste, danneggiandone l’integrità. Valore aggiunto, ovviamente, offrono maggior grip in coperta.


Teak e Comenti: gli strumenti del mestiere

Innanzitutto, per poter intervenire in maniera appropriata (anche in una singola zona, nessuno pretende rifacciate necessariamente l’intera coperta, anzi…), è bene conoscere gli strumenti del mestiere, ovvero tutti gli elementi cui non potremo fare a meno durante l’operazione. In primis, serve però il meteo: è infatti bene cogliere l’occasione di una bella giornata, asciutta e fresca (10-25 gradi), per garantire che i nuovi inserti asciughino in maniera e tempi corretti. Ciò detto, si passa agli strumenti.

Fondamentalmente, vi serviranno: guanti in lattice, nastro adesivo, un taglierino (o un coltello a lama piccola, ben affilato), dell’acetone, un panno, una spatola e il sigillante (poliuretano elastico monocomponente – solitamente, Sikaflex nero). Possono essere molto utili anche uno scopino (o un grande pennello), o un aspirapolvere portatile.


Teak e Comenti: intervento e posa

Per procedere in manirea corretta, il lavoro è solitamente diviso in tre distinte fasi: la rimozione del materiale presente; la nuova posa; la rifinitura. In primis, è bene mascherare l’area di intervento con il nastro, per proteggere così il teak circostante e delimitare l’areale di operazione. Segue questo step la rimozione della gomma presente nelle scanalature. In questa fase, è importante assicurarsi di aver rimosso con il taglierino (o con il coltello) la maggior parte dei residui, stando però attenti a non danneggiare il teak, o a non asportarne sezioni. Fatto ciò, uno scopino o un aspirapolvere portatile potranno risultarvi utili per assicurarvi la rimozione di ogni residuo indesiderato.

Rimozione della gommatura danneggiata e pulizia

Eliminata la gomma, è buona norma definire la scanalatura entro cui intervenire. Mediamente, tra i 4 e i 6 millimentri sono lo spazio che desiderate per una buona area di intervento. Di nuovo, è qui buona norma assicurarsi che non siano presenti residui nella scanalatura, che andrete ora a pulire con l’acetone. Evaporato quest’ultimo, è il momento di passare alla posa.

Per la posa, se usaste una ‘pistola’ per la stesa del prodotto, è buona cosa mantenenere il beccuccio il più aderente possibile al fondo della scanalatura, procedente in maniera costante e precisa, tenendo, indicativamente, un angolo tra i 60° e i 90° gradi. In alternativa, potete stendere la gomma con una piccola spatola, stando ben attenti a non spandere il materiale ovunque, dovendolo poi andare a rimuovere carteggiando. Una volta concluso il processo, è bene procedere con la copertura sospesa del tutto, onde evitare che il prodotto sia danneggiato durante la fase di asciugatura (i tempi di attesa sono solitamente indicati sulla confezione).

Solidificatosi il prodotto, inizierà la fase finale. A sigillante pronto, sarà il momento di asportarne gli eccessi. Qui, nuovamente, intervverrete con un taglierino (anche se, vi sarà capitato di vederlo, l’operazione è fattibile anche con con appositi scalpelli o sgorbie affilate). Conclusa anche quest’operazione (cui dovrete prestare massima attenzione, onde non vanificare l’intero lavoro), potrete passare alla rimozione del nastro protettivo, avendo cura di non rimuovere, con questi, anche il sigillante che avrete appena finito di rifinire. Ovviamente, abbiate cura di non disperdere scarti e materiali nell’ambiente, soprattutto se operate in presenza di vento e vicino all’acqua.

La soddisfazione data da una coperta sana e pulita…

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