Storia del circolo ARCI che con due barche a vela salva i migranti
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Con due barche a vela e una base di soli trenta iscritti il primo Circolo Arci navigante d’Italia ha avviato la sua prima esperienza di monitoraggio e soccorso sulle rotte dei migranti in Mediterraneo.
Testimoniare ciò che accade lungo le rotte invisibili e pericolose dei migranti che arrivano nel Mediterraneo centrale, documentare il lavoro delle organizzazioni di soccorso attive in mare ed se necessario salvare vite umane. È questo l’obiettivo di “Tutti gli occhi sul Mediterraneo”, il progetto del primo Circolo Arci navigante d’Italia.
A idearlo è stato Francesco Delli Santi, 57 anni, bolognese, architetto oltre che marinaio, che è armatore di una barca a vela che lo scorso novembre ha salvato 43 persone al largo di Lampedusa, in Sicilia. L’imbarcazione si chiama “Sailingfor Blue Lab” ed è anche uno dei due mezzi operativi del Circolo Arci navigante (l’altro è una barca a vela di 17 metri).
Tutti possono tesserarsi e partecipare alle azioni in mare
Per il momento gli iscritti all’associazione sono una trentina, tutti marinai da sempre legati al mare, orientati anche verso l’innovazione sociale, il sostegno dei diritti umani e la tutela dell’ambiente marino. Molti di loro hanno anche esperienza di attività Search and Rescue (Sar) con navi di soccorso di diverse organizzazioni,
Ma chiunque ha la possibilità di fare la tessera. Per sostenerlo si possono fare attività a terra, come le classiche cene di autofinanziamento, ma si può anche arruolarsi come volontari per le operazioni mare. “Con il circolo navigante stiamo portando avanti il progetto ‘Tutti gli occhi sul Mediterraneo’ – spiega Filippo Miraglia, responsabile immigrazione di Arci – e vogliamo svolgere un’azione di monitoraggio del mare di Lampedusa. E’ una maniera di ribadire la centralità delle persone che non possono essere sacrificate alla mera propaganda”.
“Con la vela aggiriamo il decreto Piantedosi”
In teoria lo scopo principale del Circolo Arci navigante è quello di segnalare i naufraghi e prestare i primi soccorsi. “Ma potrà succedere quello che è già accaduto a novembre” – continua Miraglia – ovvero che la nave dei disperati rischi di affondare e che quindi sia necessario prenderli noi tutti a bordo”. Le barche a disposizione del circolo sono due, una di 13 metri e l’altra di 17.
C’è un altro aspetto non indifferente: “La barca a vela – spiega Miraglia – permette di aggirare uno degli effetti del recente decreto Piantedosi sulle operazioni di soccorso in mare. Ovvero il fatto che le navi delle Ong dopo ogni salvataggio vengono inviate in porti lontani dal Mediterraneo centrale. Le barche a vela infatti sono obbligate di fatto a rientrare in un porto molto più vicino. E contro questo c’è poco da dire”.
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16 commenti su “Storia del circolo ARCI che con due barche a vela salva i migranti”
Contro questo, invece, c’è molto da dire. Iniziativa lodevole ma da incoscienti per la safety di barca ed equipaggio ed avvicinarsi ai barconi, anzi, incoraggia i naufraghi a buttarsi in acqua. Cosa credono di fare con una barca di 13 metri, cosa pensano, che basta imbarcare due scatole di razioni e coperte isotermiche?
Le convenzioni SOLAS e SAR e i codice della navigazione stabiliscono appunto l’obbligo di soccorso APPARTE che non costituisca pericolo per la barca, l’equipaggio e il suo carico. Cosa fanno se incontrano uno di quei gonfiabili cinesi con un centinaio di disgraziati? Contano i morti?!
In tutta questa vicenda mi lascia perplesso se non addirittura sgomento l’affermazione: “con le barche a vela possiamo aggirare il decreto Piantedosi”…cioè (tradotto) siamo felici di agire contravvenendo un Decreto del Ministro dell’Interno, ma bravi!
In tutta questa vicenda mi lascia perplesso se non addirittura sgomento l’affermazione: “con le barche a vela possiamo aggirare il decreto Piantedosi”…cioè (tradotto) siamo felici di agire contravvenendo un Decreto del Ministro dell’Interno, ma bravi!
Se fosse come dici tu sarebbe sicuramente un errore. Però non è come dici tu…..
Concordo con quanto detto da Francesco.
Dal momento che sicuramente “navigano” con mezzi di fortuna stracarichi e sul punto di affondare in qualsiasi momento, alla vista di una barca che naviga sicura si getteranno in acqua a decine e vorrei sapere cosa potranno fare e alle conseguenze, sicuramente nefaste, che il loro intervento determinerà.
Mi stupisce che partecipi a questa iniziativa con mezzi sicuramente non adatti qualcuno del mestiere che si presume sappia cosa può accadere in tali frangenti.
Max
Il fatto che non succede quello che tu dici ti può mettere in dubbio?
Possono offrire zattere più sicure un minimo di viveri una geolocalizzazione ed un primo rapporto visivo uditivo dal quale trasmettono a terra e cercano di comunicare con loro invitandoli a restare uniti a piccoli gruppi di N per zattera.
Non fare salire nessuno a bordo.
Con un fuoribordo e un tender un medico potrá dopo visitare le zattere .
Prima numero sesso età lingua e condizioni vanno trasmesse a terra.
Diversamente si sbaglia
Bravi .
Per me sono solo stronzi comunisti, sabotatori dell’ Italia ,come i loro babbi o nonni partigiani.assassini prezzolati,impuniti.se non c’era la mafia in Sicilia ,gli americani e inglesi erano sempre in Africa. Sono solo stronzi.lasciateli affogare tutti . sono delinquenti.
Si può fare anche qualcosa di diverso senza sbagliare.
In realtà dalla missione di novembre è successo anche altro, probabilmente se anche questo fosse stato scritto alcuni dei commenti qui sopra non sarebbero stati scritti.
Le domande che sottopongo ai lettori di questa rivista sono queste : avete presente come funziona una normale procedura di search and rescue? Avete presente come invece viene gestita in caso di persone migranti?
Trovate giusto che la procedura di salvataggio sia condizionata dalla provenienza di chi chiede soccorso?
Chi si trova in mare ed è in evidente difficoltà o pericolo deve sempre essere salvato o perlomeno bisogna fare l’impossibile per soccorerlo. Tuttavia, organizzare una struttura con l’obiettivo precipuo di monitorare il mare per sovrapporsi e raggirare un sistema di monitoraggio e soccorso, che lavora per dissuadere le partenze criminali, equivale ad invitare le persone ad esporsi al pericolo di morire, con le cosi mdette partenze pericolose, sapendo di poter contare su qualcuno che li caricherà e li porterà certamente in Italia.
Da qui ad immaginate che il sistema diventi business il passo è breve, come pure breve possa diventare il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
Infine va considerata l’ipotesi che potrebbe verificarsi un incidente ed allora vengono a galla tutte le questioni insieme ed il vaso di pandora spunterà fuori tutte le criticità. Francamnte, non solo non condivido l’iniziativa, ma la ritengo un’operazione sbagliata. Il velista ama il mare e la barca a vela è uno strumento per vivere e godere della vita marina e marinara, trasformare questo pensiero con la mission di salvataggio significa mortificare l’ animus della vela e strumentalizzate la barca a vela a fini impropri.
Francesco A. R.
Chi scrive ha navigato una vita su tante barche a vela lavorando per chi ne fa un lusso. Poi ho sentito un fascista razzista come Rodolfo, che diceva “lasciateli annegare” e sono partito con una missione su un ketch di 18m. Quando abbiamo incontrato imbarcazioni in mare abbiamo fornito assistenza alle persone sofferenti e collaborato con la guardia costiera che effettua il trasbordo ed il salvataggio 8 casi su dieci. Noi abbiamo preso a bordo i migranti solo in casi eccezionali, sempre in sicurezza. In quanto al decreto Piantedosi, detto “Cutro” perchè è una vergogna, spesso viene ignorato dalla stessa Guardia costiera e dal Mrcc, che ci hanno richiesto espressamente di imbarcare i migranti. Per quanto riguarda la migrazione, illegale o meno, è sempre esistita e gli italiani se lo dovrebbero ricordare bene. Quindi fatevene una ragione e non chiudete gli occhi e la ragione per non vedere i 70mila morti che non sono riusciti a passare il mare, l ultimo passo di un lungo viaggio di sofferenze per trovare un futuro degno di essere vissuto. Grazie Arci
condivido, grazie Arci!
Grazie, l’invasione e sostituzione etnica non sta avvenendo abbastanza velocemente, forza e coraggio serve l’aiuto di tutti!