Come si naviga senza randa: abbiamo testato il DolceVela 48

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DolceVela non è solo una nuova idea di armo, ma anche un altro modo di navigare, e di fare barche. Abbiamo provato la nuova “invenzione” di AV yachting di Alessandro Vismara. 

Dolcevela
La concezione generale del progetto DolceVela si basa sulla facilità di gestione dell’imbarcazione, sia a vela che a motore.

Dolcevela 48, la nostra prova

L’errore più grande? Fermarsi alle apparenze. Certo, togliere randa e boma da una barca a vela da crociera non è poca roba. Per capire l’idea che c’è dietro a DolceVela bisogna però andare oltre, serve un approccio “olistico”, parolone spesso abusato che questa volta è necessario. Bisogna guardare questo progetto nel suo insieme, non fermarsi all’analisi di un singolo, per quanto evidente, elemento.

L’idea è quella di proporre un modo nuovo di andare a vela” mi racconta Alessandro Vismara, ovvero AV Yachting e colui che ha messo in moto questo tentativo di “rivoluzione copernicana del rigging”, dove non sono più randa e boma al centro del tutto. E già il suo nome dice molto: “Dolce-vela, quindi un modo di navigare, ma anche di progettare i costruire le barch,e più “morbido”, più facile, più efficiente”.

Questo quindici metri è quindi gestito da solo due vele di prua, un genoa e una trinchetta sovrapponibili, rispettivamente da 100 e 50 m e avvolgibili su stralli in PBO antitorsione (quindi senza il classico estruso in alluminio). Scotte e avvolgitore sono poi rinviate su due winch elettrici Antal a tre velocità. Il risultato, alla fine, è una gestione della “potenza”, della superficie velica, facilissima: direttamente dal pozzetto e a portata “di dito” da parte del timoniere.

I motori son due fuoribiordo a scomparsa Suzuki da 40/60 CV. Navigando a vela si possono sollevare e i fori si possono chiudere con pannelli in legno.

Dolcevela, intorno al suo armatore

Il progetto nasce prima di tutto dalla volontà di un armatore di grande esperienza, Angelo Bruni (alla sua quinta barca firmata Vismara) di avere una barca ritagliata intorno alle sue esigenze ,ma è anche il risultato della collaborazione di molte altre teste e “mani” che il mondo della vela lo conoscono molto bene: oltre ad Alessandro Vismara, il Cantiere RiNautica, Alessandro Degl’Innocenti e il giovane e promettente progettista Otto Villani.

A bordo tutto è molto facile – mi spiega Angelo Brunianche per un armatore non più giovanissimo come me. Gestirla, in ogni condizione, è veramente molto semplice”. Il concetto mi è appare subito chiaro, già nel momento di lasciare la banchina, ancor prima che questo nuovo armo cominci a fare il suo lavoro: i motori sono infatti due, due fuoribordo Suzuki da 60 CV, invisibili, alloggiati in due gavoni a poppa. “Una soluzione che rende l’ormeggio più agile, mi racconta questa volta Otto Vilani, con un monoscafo che si può gestire come un catamarano. Inoltre i motori si possono sollevare per ridurre la resistenza in acqua, e i “buchi” nello scafo si chiudono con dei pannelli in legno”. 

La grande cabina armatoriale è a prua e ha il letto centrale, a isola. I volumi sono decisamente abbondanti. Qui si può notare la lavorazione in legno dello scafo.

Appena fuori dal porto tocco invece con mano la prima conseguenza dell’aver adottato questo armo: apriamo le vele, senza dovere metterci prua al vento, senza fare la prima cosa che ci hanno insegnato a scuola vela. Nessun boma che sbatte, niente rumore, nessuna drizza da incocciare sulla randa. Parola d ‘ordine, ancora una volta, semplicità.


Dolce, anche la costruzione

Niente plastica, niente carbonio DolceVela 48 è realizzata in legno, per la precisione Douglas e Cedro Rosso, impregnato di resine epossidiche Bio, rinforzato con fibre di lino. “Il legno la rende profumata, più fonoassorbente, coibentata termicamente, più confortevole per come è in grado di “respirare” l’umidità, assorbendola quando è in eccesso e rilasciandola quando è più secco”, mi racconta in modo appassionato Mentor Shimai di RiNautica. “La costruzione in legno è anche rispettosa dell’ambiente, nasce su modellazione 3D e taglio laser. Evita l’uso dello stampo, elemento che alla lunga è sempre a perdere, necessario invece per le costruzioni in fibra di vetro o carbonio, riducendo i costi di produzione e smaltimento”. 

Avere l’albero molto a poppa ha comportato in lay-out della coperta con la dinette allo stesso livello e in diretto contatto con il pozzetto. Il salone, grazie alle ampie finestrature sulla tuga, è molto luminoso.

Dolcevela 48, in navigazione

Una giornata bellissima, davanti a Punta Ala, ma purtroppo con poco vento: 6/7 nodi su acqua piatta. Condizioni certamente non ideali per testare a fondo DolceVela sotto tela. Un’idea ce la siamo comunque fatta e, indoviate un po’… tutto è molto semplice. Di avere le vele quasi ci si scorda. Il piano di coperta è ben organizzato (l’albero ha due grandi crocettoni acquartierati e niente paterazzo) e la barca, nonostante la brezza leggerissima ,si è messa sui suoi binari e ha cominciato a navigare, quasi da sola. 

Avere l’albero spostato molto verso poppa comporta la presenza un pozzetto non grandissimo ma allo stesso livello e in diretta continuità con la dinette, separato solo da due portelloni di vetro scorrevoli e a scomparsa. Il salone centrale può poi godere della luminosità data dalle ampie finestrature sulla tuga. Il risultato finale è quindi un piacevole, dolce, annullamento della distanza tra i dentro e il fuori per navigare immersi nel paesaggio marino. 

di Luca Sordelli


Dolcevela 48 – Scheda tecnica

Lung. ft: 14,85 m
Baglio max: 4,40 m
Disloc.: 12.000 kg
Pesc.: 2,40 m
Serb. acqua: 600 l
Serb. carburante: 400 l
Motori: 2 x 60 cv fuoribordo Suzuki
Sup.vel. genoa: 100 mq
Sup.vel. jib autovirante: 50 mq
Progetto AV Yachting – Otto Villani

 

 

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15 commenti su “Come si naviga senza randa: abbiamo testato il DolceVela 48”

    1. Confermo, forse era meglio dire rielaborazione di un progetto all’avanguardia e surrealista dell’ing.Tross che ha trovato la sua realizzazione, con modifiche attualizzate al 2025.
      Capisco però che spesso il giornalismo nautico è giovane, e non può avere in testa il cassetto “repertorio nautico” che posso avere io che non sono giovane 🙂
      Bravo Gianni

    2. Barca intelligente in linea con Tross. Anche la idea dei fuoribordo non è freschissima ( vedi melges 32) ma meglio dei diesel che si ingolfano per i sedimenti nei serbatoi. Oltre daxessere facili da sostituire in caso di necessità.

      Mi sembra una strada giusta da seguire che può a ere un bel futuro .

    3. Esatto, adesso si inventeranno anche la deriva mobile e la zavorra in sentina, per scivolare sulle onde, sempre di Tross. Oppure la prua tagliata per l’ormeggio di prua. (Sempre Ernesto Tross).

  1. Vincenzo Ippolito

    Confermo lo, Tross ne parlava, e costruiva, trenta e più anni fa ( Orso bruno e Orso Bianco).. nessuna invenzione, però è bello che quel seme sia finalmente germinato.

    1. C’è molto delle idee di tross, tranne metallo e prua con uscita per moto leggera… Tross con simile dislocamento un motore sufficiente, non due a benzina… 400 LT di benzina per 120 CV un po’ più che motori ausiliari di manovra, alquanto esterni implicanti notevole compensazione in caso uso unico motore… Cmq un concept interessante, semplice, con soluzioni per vivere in estate imbarcazione comodamente (dinette a livello pozzetto)

    1. Si si è rotto l’albero perché il Genoa si e aperto parzialmente mentre la barca era ormeggiata di prua e non potendo avanzare ha scaricato tutta la potenza delle forti raffiche sull’albero che ha ceduto parzialmente.

  2. Confermo,: Ernesto Tross è colui che 30 anni fa ha progettato e costruito barche senza boma e randa, navigando per i mari di mezzo mondo e spiegando per filo e per segno i perché, i come, i vantaggi e financo effettuando prove comparative con altre barche tradizionali, oltre che scrivere numerosi libri al riguardo e non solo.
    Spero vivamente che i redattori ne siano a conoscenza e, se non lo sono, si documentino.
    Attribuendo così i giusti meriti a Tross, anche se postumi.

  3. Silvano Volcan

    Ho apprezzato molto la bellissima barca armata con due fiocchi.
    Nell’anno 2014 ho restaurato un vecchio Alpa Esse, munito di avvolgifiocco, e lo ho attrezzato con un albero spostato verso poppa e con due fiocchi, ispirato da Ernesto Tross, tedesco di Roma.
    In seguito mi sono divertito a sperimentare alcune varianti per ottimizzare la barca.
    Nel mio sito web nella sezione “Mare” è visibile un filmato della prima versione della mia “EBE”.
    In seguito aggiunsi anche un bompresso con un gennaker che potevo issare e ammainare dal pozzetto.
    Sul sito si trova anche il video della mia deriva “Mafalda” dalle caratteristiche ancora più estreme.
    Dall’alto dei miei 87 anni un affettuoso saluto a tutti i velisti che amano il mare!
    Silvano Volcan
    Sito web:
    silvanovolcan.it

  4. Innovazioni geniali e misconosciute di barca ( in alluminio autocostruita) armata
    di due fiocchi di Tross anni 90…..
    Con fuoribordo 9.9 Yamaha gambo lungo con slitta sollevabile dall’acqua..
    Scelte che andava cotto tutto ma l’ hanno portato in giro x il mondo in sicurezza e comodità………

  5. Omaggio l’amico Tross notevole innovatore. Nella nautica le invenzioni sono poche ed è giusto copiare quanto c’è di buono, è onesto però dar merito a chi le ha prodotte. Vedi Herreshoff, con le chiglie basculanti, catamarani, proa invertibili, e trimarani moderni, rande square tops, ali rigide per vele, etc.
    Del Dolcevela 48, dal poco che si vede, mi lascia molto perplesso l’accesso in cabina più da motoscafo che da barca a vela, non certo da blue water boat.
    Cesare Micocci

  6. Circa il navigare senza randa mi piace ricordare che in una delle più tempestose Admiral”s Cup una delle barche che riuscirono ad arrivare alla fine, e che ottenne anche un ottimo piazzamento (non so se addirittura fu primo), si era fatto tutta la regata usando solo le vele di prua. E mi pare lo abbia fatto proprio per scelta per il cattivo tempo, non perchè l’avesse stracciata.

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