Il volto brutale delle regate offshore: quando la vela d’altura diventa uno sport estremo
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Il caso della Rolex Sydney Hobart 2024, che ha fatto registrare due vittime, ha riaperto il dibattito sui rischi delle regate d’altura, di alcune quanto meno come appunto la Hobart. Nel nostro articolo dedicato alla regata abbiamo letto, sui social, addirittura opinioni molto dure che evocavano il proibire un certo tipo di regate offshore. Siamo come rivista molto lontani da quest’opinione, ritenendo che la preparazione degli equipaggi e un bando di regata che imponga una selezione sui partecipanti sia invece la soluzione per mitigare i rischi di regate così dure. Regate però che rappresentano l’essenza pura della vela e della competizione in mare, prove sportive che però non sono obiettivamente adatte a tutti.
Dibattito a parte, la storia della vela d’altura è costellata di episodi analoghi o simili a quelli della Rolex Sydney Hobart 2024, più o meno tragici. La vela d’altura, il mare, gli Oceani, a volte mostrano il loro volto più duro. Si tratta di un rischio insito in uno sport come la vela, che per certe sfide va considerato a tutti gli effetti uno sport estremo. Quelli che seguono sono alcuni degli episodi più drammatici nella storia della vela offshore, che in un certo senso sono serviti per migliorare il livello di sicurezza delle barche e dei velisti negli anni successivi, e anche per rendere ancora più leggendarie certe regate.
Fastnet 1979 , la più grande tragedia della vela
Venti barche affondate, 19 morti, 4.000 soccorritori all’opera. Sono passati quarantacinque anni da quella fatidica notte in cui si consumò la più grande tragedia della vela contemporanea.
Tra il 13 e il 14 agosto 1979, sugli oltre 350 partecipanti del Fastnet (la quinta delle cinque prove d’altura dell’Admiral’s Cup, con partenza da Cowes, nel Solent, doppiaggio dello scoglio del Fastnet, nel sud dell’Irlanda e arrivo a Plymouth per un totale di circa 600 miglia) si scatenò il finimondo: mare forza 11, venti oltre i 70 nodi (130 km/h). Affondarono 20 barche e persero la vita 19 velisti, in totale furono 194 i ritiri. LEGGI TUTTA LA STORIA DEL FASTNET 1979
L’italiano che cadde negli Oceani del sud e riuscì a sopravvivere
I terribili mari del sud non hanno mai perdonato. Tranne che in un caso. Una sola volta un uomo, caduto nelle acque gelide del 52° parallelo, conscio di andare incontro a morte sicura, è stato salvato dal suo equipaggio. Un equipaggio di grandi marinai italiani. Era la Whitbread del 1981/1982, terza tappa (Da Auckland a Mar del Plata, in Argentina), quell’uomo era Paolo Martinoni. E per sua fortuna, al timone del Rolly Go di Giorgio Falck, in quel momento, c’era il grandissimo Pierre Sicouri. LEGGI TUTTA LA STORIA
Il dramma del Parsifal
Sono passati esattamente vent’anni da quella sera del 2 novembre 1995, quando il Parsifal, un cutter di sedici metri, affonda nel Golfo del Leone mentre infuria una tempesta con raffiche intorno ai settanta nodi. Dei nove membri dell’equipaggio solo tre sopravvivono alle lunghe ore in acqua in attesa dei soccorsi. è la peggiore tragedia della vela italiana. In queste pagine abbiamo deciso di ricordarla, ripercorrendo cosa accadde in quei momenti e i lunghi strascichi giudiziari. LEGGI TUTTA LA STORIA
La Hobart del 1998
La Sydney Hobart è forse la più estrema e brutale delle regate offshore e non è affatto nuova a edizioni durissime, con bilanci finali severi o drammatici. Fare la Hobart significa partecipare a una regata estrema, chi la fa deve bene avere in mente questo concetto. L’edizione del 1998 fu forse la peggiore: 6 morti, 5 barche affondate, 7 abbandonate, 55 velisti tratti in salvo, sono i numeri di quella che poi venne definita come la più gigantesca operazione di salvataggio mai svolta in Australia, con 35 mezzi aerei e 27 per mare.
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