VIDEO Cos’è il Para Sailing e perché la vela è davvero di tutti
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Una giornata in mare con gli atleti del Team Para Sailing di Punta Ala a bordo dei piccoli Hansa 303. Cosa abbiamo imparato? Che la vela può essere il mezzo ideale per abbattere le barriere, dissolvere il concetto di normalità
Di Luca Sordelli
Foto e video MAYDAY Production
Cominciamo dalla fine, al termine di un’intensa mattinata in acqua. Una lunga tavolata, Yacht Club di Punta Ala, una giornata ai primi di novembre ma dal clima settembrino. Davanti a noi solo la Troia, l’isolotto dello Sparviero, e un cielo limpido pulito dalla brezza di terra. Mi godo una bella chiacchiera, il cibo è buono e anche il vino. Si festeggia il compleanno di Genesio, il cinquantaduesimo, uno dei tre ragazzi del Team di Para Sailing con cui ho navigato. “Oggi è anche il mio comple-danno”. Dice, scherzando, Alessandra, a capotavola, in carrozzina.
Esattamente tre fa anni il suo cavallo, racconta, è impazzito ed è caduta. Paraplegica, ha 22 anni e un gran bel sorriso. Oggi in acqua è stata la più “cattiva” di tutti, super competitiva, impossibile starle davanti. Il clima a tavola è allegro, anche se il tema non è proprio leggero. Mi raccontano le loro storie, hanno evidentemente voglia di farlo, complice il vino e forse anche una giornata insieme in mare.
Genesio è un carabiniere, ora in ufficio ma alle spalle ha tre missioni all’estero. “Un incidente, in bici, due anni fa. Mi hanno ripescato per i capelli…” a tavola ridiamo, perché di capelli non ne ha neanche uno. Genesio è tetraplegico, cammina con le stampelle, ha difficoltà a muovere le braccia. Dei tre ragazzi con cui ho navigato oggi è quello che per ultimo è arrivato alla vela, il meno esperto, ma anche lui, sono bastati pochi bordi fatti insieme per capirlo, un super agonista.
Il terzo è Giorgio, 53 anni di Vico Pisano. Oggi in mare mi ha stupito, ha un braccio solo ma riusciva a gestire le manovre dell’Hansa 303 con una facilità impressionate. Dei tre è quello più esperto di regate, quello col palmarès più ricco. Anche lui mi racconta dell’incidente: “In moto, una roba brutta, la perdita del braccio in realtà al momento era la cosa meno grave di cui occuparsi… anche a me hanno ripescato dai capelli. Ma almeno quelli li ho…”. Si ride, la frecciatina è per Genesio.
Giorgio è sempre stato un super sportivo, attività adrenaliniche come l’enduro e il downhill: “La vela mi ha regalato di nuovo quelle sensazioni. Mi ricordo la prima volta che dovevo uscire in mare: sui nostri barchini, fuori si vedevano le onde belle cattive, il vento… Adrenalina pura. Voglia di fare, di vivere”.
Ad armi pari…
Ma ora rincominciamo da capo, come ci sono arrivato a questa tavolata?
Al Marina di Marina di Punta Ala insieme allo Yacht Club Punta Ala è dal 2011 che si lavora per i velisti disabili: in quell’anno viene realizzata la Base Accessibile nel porto, inaugurazione con Alex Zanardi e punto di partenza indispensabile per poter iniziare qualsiasi attività per dei corsi di para vela.
“Una vera base accessibile – mi spiegano Paolo Prearo e Alessandra Petri, i coach che seguono i ragazzi – significa avere non solo dei semplici scivoli, ma delle banchine galleggianti a livello delle barche in modo che i ragazzi possano salire a bordo senza problemi, le rampe per raggiungerle e anche la gruetta per aiutare nell’imbarco gli atleti con maggiori problemi di mobilità”. Si parte con i primi corsi con l’INAIL e tre barche, due HANSA 303 e un 2.4, cinque gli allievi. Con le prime barche e una base idonea si può veramente innescare un processo virtuoso di crescita, nel 2019 nasce la squadra agonistica.
Come in qualsiasi attività però, la vera riuscita dei progetti dipende sempre dalle persone, da chi ha voglia di fare e di investire veramente nel sociale. “La vela è uno dei pochissimi sport – ci racconta Giorgio Pisani Vicepresidente del Gruppo IBSA – che consente ai ragazzi disabili di competere ad armi pari con i normodotati. Questo è stato uno dei primi fattori che ci ha fatto credere in questo progetto. Tutto è partito da un’idea dell’Avvocato Roberto Fusco, ex direttore del Marina, che ora non c’è più, mio compagno di banco al liceo. Io da tantissimo tempo frequento il Marina ed è stato lui ad avere la visione”.
Proprio il Gruppo IBSA ha donato al Marina di Punta Ala due Hansa 303 e da lì è partito un progetto a livello più mpio con la Federazione Italiana Vela, alla quale ha IBSA ha dato altre tre Hansa 303 da utilizzare in altri circoli sul territoroio e creando la Para Sailing Academy in collaborazione con il CONI, Comitato Italiano Paralimpico (CIP) e World Sailing (la Federazione Vela mondiale).
La dimensione internazionale, come ci ha spiegato sempre Giorgio Pisani, è fondamentale: “Con IBSA su questo fronte siamo già attivi in Francia, Spagna e Svizzera. L’idea è creare un vero network europeo. Ora le barche che abbiamo donato sono complessivamente otto. Ma l’idea è crescere ancora e soprattutto creare un grande evento Hansa 303, qui a Punta Ala nel 2025.”
“Molti dei ragazzi disabili che hanno iniziato la loro attività qui con dei semplici corsi di vela – ci spiega invece Emanuele Sacripanti, Segretario Generale dello Yacht Club Punta Ala – regatano ora a livello federale e nei posti alti della classifica degli Hansa 303 nei campionati europei e mondiali”. L’obiettivo ultimo del vostro ormai lungo impegno in quest’attività? “Prima di tutto coinvolgere sempre più ragazzi, anche non normodotati, nelle nostre attività. E poi, a lungo termine sarebbe importante che la vela rientrasse nella Paraolimpiadi. Sono scomparse, ma è fondamentale che ritornino. Il sogno è vedere uno dei nostri ragazzi o ragazze competere in quello scenario”.
Uguali ma diversi
Ma torniamo in acqua. La mattina presto, con Ale, Giorgio e Genesio (del team Hanse 303 fanno parte anche, Luca Iudice e Simone Mazzanti, Gianluca Raggi ed Emiliano Giampietro regatano invece sugli RS Venture) c’è una bella brezza intorno ai 10 nodi da terra, le condizioni ideali per navigare. Anche io salgo su un Hansa 303: prima impressione?
Super divertente. Agile, reattivo grazie prima di tutto ad una pala del timone stretta e profonda. La parte più difficile da assimilare a che non si può usare il peso del corpo per migliorare il raddrizzamento, la prima cosa che impari a fare sulle derive. La seduta è infatti fissa a centro barca, con la barra verticale a “cloche” tra le gambe: in questo modo si rende più facile la conduzione e si “livellano” eventuali diversità di mobilità tra i regatanti, ed è anche per questo che le regate con i normodotati hanno senso.
Gli Hansa 303, il nome deriva dalla lunghezza fuori tutto 303 centimetri, si possono portare da soli o in due, peso massimo consentito 160 kg), sedendosi ai lati del timone è questo rende molto più facile l’avvicinamento alla vela già dalle prime uscite insieme all’istruttore. Il bordo libero è poi molto basso, si è vicinissimi all’acqua, la deriva appesantita (30 kg sui 55 di peso della barca) rende però impossibile la scuffia, la barca al massimo si riempie d’acqua e galleggia dritta. Boma molto alto, tutte e due le vele avvolgibili, solo le tre scotte da tenere sotto controllo oltre al timone. Insomma, basta poco per avere subito confidenza col mezzo… poi il gioco si fa subito duro.
Ale e Giorgio vanno, vanno alla grande e nell’allenamento tra le boe stanno davanti a tutti e ben si guardano di lasciarti spazio. Genesio è più alle prime armi, ma la concentrazione è pazzesca. Ci siamo poi io e il papà di Ale, Alessandro, ci divertiamo e anche parecchio… ad inseguire.
Pensare in grande
L’elenco degli impegni per il Team Parasailing di Punta Ala è piuttosto fitto, soprattutto per Alessandra che è stata selezionata, come giovane atleta, per partecipare a febbraio ai mondiali che si si svolgeranno Sydney, in Australia: “Per tutto l’inverno faremo tre allenamenti al mese nei weekend – mi spiega Alessandra Petri, l’allenatrice – tutta la squadra insieme, ma nell’otica di preparare Alessandra ad un evento così impegnativo”.
Gli appuntamenti sono molti per tutti: ad aprile a Brindisi, a maggio a La Spezia, poi Ravenna e Desenzano per concludere ad ottobre con i Campionati Italiani Classi Olimpiche ad Ottobre a Cagliari. Un anno fa, sempre al CICO a Cagliari, erano 23 gli atleti impegnati sugli Hansa 303 in singolo, e 12 in doppio in una classe in costante espansione e che per gli atleti disabili rappresenta la prima tappa ideale verso la paravela agonistica, prima di passare a classi più complesse e più costose e nella gestione come RS Venture e i 2.4mR. Proprio questi ultima è la classe scelta per le Paralimpiadi, almeno lo era.
La vela è stata classe dimostrativa alle Paralimpiadi di Atlanta del 1996 ed è poi entrata a far parte degli sport da medaglia a Sydney 2000 per poi però riscomparire dopo i Giochi Olimpici di Rio de Janeiro nel 2016 (e, per la cronaca, le nazioni più medagliate sono Australia e Germania). Il motivo dell’esclusione? Al di là delle insondabili questioni della politica sportiva internazionale la vela, pur essendo un’attività perfetta per atleti disabili, comporta costi più elevati rispetto alla maggior parte degli altri sport ed anche più difficile da comunicare (in primis in televisione). Nonostante questo, e nonostante non sia in programma un suo ritorno per la prossima edizione a Los Angeles nel 2028, le associazioni di categoria stanno lavorando per il suo rientro a Brisbane 2032.
Quindi, la barca a vela è…?
Fine giornata. Si disarmano le barche, si tirano le fila. Io ho mi sono divertito molto: basta galleggiare, salire in barca in barca, regolare le vele, sbandare, allontanarsi dalla dura terra e subito si sta bene. Ancora di più in una giornata di brezza sul mare piatto su delle barche tanto semplici da portare quanto immediate nelle sensazioni che trasmettono. E, soprattutto, in mezzo a degli atleti veri con un altissimo livello di motivazione.
In questa giornata ho imparato tanto su un mondo che conoscevo poco. Quello che mi ha colpito di più è il senso di fratellanza che si respira: tra i ragazzi, con i coach, nel circolo. La facilità con cui mi hanno accolto e cui parlano, e scherzano, dei loro “difetti”.
“La vela – mi dice Giorgio – è uno stimolo di vita, ci sentiamo normali. Con la solita abilità o disabilità regatiamo, ci divertiamo, vogliamo vincere”. Ecco, proprio qui credo sia il punto: abilità e disabilità si mischiano, si confondono e il concetto di normalità lentamente sparisce. È un po’ quello che ribadisce Alessandra: “Andando in barca a vela mi sento libera, non mi serve la carrozzina, siamo tutti uguali. E poi qui nutro il mio senso agonistico, l’adrenalina la voglia di fare bene. Lo sport ti salva la vita”.
Chiude Genesio, ricordate? L’ultimo arrivato, quello meno esperto: “Qui prima di tutto si sta bene, ci si diverte, si parla e ci si capisce tra noi. E poi si fa sport. Gli altri mi spronano, mi fanno passare sempre di più la paura che ancora un po’ ho andando a vela. E poi ho il mio obiettivo…”. Quale? “Siamo qui per correre e regatare: voglio fare almeno un podio”.
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Non ci sono solo le regate. Purtroppo, i cantieri e i concessionari non comprendono ancora il potenziale del terzo settore. Intestare uno yacht commerciale in leasing ad una ASD con una formula di ownership è forse il modo più redditizio di farla lavorare e rientrare dell’investimento: Charter alla cabina, B&B, uscite giornaliere, scuola. Il diporto, invece, è ancora considerato un lusso e non un’opportunità di creare turismo.