Doppia ruota del timone: quando la regata serve la crociera
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La doppia ruota del timone è ormai quasi un must-have per la maggioranza delle barche presenti sul mercato ma, in realtà, è un’esigenza nata ben addietro, per la regata. Come tanti accorgimenti sviluppati per la competizione, ha però poi preso facilmente piede nel mondo della crociera, diventando presto un elemento a dir poco comune e, soprattutto, capace di massimizzare il comfort. A differenza dell’evoluzione di poppe aperte e/o del pozzetto centrale (trovate gli articoli QUI e QUI), però, questa è un’evoluzione molto più recente e basterà un breve salto negli anni ‘80 e ‘90 per rendersene conto. La domanda, in questo caso, è più semplice: come è passata dalla regata alla crociera e, soprattutto, perché?
Doppia ruota: quando la regata incontra la crociera
I motivi che portano la doppia ruota ad essere diffusissima sono relativamente semplici: se in regata era pura esigenza, come vedremo, per il mondo della crociera è invece principalmente portatrice di extra comfort – le barche guadagnano spazio e facilità di conduzione, al punto che, oggi, la doppia ruota non solo è una soluzione comune, ma è quasi un requisito obbligatorio per il mercato. Ma il discorso è più complesso.
Gli albori della doppia ruota
Per arrivare alla doppia ruota, innanzitutto, va compresa l’invenzione della ruota. O meglio, come questa ha preso il sopravvento. Lasciando stare i suoi veri e propri albori, con la sua introduzione agli inizi del XVIII secolo su vascelli mercantili e sulle navi delle marine da guerra, la ruota è introdotta per un motivo semplicissimo: demoltiplicare le forze necessarie al governo della barra. E questa è la ragione della sua grande reintroduzione nel mondo dello yachting della seconda metà del secolo scorso: con il crescere in lunghezza e dislocamento degli scafi, torna, soprattutto nel mondo della regata, necessaria la ruota. Se prima, infatti, tantissimi dei contender alle grandi regate d’altura erano ancora “piccoli” e timonabili a barra, con le Whitbread e con il crescere degli scafi anche nelle Admiral’s, la ruota torna una semplice necessità. Ma con i suoi limiti.
Ovviamente, la ruota centrale riduce notevolmente gli sforzi a cui, invece, sarebbe sottoposto il timoniere che si confronta con una barra, soprattutto quando in condizioni difficili e sovrainvelato (tipico contesto delle regate d’altura). Il problema notevole che emerge, però, con il continuo crescere ed arretrare dei bagli, è semplice: la posizione centrale non ottimizza la visibilità a 360 gradi del timoniere e, se la ruota è piccola, il timoniere non può sedersi in falchetta perché, semplicemente, non arriverebbe con le mani alla ruota stessa. Soluzione che barra e stick hanno invece sempre concesso. Cosa succede quindi? Ruote enormi. Ruote enormi implicano però due distinti problemi: pozzetti con incassi appositi e, ovviamente, ergonomie e spazi di movimento ridotto. Accettabili in regata ma certamente meno su scafi per la pura crociera.
Nel 1973 Royal Huisman vara il Benbow, progettato da Dick Carter (QUI la sua storia come progettista). È uno scafo notevole, è veloce e, sebbene proiettato anche verso la crociera, è forte di linee e novità non da poco. Vincerà tre volte la Middle Sea Race e sarà detentore del record in Giraglia dal 1984 al 1998. Ma perché è interessante in questo contesto? Chiaramente perché Carte qui, tra i primi, introduce la doppia ruota. Il vantaggio che comporta è semplice: spazi più agevoli e migliore visibilità in timoneria, evitando la ruota enorme. Prima di vedere la stessa soluzione in vasta serie, però, bisognerà aspettare German Frers ed il 1987.
La doppia ruota nella serie
Nel 1987 Beneteau sforna un piccolo capolavoro. È infatti dalla partnership con il mago argentino, German Frers, che avremo il primo scafo di serie a vedere due ruote installate: è il First 51, derivato da un prototipo da regata e, semplicemente, impeccabile in acqua. Il baglio è enorme, 4.55 metri contro 15.63 metri di lunghezza fuoritutto, e si tratta di un baglio decisamente appoppato. Frers identifica subito la soluzione: sono gli anni delle Admiral’s Cup e delle Sardinia’s Cup, e il 51 è uno scafo per correre. Il doppio timone è l’unica soluzione sensibile per poter offrire al mercato una barca perfetta per la regata, come per la crociera. Sarà un succeso immenso e, soprattutto, lancerà le doppie coloninne nel mondo della serie.
Beneteau coglie la bontà dell’intuizione e la riproduce subito sul successivo 50 piedi, il First 53 F5 del 1990, firmato da Farr e Pininfarina, uno IOR 50 incredibile. Ma non è più Beneteau sola a dettare lo standard. Lo stesso anno Jeppesen firmerà l’X-512, anche lui a doppia timoneria a ruota. Seguiranno a ruota anche gli altri big, con Nautor, ad esempio, che vara lo Swan 68 nel 1991, e Wauquiez nel ‘92, con il Wauquiez 60. La soluzione è entrata pienamente a regime, su scafi di una certa dimensione, però.
Sui grandi scafi a pozzetto poppiero continuerà così il trend, non per moda ma per tendenza e comfort. La soluzione è efficace e scafi come X-612 prima o lo Swan 80 (foto in apertura)poi, lo confermano. A fine decennio la doppia ruota è il must sopra i 15 metri. Eppure, oggi la troviamo anche sotto la fatidica soglia dei 50’… soglia sotto la quale, tutto sommato, una barra o un timone centrale ancora fanno il loro lavoro più che egregiamente. Non per niente, i TP52 hanno timone a barra e stick… e non è questione di destinazione d’uso, perché il Ker 46, scafo a dir poco da regata pura, può optare tra ambedue le soluzioni, anche se spopola la doppia ruota… Quale è quindi il punto?
Questione di tendenze
Lasciando da parte la regata, dove le dietrologie e le ragioni sono ben più complesse, torniamo al mercato della crociera e dei performance cruiser. Perchè la doppia ruota (quasi) ovunque? Semplice, è una tendenza di mercato. Attenzione, non una moda. Non si tratta, infatti, di una questione puramente estetica, la scelta è legata al tipo di fruizione cui gli scafi di oggi sono destinati. Il mercato, infatti, risponde alla ricerca di scafi che sappiano declinare volumi destinati al comfort e al relax, e che, in contemporanea, sappiano offrire il brivido/piacere della navigazione. Con gli ampi bagli e gli enormi pozzetti di oggi, questo implica la possibilità di differenziare i volumi, lasciando spazi per il convivio e spazi per la vela e la navigazione.
Semplicemente, la doppia ruota aiuta su questo fronte, garantendo ampio passaggio dal pozzetto alla poppa (sempre più spesso aperta e affacciata su una beach area) e radunando (con le alte tecnologie sempre più presenti), tutta la strumentazione e i controlli su una singola mura durante la navigazione, semplificando così anche l’intera gestione del tutto, mentre il timoniere è, contemporaneamente, sul lato giusto della falchetta, con visibilità migliorata.
Questo vale tanto sugli scafi sopra i 50 piedi quanto su quelli sotto, dove la doppia ruota risulta sempre come una soluzione salvaspazio rispetto alla singola grande ruota centrale. Certo però, in casi di dimensioni ridotte, la barra può comunque essere una risposta, forte della possibilità di essere eretta a riposo e usata in falchetta tramite stick. Dov’è quindi il punto, in questo senso, su scafi singoli? Da una parte, la barra occupa sempre spazio in navigazione, perché l’arco del suo brandeggio deve essere libero, d’altra parte, però, una buona componente è data dalla domanda. Ormai la doppia ruota spopola e l’80% della domanda, semplicemente, la preferisce, e il mercato si adegua.
Tranquilli però, non vedrete sparire la barra, sia perché il mondo della regata (under 50’) spesso la predilige, sia perché, in fin dei conti, è sempre un’ottima soluzione e non sparirà mai dalle offerte (e pesa e costa meno…)
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