Pozzetti Centrali: come si è arrivati al Central Cockpit?
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CC, un breve acronimo che avrete spesso intravisto a contraddistinguere il nome di un modello di scafo. Lo Swan 55 CC, ad esempio, progettato da Frers nel 1990. Ma cosa significa? In molti lo sapranno, CC = Central Cockpit, ovvero, gli scafi a pozzetto centrale, o i modelli in cui questa variabile è implementata. Pozzetto centrale, ovvero scafi con configurazione del pozzetto, appunto, non a poppa, bensì verso il centro barca, spesso impostati più in alto, più protetti e con importanti cambiamenti ai layout interni. Perché, sì, il pozzetto centrale non implica solo una diversa posizione di timoneria, ma cambia tutta una serie di parametri. Sono meglio di quelli poppieri? Dipende. Principalmente, è una questione soggettiva e di destinazioni d’uso di uno scafo. Ma il punto principale, forse, è un’altro. Come vennero introdotti, come mai presero largamente piede, per poi ridursi improvvisamente? Alcune risposte sono prettamente legate ai misteri del mercato. Altre, invece, proveremo a osservarle in questo articolo, cercando di capirne le origini, non esattamente chiare dall’evoluzione esplosiva della vela anni ’80 ad oggi…
Pozzetti centrali? Non è questione di mode
Come per l’articolo sugli Open Transom, dove abbiamo provato ad esaminare e capire l’evoluzione che ha portato al fenomeno delle poppe aperte (se non lo aveste letto, lo trovate QUI), anche nel caso dei pozzetti centrali, è necessario un salto indietro nel tempo, un ritorno alle Classic Boat. Del resto, è spesso guardando agli eventi del passato che si può comprendere meglio il presente, e così vale anche per le evoluzioni progettuali che popolano il mondo della vela contemporanea…
Central Cockpits: da dove arrivano?
Come in ogni caso, ci sono sempre dei precursori, scafi magari progettati con pozzetto centrale ben prima che divenisse un fenomeno particolarmente diffuso (ad esempio gli scafi gaff-rigged da lavoro di inizio 1900), ma questi non fanno la norma. Posta la premessa, se si guarda alla grande produzione di fine anni ‘60 e primi anni ‘70 si evince subito un’enorme predisposizione all’adozione di pozzetti poppieri stretti e profondi, spesso protetti da un accenno di tuga e non particolarmente asciutti in condizioni boliniere con mare formato. Scafi come l’Alpa 12.70, lo Swan 36, Swan 48 o Grand Soleil 34. Tutte barche con coperte relativamente flush o tughe appena accennate.
Contemporaneamente, scafi d’impostazione stilistica più “classica”, a tuga e bassa e lunga, continuano a popolare il panorama, appena più protetti in pozzetto, ma sempre con il posizionamento di questi ben arretrato. Un’ottimo esempio lo offre uno scafo come il Centurion 32, mentre già un Columbia 50 dipinge invece bene l’immagine di una barca di quest’impostazione con, però, una tuga più rialzata a protezione del cockpit. È però con gli anni ‘70 che si inizia a vedere un tentativo di cambiamento, cambiamento che, però, ed è fondamentale, tocca principalmente gli scafi da crociera ed i bluewater. Nel 1971 nasce, ad esempio, il Dufour Sortilege.
Dufour 35 pantografato in grande, il Sortilege offre, però, un principio di pozzetto centrale. Armato a ketch, infatti, presenta il pozzetto, completo di timoneria, a pruavia dell’albero di mezzana, offrendone una posizione più avanzata e massimizzando gli spazi interni, che vedono ora una cabina più voluminosa a poppa, sfruttando lo spazio sottostante il pozzetto per la motorizzazione. Saranno però gli scafi scandinavi a dare veramente il La a questo trend, ma le ragioni che ci permettono di comprenderne al meglio la comparsa sono in realtà più evidenti in precisi cambiamenti filosofici, e l’esempio dei due Dufour di sopra rende bene: cosa introdusse Michel Dufour con quelle sue due serie, appena successive al mitico Arpège? Enormi bagli massimi centrali. E similmente vedremo proprio in un’altro ketch, l’Hallberg Rassy 41 del 1975.
Pozzetti centrali e bagli massimi
La correlazione tra baglio massimo e pozzetto centrale può non essere la prima cosa a venire in mente, ma è una delle componenti chiave. Fino a fine anni ‘60 le classiche linee a grandi slanci vedevano contemporaneamente un baglio particolarmente fine. Negli anni ‘70 inizia a cambiare tutto. Basta prendere due esempi concreti, lo Swan 43 firmato da Sparkman & Stephens (1967) e il Dufour 35 di Michel Dufour (1971): le rispettive dimensioni (LOA x Baglio) sono di ben 13.04 x 3.55 metri il primo, 10.75 x 3.45 il secondo. Ben 2.29 metri di differenza in lunghezza contro appena 10 cm in larghezza, mentre già, un Alpa 11.50 del 1967, misurava 11.56 x 3.20 metri… addirittura meno del Dufour. Questo ci porta ad un elemento relativamente semplice: ora inizia ad esserci lo spazio effettivo per avere pozzetti centrali che, non solo non ingombrano l’intero spazio sull’asse poppa-prua della coperta, ma che ne lasciano anche abbastanza per potersi muovere sottocoperta, sullo stesso asse. L’aumento del baglio consente, effettivamente, di implementare queste opzioni. E non varrà più solo per i ketch.
Nel 1977 farà infatti la sua grande comparsa l’Hallberg Rassy 38, firmato da Olle Enderlein e prodotto in ben 202 esemplari. Il pozzetto centrale non è ancora propriamente enorme, è simile ad uno tradizionale per impostazione, ma è protetto, avanzato, e lascia spazio per una ben più ampia cabina poppiera. È una tra le prime comparse di vero e proprio CC nel mondo della produzione in serie (non ketch). Ovviamente, è uno scafo da crociera ed è nordico. Quale è l’idea di fondo? Offire bluewater che non solo siano qualitativamente al top in termini di navigazione, ma che offrano anche il maggior riparo ed il maggior comfort anche nelle navigazioni più impegnative, in cattive condizioni e alle basse temperature. Per l’intero segmento Bluwater, sarà un successo e un trend ininterrotto.
La transizione di fine anni ‘70
Bagli massimi e boom della crociera e del fenomeno “liveaboard” dei bluewater sono certamente un grande input per la diffusione dei central cockpit. Ma un altro elemento inizia a facilitarne l’introduzione con la fine degli anni ‘70. Un po’ come per i bagli prima, è ora il ridursi degli slanci e l’invertirsi delle poppe a giocare un suo ruolo. Poppe più verticali e slanci ridotti implicano infatti una cosa: maggiori volumi poppieri e bagli arretrati, massimizzando così ancor di più proprio quei luoghi in cui sono previsti i CC. È la grande svolta e la produzione lo sottolinea. Il boom della crociera fa il paio, rendendo gli scafi a pozzetto centrale barche che fanno gola: sono più asciutti, più protetti e più sicuri.
Un altro elemento entra a sua volta in gioco: le lunghezze fuoritutto aumentano. Se negli anni ‘’60 lo standard era intorno ai 30/35 piedi, con gli anni ‘70 gli scafi iniziano a crescere in lunghezza, assestandosi prima su una media di 37/40 piedi, per arrivare poi a tendere sui 40/45 verso gli anni ‘80. Due metri di lunghezza in più che certamente giocano un ruolo non indifferente, vedendo infatti crescere sia i volumi interni, sia i bagli a loro volta. È in questa fase che prende il via la mania del CC, con scafi come il Maramu 46 ad aprire la via.
Contemporaneamente, i pozzetti assumono anche forme intermedie, con doppi tambucci e doppi pozzetti, non propriamente centrali in questo caso, ma direttamente distinti, come nel caso del Baltic 51 del 1979, ad esempio, dove il pozzetto poppiero accoglie la timoneria, mentre, il pozzetto centrale accoglie le manovre.
Boom e “declino”
Comodi, asciutti, protetti e garanti di layout interni confortevoli, è con la seconda metà degli anni ‘80 e i primi anni ‘90 che esplodono davvero i CC. L’Oyster 55 nel 1986, l’Hallberg Rassy 36 MKI e il Super Maramu nel 1989, per citarne alcuni. In questo periodo gli scafi da crociera, i bluewater, sono tutti CC. E se non lo sono da progetto, saranno presto integrati con la variante dedicata, caratteristica ormai fruibile grazie ai cambiamenti progettuali degli ultimi 20 anni. È il boom. E non sono necessariamente scafi lenti, come spesso si crede. E, a prescindere, non spesso interessa. Basti pensare all’Hallberg Rassy 36 MKI di Frers: 606 esemplari costruiti…
Gli anni ‘90 non fermano il trend, che anzi cresce. Prima Swan, nel 1990, con il suo 55CC firmato frers, poi Wauquiez, con il Centurion 61, e così via, accompagnati dai Najad, dagli Oyster come il 53 e dal dominio di Hallberg Rassy su questo fronte, per citarne alcuni.
Contemporaneamente, però, qualcosa inizia anche a cambiare. Attenzione, non a soppiantare i CC stessi (tanto che Hallberg Rassy è rimasto fedele alla linea), ma guardare in una terza direzione ancora. Come vedevamo, infatti, l’opzione a doppio pozzetto era già presente, ma con i grandi Maxi da crociera anche quest’opzione prende sempre più piede. La questione, qui, è più semplice: come per gli yacht signorili di fine ‘800 e primi ‘900, si possono separare equipaggi ed ospiti. I primi a poppa, alle manovre e al timone, i secondi a centro barca, comodi, asciutti e protetti.
Parallelamente, come visto nell’articolo sugli Open Transom (QUI), con il finire degli anni ‘90 cambiano nuovamente diversi elementi progettuali, a partire dai bagli e dai disegni, vedendo appunto comparire le poppe aperte, caratterizzate da pozzetti sempre più ampi e sempre più diffusi in termini di superficie. La configurazione sempre più a V degli scafi, infatti, che prenderà piede con i primi anni 2000, cambierà drasticamente le forme dei pozzetti e l’offerta ed il potenziale di questi, rendendoli ampi, lunghi e vedendoli sviluppare già quasi da mezza-barca verso poppa.
Questo, insieme, poi, con i trend di mercato e con i cambiamenti di gusto, porterà al venire meno di queste esigenze, vedendo i pozzetti centrali relegati nuovamente ai veri bluewater, scafi ancora disegnati con linee più “tonde” e impostazioni differenti, ma non per questo meno performanti. Un’ottimo esempio? Il nuovo Hallberg Rassy 69, immancabilmente CC.
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