La tua barca vibra o “fischia” dal bulbo? Tutta colpa di un fisico ungherese, ecco perché

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appendici
Le appendici sono la parte invisibile ma importantissima sulle barche a vela. Nella foto, è ben visibile la chiglia di un ClubSwan 50

Vi è mai capitato di sentire, a certe velocità, una vibrazione apparentemente inspiegabile e non individuabile che arriva dal “ventre” della barca? E’ una cosa che può capitare soprattutto alle chiglie di forma trapezoidale, ma non solo a quelle, con un profilo d’uscita più abbondante. Probabilmente qualcuno di voi, sentendo questa vibrazione, se ne è rallegrato pensando che la barca stesse navigando così veloce da iniziare a “fischiare”.

Niente di più sbagliato.  A teorizzare questo fenomeno fu, a inizio ‘900, il fisico e matematico ungherese Theodore Von Kármán,1881-1963. Era un esperto di barche a vela? Non esattamente.

Von Kármán studiava la fluidodinamica e in particolare una sua branca, l’aerodinamica, infatti collaborò nella sua carriera anche con la NASA e l’esercito americano. Teorizzò la cosiddetta “scia vorticosa di Von Kármán”, ovvero quel fenomeno caratterizzato dal distacco alternato di vortici dal bordo di uscita in alcuni corpi tozzi.

Il disegno, che non ha valore scientifico, esemplifica la teoria dei vortici

Per semplificare e rendere comprensibile il concetto: il bulbo trapezoidale di una barca a vela ha due facce, i vortici di uscita dell’acqua, quando entra in azione il “fischio”, si distaccano alternativamente da uno o dall’altro lato in maniera discontinua, creando una modifica della distribuzione delle pressioni attorno al corpo e la conseguente vibrazione.

Turbolenza che poi colpirà l’elica e il timone, causando ulteriori “danni” all’avanzamento della nostra barca, per non parlare del fatto che, se la vibrazione è particolarmente pronunciata  verrà addirittura trasmessa alle sartie, all’albero e quindi alle vele, disturbando la propulsione della barca.

In pratica credete di andare veloci ma proprio in quel momento iniziate a rallentare e soprattutto non fate del bene alla barca. Perché succede questo? Perché spessissimo, soprattutto in barche non pensate per la competizione (ma non solo in quelle) il profilo di uscita della deriva è piuttosto spesso e tozzo.

Il bordo d’uscita di un bulbo in piombo viene preparato per applicare una piccola sagoma asimmetrica che ne assottiglierà l’uscita.
Qual è la soluzione per limitare il problema? Premettiamo che è una delle classiche cose da “Non provare da soli a casa”, ma occorre farsi aiutare da un esperto o consigliare dal cantiere che ha costruito la barca. Occorre limare, “tagliare”, l’uscita del bulbo, all’estrema coda e solo per pochissimi millimetri, fino a creare un angolo tra i 30 e i 45 gradi.
L’uscita del bulbo non sarà più perfettamente simmetrica, ma in questo modo i vortici si distaccheranno in misura maggiore da un lato e in maniera più continua, eliminando, o piuttosto diminuendo, le vibrazioni. Per fare un lavoro ancora più preciso, e soprattutto nel caso in cui lo spessore del bulbo sia davvero importante, si può applicare una sorta di piccolissima, parliamo sempre di millimetri, “prolunga” all’uscita del bulbo.

Una piccola sagoma di vetroresina che segue il taglio a 45 gradi e avrà come funzione quella di assottigliare ulteriormente il bordo di uscita della deriva per pulirne i flussi ed eliminare la vibrazione.

Mauro Giuffrè

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