Team New Zealand con una mano sulla Coppa America e 5 match point a disposizione

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Non trema Team New Zealand, i fantasmi di San Francisco per la nuova generazione kiwi non esistono, e Peter Burling e soci strapazzano malamente Britannia portandosi sul 6-2 in questa finale di America’s Cup a Barcellona.

Il vento soffia da terra, l’onda torna bassa e corta come nelle prime giornate, e Ben Ainslie dopo il mercoledì da leone non riesce a stare mai in regata. Sembra che ci si sia messo di mezzo anche un oggetto urtato dal timone di Britannia, che ne avrebbe pregiudicato le performance durante la seconda regata, ma la sostanza del risultato cambia poco.

I kiwi rifilano ai britannici oltre un chilometro di distacco a regata, un’enormità, un vantaggio frutto della ritrovata velocità della barca in condizioni a lei più congeniali, oltre che una ritrovata concentrazione sui salti di vento da parte del dream team neozelandese.

Team New Zealand non da scampo a Britannia

Il vento soffia da terra per le regate numero 7 e 8 della Coppa America di Barcellona, con salti di vento importanti. I kiwi partono sulla destra nella prima, a sinistra nella seconda, ma il risultato è lo stesso: al primo incrocio in entrambi i casi sono già avanti, e da li non c’è storia. Impressionante il cambio di passo di Rehutai al variare delle condizioni dell’onda: in difficoltà con mare formato e poco vento, siderale invece con vento più fresco e mare moderato.

Team New Zealand ha una mano sulla Coppa America e ben 5 match point a disposizione, domani la prima occasione per chiudere la contesa. Sarebbe la prima volta nella storia della Coppa America moderna che un team riesce a vincerla tre volte di fila. Da quando Australia II nel 1983 ha interrotto l’egemonia americana non è mai successo.

Ne parliamo alle 18,30 al Processo alla Coppa, con un’ospite d’eccezione: passerà a trovarci Caterina Banti, due volte oro olimpico nel Nacra 17, ci saranno poi il Vice Direttore de Il Giornale della Vela, Eugenio Ruocco, con Federico Albano, Luca Bassani, Giovanni Ceccarelli, Ida Castiglioni, Simone Malagugini.

 

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11 commenti su “Team New Zealand con una mano sulla Coppa America e 5 match point a disposizione”

  1. dopo 11 match di LV e 7 di AC già corsi, 18 totali, nei quali chi è passato avanti al primo incrocio ha poi sempre vinto la regata, nessuno pensa che questo format andrebbe forse rivisto?
    Se avessero fermato tutte le prove a metà della prima bolina i punteggi sarebbero stati esattamente gli stessi!
    Pare che oggi conti solo il fatto di rendere televisivo e appetibile al grande pubblico generalista televisivo il nostro sport (secondo me un errore enorme), ma proprio in quest’ottica non è devastante una intera coppa dove non esiste il concetto di sorpasso?
    Da tifoso ovviamente ho seguito i match di Luna Rossa con pathos, ma da velista e a mente lucida diciamolo: questa formula è una schifezza.
    Le regate in flotta e monotipo dei Youth e Women mille volte più appassionanti.
    O va bene così?

    1. Concordo! Regate senza pathos , chi vince la partenza e il lato giusto vince la regata, non c’è grossa differenza tra le barche, la differenza la fanno i velisti, luna rossa ha pagato Francesco Bruni , non adatto al match Race, come a suo tempo non lo era Francesco De Angelis, le gaffe di Bruni hanno consegnato la Vuitton Cup agli inglesi , e quasi quasi l’Americas Cup ai neozelandesi nel 2021, ricordo un paio di regate che erano praticamente vinte e le abbiamo regalate , il punteggio di 7 a 4 allora è bugiardo come lo è l’eliminazione di quest’anno. Bruni va bene su un percorso di 10 miglia con correnti che cambiano e salti di vento, non per il Match Race. Noiosissimo perché il percorso troppo breve non permette recuperi, la partenza decide tutto.

  2. aggiungo un ultimo elemento: le barche a vela devono funzionare con i muscoli e il vento. Stop.
    Ingranaggi, winch, meccanica va benissimo, idraulica mossa dai ciclisti già molto meno, ma accettabile,
    le gigantesche batterie che muovono gli arm anche no.
    Più che foiling VS dislocanti qui il problema è che la barca a vela deve essere mossa dal vento e dalla forza umana, non dalle pile.
    Le batterie possono alimentare strumenti, non manovre correnti; sennò non è barca a vela, è barca elettrica, mettiamo a questo punto anche l’elica e non se ne parli più…

  3. Concordo pienamente con Francesco, lo spettacolo in questo format non c’è più. Superata la prima curiosità sulla capacità di queste barche di volare letteralmente sull’acqua a velocità incredibili, chi parte avanti sulla linea di partenza al 99% dei casi vince. Il resto della regata a meno che non ci siano rotture, errori, oppure improvvisa assenza del vento, caso per altro abbastanza raro, è pura noia. Bisogna cambiare le regole per renderla più spettacolare, agendo in particolare sulla possibilità di sorpassare che adesso non c’è, visto che muore dietro le strambate di copertura tattica che tutti i team fanno. Da semplice appassionato dico che è uno sport molto bello, ma è fondamentale oggi renderlo più avvincente e spettacolare!

  4. avete tutti ragione e sono molto d’accordo con i pensieri letti. Oggi in R8 mi sono addormentato tra la 4 e 5. Il punto è che questa 37th è stata fatta per le TV e gli sponsor, della tattica e, magari, una diretta del VEye per cercare di “capire” non interessa più. Basta si leggano i nomi sulle barche.

    1. Ragazzi, da vecchio velista (purtroppo anche anagraficamente) vi dico che sono d’accordo su tutto quanto avete scritto. Un appunto per la redazione: la barca di ETNZ si chiama Taihoro, non Rehutai (che ho visto a terra nella ospitality dei neozelandesi 🤗) della AC del 2021.

  5. Come dice giustamente Bassani non chiamiamole “barche” a vela, ma cose che si muovono col vento e l’elettronica. A questo punto potrebbero mettere 800 kg di batterie su ogni barca e comandarle con uno stick dal circolo

  6. Non riesco a spedire il post scritto prima , boh , forse ho bisogno di due cyclor per ricaricare la batteria dello smartphone ?

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