Spy Coppa America: quale scotch ha salvato Luna Rossa e i commentatori youtube che tifano Ineos

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Spy Coppa America
Vi spieghiamo quale “scotch” ha salvato Luna Rossa e tante altre chicche in questa puntata di Spy Coppa America

Se volete sapere tutto sulla Coppa America di Barcellona e su quello che succede in mare, non perdetevi il nostro Processo alla Coppa e tutte le news della nostra sezione “Il Giornale della Coppa“. Ma se volete conoscere cosa succede dietro le quinte del circo della Coppa America, negli angoli nascosti delle basi, invidie e amicizie tra velisti, buone azioni e sgarbi, gossip, qui siete nel posto giusto.


Spy Coppa America

La nostra inviata a Barcellona Ida Castiglioni vi racconta tutto quello che non vi racconta nessuno. Ecco “Spy Coppa America“, seguitelo ogni giorno!


Ecco il superscotch ha salvato Luna Rossa

Si è tanto parlato del nastro adesivo utilizzato da Max Sirena e i suoi uomini per riparare Luna Rossa ieri (vi abbiamo raccontato tutto qui. Secondo le nostre fonti, il nastro utilizzato per cerottare Luna Rossa non, come citato da molti, il classico “grey tape” (nastro telato americano usatissimo in barca, da tutti). Abbiamo fatto due ipotesi: una è che sia piuttosto lo Speed Tape, che è un nastro in alluminio utilizzato per fare riparazioni d’emergenza sui velivoli. Tutto coerente. Queste barche volano, no?

La seconda ipotesi, forse questa la più probabile, è di un più classico cuben fiber, dyneema sostanzialmente in formato adesivo, materiale usato dai velai per la finitura delle vele e le loro riparazioni. È in fogli o rotoli, e ha un aspetto esterno che in parte somiglia allo Speed Tape.

La bugna di una vela rifinita con il cubes fiber.

I commentatori di Youtube tifano Ineos

Shirley Robertson, 56 anni inglese, e Glenn Ashby, 47 anni australiano, sono i due commentatori della diretta televisiva di Coppa America, quella che noi ascoltiamo in sala stampa e che viene trasmessa da YouTube in tutto il mondo. Ad esclusione degli Stati Uniti, dove rights holder è la rete televisiva a pagamento ESPN.

Shirley Robertson e Glenn Ashby

Sono velisti super esperti, dalle voci chiare e dal commento brillante. Glenn è spesso spiritoso e si fa delle simpatiche risate coinvolgenti; Shirley, una bella donna bionda, è una vera sostenitrice di Ineos Britannia e negli incontri delle finali di questi giorni non ha risparmiato le battute dirette a Luna Rossa e agli italiani che tifano per la nostra squadra nazionale. “Come mai gli italiani sono così numerosi, non lavorano?” (A tifare ci sono altrettanti inglesi.) Oppure, con Luna Rossa in testa al Gate 7 e gli italiani di Plaza del Mar che applaudiscono davanti allo schermo: “Festeggiano troppo presto!” E molte altre battute, simpatiche e taglienti.

Questo premesso, Shirley è abituata a intrattenere il pubblico perché in Inghilterra ha un suo podcast di successo. E’ stata una grande velista e ha conquistato due ori olimpici: il primo nel 2000 a Sydney nella Classe Europa, il secondo nel 2004 ad Atene nella classe Yngling. La classe Europa, 3,35 m di lunghezza, nasce nel 1967 da un’idea del costruttore belga Alois Roland, diventa barca olimpica a Barcellona nel 1992 e continua a essere utilizzata per alcune edizioni dei Giochi, per essere poi sostituita dal Laser alle Olimpiadi di Pechino. La classe Yngling è la versione femminile della classe Soling.

Questa barca a chiglia misura 6,35 m e richiede un equipaggio di tre persone. Nasce nel 1967 da un progetto del designer norvegese Jan Herman Linge ed è stata utilizzata dalle sole donne alle Olimpiadi di Atene 2004 e di Pechino 2008. Nel mondo, navigano ancora 2800 Yngling e molti di questi (grazie alla sicurezza offerta dalla chiglia) sono utilizzati per insegnare la vela ai disabili.

Glenn Ashby, nato a Bendigo, stato di Vittoria, non solo è un punto di rifermento della Coppa America ma uno dei più prestigiosi velisti australiani. Ha conquistato 17 medaglie d’oro nei Campionati Mondiali di diverse classi di imbarcazioni, dagli A-Class, ai Formula 18, ai Tornado. Glenn è stato per più di un decennio parte fondamentale del team neozelandese in Coppa America. Nel 2013 a San Francisco era wing trimmer sul catamarano ad ala rigida che mancò per un punto la Coppa. Nel 2017 a Bermuda era skipper di ETNZ quando i kiwi conquistarono la Coppa America sull’AC50 che aveva a bordo i cyclor. Nel 2021 ad Auckland era mainsail trimmer dell’AC75 neozelandese che difese con successo il prezioso trofeo.


Bandiere al vento

Grazie alla Youth America’s Cup (prima), e adesso grazie alla Woman’s America’s Cup, la competizione continua anche per quelle squadre nazionali che sono stati eliminati dalla Vuitton Cup. Qui in porto è in atto una gara lanciata decenni fa, alla fine della seconda Guerra Mondiale, dai vincitori americani, che cominciarono a innalzare bandiere dalle dimensioni esagerate. Cosa che funziona bene esteticamente solo su navi in navigazione o in luoghi molto ventosi. E’ il caso di Barcellona, dove i vari consorzi espongono su altissime aste la loro bandiera nazionale.

E’ gara anche tra bandiere a Barcellona!

A vincere è ancora una volta la bandiera degli Stati Uniti, a stelle e strisce, dalla forma di un rettangolo allungato, direi 600 cm per 360, A seguire, il nostro tricolore, di dimensioni appena inferiori, un 450 cm x 300, che svetta sulla nostra base e si vede a centinaia di metri, e la classica Union Jack, issata dal team di Ineos sulla base della Gran Bretagna. E poi, di dimensioni un po’ più modeste la bandiera svizzera, la francese e quella neozelandese, con l’angolo in alto verso l’asta occupato da un piccolo Union Jack (a indicare l’appartenenza al Commonwealth) e sullo sfondo blu navy, a rappresentare la Croce del Sud, le 4 stelle rosse con contorno bianco. Ma di fianco alla base kiwi sventola una seconda bandiera neozelandese: è quella enorme, issata sullo strallo di prua, di Imagine II, lo splendido yacht a vela flash deck di 44 m di Matteo de Nora, ormeggiato lungo il molo della base, che ogni giorno esce a seguire le regate dei challenger.

Aggiornamento. Oggi la bandiera Usa non sventola più, è stata tolta. In compenso gli inglesi di Ineos hanno issato una Union Jack ancora più esagerata. Potrebbe essere 600 x 800 cm. Visibile a chilometri.


Tutti vogliono questo bicchiere

E’ probabile che dietro questo oggetto ci sia molta ricerca, lo studio del materiale, l’intervento di creativi, designer e grafici, oltre naturalmente a decine di riunioni delle agenzie di pubblicità e marketing con il cliente. Il risultato è un bicchiere leggerissimo e impilabile, con il bordo arrotolato come fosse di carta, che pesa 19 gr e contiene fino a una pinta di birra. E’ in un bell’alluminio opaco, stampato a colori: la versione Coca Cola è caratterizzata da disegni in rosso, che sembrano serigrafati e rappresentano gli AC75 e la città di Barcellona. La versione Estrella, per la birra, ha invece immagini in rosso e turchese.

Quando si beve una Coca Cola o una birra Estrella ad uno dei bar del Village Vuitton, che scorre parallelo al porto  per 500 metri, oltre alla bibita si paga un deposito per il bicchiere. Se rendi il bicchiere ti ridanno la cauzione, ma non capita quasi mai che qualcuno non se lo tenga, o almeno succede soltanto a chi, dopo aver bevuto troppe birre, dimentica il bicchiere sul banco. E qui entrano in campo ragazzini ingegnosi che, se vedono un bicchiere abbandonato, lo recuperano immediatamente. E poi ci sono collezionisti, supporters e familiari che,  pur di avere l’oggetto (regalo ideale per chi a Barcellona non è potuto venire) si fermano al bar sistematicamente e ormai verso sera si vedono gruppi di appassionati di Coppa America girare con pile di bicchieri vuoti dopo aver bevuto più di qualche birra insieme. Finirà che saremo costretti a invitare gli amici a bere una Coca Cola al Village a un’unica condizione, che ci regalino il bicchiere.


Spy Coppa America, tutte le puntate

Seguiteci per altre pillole, curiosità e indiscrezioni da Barcellona nella prossima puntata di Spy Coppa America.

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