Dallo Ziggurat al Brava, 5 anni di Cult IOR del maestro Vallicelli

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Azzurra, America’s Cup 1983

Parlando di IOR, e contestualizzandolo al panorama mediterraneo ed italiano, risulta impossibile non imbattersi in figure progettuali ascese a leggenda. Il contesto nostrano, infatti, fu indubbiamente popolato da scafi iconici e matite brillanti, artefici di una stagione rimasta impressa negli annali. Tra questi, a fare della Golden Age della Vela quel che fu, un nome tutt’oggi chiacchierato, stampato nelle memorie: Vallicelli. Ora, esplorare tutta la progettazione emersa dallo Studio, sarebbe complesso e, forse, prolisso, ma nondimeno interessante e fondamentale è guardare a quanto nato, se non altro, nelle prime fasi di attività, un periodo d’oro destinato a marcare il sentiero per tutto quanto sarà poi a venire. Dallo Ziggurat al Brava (per finir poi fino ad Azzurra) ecco i cult Vallicelli dal 1975 al 1980.

Studio Vallicelli: la fucina dello IOR nostrano

L’input, ormai assorto a leggenda, nasce con l’Half Ton Cup del 1976 a Trieste: è lo Ziggurat, la spinta verso i primi successi in campo internazionale. Seguono subito Gattone, One Tonner varato sempre nel ‘76, e Argento Vivo, nel ‘77, vincitore della Three Quarter Ton Cup de La Rochelle. I numeri proseguono, i successi pure, ma sarà con Filo da Torcere e Brava che lo sforzo si tradurrà in un salto di qualità senza pari. Partiamo, però, da principio.

Gli albori

Ziggurat, è noto, è il primo grande successo. Quinta classe IOR, nasce con l’obiettivo di partecipare alla Half Ton Cup triestina del settembre ‘76, e prende forma come un dislocamento medio-ridotto forte di un piano velico armato in testa d’albero e particolarmente generoso. Come per Ganbare (D. Peterson) anni prima, Ziggurat nasce come un progetto collettivo, uno studio comune portato avanti da amici-colleghi. L’ispirazione preponderante è quella della scuola di Peterson e di Mull, cui però vengono applicate nozione di derivazione altra, più impostate su quello che allora era il canone statunitense. Le peculiarità sue, però, le ha tutte, a partire dal minor dislocamento e dalla sezione poppiera incrementata, così come dalla differente rastremazione della chiglia, per citarne alcune. In parallelo, presenta già i segni distintivi che diverranno poi marchio di fabbrica dello studio, prima fra tutti la tuga “Vallicelli”, ovvero a sezione continua, bassa e trapezoidale, svasata e senza oblò. Come è noto, Ziggurat concluderà terza in quella Half Ton Cup, verrà subito acquistata mentre, con CPR, una versione di serie prenderà il via, dando vita al mitico Ziggurat 916.

Ziggurat 916
Ziggurat; Cantiere Alaver Verona – Tecnomar Roma; VTR; 9.15 x 2.95 m; 1976

Concluso lo Ziggurat, in collaborazione con Carlo Alberto Tiberio (conproprietario di Artmare), prende forma Gattone, altro scafo cult degli esordi. Si tratta di un One Tonner, questa volta, forte delle lezioni dello Ziggurat, ma con forme ancora più estreme. Il baglio massimo è più arretrato, la poppa più stretta, e presenta due pozzetti separati, uno per il timoniere, uno per le manovre correnti. Vincerà la Giraglia e il Campionato del Mediterraneo, per poi diventare un prodotto di serie nelle forme del V-Cat 38 di Artmare.

Gattone; Artmare Roma; VTR; 11.26 x 3.50 m; 1976

I successi dei due primi scafi attirano le prime attenzioni e, dal triestino Franco Zago, arriva in commissione un secondo One Tonner: El Cid. Costruito, per la prima volta, in lamellare, El Cid imparerà le lezioni apprese con Gattone, facendo sue una poppa a sezioni più piene e una coperta più classica, a pozzetto unico, dando vita ad uno scafo capace di ben figurare in regata, con diverse Barcolana vinte in reale. È con il 1977 che arriva però il primo vero salto di qualità, nasce Argento Vivo, Three Quarter Tonner commissionato da Pigi Vigliani e Riccardo Trionfi. Prua fina e volumi poppieri maggiorati ne fanno uno scafo all-round a medio dislocamento. Vincerà i Campionati Italiani del ‘77 e ‘78, oltre a registrare un secondo posto alla Three Quarter Ton Cup de La Rochelle.

Argento Vivo; De Cesari, Cervia; Legno Lamellare; 10.15 x 3.21 m; 1977

L’ascesa

Il finire degli anni ‘70 vede un incremento ingente delle commissioni. Dopo Argento Vivo arriva subito un altro progetto, un’altra novità. È Caccia alla Volpe, il primo LDB (Light Displacement Boat) dello studio. Realizzata in compensato marino, con sezione a spigolo, è uno scafo economico ma particolarmente solido, occasione, peraltro, per l’implementazione di un’altra novità, l’armo frazionato, qui a 7/8. Seguirà Asabranca l’anno successivo, altro LDB, questa volta però più piccolo: è un altro Half Tonner,  9.4 metri contro i 13.4 di Caccia alla Volpe. Qui la grande novità è la deriva mobile, appaiata ad una sezione poppiera particolarmente generosa e un ginocchio più arrotondato, per ridurre la superficie bagnata a barca sbandata.

Caccia alla Volpe; Bani; Compensato Marino; 13.4 x 4.1 m; 1977

Il 1979 è l’anno di diversi scafi, uno più “grande” dell’altro. Due ottimi esempi ne sono Oro Fino (10.15 m), un quarta classe all-round d’estrema eleganza, e Nonno Gigi (12.06 m), un seconda classe dal dislocamento medio leggero. Verranno poi Excelsior e LSD, ma sopra tutti saranno due i progetti destinati a lasciare il segno. Da una parte, Filo da Torcere (11.29), One Tonner d’eccezione, dall’altra, Brava (13.40), scafo leggendario. Filo da Torcere vincerà la One Ton Cup di Napoli. Progettato specificatamente con quell’obiettivo in mente, ha infatti un piano velico particolarmente potente, adatto ai venti leggeri, e semi-angoli d’attacco molto acuti, con baglio massimo piuttosto arretrato.

Filo da Torcere; De Cesari Cervia; Legno Lamellare; 11.29 x 3.70 m; 1979

A passare a leggenda, sopra tutte, è però Brava, progettata dallo studio per Pasquale Landolfi. Si tratta di un progetto particolarmente ambizioso, un prima classe azzardato dal dislocamento medio-pesante, ampio baglio massimo e forme di carena particolari, molto acute negli angoli di semi-attacco, ma quasi romboidali nel complesso di sezione. La costruzione è in alluminio. I suoi primi anni saranno di rodaggio, per poi diventare imbattibile su ogni fronte nel biennio 1982-83 (QUI vi raccontiamo meglio la sua storia).

Brava in Cantiere a Minnesford
Brava; Minneford (NY); Alluminio; 13.40 x 4.15 m; 1979

Il 1980, trampolino verso l’America’s Cup

Il decennio, sull’onda di Filo da Torcere e Brava, si chiude con un Two Tonner progettato nel ‘79. È Blu Show (12.49 m), realizzato in lamellare da Pezzini (Viareggio) con linee ben diverse dai precedenti, meno assottigliate verso prua, dove il profilo del dritto risulta più verticale, indice precursore di quanto saranno poi gli anni ‘80. Il ginocchio, invece, è ancora più acuto che nelle precedenti, soprattutto nella sua sezione più poppiera, creando, nel complesso, uno scafo all round che predilige il vento medio leggero. Contribuirà non poco al secondo posto della squadra italiana alla Sardinia Cup del 1980, diventando, nel 1981, un progetto di serie nello Show 42. 

Blu Show; Pezzini; Legno Lamellare; 12.49 x 3.96 m; 1979

A coronare il decennio, però, sarà Prima Donna, primo progetto dell’80. Si tratta di un seconda classe IOR di 12.66 metri, realizzato in composito e vicino, nelle linee progettuali, ai canoni di Filo da Torcere. Ibridazione tra la scuola neozelandese dei dislocamenti leggeri, con quella americana dei medio-pesanti, la barca aprirà ad una fase successiva lanciata verso gli apici della vela. Nel 1981, infatti, arriverà la commissione d’eccezione, il progetto del primo 12 Metri Stazza Internazionale italiano destinato alla Coppa America: Azzurra. Ma questa è un’altra storia.

Primadonna; Mannini Sanremo; Composito; 12.66 x 4.05 m; 1980

Tra il 1976 e il 1980 gli scafi progettati dallo studio sono ben più dei sopracitati, cui si aggiungono, infatti, Cactus (9.14 m); Almic (11.2 m); Nostra Signora dei Turchi (11.08 m); Atahualpa (9 m); Manua (12.77 m); Sogno Bagnato (11 m); Botta a Dritta (10.14 m); Drago Azzurro (9.68 m); Asabranca (9.4 m); Leonella Celeste (9.05 m); Ashanti (10.3 m); Nonno Gigi (12.06 m); Koala V (12.76 m); Cunegonda (11.2 m) e Birbona (10.30 m).

Se sapeste dove fossero, o se voleste celebrarne la storia e peripezie, è semplicissimo, basta inserirla  QUI. Ve ne saremmo grati.

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2 commenti su “Dallo Ziggurat al Brava, 5 anni di Cult IOR del maestro Vallicelli”

  1. Fonda Fiorella

    The Real Person!

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    Bell’articolo! Tuttavia Vi siete dimenticati di nominare un altro mitico Vcat38:il Refolo tre dell’armatore Franzese Francesco che in alto Adriatico, assieme al Cid di Zago, ha vinto per anni gran parte delle regate tra cui la favolosa 500 x2 una volta primo assoluto e un’altra secondo , in coppia con la moglie Fonda Fiorella unica donna fino ad ora ad aver vinto questa regata. Grazie

  2. Enzo

    The Real Person!

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    nei primi anni 80 (forse l’81) di ritorno da una giornata di vento e mare, a conclusione di una regata del Campionato invernale dell’Argentario (Cala Galera) incontrai Andrea al bar sull’autostrada Civitavecchia- Fiumicino.
    Presi un caffè, facemmo due chiacchiere e poi ci salutammo.
    Solo che non pagai il caffè!!! Stravolto di stanchezza mi dimenticai di farlo e naturalmente lo dovette fare Andrea, rimasto lì al banco a finire la sua consumazione.
    Ancora oggi se ci penso rido! Spero non se la sia presa troppo.
    Ciao Andrea, grazie per le tue meravigliose barche, Brava (1 classe…) prima di ogni altra!

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