Classic Boat: ecco tre vostre splendide icone dello IOR

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Ydra, progetto di Carter per la One Ton Cup di Porto Cervo, 1973

Tra il finire degli anni ‘60 e l’inizio degli anni ‘90 troviamo quella che fu, forse per nostalgia, forse per merito, la Golden Age della vela, quasi un trentennio di scoperte, regate eccezionali e di barche inimitabili. Fu il tempo dello IOR, (di cui QUI trovi la storia)vero e proprio motore della vela di allora, artefice nascosto di un mondo composto da personaggi oggi inimmaginabili, regate ascese a leggenda e scafi iconici. Forse vetta più alta della vela, ma soprattutto spinta fondamentale alla creazione di alcuni tra gli scafi più “grandi” e famosi di sempre, quello IOR fu un periodo unico, fautore di scafi eccezionali e barche leggendarie. Per celebrarlo al meglio, il Giornale della Vela vuole ora censire queste barche, uniche e preziose, e per questo lancia un appello a tutti gli appassionati: segnalateci dove sono e in che stato sono i grandi cult dello IOR, ve ne saremo grati.

Classic IOR: Celebriamo le grandi icone della vela

Lo scopo è quello di inserire queste barche nel nostro “registro” delle Classic Boat by Giornale della Vela (vi spiegiamo come fare QUI). ATTENZIONE, però, inserirle nel registro non vuol dire esclusivamente censirle, vuole anche dire valorizzare tutte quelle barche che hanno una storia e un pedigree che permette di evidenziarne il reale valore storico –esattamente come accade nel mondo delle auto e degli immobili– per restituire loro lo status che realmente meritano, e così il loro vero valore. Coglieremo l’occasione non solo per crearne un grande archivio accessibile a tutti, ma anche per raccontarle e condividerle al meglio, così che lo IOR, a suo modo, possa in parte sopravvivere, recuperando lo status che merita e consentendo a noi, e a voi, di veder di nuovo queste barche in mare, e perchè no, magari anche in regata…

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Smir-Noff-Agen; Auckland; One Ton Cup 1977

Classic IOR: perché celebrare barche vecchie?

Realizzati tra i tardi anni ‘60 e i primi anni ‘90, gli scafi IOR sono sempre più spesso ed erroneamente considerati, da tanti, come semplici barche vecchie. Certo, nuove non sono più, ma considerereste un’auto storica, o un pezzo di design del Bauhaus, per esempio, un semplice vecchio oggetto? Difficilmente. Certo, l’età non viene meno solo sulle basi del valore, della qualità o del merito retrostante lo scafo stesso, ma non è certamente un dettaglio adatto a definire il valore di una qualsiasi cosa. Anzi, con i grandi classici dello IOR ci si trova invece, e spesso, davanti a macchine eccellenti, piattaforme che, con un po’ di cura e una buona dose di amore, possono tornare a splendere come fecero, e come dovrebbero. Lo IOR fu infatti il tempo della vela più pura, il tempo delle regate offshore più temibili e dei giri del mondo delle “Armate Brancaleone” nostrane. Fu il mondo dei grandi scafi, delle barche eccellenti e, oggi, è il mondo dei prototipi da salvare, delle barche da individuare e celebrare. È una realtà di progetti d’eccezione che, troppo spesso, non sono celebrati come meritano, ed è l’ora di rimediare. Ma quali sarebbero i vantaggi di fare tutto ciò? Niente di più banale.

Paxos, progetto di Sparkman & Stephens per Marina Spaccarelli Bulgari

Avendo già premesso il criterio celebrativo, passiamo subito allo step successivo, quello più concreto. Riconoscere il valore di uno scafo IOR famoso, riconoscerne la storia, i successi e i personaggi che ne hanno calcato la coperta, non solo è un riconoscimento alla barca stessa e al suo armatore. È un riconoscimento più concreto, ne incrementa il valore. Traslando l’esempio a mezzi iconici del passato, quante Jaguar E-Type sono in circolazione? Non poche, ma nemmeno troppe. E, a prescindere, non costano poco. Vi siete però mai chiesti quanto costi quella che fu di Steve McQueen? L’asticella di mercato vola alle stelle. Eppure è la stessa auto… Lo stesso vale per tante altre cose. E lo stesso vale per uno scafo eccezionale e ben tenuto, se il suo merito, la sua storia, venisse propriamente riconosciuta. Ecco già una buona ragione. Ma questa è relativa all’armatore, o al potenziale acquirente. Cosa ne viene a tutti gli altri? Semplice, conoscere e comprendere la propria storia non è mai un errore. E lo IOR altro non è che la storia, la base fondante, della vela di oggi.

Lo IOR fu una vetta scalata, un periodo non solo rimasto nel cuore di tanti, ma non solo. Lo IOR fu un periodo di costante evoluzione, una fabbrica sperimentale di barche eccezionali. Barche che rimangono. E questa è la chiave di volta. Gli scafi IOR esistono ancora, possono essere sistemati e possono donare ancora tanto. E più ne torneranno a circolazione, maggiori saranno le loro possibilità, e le nostre, di tornare a far sognare. Il mondo delle regate “d’epoca” esiste, e sempre più si sta aprendo anche a scafi più recenti, gli IOR appunto. Un’apertura che apre circuiti nuovi, passioni nuovi e “mercati” altrettanto nuovi (e probabilmente meno costosi). Un’opportunità per tutti per, in contemporanea, celebrare la vela, goderne, e restituire vita e valore a un fenomeno che, forse, non morirà mai davvero. Seguono, in quest’ottica, gli scafi che già ci avete segnalato e raccontato.

Brava in Cantiere a Minnesford
Brava, icona IOR

PAXOS | Craglietto

Craglietto; 1972; 11.23 x 4.73 m; Sparkman & Stephens

Commissionata da Marina Spaccarelli Bulgari a Sparkman & Stephens, Paxos nasce nel 1972, progettata per essere una delle tre opzioni di scafo per competere alla One Ton Cup di Porto Cervo del 1973. Al timone, in una prima fase di selezione, il grande Agostino Straulino. Alla One Ton Cup andrà poi Ydra, progetto di Carter, ma Paxos passerà alla storia come un progetto a sua volta eccellente. Ora, restaurata, continua a navigare nelle acque di Sicilia.


COCHABAMBA | Fioravanti

Fioravanti Cervia; 1982; 16.5 x 4.85 m; Sciomachen

Cochabamba, classico dello IOR e conosciutissima in Adriatico, è un 54 piedi progettato da Sciomachen e realizzato in lamellare West System dai Cantieri Fioravanti di Cervia. Classico progetto anni ‘80, presenta slanci meno abbondanti, con linee filanti e baglio arretrato. La tuga è rasa, un flush deck e, per gestire l’armo in testa d’albero e i carichi, non manca di coffee grinder. Fu una delle protagoniste dello IOR adriatico.

Cochabamba

NANA | Carlini

Carlini; 1968; 10.68 x 3.20 m; Sparkman & Stephens

Nel 1968 il cantiere Carlini costruisce, su progetto di Sparkman & Stephens, Nana, un 10.68 metri oggi dal sapore più che classico. Nana nasce come gemella di un altro famosissimo scafo, Airone, commissionato dal dott.Treccani e originariamente chiamata Elan.

Nana

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Tre “chicche” sulle Classic Boats

BARCHE USATE Che affare essere una Classic Boat!

 

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2 commenti su “Classic Boat: ecco tre vostre splendide icone dello IOR”

  1. Raniero Sandrelli

    Sono il fortunato propietario di un Carter 33 che ora ,se possibile,si trova in condizioni assolutamente paragonabili a quando uscì dal cantiere e per altri aspetti, come interni ,impianti e attrezzatura in condizioni decisamente migliori pur avendo compiuto lo scorso anno i suoi primi 50 anni e avendo sulla scia più di 45000 miglia.
    Nel suo libro Carter la ricorda come una delle sue preferite ,barca docile e sicura in ogni condizione .
    Io ,avendoci navigato anche in condizioni molto impegnative non posso che condividere il giudizio del suo progettista ringraziandolo per questo gioiello che testimonia un mondo ormai estinto di ricerca e progettazione di barche marine,fatte per tutte le andature,che non picchiano mai sull’onda : barche equilibrate fatte per stare in armonia e non in competizione con il mare.
    Raniero.

  2. Non direi che le tre barche illustrate facciano fremere i cuori di chi ha vissuto lo IOR.
    Altre dell’epoca d’oro del Doug Peterson, Vallicelli , Farr , jezequel, Frers e compagnia sono ben meglio.

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