Navigare sotto costa: come si comporta il vento (episodio 2). Isole, estuari e capi

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Navigare sotto costa: come si comporta il vento(episodio 2)? Isole, estuari e capi

In crociera navigando sotto costa: cosa succede a mare e vento quando incontrano capi, isole, coste basse o alte scogliere? Seconda puntata (qui la prima) del nostro breve manuale pratico sugli elementi base della meteorologia per la navigazione costiera. Qualche consiglio (e anche un po’ di “filosofia”) per rendere la crociera estiva più divertente e più sicura.

navigare sotto costa

Punte e capi, dove il paesaggio si trasforma

Il vento quando incontra un promontorio tende naturalmente a girargli intorno, prima rafforzandosi, poi aprendosi a ventaglio man mano che si allontana. Ovviamente più il promontorio è alto e ripido, più l’effetto è sensibile.
Per ogni velista, più o meno esperto che sia, il “capo”, i promontori rappresentano delle mete importanti anche dal punto di vista simbolico. Punti da raggiungere e superare, delineano il passaggio da un paesaggio all’altro. Sono spesso anche il posto dove ridossarsi, dare fondo in acque tranquille dopo aver affrontato condizioni meteo impegnative.

Nei nostri mari abbiamo casi spettacolari come Capo Corso, che spesso rappresenta il punto dopo il quale ci si può riparare dal Maestrale, ma allo stesso dove la sua accelerazione e la presenza di un lungo Fetch (tratto marino lungo il quale le onde possono correre indisturbate assumendo valori massimi di altezza, lunghezza, periodo e velocità) che arriva dalle coste francesi, può trasformarlo in uno dei luoghi più insidiosi del Mediterraneo.

navigare sotto costa

Ancor più significativi sono gli stretti, dove si passa tra due capi, e lì l’effetto Venturi dà il meglio di sé. Personalmente il capo più “impressionate” che ho passato è quello di Tarifa dove, una volta passata Gibilterra, ci si lascia alle spalle il Mare Nostrum e si entra in Oceano. L’ho passato in un giorno di cielo scuro e vento teso a favore e corrente contraria (anche lei ha un comportamento molto simile al vento, sempre molto più potente sulla punta del capo): risultato un mare brulicante e impazzito che non avevo mai visto. Inoltre un piccolo banco di aguglie giganti aveva deciso di strappare un passaggio mettendosi in fila perfettamente dietro alla nostra poppa, mentre navigavamo a fatica a 3/4.nodi. Insomma, un benvenuto spettacolare appena fuori dalla nostra “pozzanghera”.

Allo stesso modo ci sono capi e stretti che per le loro dimensioni non esagerate tendiamo a dare per facili, ma che nascondono parecchie insidie, come il canale di Piombino (sempre sottovalutato ma capace di cambiare faccia in un amen) e lo stretto di Messina. Anche qui lo scontrarsi di vento e correnti in direzioni opposte complivano non poco la vita dei comodanti anche di grandi navigli commerciali (ma al contrario rendono felici i pescatori). Gli esempi possono essere quasi infiniti, ma sicuramente le Bocche di Bonifacio, tra Corsica e Sardegna, meritano una citazione.

Qui l’effetto Venturi trova una sua spettacolare messa in scena quando il Maestrale dalla Valle de Rodano arriva indisturbato fino all’unico passaggio possibile tra le due grandi isole, luogo pieno di secche e di insidie ma anche, fortunatamente, denso di meravigliosi ridossi in cui rifugiarsi mentre fuori il Mistral detta la sua legge.

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Navigare sotto costa: estuari, un mondo in movimento

L’effetto Venturi (“La pressione di una corrente fluida aumenta con il diminuire della velocità, e viceversa”, in sintesi, per quello che ci riguarda più da vicino per questo articolo: la velocità del flusso di un fluido aumenta quando è costretto a passare attraverso una strozzatura)è molto evidente all’ingresso degli estuari dei fiumi dove il vento viene incanalato dal rilievo “a imbuto” delle rive. Nel punto in cui l’acqua dolce incontra quella salata (e ancor di più quella dell’Oceano) le grandi rientranze scavate dai fiumi prima di sfociare in mare sono, più di ogni altra parte della costa, luoghi complessi da navigare.

Non c’è solo l’effetto del fiume principale da prendere in considerazione, ma anche quello dei tanti corsi d’acqua minori che sfociano nello stesso delta. In Mediterraneo ci sono decine di esempi, ma ancor più numerose e bisogna sempre farci i conti, in Nord Europa e lungo la Manica, dove le maree raggiungono escursioni per noi impensabili. Ogni volta, questo complesso incontro tra fluidi diversi rappresenta un caso particolare, plasmato dal carattere e dal flusso del fiume, dalla potenza del mare e dall’importanza delle maree. Il vento è spesso incanalato e quindi deviato in direzione del letto del fiume.

Quanto più ripide sono le sponde, tanto più sensibile sarà questo fenomeno. L’effetto Venturi si fa di solito sentire maggiormente nel tratto più a valle. Più a monte, man mano che ci si sposta verso l’interno, il vento è più disturbato dalla vegetazione, diventa meno regolare e spesso più debole.

Le correnti sono soggette allo stesso effetto Venturi: più il letto del fiume si restringe, più forte è il flusso e riflusso. A differenza del vento, la corrente segue invariabilmente l’alveo del fiume, seguendo i meandri del riflusso e della piena. Il vero pericolo è spesso la “barra” con i relativi bassi fondali che si formano all’ingresso degli estuari e che possono formarsi rapidamente soprattutto in caso di vento e corrente che agiscono in direzioni opposte.

Isole, dove ogni velista vuole andare

Le abbiamo lasciate per ultime, ovviamente non per motivi di importanza, anzi. Nel loro piccolo (o a volte grande) rappresentano la summa di quanto detto in precedenza. Sono un ecosistema indipendente, dove si possono trovare tutti gli effetti che abbiamo descritto parlando di coste alte e basse, estuari, capi, promontori e anche canali. Spesso rappresentano il “paradiso” del regatante, e in particolare dei tattici, decidere di passare dalla parte giusta può essere la scelta definitiva per aggiudicarsi una vittoria.

Come dicevamo in apertura, però, in questo articolo ci rivolgiamo a chi per mare ci va principalmente in crociera. E qui il consiglio è: adottate un’isola, diventerà la vostra palestra per capire il mondo (quello navigabile). Di certo non ci mancano, da Ovest ad Est il Mediterraneo ne è pieno. Tutti noi abbiamo i nostri arcipelaghi di elezione, in cui ritorniamo periodicamente: Cicladi? Croazia meridionale? Baleari? Maddalena? Dodecanneso? Di certo studiandone le caratteristiche, anno dopo anno si può imparare molto.

Personalmente io ho capito il bello del navigare (e di trovare un ridosso sicuro) quando ho scoperto Cala Lazzarina, su Lavezzi. Si dorme su tre metri di fondale di sabbia e anche quando fuori il Maestrale ruggisce, al riparo di quella che sembra solo una semplice striscia di scogli, in assoluta tranquillità. Nel luogo di tanti e celebri naufragi ci si sente al riparo, al sicuro. In pace col paesaggio marino.
Lo stesso vale per le Cicladi, in estate, quando il Meltemi soffia duro senza mai mollare giorno e notte. Io Adoro arrivare ad Anafi, schivare capi dove il vento aumenta ancor di più, raggiungere la “mia” rada dar fondo e mettere cime a terra. A proteggermi una scogliera ripida, il Meltemi ogni tanto di si infila un po’ “bastardo” di lato, la barca brandeggia parecchio. Ma io so di essere al sicuro.

Foto: courtesy Jeanneau

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