Re Raul di Ravenna: la storia di Raul Gardini

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Raul Gardini viene ricordato per le imprese del Moro di Venezia nell’America’s Cup. Ma Gardini non è solo questo, è stato il pioniere indiscusso della vela del secolo scorso. Vi raccontiamo la sua epopea, avventurosa, affascinante, ricca di aneddoti, di splendide barche, di uomini fuori dal coro. Come la figura del fedele marinaio Angelo.

Raul Gardini
Raul Gardini

La storia di Raul Gardini, pioniere indiscusso della vela del secolo scorso

Sarà stato suppergiù dalle parti di Tangentopoli, anzi no, alcuni anni prima. Si schiattava. La diga foranea – alta quanto bastava a non far trasparire neanche un refolo del pur opprimente libeccio – a Cala Galera non ti dava respiro in quel mezzogiorno di fuoco. In più l’impiombatura ci metteva del suo: non ne voleva sapere di chiudersi neanche imprecando peggio di un turco. A mia mamma avevo raccontato che facevo il direttore di un bordello: mi vergognavo a dir che facevo l’attrezzista, il rigger insomma. Alzo la testa per sgranchirmi da quel cubo di Rubik che è l’impiombatura quando vedo oltre l’alta massicciata della diga, sprofondato nella caligine mediterranea, un albero, anzi due, no tre alberi addirittura. Mi dico: “iersera ho bevuto davvero troppo”.

Penso d’aver le traveggole: “…’ma che cos’è? la replica dell’ammutinamento del Bounty?”. Invece erano proprio 3 alberi 3! Mi dico: “1 albero tot soldi; 3 alberi uguale tot soldi per 3: bingo!” Sogno di arricchirmi facendo scottame & sartie …povero scemo! Al che squilla il cellulare Panasonic grande come un cordless dei giorni nostri con tanto di cornetta e di base mobile: al telefono un cliente che mi dice se ho voglia di andare a bordo del 3 alberi. Ovvio che dico di sì! Novello Paperon de’ Paperoni penso ai soldi. Una volta sul tender del nostro cliente (scopro che è addentellato con l’armatore del “coso multialbero”) puntiamo fuori l’imboccatura del porto ed incominciamo a scorger lo specchio di poppa: Puritan c’è scritto… una goletta disegnata da John Alden e costruita nel lontano 1929 in USA. Parliamo di quasi 40 metri di nave a vela mica uno yacht qualsiasi né per “uno-qualsiasi”: Arturo Ferruzzi, uno dei quattro figli di Serafino Ferruzzi. Serafino scarpe grosse e cervello fino mossosi sempre all’insegna del più grande understatement era uno dei più importanti trader nel mercato mondiale ceralìcolo: al suo apparire alla borsa-merci di Chicago gli suonavano le sirene! Dato volta alla cimetta del tender – pareva quello di Fantozzi rispetto alla monumentalità del Puritan – saliamo a bordo e ci accompagnano giù di sotto in dinette.

Puritan, il veliero d’epoca di Arturo Ferruzzi, cognato di Raul Gardini
Puritan, il veliero d’epoca di Arturo Ferruzzi, cognato di Raul Gardini

Sarà stato per i fumi dell’alcol non ancora smaltiti ma ci pare d’aver intravisto un Klimt in bella mostra: toccherebbe esser Vittorio Sgarbi per appurare la veridicità di questo e soprattutto esser stati lucidi di testa. Scambiati i convenevoli di rito il nostro cliente si accomiata dall’armatore e ce ne torniamo in porto (io con le pive nel sacco non avendo preso nemmeno un ordine per un amantiglio altro che sartiame intero!). In banchina la mia memoria scarrella come una culatta di un’arma che si appresta al tiro: l’arma della memoria.

Contateli, a bordo del Moro II, sono a bordo venti uomini di equipaggio. Raul Gardini, dopo il primo maxi Moro di Venezia, nel 1983 si fece costruire per la prima volta una barca in alluminio. Il progetto fu affidato ancora una volta al suo designer del cuore, l'argentino German Frers. La barca andava bene ma Raul voleva di più. Così fece cambiare l'albero che da tre crocette passò. a ben cinque crocette. Con il nuovo armo vinse in tempo reale e compensato la Giraglia battendo i favoriti francesi del Gitana VII del barone Rotschild e di Emeraude.
Contateli, a bordo del Moro II, sono a bordo venti uomini di equipaggio. Raul Gardini, dopo il primo maxi Moro di Venezia, nel 1983 si fece costruire per la prima volta una barca in alluminio. Il progetto fu affidato ancora una volta al suo designer del cuore, l’argentino German Frers. La barca andava bene ma Raul voleva di più. Così fece cambiare l’albero che da tre crocette passò. a ben cinque crocette. Con il nuovo armo vinse in tempo reale e compensato la Giraglia battendo i favoriti francesi del Gitana VII del barone Rotschild e di Emeraude.

Nasce l’avventura dei Moro

Mi ritrovo così al paese mio, Passignano sul Trasimeno, più o meno metà anni Ottanta alla SAI AMBROSINI, gloriosa azienda aeronautica fondata da un milanesissimo ingegnere appunto Angelo Ambrosini, ma con penchant “velico”, fece nel 1973 il proto del Brigand 36’ in alluminio (finirà per fare Azzurra niente di meno!).

Lì stanno costruendo Il Moro di Venezia, un maxi firmato Frers e tremendamente frazionato i cui tremendi carichi facevano letteralmente “arare” i winch delle volanti in coperta. Le code delle volanti erano dei pitoni, degli ananconda, in misto cavo metallico/tessile da paura ed il vang era con immensa rotaia semi-circolare in coperta stile 12 metri di Coppa America o Star per dirla semplice.

Di questa bestia si ricorda la strepitosa vittoria al Mondiale Maxi e Re Raul di Ravenna dona un Rolex Submarine a ognuno dei 28 membri dell’equipaggio, altro che rimborso spese!

Raul Gardini, elegantissimo, al timone del Moro di Venezia III. Con questo terzo Moro Maxi IOR finalmente, a San Francisco, nel 1989, vince il campionato del mondo della classe. Al timone in regata per la prima volta c’è il giovanissimo Paul Cayard. Al termine del mondiale il californiano Gardini convoca in un bar Cayard, German Frers e il fido marinaio Angelo Vianello. Come ricordò lo stesso Gardini, è in quel momento che prende la decisione di lanciare la sfida alla Coppa America. Il nome sarà lo stesso dei maxi, Moro di Venezia.
Raul Gardini, elegantissimo, al timone del Moro di Venezia III. Con questo terzo Moro Maxi IOR finalmente, a San Francisco, nel 1989, vince il campionato del mondo della classe. Al timone in regata per la prima volta c’è il giovanissimo Paul Cayard. Al termine del mondiale il californiano Gardini convoca in un bar Cayard, German Frers e il fido marinaio Angelo Vianello. Come ricordò lo stesso Gardini, è in quel momento che prende la decisione di lanciare la sfida alla Coppa America. Il nome sarà lo stesso dei maxi, Moro di Venezia.

Ricordiamo che siamo dalle parti di un Raul Gardini che senza peli sulla lingua dichiarò: “la chimica sono io” e certo non era la chi- mica della vecchia farmacia di paese ma bensì la stratosferica, funambolica maxi-fusione tra Montedison ed ENI. Moro allora voleva dire il 3° dei Moro di Venezia, nulla a che vedere con i telegenici, fotogenici, Moro di Coppa America a venire, massicciamente coperti dai media. Nel viaggio a ritroso troviamo un Moro II, sempre un maxi, sempre Frers ma armato in testa d’albero, con scafo in alluminio e coperta in composito per la sapiente mano di Marco Cobau e delle sue Officine pesaresi.

Il capostipite di questa schiatta fu il Moro I fatto invece in legno da Carlini a metà anni Settanta sempre dal tecnigrafo di Frers. Per rendersi conto della potenza di fuoco e della temerarietà di Re Raul di Ravenna bisogna far mente locale e rammentare che l’Avvocato Re di Torino, Agnelli, girava con yacht di stile ma pur sempre ferrovecchi – col freno a mano tirato – come l’Agneta e il Capricia (tra l’altro comperate tutte usate!) ed i Bassani stessi, quelli della futura Wally, avevano appena un “modesto” 66 piedi, il Phantom, quando Gardini faceva scalpitare e rombare rig nuovi di zecca e che rig! di ben altre dimensioni e prestazioni!

Luca Bassani nel 1975 fece arrivare in Italia il primo grande maxi IOR del Mediterraneo, il 66 piedi Phantom
Luca Bassani nel 1975 fece arrivare in Italia il primo grande maxi IOR del Mediterraneo, il 66 piedi Phantom

Questo Moro trasvola l’Atlantico (ci pensate ora ad un trasferimento Rimini-Florida! tutto fatto a suon di sestante, GPS dichiarato assente!) capeggiato da Mike Birch, vero outsider della vela – avvicinatosi a questo sport assai tardi ma presto vincitore della prima Rotta del Rum nel 1978 col suo insolente giallo-canarino trimarano Olympus Photo.

Quelli del Moro al Fastnet

Il Moro è velocissimo: vince la Channel Race e partecipa al tremendo e funereo Fastnet del 1979: quasi due dozzine di morti, decine e decine di barche abbandonate alla deriva ma lui ne scampa bene grazie la sua taglia, la preparazione dell’equipaggio che già allora nonostante che barche così grosse si contassero sulle dita di una mano – leggi esperienza generale degli équipier non altissima – ed il fatto che quando scoppiò il fronte meteo gli yacht più grandi e veloci furono colpiti al lasco dopo aver girato il maledetto scoglio sovrastato dall’altrettanto maledetto faro del Fastnet (io che lo girai nel 1983 con clima “quasi mediterraneo” mi fa ancora paura). Nell’equipaggio troviamo già “belli & navigati” gente del calibro di Lorenzo Loik e Gian Luca Nanni Costa a prua; Tilli Antonelli – eterno sigaro in bocca – che presto saluterà la vela con il classico “è stato bello” per dedicarsi con enorme successo alla motonautica; Jeremy Barbuto, l’unico inglese al mondo che parla italiano a far da navigatore assieme al segaligno Francesco Longanesi Cattani – più conosciuto come Pimperle, dai modi affettatamente “proletari” sebbene fosse un aristocratico! e infatti divenne aiutante di campo del Principe Ranieri a Monaco nonché Uomo Prada delle P.R. in una Coppa bertelliana – reduce allora dall’affondamento del Guia di Falck in pieno Atlantico! Nella congrega c’era pure Arturo Ferruzzi, sì, proprio quello del Puritan ma che saggiamente si tenne lontano dal Fastnet.

Guia di Giorgio Falck è stato un avversario delle barche di Raul Gardini negli anni ‘70
Guia di Giorgio Falck è stato un avversario delle barche di Raul Gardini negli anni ‘70

Alla Channel Race salì a bordo Sua Eccellenza John Marshall (scienziato termonucleare) a lungo braccio destro del divino Dennis Conner e quindi plurimo vincitore di Coppa America.

Attenzione perché come in un gioco di scatole cinesi Raul aveva fatto fare un mini-maxi (allora si chiamavano “classe A”) battezzato con irridente spirito iconoclasta romagnolo Rumegal (il membro del toro!), sempre Frers, con cui fece la Middle Sea Race, l’unica corsa nel mese di maggio, con risultato strepitoso.

Un giovane German Frers negli anni ‘80
Un giovane German Frers negli anni ‘80

Rumegal che è finito in mano ad un altro armatore storico, Bruno Calandriello, ora Dida VI, il quale ebbe un Dida II da Carlini mentre costui faceva il Moro I!

Angelo, il marinaio perfetto

Di quel Mucchio Selvaggio prestato alla vela – farò torto ad alcuni – la figura di riferimento, di spicco era Angelo Vianello, il Marinaio colla emme maiuscola. Di lui Raul diceva nel suo seminale “A modo mio”: “l’apprendimento l’ho imparato da molta gente […] da Angelo Vianello, il mio marinaio, un personaggio che conosce le cose della vita e sa dire verità semplici, ma anche molto intelligenti”. Ed ancora: “Un uomo troppo intelligente, di grande animo e di grande buon senso per il lavoro che faceva. Un uomo che avrebbe potuto fare tutto con successo, se avesse avuto diversi natali”, secondo Gian Luca Nanni Costa. Angelo aveva letto I Miserabili di Victor Hugo (Hugo lo pronunciava accentato sulla u) ed era orgoglioso di dirtelo, ma subito ti confidava – onorato! – che glielo aveva prestato “Sor Raul”.

Il terzetto inossidabile dei primi anni ‘70: da sinistra Angelo Vianello, Raul Gardini e Tilli Antonelli
Il terzetto inossidabile dei primi anni ‘70: da sinistra Angelo Vianello, Raul Gardini e Tilli Antonelli

Domenico Modugno soleva cantare Marinai Donne e Guai ebbene Angelo ne incarnava in quale modo l’archetipo vivente. Diceva: “Mi go avuto sempre le più bele done dei porti, ma mi go sempre pagà!”. Quando vedeva una bella donna con delle gambe da favola, mormorava a denti stretti: “Mmmhh, la gà una falcada…”.

Angelo apostrofa così Gian Luca che ha le physique du role un po’ oxfordiano e degli occhi che “son fari abbaglianti” come recitava una pop song di quei tempi, di Mal dei Primitives: “Beo … ti ga gli oci da gato … ti se furbo…” e poi una pausa lunga, e mentre guarda fisso il mare, d’improvviso fissa Gian Luca di nuovo e dice: “Ma ricordate! Mi e tu, in culo a tuto il mondo … ma ti in c*lo a mi, NO!”. Trasferimento Ravenna-Cowes, Isola di Wight, mare di Alboran.

Mainemo, musi de mona!

Angelo dorme, parte dell’equipaggio da trasferimento in coperta, in poppa, con quell’appartamento di 450 metri quadri di spi, grazie a vento e onda crescenti, planate a gò-gò, il timone a turno, chiamando i nodi di velocità ad alta voce. Otto! Nove! Uno di loro urla, in rapida sequenza Dieci! Undici! ecc. Compare di corsa Angelo da sotto e strappa il timone a chi lo teneva, urlando: “Mainemo, musi da mona!”.

Ammainano, tutti delusi, l’appartamento. Però, tempo dieci minuti, dieci di numero, si ritrovano già con randa a tre mani ed il fiocco piccolo, jib-top #4 a riva, increduli. Una tempesta di acqua, mare e vento! La saggezza tutta in un uomo! Arrivo a Cowes, luglio 1979. Il Moro aveva da poco fatto capolino nel Solent che ecco Carlo Ferruzzi, il fotografo nautico con velleità di diventare il Carlo Borlenghi della situazione, nonché parente della famiglia, venire all’accoglienza con il suo offshore motoscafo/razzo. Cowes, si sa, non è che sia ameno e divertente come Saint Tropez.

L’incredibile rotaia semicircolare del Moro III, ispirata a quelle delle Star
L’incredibile rotaia semicircolare del Moro III, ispirata a quelle delle Star

La sera Carlo porta l’equipaggio a mangiare qualcosa in un pub, estrae un libro nel quale raccoglie frasi scritte dai regatanti. Ne vuole una da Angelo che, quasi imbarazzato, si fa suggerire di scrivere una frase sugli abitanti di Cowes. Angelo guarda Gian Luca e gli chiede: “Come se dise quando uno se palido, molto palido, che ti vedi che ghe manca le vitamine?” Al che, Gian Luca gli risponde con una domanda, non capendo dove voglia andare a parare: “Vuoi dire se uno ha l’avitaminosi?” Angelo quasi esulta per lo scampato pericolo e dice: “Sì, se quello! Come se dise?” E Gian Luca di nuovo: “Avitaminosi…”. Allora Angelo pronuncia il fatidico verdetto: “Quei de Caos, i s’è piutosto brutini e avitaminosi…”. Angelo – non ci crederete – girava con una vera e propria buffa sporta della spesa, borsa da spesa in paglia da donna e vi assicuro che lui la portava senza nessun affronto al suo essere uomo. Un Piccolo Grande Uomo davvero questo Angelo.

La corte dei miracoli

Il Passato è Passato lasciamolo stare quindi. Incombe su di noi come un macigno però, come un asteroide che non vediamo ma ne percepiamo l’attrazione magnetica. Il Presente è qui ed ora. Passati i tempi della lancetta bianca degli strumenti analogici Brookes & Gatehouse ora si va alla grande (?) con i tablet.

Da questi monitor vediamo sfrecciare come fossero tanti Willy Coyote “Mosche Volanti” che alcuni chiamano “barche” e che ogni tanto si vanno a schiantare dure come ogni Willy Coyote di rango fa, in un tempo di Vela progettato dagli uomini di Startrek. Nel frattempo Ivan Gardini, figlio di Raul si è portato in scuderia il Naif, gioiello uscito dalla matita di Dick Carter, che corse pure l’Admiral’s Cup, evoluzione di un altro disegno di Carter, quell’ Orca 43’che vide il debutto nella cantieristica (col nome di C.N. Sailboard) del Grande Vecchio delle barche di serie, quel Giuseppe Giuliani, nient’altro che Mister Cantiere del Pardo per decenni nonché parente dei Ferruzzi.

Raul Gardini nel 1973 sul Naif con cui partecipò all’Admiral’s Cup in Inghilterra
Raul Gardini nel 1973 sul Naif con cui partecipò all’Admiral’s Cup in Inghilterra

Della corte dei Miracoli – quella che ronzava bene attorno ad un certo coté pubblico politico imprenditoriale in gran spolvero negli anni Ottanta – sono rimaste poche vestigia ed ancor meno ricordi.

Massimo Gatti, scomparso da non moltissimo, aveva preso un maxi dalla scuderia Gardini e sfidando la malasorte lo volle ribattezzare Vanitas (nome più appropriato non si poteva scegliere per quegli anni) forse antivedente di un suo calarsi nel mondo dell’effimero fotografico: nel tempo divenne un quotatissimo fotografo di fine art photography, buffa contrapposizione alla sua quintessenza di merchant banker nonché per anni principale azionista di Raggio di Sole, azienda di nutrizione animale finita – guarda caso! – nelle grinfie di una delle Sette Sorelle del Grano, un vero e propri trust globale, la Cargill americana a cui Raul aveva dedicato queste frasi fiammanti: “Mi arrabbiai molto con i rappresentanti delle compagnie americane in Europa, perché non intendevano far entrare nel calcolo gli ammortamenti degli impianti. La multinazionale americana se può ti rovina. […]

All’epoca avevamo un arbitrato duro con Cargill, la multinazionale dimostrò una forte inimicizia nei nostri confronti”.

Gli allievi di Raul Gardini

Bizzarra la vita… Prospicente agli uffici di Gatti c’era il nido dell’aquila, quel Gianni Varasi, anche lui dipartito da anni, per il mondo dei più, armatore di quel maxi Longobarda – di nuovo una creatura della SAI AMBROSINI umbra – by Bruce Farr che si permise di schiaffeggiare sonoramente il Moro III! L’allievo, Varasi, divenuto più bravo del maestro.

Quel Varasi con quel babbo squisitamente self-made man che da capo-magazziniere delle Vernici Meyer ne divenne proprietario (le famose vernici Max Meyer) sempre in battaglia col figlio progressista, grande 8 amico di Giorgio Bocca, ma soprattutto alleato del momento di Raul quando si trattò di pensar “tre metri sopra il cielo” scalando la Montedison con tutto quello che ne conseguì poi.

Il rispetto della tradizione

Storie di altri tempi. Pochissimi anni fa alcuni giuravano e spergiuravano d’aver intravisto Carlo Sama, parente stretto di Raul, timonare un Wally ma forse era solo un film di serie B, fatto sta che la Passione della Vela infusa dal Re Raul di Ravenna rimarrà indelebile nei nostri occhi e un po’ anche nei nostri cuori.

Come dicevano gli Art Ensemble of Chicago (non esattamente quelli della borsa merci di Chicago!), gruppo arrabbiatissimo di free-jazz, “Ancient to the Future”, grossomodo: “Non esiste Futuro senza rispetto per la Tradizione”. Come dargli torto?

Libero adattamento di una storia vera a cura di Danilo Fabbroni

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12 commenti su “Re Raul di Ravenna: la storia di Raul Gardini”

  1. Ho un ricordo meraviglioso di Raul Gardini. Era il 1982 o 1983. Eravamo ragazzi, partimmo in 4 in crociera con un meteor 6 metri. Senza bagno senza cucina ovvio. Inesperti. Arrivammo a Capri e, secondo noi, li ad agosto avremmo ormeggiato in porto. Ovviamente era pieno. Ma io dissi che in seconda fila dovevano farmi ormeggiare: così avevo letto e così doveva essere (ingenua gioventù). Così mi addentrai nel porto cercando un posto in seconda fila. Trovato. Solo che a fianco c’era la prua minacciosa e nera di una nave (così la percepii dal meteor. Era il Moro di Venezia, scoprii poi. Successe il putiferio, gli ormeggiatori capresi che ci insultavano gridando di andarcene subito, i marinai della “nave” che si affacciarono gridando dall’alto che graffiavano la barca. Ad un certo punto sento una voce che chiede cosa sia questo baccano e cosa sia successo. Guardo su verso questa gigantesca prua e si affaccia da lì … Rau Gardini. Il quale vede 4 ragazzi col meteor, con delle vele mutande arrotolate, un piccolo fuori bordo, la doccia sola appesa le taniche di acqua, indumenti stesi sulla battagliola. E dice immediatamente si suoi marinai: “via tutti, ci penso io”. Con grande calma ci spiega che siamo bassissimi e quindi dobbiamo ingegnarci un po’. Inizia a calarci degli enormi parabordi, una palla, una bellissima cima, ci spiega come mettere tutto. Alla fine, dice che è soddisfatto. Ci chiede quanto dobbiamo stare, perché per due giorni lui non si muove. Questo era l’uomo, l’uomo di mare vero, il velista, che io ho conosciuto. Quando ci cambiamo e scendemmo, riveriti a quel punto dagli ormeggiatori capresi, per andare a farci la serata (e cercare un bagno!), lo vidi in pozzetto che ci guardava e sorrideva. Pensa oggi, uno così, dove lo trovi. Spero che questo mio ricordo possa arrivare a figli, nipoti e amici suoi.

  2. Ho un ricordo meraviglioso di Raul Gardini. Era il 1982 o 1983. Eravamo ragazzi, partimmo in 4 in crociera con un meteor 6 metri. Senza bagno senza cucina ovvio. Inesperti. Arrivammo a Capri e, secondo noi, li ad agosto avremmo ormeggiato in porto. Ovviamente era pieno. Ma io dissi che in seconda fila dovevano farmi ormeggiare: così avevo letto e così doveva essere (ingenua gioventù). Così mi addentrai nel porto cercando un posto in seconda fila. Trovato. Solo che a fianco c’era la prua minacciosa e nera di una nave (così la percepii dal meteor. Era il Moro di Venezia, scoprii poi. Successe il putiferio, gli ormeggiatori capresi che ci insultavano gridando di andarcene subito, i marinai della “nave” che si affacciarono gridando dall’alto che graffiavano la barca. Ad un certo punto sento una voce che chiede cosa sia questo baccano e cosa sia successo. Guardo su verso questa gigantesca prua e si affaccia da lì … Rau Gardini. Il quale vede 4 ragazzi col meteor, con delle vele mutande arrotolate, un piccolo fuori bordo, la doccia sola appesa le taniche di acqua, indumenti stesi sulla battagliola. E dice immediatamente si suoi marinai: “via tutti, ci penso io”. Con grande calma ci spiega che siamo bassissimi e quindi dobbiamo ingegnarci un po’. Inizia a calarci degli enormi parabordi, una palla, una bellissima cima, ci spiega come mettere tutto. Alla fine, dice che è soddisfatto. Ci chiede quanto dobbiamo stare, perché per due giorni lui non si muove. Questo era l’uomo, l’uomo di mare vero, il velista, che io ho conosciuto. Quando ci cambiamo e scendemmo, riveriti a quel punto dagli ormeggiatori capresi, per andare a farci la serata (e cercare un bagno!), lo vidi in pozzetto che ci guardava e sorrideva. Pensa oggi, uno così, dove lo trovi. Spero che questo mio ricordo possa arrivare a figli, nipoti e amici suoi.

  3. Franco Rosetti

    Sono Ravennate e il mio ricordo di Raul è averlo incontrato e ammirato quando in bicicletta ,accompagnato dal suo cane si fermava in piazza del Popolo a Ravenna con chiunque volesse dialogare con lui.
    Il Moro di Venezia si trova in darsena , un po’ abbandonato a se stesso
    non sono stato un suo amico, mi sarebbe piaciuto, non so perché ma spesso spazia nella mia mente e ne sono felice.
    Franco R Ravenna

    1. Grazie per la Laurea Honoris Causa, in questo Lei si allinea collo scomparso Dott. Landolfi che mi insigni seduta stante al patio dell’Hotel Romazzino di un dottorato in Dermatologia Clinica …. ! seppur io sono solo un Bidello delle Carrucole e degli Argani! Guardi non so se c’è un rimando cartaceo, lo deve chieder gentilmente alla redazione: io rivesto qui il ruolo di Negro della Scrittura sic et simpliciter! 🙂

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