Posidonia: ecco come è stata trapiantata a Sanremo con una tecnica innovativa
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Uno degli ultimi interventi di riforestazione di Posidonia operato dal team del progetto Blue Forest ha interessato nelle giornate 8-12 luglio il tratto costiero di Sanremo. Messa a punto una tecnica che prevede un ancoraggio “eco” delle piante.
Strano il destino della Posidonia. C’è chi non ha, ancora oggi, la benché minima idea di cosa sia e chi invece la conosce e spesso, da ignorante, la disprezza perché invade le spiagge durante le mareggiate ed emana il tipo cattivo odore salmastro. Chi va per mare al contrario ha imparato a rispettare questa fragile e preziosissima pianta marina che rappresenta il polmone verde del Mediterraneo.
E proprio perché è una pianta che va protetta e per crescere ci mette anni, per fortuna c’è anche chi con un gran lavoro e impegno si occupa di riforestazione della Posidonia. Come per esempio Blue Forest, progetto internazionale di One Ocean Foundation per la tutela delle foreste sottomarine che si occupa di ricerca scientifica, attività di impatto, interventi di ripristino ed educazione circa la Posidonia Oceanica. Uno degli ultimi interventi di riforestazione di Posidonia operato Blue Forest ha interessato nelle giornate 8-12 luglio il tratto costiero di Sanremo. Il sito si trova in località Porto Vecchio (coordinate geografiche 43°48’38.79″N; 7°46’50.30″E), dove, a una profondità di 12 metri, sono state piantate circa 2.500 talee recuperate tra quelle trovate libere sul fondale, sradicate a causa di impatti antropici dovuti a opere di difesa delle spiagge e portuali o naturali, come le forti mareggiate.
Leggi anche: C’è chi pianta la Posidonia oceanica per salvare il Mediterraneo. Ecco come si fa
Reti di cocco e picchetti metallici per riforestare i fondali
Il trapianto vede l’impiego di due diverse tecniche di restauro marino ecologico: la tecnica delle biostuoie, utilizzata finora all’interno del progetto Blue Forest, che, in questo caso, prevede la posa sul fondale di 8 reti in fibra di cocco a coprire un’area di 90 metri quadri, e la tecnica dei picchetti metallici che copre i restanti 10 metri quadrati e prevede l’ancoraggio delle singole talee direttamente al fondale.
Le talee di Posidonia oceanica selezionate per il trapianto hanno due diversi radici (rizomi), in relazione al tipo di tecnica da utilizzare. Per il nuovo metodo sono state infatti raccolte piante con rizoma plagiotropo, ovvero che ha una crescita orizzontale, e che sono ideali per il fissaggio tramite 2/3 picchetti (per la tecnica delle biostuoie si utilizzano invece talee con rizoma ortotropo, che cresce invece verticalmente e ideale per essere inserito tra le maglie delle reti, avendo una forma a “V”).
Materiali naturali per un trapianto più “eco”
L’uso di due tecniche diverse nello stesso sito offre un’importante opportunità scientifica in quanto permetterà di sperimentare e valutare quale tecnica fornisce i migliori risultati nelle stesse condizioni ambientali, migliorando le metodologie di ancoraggio per i trapianti di Posidonia, uno degli aspetti più complessi di questi interventi. In questo specifico caso, 12 dei 90 metri quadrati che prevedono l’utilizzo di biostuoie saranno coperti solamente con reti in fibra di cocco, non accoppiate quindi alla rete metallica come di consueto. Sebbene la metodologia sia la medesima, il fatto di utilizzare il solo materiale naturale potrebbe portare a risultati diversi, e addirittura migliori.
Il sito verrà monitorato per 3 anni a partire da luglio 2024 dai ricercatori dell’Università di Genova, con l’obiettivo di raccogliere dati utili alla ricerca scientifica sul tema della riforestazione di Posidonia oceanica, valutare le condizioni del trapianto, delle nuove piantine e della biodiversità, oltre al ripristino dei servizi ecosistemici associati all’habitat.
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