Questo scheletro di 60 metri è la barca “interrotta” di Raul Gardini

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Bucintoro Gardini
Lo scafo “scheletro” del Bucintoro di Raul Gardini (60 metri di barca!) giace in una “spettrale” Marghera

Primissimi anni Novanta: la Milano di allora era ancora “da bere” ma si poteva percepire un che di amaro, come se si stesse raschiando il fondo del barile, la feccia.

La storia del megayacht “fantasma” di Raul Gardini

Mi trovavo in Inghilterra, alla Mecca dello Yachting facendo il giro delle sette chiese, Hamble, Cowes, Lymington anche Plymouth per saggiare che albero scegliere per un refitting di un 42’ che stavamo “amministrando” io e Vittorio Vongher.

Sapevo che non ci stavamo col portafoglio ma nondimeno andai a salutare il mio vecchio amico John Green, direttore per lunghi anni alla Sparcraft, ditta di alberi quando la Sparcraft, come dire? era la SPARCRAFT! Il suo ufficio era il solito, modesto, senza fronzoli ma “pane al pane vino al vino”: mi affascinava con tutte quelle tavole A0 disegnata impeccabilmente, molte delle quali fatte ancora col tecnigrafo e colla china!

Il Bucintoro, sogno mai finito di Gardini

Per un semplice attacco di una sartia c’era caso di discuterne mezza giornata! Una tavola mi colpì: era la rappresentazione 1:1, quindi in scala reale, di una sezione di un albero … gigantesco! Chiesi a John se avessero sbagliato la scala per caso: non esisteva nessun albero del genere in giro o forse in Amazzonia se ne poteva veder uno ma certo non era un albero da yachting!

Una sequoia del Nord America? John col suo sorrisetto dalle labbra strette mi rispose che era per un mio compatriota: ero certo d’esser preso in giro.

Mi rigirai allora verso di lui, lasciando malvolentieri lo sguardo da quel disegno impeccabile e scorsi che mi stava scarabocchiando a penna qualcosa su un foglietto di un bloc-notes: me lo porse. Lessi il nome storpiato di Raul in Raoul (mai e poi pami che un inglese riesca a scrivere il tuo nome correttamente!) e non fu difficile immaginare il cognome: Gardini!

Gardini
Raul Gardini (1933-1993) è stato il più grande armatore italiano di barche a vela da regata della sua epoca. Ha posseduto a partire dagli anni ‘60 in ordine cronologico le seguenti barche: • ANNI ‘60: Naso Blu (One tonner IOR, progetto Dick Carter); • ANNI ‘70: Orca 43 (seconda classe IOR, Carter); Naif (prima classe IOR, Carter); Moro di Venezia I (maxi, IOR Frers); Moretto (half tonner IOR, Frers); Rumegal (17 metri maxi IOR, Frers); • ANNI ‘80: Moro Blu (13 metri IOR, Peterson); Svuzzlebubble (Half Tonner IOR, Farr); Moro di Venezia II (maxi IOR, Frers); Moro di Venezia III (Maxi IOR, Frers). A partire da inizio anni 90 i Moro di Venezia per la Coppa America, prima barca italiana ad andare in finale. Il suo sogno incompiuto, il Bucintoro.

Gli chiesi allora rassicurazione sulla scala visto che ad occhio non poteva essere l’albero di un Moro di Coppa e lui facendo no colla testa mi riscrisse un altro foglietto ove scorsi quella che mi pareva una bufala: c’era scritto “sixty meters”! Sessanta metri! Mentre lo guardavo ancor più incredulo me ne porse un altro: “sloop”, il sessanta metri era per soprammercato pure uno sloop, manco un ketch!

Gli chiesi allora, convinto, come stesse andando la costruzione e lui mi disse che ci sarebbero voluti mesi solo per avere la dima con cui estrudere il profilo d’alluminio che sarebbe servito a costruire l’albero!

La cosa come sanno tutti finì nella bolla di sapone del ciclone giudiziario e della sua triste epifania: Gardini, Cagliari e Castellari e scese il velo del silenzio su quella era.

Lo scheletro del Bucintoro

Decenni dopo sono dalle parti di Venezia, a Marghera ed un rigger locale con cui condivido più di un progetto e più di un caffè mi carica in macchina e mi porta lungo un canalone inframmezzato, infestato da architetture che sono vere e proprie vestigia di un’archeologia industriale defunta e decotta: sembra di essere nella Ruhr germanica, tira un’aria brutta, di morte, di abbandono.

Lungo la riva vedo un silurone lungo una cifra, scafo e coperta assicurati, la parola ormeggiati non fa al caso, alla pseudo-banchina e ne riconosco le vestigia: il Bucintoro! Il sessanta metri che Re Raul aveva fatto disegnare da Frers (che dovette poi aspettare tantissimi anni per cimentarsi con megayacht di tali dimensioni. E’ stato appena varato il suo 59 metri Maximus), realizzare da Tencara, il cantiere che fece i Moro di Coppa a Marghera e di cui avevo scorto il disegno della dima in terra d’Albione… simbolo mesto della fine di un sogno, della fine di un’era.

Danilo Fabbroni

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9 commenti su “Questo scheletro di 60 metri è la barca “interrotta” di Raul Gardini”

  1. Perché fermarsi e non andare avanti nel dire chi è oggi il proprietario dell’ opera incompiuta….forse a qualcuno potrebbe anche interessare il completamento…..

    1. Non Grande personaggio, ma GRANDISSIMO, con lui la chimica italiana avrebbe preso un altra piega…. E non solo la chimica… R.I.P

  2. E’ stato un grande velista, ci ha fatto sognare , ma ha distrutto un impero economico che Ferruzzi gli aveva lasciato.

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