Perché Chestress 3, un 12 metri del 2009, ha vinto la 151 Miglia
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E’ lui l’eroe del momento. Stiamo parlando del “piccolo” cruiser-racer J/122 di Giancarlo Ghislanzoni, Chestress 3, vincitore assoluto ORC della 151 Miglia (la regata d’altura toscana di 151 miglia che quest’anno si è svolta sul percorso Marina di Pisa – Pianosa – Montecristo – Formiche di Grosseto – Punta Ala). Ha vinto davanti ai Maxi e ai più grandi racer della Classe A.
Come vincere le “lunghe” con un 12 metri di 15 anni fa
Come ha potuto un 12 metri (12,19 x 3,64 m) del lontano 2009 (ma il progetto di Johnstone è del 2006), con a bordo solo “velisti della domenica” (parole dell’armatore), avere la meglio su bestie da regata ben più lunghe e agguerrite come Swan 45, Swan 42, Farr 45? Lo abbiamo chiesto direttamente a Ghislanzoni, genovese trasferito a Milano, 63 anni, un passato importante in McKinsey e ora nel board di Leonardo.
Giancarlo, innanzitutto complimenti.
Ce li prendiamo volentieri, grazie. La 151 Miglia è una regata dove, storicamente, a prevalere sono i Classe A, le barche più grandi (Chestress 3 è un Classe, B, ndr) che tendono a raggiungere prima le finestre meteo interessanti e soffrono meno le bonacce rispetto ai Maxi. Quest’anno siamo riusciti a invertire la tendenza: siamo partiti bene, abbiamo azzeccato le scelte tattiche importanti e, dopo Montecristo, abbiamo agganciato una bel libeccio che ci ha accompagnato per 3/4 ore, facendoci “surfare” fin quasi all’arrivo a Punta Ala.
Una regata perfetta…
Come dicono gli inglesi: con un buon equipaggio vinci la classifica della tua categoria. Ma è il meteo che ti fa vincere in assoluto (“the crew wins the class, the weather helps winning the overall”)
Il tuo Chestress 3 ha qualche annetto, ormai. Quando hai scelto questa barca?
Sono sempre stato un estimatore dei J. Nel 2003 comprai un J/109, nel 2005 si presentò l’occasione di acquistate un J/133, il Chestress 2, con cui ci siamo tolti tantissime soddisfazioni: l’anno culmine è stato il 2010, con la vittoria delle regate Pirelli e del Campionato Offshore del Mediterraneo. Meglio di così, con quella barca e con un equipaggio di amici, non avremmo mai potuto fare. Era il momento di cambiare barca e optai, nel 2011, per il J/122: una barca con cui puoi andare sia in regata che in crociera, ma che era già configurata in maniera più “racing”.
Ovvero?
Albero, boma e timone sono in carbonio e abbiamo anche il mast jack (il sistema idraulico che permette di regolare l’albero con il pretensionamento desiderato e modificare il carico senza intervenire sulle sartie, ndr). La chiglia del mio J/122 pesca 10 cm di più rispetto alla versione cruising (2,387 m).
Negli anni avete effettuato delle modifiche sulla barca?
Assolutamente no, se la barca è valida non è necessaria alcuna modifica. Questa è la filosofia che contraddistingue me e l’equipaggio fin dal primo Chestress… La vera differenza sta tutta nel setting. Con gli anni impari a conoscere la tua barca sempre meglio: sappiamo ad esempio che sul J/122 l’albero va molto “agolettato” (leggermente inclinato verso poppa, ndr), che la barca è sensibilissima alle regolazioni del rigging e alla tensione delle sartie. Sono i dettagli che fanno la differenza…
C’è un’andatura o condizioni in cui Chestress 3 va particolarmente forte?
La bontà del progetto è confermata proprio dalla sua versatilità. La barca va bene con poco, medio e tanto vento, si tratta davvero di un “all-round”: quando le condizioni diventano veramente dure, però, è lì che Chestress viene fuori. La barca non ha una superficie velica esasperata ed è a medio dislocamento (circa 90 mq di tela tra randa e fiocco per 7.398 kg di peso) ed è in grado di navigare a vele piene quando altre barche devono sventare o terzarolare…
A proposito di vele. Come siete configurati?
Sulle vele abbiamo ragionato tantissimo e cerchiamo di curarle al massimo, lavorando a stretto contatto con Dado Castelli (espertissimo velaio ora in forza alla Doyle, ndr). Abbiamo due rande (una da altura e una per le regate tra le boe, ma finiamo sempre con usare solo quella per l’altura), quattro fiocchi (jib 1,2,3,4), altrettanti asimmetrici (A1, A2, A3, A5): tutto il corredo è Doyle salvo fiocco leggero e medio in 3DI di North Sails.
Non utilizzate il Code Zero?
Non lo usiamo più, perché a livello di rating si paga tanto, ma si usa poco. In compenso abbiamo una vela che per noi è spesso decisiva, ovvero un jibtop. Si tratta di un fiocco poco comune in Mediterraneo, mentre viene usato molto in Nordeuropa: si tratta di una vela con la bugna ben più alta rispetto a un jib tradizionale e dal profilo piatto (qualcuno la chiama anche “Yankee”, ndr) che dà il meglio di sé al traverso o bolina larga con vento medio (12-18 nodi), perché conferisce grande spinta senza sbandamento. La usiamo anche quando il vento “spara” oltre i 28 nodi alle portanti, in sostituzione dell’asimmetrico.
Insomma, avete un bel gioco di vele a disposizione…
La formula vincente consiste nell’utilizzare ciascuna di esse nel range per cui è stata studiata. Noi dai cambi vele siamo “ossessionati”: a costo di cambiare set ogni 10 minuti, oppure alle quattro del mattino, la tela deve essere sempre quella giusta per quello specifico momento. Questo credo sia uno dei nostri segreti…
Però Giancarlo, per cambiare vele ogni 10 minuti devi aver bisogno di un superequipaggio!
La stabilità del nostro equipaggio è la formula principale di Chestress 3. C’è uno “zoccolo duro” di ultrasessantenni (per nessuno dei quali la vela è un lavoro, pur essendo ottimi velisti) e qualche innesto giovane (come mia figlia Maria e Angelo Bonaiti) ma a comandare, da anni, anche sui precedenti Chestress, è l’amicizia. Abbiamo la fortuna di avere tanti menti “tecniche” e “da ingegneri” in barca, siamo affiatati: però non ci siamo mai allenati, Dal 2003 ad oggi, siamo usciti in barca per allenamento solo una volta!
Come gestite i turni a bordo nelle regate lunghe come la 151 Miglia?
Il nostro sistema prevede due turni di tre persone che si avvicendano ogni tre ore, composti da timoniere, randista e tailer. I due turni devono essere equilibrati, non ci deve essere un turno forte e uno debole: vi svelo il team nel dettaglio. Turno 1: Roberto Di Salle (timoniere/tattico: campione mondiale 420 nel 1987, si ricorderà qualcuno!), Alberto Magnani (randa), Maria Ghislanzoni (tailer).
Turno 2: Leonardo Petti (timone, oggi armatore del J/109 Chestress, il mio primo J), Angelo Bonaiti (randa), Filippo Giano (Tailer). In aggiunta ai due turni abbiamo tre persone “on-off” a disposizione a chiamata, 24 ore su 24: io (skipper, timoniere e coinvolto in ogni decisione di bordo, perché mi piace condividere la responsabilità di ogni scelta), Alessandro Zamboni (prodiere e nostro boat captain), Franco Gardella (navigatore, drizzista e – ottimo – cuoco: per noi lui è il responsabile di tutto ciò che sta intorno alla scaletta per scendere sottocoperta). Non erano a bordo ma regatano spesso con noi, tra le boe, anche Marcello Pasini e Caterina Belgrano.
Cuoco, dicevi. Non si mangiano solo barrette proteiche a bordo di Chestress 3!
Assolutamente, noi andiamo in barca per divertirci e la buona cucina è fondamentale: vuoi mettere le barrette con un buon risotto, delle gustose tigelle ripiene? La cambusa è più importante del peso…
A proposito di risparmio pesi e di rating?
Il nostro è un approccio “soft”. A bordo di Chestress non troverai i manici degli spazzolini segati per risparmiare peso. Largheggiamo anche a livello di dotazioni di bordo e attrezzatura di rispetto perché la sicurezza in mare non è mai troppa. Teniamo sempre a bordo l’autopilota (non dichiarato, quindi nessun vantaggio sul rating). Forse potremmo risparmiare un quintale di peso, ma non è quello che fa la differenza. Quando regatiamo bene vinciamo, quando regatiamo male restiamo indietro…
Un’ultima curiosità: Ghislanzoni va anche in crociera o fa solo regate?
Scherzi? La crociera è una delle parti più belle! Proprio adesso sto per partire per la Grecia…
Ma come, con il Chestress 3 che ora è a Punta Ala?
No… ad aspettarmi a Preveza (in Epiro, ndr) c’è il mio vecchio Chestress 2, il J/133: quando acquistai il 122 era un momento ottimo per comprare, ma pessimo per vendere. Così decisi di tenere entrambe le barche, configurando il 133 da pura crociera! Niente Giraglia per me, ora devo un po’ rilassarmi salpando in direzione Kalamata!
Eugenio Ruocco
Gli altri vincitori assoluti della 151 Miglia
Oltre alla vittoria ORC Overall, su 113 barche arrivate, di Chestress 3, c’è un altro risultato degno di nota in questa 151 Miglia: il primo posto, in IRC, di un’altra barca con cui vai in crociera in totale comfort ma con cui in regata ti togli grandi soddisfazioni.
Stiamo parlando dell’ICE 52 RS Goose di Alex Laing in forza allo YC Parma. La barca è andata fortissimo, con una velocità massima registrata di 19.6 nodi.
La classifica IRC riservata alle barche più lunghe di 60 piedi, invece, è stata vinta da Atalanta II, il Farr 72 aggiornato da Felci di Carlo Puri Negri (vi avevamo raccontato la sua storia qui).
La 151 Miglia delle polemiche
Questa edizione – che ha visto al via 242 imbarcazioni e che non ha avuto come boa, come di consueto, lo scoglio della Giraglia per la riduzione di percorso a causa delle condizioni meteo – ha avuto uno strascico di polemiche. C’erano delle zone interdette intorno alle isole (Pianosa e Montecristo) entro le quali la navigazione era proibita: ma, dalle voci di banchina, parrebbero esserci state varie imbarcazioni che non hanno rispettato i limiti avvicinandosi alle isole e guadagnando miglia preziose. E’ giusto e sacrosanto sanzionare chi ha tagliato il percorso. Ma forse il problema è a monte: erano necessarie le zone di interdizione, peraltro difficilmente individuabili in navigazione, senza mede di sorta? Fateci sapere come la pensate.
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11 commenti su “Perché Chestress 3, un 12 metri del 2009, ha vinto la 151 Miglia”
Le zone di rispetto ambientale a Pianosa e Montecristo si conoscono tutti.
Ci sono le carte nautiche, Il cartografico con Navionics o altri programmi.
Purtroppo la sportività è una cosa naturale, o c’è l’hai oppure ti piace fregare il tuo concorrente….
Gli organizzatori della famosa Roma per uno,due,tutti se passi nelle zone interdette e lo rilevano dal tracking ti penalizzano pesantemente (anche ore …).
Basta avere il coraggio di scrivere nel BDR e istruzioni di regata così gli armatori non hanno scuse .
Se poi non gli va bene che vadano a fare delle belle crociere .
Patrizio Rosi – Mizar ITA 14852
tutto fantastico ma nella foto all’alba con barca che plana su onde di 2,5 metri vedere un membro dell’equipaggio in falchetta senza giubbino nè pendaglio fa sorgere qualche dubbio sulla sicurezza!! se cade in mare la vedo dura…..
Commento superficiale, poteva benissimo averlo sotto la cerata!!
Mi soffermerei piu’ sui complimenti al successo dell’equioaggio “amator ( definirli velisti della domenica e’ un insulto visto il palmares che hanno con questsa barca e con quella precedente da c/a trent’anni: Giraglia ecc.!!!) che non su queste puntualizzazioni!!
Neanche gli equipaggi della maggior parte dei maxi che abbiamo visto avevano i giubbotti, eppure navigavano su barche ben piu’ veloci e meno manovrabili!!
Roberto
Devo dire che in Italia i giubbotti li usano pochissimo Ed è un male. Poi sotto la cerata sarebbe anche peggio
Concordo: è un male. Anche per l’esempio che si da. Altrove i giubbotti son sempre ben visibili. Altro che sotto la cerata (a che servirebbe poi?). La cultura della sicurezza cresce anche a forza di vedere le dotazioni sempre indossate nelle foto e nei video che riprendono gli equipaggi, in regata o crociera che siano. Non succede mai niente. Fino a quando non succede.
Le zone di interdizione vanno rispettate. Bisogna sciverlo nel bando e identificarle nelle IdR, evidenziandole nel tracker. Se entri pesante penslizzazione!!!
Mi batto da tempo perché in regata le regole siano :
1) chiare
2) rispettate
In questa regata, bellissima in tutto, l’unico neo sono proprio state le regole inerenti in particolare le aree interdette alla navigazione : lo devi dire chiaramente nelle IdR – e non lo era – e le devi far rispettare con penalizzazioni salate – ed e’ stato scelto di non farlo nonostante le tante informazioni date al CdR.
La non chiarezza a monte ha alimentato le “furbizie” di troppi ed alla fine, come già a Capo d’Orlando nello scorso settembre ed in tante altre manifestazioni, le classifiche risultano abbastanza falsate a favore proprio dei furbi.
Auspico fortemente che nella prossima eduzione il Comitato di Regata segua l’esempio di Fabio Barrasso che quest’anno non ha guardato in faccia a nessuno sia alla “Roma/Riva x Tutti” sia alla “Lunga Bolina” penalizzando chi ha violato le aree interdette senza attendere la protesta ufficiale dei regatanti (spesso difficile da effettuare correttamente).
Anemos ITA 14340 – Carlo Scoppola
Si sta parlando di regate di altura e quindi di navigazione con tutte le sue regole, le IDR percorso n. 4 riportavano scritto in rosso questo: Gli Skipper devono fare molta attenzione ai fondali e alle prescrizioni alla navigazione al passaggio dell’Isola di Pianosa, dell’Isola di Montecristo e alle Formiche di Grosseto, facendo riferimento alle carte nautiche.
Buon vento a tutti.
Solete ITA9778 – Claudio Paoli
bravo Giancarlo, equipaggio super collaudato e tanta attenzione ad avere sempre la vela giusta
io direi una cosa ben differente da quelle che ho sentito: questo pezzo dimostra che la vela è viva e vegeta se rappresentata da barche skipper armatore equipaggio come quello descritto. Una Vela che ricorda molto la stazza RORC quando si andava all’ADMIRAL trasferendo le barche via mare; si stava a Cowes nemmeno sui pontiletti ma sulle briccole; quando si viveva addirittura a bordo come nel LEVANTADES in pieno regime di regata. Il fatto poi che sia una barca J quindi nata fuori da ogni costrizione di regolamento e non uscita ieri dal cantiere fa lievitare le quotazioni sportive di tutta questa vicenda. Il resto è noia.
Bravo Danilo!!!!!
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