L’esploratore Niccolò Banfi e quel richiamo ancestrale dei mari del Sud
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L’esploratore e fotografo milanese Niccolò Banfi parte per la spedizione “Remoteness – Journeys to the Oceans’Edge”, un lungo viaggio a vela alla scoperta delle isole remote del Pacifico. In quest’intervista racconta lo spirito e gli obiettivi di questa grande avventura.
I mari del Sud, con i loro arcipelaghi remoti, le spiagge di sabbia bianca orlate da acque cristalline, le popolazioni pacifiche e accoglienti, sono da sempre una destinazione mitica per coloro che navigano a vela. Da tappe strategiche delle prime esplorazioni del pianeta che hanno fatto la storia della navigazione, sono diventate in questi ultimi anni mete di viaggi sempre più popolari e alla portata di qualsiasi appassionato viaggiatore.
Raggiungerle a vela è tuttavia ancora oggi una grande sfida a causa delle lunghe distanze, i venti contrari e le finestre meteorologiche di bel tempo sempre più instabili e incerte. Ma soprattutto queste terre lontane da tutto continuano a rappresentare dei presidi importanti non solo per le tradizioni millenarie e gli stili di vita unici che ospitano, ma anche per valutare l’attuale salute degli oceani, sempre più precaria e condizionata dall’inquinamento globale.
Una spedizione ai confini del mondo
Con la voglia di raccontare tutto questo sta per salpare in questo mese di maggio 2024 la spedizione “Remoteness – Journeys to the Oceans’Edge” dell’esploratore e fotografo Niccolò Banfi. Milanese di nascita, dopo una carriera nel marketing, nel 2022, Niccolò a 35 anni, ha deciso di cambiare vita per seguire il suo sogno: visitare le isole più remote al mondo.
Il suo obiettivo è quello di spingersi oltre i confini e documentare la vita sulle isole più remote del pianeta, dando voce alle comunità locali. Il Giornale della vela si era già occupato di Niccolò in occasione di una sua spedizione sulle tracce dell’Endurance, la gloriosa nave di Sir Ernest Shackleton rimasta incastrata nei ghiacci durante la prima spedizione al Polo Sud.
Sulla rotta degli antichi navigatori polinesiani
Questa volta Niccolò Banfi intende raggiungere le isole sperdute del Pacifico in un viaggio che prevede una lunga navigazione di oltre 6.500 miglia da compiere in circa 80 giorni. La rotta è la stessa degli antichi navigatori polinesiani che esplorarono quest’oceano nella seconda metà del primo millennio AC.
Visitando le isole maggiori, tra cui Pasqua, Tonga, le Marchesi e Fiji, ma anche gli atolli più piccoli e per lo più disabitati che custodiscono culture millenarie, Niccolò racconterà le loro storie, documentando la vita in situazioni ambientali uniche, la salute degli oceani, e gli effetti del cambiamento climatico. L’intero viaggio sarà condotto a bordo di un veliero a tre alberi dei primi del ‘900 che abbraccia lo spirito della tradizione marinara. Ad accompagnare Niccolò Banfi in questa mirabile impresa è Sebago, storico brand di scarpe da barca, abbigliamento e accessori che da sempre racconta la connessione intima e profonda che lega l’uomo e l’oceano.
Niccolò Banfi, un esploratore connesso con l’oceano
Appena prima della sua imminente partenza, Niccolò ci ha rilasciato questa bella intervista in cui racconta a cuore aperto cosa lo spinge a fare questo viaggio, a cosa si ispira e quali sono i suoi obiettivi.
- Niccolò, puoi raccontarci lo spirito e il senso di questo viaggio?
“L’uomo ha sempre avuto una voglia innata di esplorare, spinto dall’amore per il mare e dalla volontà di superare confini. Attraverso l’oceano, gli uomini hanno trovato coraggio, saggezza e scoperte che hanno cambiato il corso della storia. Chi, come me, ama la vela, lo sa: ogni onda è un invito a osare, a navigare oltre l’orizzonte, a scoprire nuovi mondi. Dopo la spedizione dell’Atlantico del Sud, sono tornato a casa, a Milano, ma l’amore per il mare è un richiamo che risuona nel cuore di ogni esploratore. Da qui è nato il progetto ‘Remoteness’, del quale la spedizione nel Pacifico è solo una nuova tappa”.
- Quali sono le tappe e come le hai selezionate?
“Mi imbarcherò per la traversata del Pacifico a maggio. Partiremo dall’Isola Di Pasqua e arriveremo alle Fiji, passeremo da Pitcairn, Isole Gambier, Isole Marchesi, Polinesia Francese e Tonga. Circa 80 giorni in mare e 6.540 miglia nautiche sulle rotte aperte dai navigatori polinesiani nella seconda metà del primo millennio AC”.
- Il mezzo di questa spedizione è molto speciale, puoi descrivercelo?
“Sarò a bordo dello stesso veliero della spedizione atlantica, un tre alberi di inizio Novecento. È una Bark, costruita in Germania nel 1911, con lo scafo in acciaio per affrontare anche condizioni di mare estremo. Le sue tre alberature portano 30 vele in totale, permettendo di navigare con andature prevalentemente portanti. Può ospitare fino a 40 membri di equipaggio”.
- La tua passione per la fotografia s’intreccia con quella per l’oceano. Come nasce quest’ultima e come è maturata nel tempo?
“La passione per la fotografia e quella per l’oceano condividono una profonda connessione nella ricerca della bellezza e dell’avventura. Entrambe richiedono pazienza, attenzione ai dettagli e la capacità di catturare momenti unici. Fotografare il mare permette di raccontare storie di meraviglia e di scoperta, offre scenari mozzafiato e una varietà infinita di soggetti da immortalare. Entrambe le passioni ci spingono a esplorare, a cogliere l’essenza del mondo che ci circonda e a condividerla con gli altri. Documentare l’oceano, e le problematiche legate alla crisi climatica, che noi tutti oggi conosciamo, o meglio, pensiamo di conoscere, è diventata la mia missione e del mio progetto Remoteness”.
- Un altro elemento del tuo viaggio è la condivisione. Gli appassionati come potranno seguirti in questa avventura?
“Condividerò la mia spedizione attraverso vari canali: su Instagram (@niccolobanfi) con foto e brevi video, su YouTube dove pubblicherò racconti legati alle isole che visiterò, e sul mio sito, dove terrò aggiornata la mia posizione in tempo reale tramite il dispositivo Gps. Credo, tuttavia, anche nel potere e nel valore della disconnessione, per me sarà un’esperienza di vita e voglio viverla a pieno, senza dovermi preoccupare troppo di cercare una rete wi-fi”.
- La tua è una voce in più sull’emergenza ambientale e la salvaguardia degli oceani. C’è chi paga più di altri il prezzo dell’inquinamento. È così?
“Assolutamente sì, l’idea di documentare le isole più remote nasce proprio da questo, dall’esigenza di dare voce alle comunità locali che le abitano, che sono i primi testimoni della crisi climatica. Per ogni isola cercherò di andare anche a visitare le organizzazioni locali che già operano col fine di salvaguardare i territori, oltre ai centri di ricerca, a Pitcairn, per esempio, l’idea è quella di documentare il loro Marine Science Base”.
- In un mondo sempre più globale e connesso, cosa c’è secondo te ancora da esplorare su questo pianeta?
“Nonostante il mondo sia sempre più connesso, ci sono ancora molte regioni remote da esplorare, specie da scoprire e culture da conoscere. Tuttavia, il cambiamento climatico sta alterando rapidamente molti di questi luoghi, rendendo urgente l’esplorazione e la protezione di queste aree. La Terra è un luogo straordinario che offre ancora molte meraviglie da scoprire e preservare per le generazioni future. Il ruolo dell’esploratore è cambiato, non è più quello di scoprire nuove terre, ma quello di aumentare la consapevolezza a livello sociale e ambientale”.
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