Come sta il Mediterraneo? Ecco lo studio su inquinamento e biodiversità
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Come sta il Mediterraneo? Non benissimo. Ma meno peggio di quanto ci si potrebbe aspettare. Lo rivela un approfondito studio di M.A.R.E., il progetto scientifico di monitoraggio del Mediterraneo ideato dalla fondazione Centro Velico Caprera in collaborazione con One Ocean Foundation che mira a promuovere la conoscenza e la protezione dell’ambiente marino. E che riparte nel 2024.
Perché è importante conoscere il Mediterraneo
Dopo l’analisi dei campioni raccolti dal catamarano One (un Bali del CVC), la piattaforma navigante M.A.R.E., che ha navigato due anni in Mediterraneo (nel 2022 in Tirreno, nel 2023 in Adriatico) con a bordo cinque ricercatori scientifici/studenti (e quattro università coinvolte: nei due anni sono state otto le pubblicazioni scientifiche) vi sveliamo che cosa è stato scoperto: ci viene in aiuto la relazione della dott.ssa Ginevra Boldrocchi, coordinatrice scientifica di One Ocean Foundation.
Si tratta di dati importanti da conoscere, perché una campagna di monitoraggio così “capillare” mancava dagli anni ’70 e il Mar Mediterraneo, che pur rappresenta solo lo 0,82% della superficie totale degli oceani nel mondo, contiene tra il 4 e il 18% della biodiversità marina globale. Un ecosistema importantissimo.
I campioni analizzati dallo studio
Ma prima dobbiamo chiederci quali campioni siano stati presi in esame. Nelle oltre 2.700 miglia di navigazione tra Tirreno e Adriatico (sei i paesi toccati dal catamarano: Italia, Slovenia, Croazia, Montenegro, Albania e Grecia), gli scienziati hanno raccolto due tipologie di campioni:
- 55 sono campioni di acqua raccolti per l’analisi del DNA ambientale (20 in Tirreno, 35 in Adriatico) tutti gli esseri viventi rilasciano DNA nell’ambiente in cui vivono e il mare non fa eccezione): il materiale genetico viene estratto dai campioni utilizzando tecniche di laboratorio specializzate e confrontato con un database di sequenze DNA per identificare gli organismi presenti nel campione ambientale.
- 100 sono quelli di zooplancton recuperati per valutare la presenza di sostanze inquinanti (54 in Tirreno, 46 in Adriatico).
I risultati chiave dello studio sul Mar Tirreno
Lo zooplancton è un indicatore di allarme precoce di contaminazione. Tuttavia, nel Mar Mediterraneo ci sono pochi studi esaustivi, che risalgono principalmente agli anni 70’, benché il bacino sia considerato uno dei mari più inquinati al mondo, anche per la sua natura geografica di mare “chiuso”. Lo studio del progetto M.A.R.E., a livello di ecotossicologia, ha fornito dati aggiornati sulla presenza e livelli di molteplici contaminanti negli organismi zooplanctonici del Mar Tirreno.
DDT e PCB, ancora presenti
Partiamo dalla rilevazione delle concentrazioni di sostanze nocive come l‘insetticida DDT e i PCB (policlorobifenili) che, pur bandite da anni, continuano ad essere presenti in Tirreno. Seppur in misura di molto minore rispetto agli anni ’70, questo suggerisce un decremento negli ultimi 50 anni. Le più alte concentrazioni, come si evince dalle tavole qui sotto, sono state trovate in prossimità delle aree industriali o ex-industriali. In generale, comunque, si tratta di livelli di molto inferiori rispetto ad aree con cattiva gestione delle acque reflue, rilascio cronico di inquinanti, e dove l’uso di pesticidi è ancora scarsamente controllato (come ad esempio accade in India).
Mercurio e Cromo? Ci sono, ma…
Veniamo adesso all’analisi degli elementi chimici (inquinanti e non) in Tirreno.
Gli elementi in traccia nei campioni sono risultati Arsenico, Cadmio, Rame, Ferro, Manganese, Molibdeno, Mercurio, Selenio, Stronzio, Zinco, Cromo, Vanadio, Cobalto, Nichel e Piombo.
Lo studio ha registrato grande variabilità spaziale nei livelli misurati nello zooplancton. Questo perché i metalli hanno sia una fonte antropica che naturale (in prossimità delle isole vulcaniche, ad esempio). Alcune concentrazioni di Zinco, Rame, Piombo, e Nichel hanno concentrazioni paragonabili ad aree fortemente inquinate, si veda la tavola sotto.
Ma i metalli più inquinanti e tossici (Cadmio, Cobalto e Mercurio) mostrano livelli intermedi tra aree fortemente impattate e incontaminate.
*Lo studio completo sull’ecotossicologia del Tirreno si chiama “Zooplankton as an indicator of the status of contamination of the Mediterranean Sea and temporal trends”, è stato pubblicato su Marine Pollution Bulletin e potete consultarlo qui.
Biodiversità e specie in pericolo in Tirreno
Veniamo adesso alla biodiversità in Tirreno. Lo studio, che ricordiamo si basa su 35 campioni d’acqua raccolti per analisi di DNA ambientale, si è focalizzato su specie elusive, carenti di dati (come il Grampo) e/o a rischio di estinzione (come la Stenella o la Balenottera Comune): mammiferi marini, rettili e pesci.
In collaborazione con il CNR-IRSA, gli scienziati del progetto M.A.R.E. hanno creato nuovi marcatori genetici delle varie specie. Questo permette di eliminare il processo di creazione e validazione del metodo per la comunità scientifica, rendendo il monitoraggio più veloce e semplice. Lo studio ha evidenziato positività per molte specie target durante il monitoraggio nel Mar Tirreno (e il DNA ambientale risulta un metodo affidabile e non invasivo utile per monitorare la biodiversità marina).
Guardate la tavola qui sopra: il verde indica la positività del DNA della specie nei campioni analizzati. I risultati sono sorprendenti. Il delfino comune, ad esempio, non è così comune. Piuttosto rara anche la Manta (mobula) E occhio se fate il bagno a Stagnone, in Sicilia, Ventotene o Vernazza: potreste finire a tu per tu con un cetorino, meglio noto come squalo elefante! Niente paura, nonostante le sue dimensioni gigantesche è un “filtro vivente” e si nutre di acqua!
Come è la situazione in Adriatico?
Passiamo adesso in rassegna un’altra area del Mediterraneo: il Mar Adriatico. Iniziamo anche qui con l’analisi ecotossicologica, basata su 46 campioni di zooplancton per valutare la presenza di sostanze inquinanti. Va detto che lo studio (2023) è ancora in fase di revisione dei dati da parte della comunità scientifica
Adriatico, si PCB, no DDT. E tanto Rame…
I PCB sono presenti ancora oggi nel biota marino, ma la concentrazione non è uniforme e comunque i livelli sono inferiori a quelli pubblicati negli anni 70-80’. Questo suggerisce un decremento nel biota marino negli ultimi 50 anni. Rispetto al Tirreno, la contaminazione da DDT è molto più bassa ed è bassissima anche in assoluto: i livelli di contaminazione da DDT nell’Adriatico sono paragonabili a zone isolate nei tropici e nell’Artico!
Nella grafica qui sopra, invece, è sintetizzato il risultato dell’analisi mirata alla valutazione dell’inquinamento da metalli. La laguna veneta è un punto “caldo”: il nord dell’Adriatico è un mare quasi chiuso e qui sfocia il Po, che porta in acqua tutte le sostanze inquinanti. Ma livelli alti di metalli inquinanti sono stati trovati anche in Croazia, in Albania e alle Tremiti dove però, in quest’ultimo caso, l’alta concentrazione deriverebbe da fonti naturali e non antropiche.
In generale, comunque, il Metal Pollution Index è più alto nelle zone in prossimità di delta di fiumi, aree urbanizzate e industriali. Lo zooplancton tuttavia mostra livelli di Cromo, Cadmio, Cobalto, Nichel e Piombo molto inferiori a zone rinomate per il loro inquinamento. Lo studio ha rilevato un livello di Rame molto alto: doppio rispetto ad aree inquinate (Golfo di Aden, Bengala e Taiwan) e nettamente più elevato del Mar Tirreno.
*Lo studio completo sull’ecotossicologia in Adriatico si chiama “Assessing Chemical Contamination Of The Adriatic Sea (Eastern Mediterranean Sea) Using Zooplankton As Bioindicator Organisms”. Lo studio è stato appena sottomesso alla prestigiosa rivista Environmental Pollution per il processo di revisione dei dati.
La foca monaca in Adriatico
Lo studio di biodiversità nel Mar Adriatico, anch’esso basato sul DNA ambientale (20 campioni raccolti) si è concentrato esclusivamente sul determinare la presenza della rarissima foca monaca.
Sono due i campioni che sono risultati positivi, in Puglia e costituiscono il 10% del totale dei campioni. In collaborazione con il progetto Spot the Monk, lo studio contribuirà a mappare la distribuzione di questa specie, producendo una pubblicazione scientifica esaustiva.
Il progetto M.A.R.E. nel 2024
Non è finita qui. Il progetto M.A.R.E. (Marine Adventure for Research & Education), creato dalla fondazione Centro Velico Caprera in collaborazione con One Ocean Foundation (con il patrocinio della Marina Militare) e con Shiseido come main partner, Yamamay come founding partner, Deutsche Bank nel ruolo di institutional partner e Toio e Workness come technical partners, torna nel 2o24.
Il catamarano One salperà il 27 aprile da La Maddalena e qui ritornerà il 6 luglio dopo la missione in Mediterraneo Nord-Ovest toccando Savona, Nizza, Marsiglia, Port-Argéles, Barcellona, Ibiza, Minorca, Ajaccio, Santa Teresa di Gallura. Nei vari scali ci saranno eventi “educational” di sensibilizzazione e racconto dei dati raccolti
Obiettivi della missione 2024, oltre allo studio ecotossicologico e di biodiversità marina, anche la valutazione dei livelli inquinamento acustico marino.
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