Sessant’anni fa Tabarly vinceva la Ostar e diventava un mito
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Il 28 aprile partirà da Lorient la Transat CIC. Una nuova regata? Tutt’altro: è l’evoluzione della mitica Ostar. Conosciuta originariamente come The English Transat, o anche OSTAR, poi diventata 1 Star e oggi semplicemente nota come The Transat, la Transat CIC ha una storia leggendaria e un albo d’oro costellato di miti della vela. Con un percorso di 3.500 miglia è una delle sfide più impegnative dell’Oceano Atlantico settentrionale, una traversata tanto famosa quanto dura per condizioni di vento, mare e correnti.
Quella che partirà il 28 aprile sarà la 15ª edizione (la prima si tenne nel 1960. La regata è quadriennale e ha conosciuto solo lo stop del 2020). La città di partenza della Transat CIC è sempre stata Plymouth (UK) – da qui l’appellativo di “Transat inglese” – ma l’edizione 2024 partirà da Lorient, una delle capitali della vela francese. Negli anni, l’arrivo ha coinvolto diversi porti del Nord America, tra cui Newport, Boston e New York, e sarà proprio la Grande Mela ad accogliere gli skipper nell’edizione 2024. Quest’anno in regata ci saranno velisti italiani come Alberto Bona, Ambrogio Beccaria (Class 40) e Giancarlo Pedote (IMOCA 60).
La Ostar 1964 che consacrò il mito Eric Tabarly
Tra i miti che hanno vinto la regata (la prima edizione fu vinta da Chichester sul suo Gipsy Moth), va sicuramente ricordato Eric Tabarly che trionfò alla Ostar del 1964 (e fece il bis nel 1976). Esattamente 60 anni fa.
Eric Tabarly, considerato il più grande velista francese di tutti i tempi, vinceva la Ostar del 1964 a bordo del ketch di 44 piedi Pen Duick II, impiegando 27 giorni, tre ore e 56 minuti. Quando arrivò a Newport, in Rhode Island, (la meta della mitica regata organizzata dall’Observer, con partenza a Plymouth), l’allora 32enne Tabarly non sapeva di avere vinto: non aveva utilizzato la radio durante tutta la traversata.
Tabarly eroe in Francia
Inoltre il pilota automatico lo aveva abbandonato all’ottavo giorno di navigazione, costringendolo a turni al timone massacranti. In Francia divenne una leggenda, tanto che il presidente De Gaulle lo insignì della “Legion d’Honneur”, massimo riconoscimento per i transalpini. E pensare che inizialmente Eric rifiutò, perché la cerimonia coincideva con il giorno di riverniciata della sua barca! Quando De Gaulle rinnovò il suo invito, gli scrisse che sarebbe stato onorato della sua presenza, “sempre che la marea lo consentisse”.
Una serie di successi e innovazioni
Nel 1967 segna un record ancora imbattuto: assieme a un equipaggio che annovera il giovanissimo Olivier de Kersauson, vince, a bordo del Pen Duick III (innovativa goletta in alluminio di 17 metri e mezzo) tutte le regate a cui partecipa, incluse Fastnet e Sydney-Hobart. Nel ’68 si lancia sui trimarani, ma l’avventura a bordo del Pen Duick IV si infrange in regata contro un cargo fuori rotta. Smaltita la delusione vuole confrontarsi con il Pacifico e mette a punto il Pen Duick V: sovrainvelata, ultraleggera e con la zavorra liquida mobile vince la transpacifica in solitario da San Francisco a Tokyo in 39 giorni.
Tabarly e la sfortunata Whitbread
Nel 1973 Tabarly a bordo del Pen Duick VI (ketch di 22,25 metri) prende parte alla Whitbread, il giro del mondo a tappe oggi diventato Volvo Ocean Race. Una sfida che Eric perderà, a causa delle numerose avarie: il motore si rompe quasi immediatamente, l’albero cede nel corso della prima tappa, da Portsmouth a Cape Town. Tabarly deve puntare verso il Brasile per recuperare un altro albero, che si rivela però troppo lungo di un metro e mezzo… Nonostante questi problemi si impone nella seconda tappa. Ma una seconda rottura dell’albero, durante la tappa di Capo Horn, interrompe ogni sogno di gloria.
Ostar, ancora un trionfo
Tabarly non demorde, e addirittura lancia una nuova sfida, che sembra impossibile: si iscrive alla Ostar del 1976. Portare in solitario un ketch Marconi di 22 metri concepito per essere manovrato da quattordici persone? Pura follia, si mormora sulle banchine. Tabarly, come suo solito, non ascolta e si prepara modificando la coperta, così da rimandare scotte e drizze ai winch in pozzetto, sviluppa un sistema di idrogeneratore da abbinare ai pannelli solari, realizza dei terzaroli sui genoa, ma soprattutto utilizza la calza per ammainare lo spi senza che tocchi l’acqua.
La regata si rivela un vero inferno: su 120 barche partite, quaranta si ritirano e due marinai scompaiono. Si teme, in assenza di comunicazioni, che anche Tabarly, scontratosi con ben cinque depressioni, abbia avuto la peggio. Invece, all’alba del ventitreesimo giorno di regata, dalla nebbia davanti a Newport, appare proprio, primo fra tutti, il Pen Duick VI. è il trionfo che lo consacra nell’olimpo della vela. Negli anni successivi questo ketch diventerà una vera e propria scuola per marinai del calibro di Titouan Lamazou, Olivier Petit, Jean Le Cam e Alain Collet.

Le ultime regate di Tabarly e la morte tra le onde
Nell’86 chiede aiuto ai soccorsi per la prima volta, è durante la Route du Rhum dove sta affondando a bordo del maxi trimarano Cote d’Or. Nel ’97 a bordo di un Open 60, Aquitaine Innovation, vince la Transat Jaques Vabre, stabilendo il record di longevità agonistica. Al largo di Milford Haven, mentre navigava sul suo adorato Pen Duick I (il suo vero amore, disegnato da William Fife III nel 1898), nel 1998, cade in acqua e scompare tra le onde. Adieu.
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2 commenti su “Sessant’anni fa Tabarly vinceva la Ostar e diventava un mito”
DI GRAN LUNGA IL MIGLIOR VELISTA MAI NATO.
Ho letto 2 libri sulla vita di erik e mi ha affascinato…
Grande velista e uomo..
Non ricordavo della sua morte x caduta in mare ..
Mi pareva che nella sua ultima regata quando era ormai al traguardo fosse tornato indietro x sparire e non più ritrovato…..
Ciao