Ching Shih. Storia del pirata più temuto al mondo (che era una donna)

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Ching Shih

Ogni mondo ha le sue regole e quello della navigazione non fa eccezione. È quindi normale che le storie migliori nascano tra quegli uomini che hanno saputo capitalizzare queste regole e, stando al loro interno, dare il meglio di sé.


La clamorosa storia del pirata Ching Shih

Le storie eccezionali invece, quelle che raccontiamo con incredulo stupore, sono quelle che ribaltano queste regole: questo è il caso di Ching Shih.

In un mondo come quello della navigazione, quello della Cina di fine diciottesimo secolo, una donna ha ribaltato ogni convenzione, riscattandosi dalla sua iniziale condizione di partenza (era, come vedremo, una prostituta) e arrivando di fatto a essere la piratessa più temuta della storia, a capo della flotta più imponente che il mondo dei bucanieri abbia mai visto.


Ching Shih. Dai diamanti non nasce niente

Ching Shih nasce nel 1775 nella provincia di Guangdong e le prime notizie che si hanno su di lei sono sul suo lavoro come prostituta nella città portuale di Canton. Ironico vedere come la storia di questa donna incredibile parta nelle condizioni più disperate, una storia di riscatto sociale difficile a credersi. Il mare (e la fortuna) però non si fanno attendere molto, e Ching viene catturata da Cheng (o Zheng) Yi, pirata a capo di sei flotte di navi pirata, il quale si era invaghito della donna al punto da accettare la folle proposta che Ching osò fargli.

La donna era stata catturata e portata sulla nave insieme ad altre prostitute del bordello galleggiante su cui lavorava, come si era soliti a quel tempo; in quella zona del Pacifico infatti pare non si condividesse la scaramanzia secondo la quale le donne portavano cattiva sorte a bordo delle navi, anzi era usanza portare con sé le famiglie (ancora prima che lo diventassero in questo caso). Il pirata Cheng Yi affascinato dalla bellezza di Ching Shih si propose in matrimonio: una persona meno scaltra o audace avrebbe visto questa costrizione come l’ennesima sfortuna della propria vita.

Ma le persone che fanno la storia non sono famose per sottostare ai capricci del caso, ma per piegarli e cavalcare le opportunità. La storia vuole che Ching rispose così: “Ti sposerò a una semplice condizione: che tu divida con me tutti i tuoi bottini e che tu mi metta a capo di una delle tue flotte”. Da qui cominciò la strepitosa ascesa al potere di questa donna incredibile. Cheng comandava la Flotta della bandiera rossa che da quel giorno ebbe due comandanti, marito e moglie.


L’ascesa al potere di Ching Shih

Non ci volle perché Ching e Cheng divenissero i pirati più temuti del Mar Cinese Meridionale, e una delle coppie di criminali più di successo di sempre, da fare impallidire Bonnie e Clyde: iniziarono razziando villaggi costieri e divenendo il terrore di tutti i pescatori. Quando, in risposta a questi eventi e su consiglio del governo, i villaggi furono dati alle fiamme e i pescatori si spostarono nell’entroterra, la flotta prese di mira le navi che solcavano il loro tratto di mare.

Dopo sette anni Cheng morì. In questo lasso di tempo la loro flotta era passata dalle duecento unità circa a oltre millequattrocento navi pirata, che improvvisamente, nel 1807, passavano tutte in mano a Ching Shih, facendola entrare di diritto nella storia della navigazione. Impensabile che la presenza della donna fosse solo un caso nell’aumento vertiginoso del successo di questa imponente flotta pirata.


Il pane e le rose 

Parafrasando Machiavelli, coloro i quali diventano comandanti solo con la fortuna, con grandi difficoltà riescono a mantenere il potere in seguito.

Che quella di Chingh non sia stata solo fortuna lo si può vedere dal seguito. Con una mossa decisamente scaltra Ching capì che non avrebbe potuto mantenere il potere da sola senza problemi, e se era arrivata dove voleva grazie a un’unione in matrimonio, un’altra unione l’avrebbe mantenuta al posto di comando sul cassero.

Ching Shih
Ching Shih (a destra) in combattimento

Senza esitare Ching prese in sposo Chang Pao, figlio adottivo del defunto Cheng. Questa soluzione formale metteva tutti d’accordo, sia gli uomini di Ching che quelli del defunto comandante, che vedevano nel figlioccio l’unico degno successore. In questo modo Ching aggirò i “limiti” intrinseci al suo essere donna a capo della flotta più mostruosa che si fosse mai vista. Al massimo della sua espansione la flotta contava 60.000 uomini e arrivava a 2.000 navi.

Una giunca cinese di inizio '800
Una giunca cinese di inizio ‘800

Ching fu un donna esempio per le donne (del tempo): impose una rigidissima disciplina all’interno della sua flotta e regole molto severe per tutti gli uomini che avessero violato le regole che lei aveva stabilito. Tassa sui bottini di guerra, morte ai disertori, divieto di allontanarsi a terra, ma soprattutto “tutelò” le donne catturate dalla sua flotta: lo stupro era condannato con la morte, l’infedeltà verso le mogli – spesso vittime di razzie di guerra ma che dovevano essere trattate con tutti gli onori – era punita sempre con la morte.

Nessuno sano di mente avrebbe potuto lasciare che le scorrerie continuassero impunite: nei due anni successivi l’imperatore cinese Jiaquing impiegò tutte le sue forze per annientare Ching Shih e la Flotta della bandiera rossa. Prima da solo, poi stremato dalle continue sconfitte chiese aiuto a Inghilterra e Portogallo: l’unico risultato che ottenne fu quello di rendere Ching la donna pirata che nel corso della storia tenne testa a bene tre imperi con la sua flotta di uomini fedeli. L’unica soluzione rimasta fu quella di offrire l’amnistia alla piratessa in cambio del ritiro dall’attività.


Onore tra ladri

Ogni storia deve giungere  a una conclusione, ma per nostra fortuna Ching ha reso memorabile anche gli ultimi giorni della sua attività piratesca.

Dopo avere in un primo momento rifiutato l’offerta la donna osservò la propria situazione: era a capo della flotta più imponente di sempre, ma anche lei sapeva che non sarebbe potuta durare in eterno; inoltre nel corso degli anni e della battaglie la flotta iniziava a diminuire, a subire secessioni. Così escogitò un ultimo colpo da infliggere all’Impero cinese.

Se è vero che un comandante deve affondare con la propria nave, e se lei stessa puniva con la morte chi disertava, come avrebbe potuto ritirarsi lasciando i suoi uomini alla mercé dell’imperatore?

Così, molto semplicemente come aveva cominciato, si presentò al governo centrale con una proposta sul piatto, audace come la prima che fece a Cheng anni prima. Chiese che l’indulto non fosse solo per lei ma per tutti gli uomini della sua flotta.

Il governo, messo alle strette, fu costretto ad accettare. E così concluse la sua esistenza, ricca, in pace, da dove aveva iniziato, l’illegalità cittadina: aprì una casa di piacere, gestì una casa di scommesse e commerciò (illegalmente) in sale.

Pietro Pesce

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3 commenti su “Ching Shih. Storia del pirata più temuto al mondo (che era una donna)”

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