“Sono andato a trovare Shackleton. Il più grande marinaio del ‘900″
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Ripercorrere la rotta dell’Endurance di Sir Ernest Shackleton tra i ghiacci della Georgia del Sud è un’esperienza indimenticabile, soprattutto se navighi su un veliero olandese di inizio ‘900. Ma se sei lì mentre viene ritrovato il relitto dell’Endurance, l’indimenticabile si trasforma in irripetibile. Niccolò Banfi, velista, reporter, fotografo ci ha raccontato la sua avventura “Ai confini del mondo e al centro della storia” sulle tracce del più grande navigatore ed esploratore del ‘900. Sono sue anche quasi tutte le foto che accompagnano il racconto.
Sono andato a trovare Shackleton
“A Niccolò, che condivide la mia passione per l’Antartide e ricordi indimenticabili della South Georgia. Con affetto, Mensun Bound”. Si dice che l’avventura permetta che accada l’inaspettato. Mi torna in mente questa frase mentre tengo tra le mani il libro con la dedica dell’archeologo subacqueo che alcuni hanno soprannominato “L’Indiana Jones dei ghiacci polari”, l’uomo che ha ritrovato l’Endurance, la mitica barca di Shackleton.
Quando ho deciso di abbandonare ogni certezza per imbarcarmi su un veliero olandese di inizio ‘900, seguire la mia passione per la vela e ripercorrere le tappe della leggendaria spedizione di Sir Ernest Shackleton, non avrei mai immaginato di incontrare la persona che ha scritto l’ultimo capitolo di quell’epopea di resistenza e sopravvivenza.
È iniziato tutto grazie a una fotografia scattata, quasi per caso, a un uomo che camminava con aria assorta tenendo un foglio in mano tra la vegetazione scarsa e frastagliata della South Georgia. Mi colpì per quei suoi capelli bianchi, la cerata blu aperta, il portamento elegante e i segni sul volto di chi ha passato anni per mare. Avrei scoperto pochi giorni più tardi che era Mensun Bound che ripassava il discorso che di lì a poco avrebbe letto sulla tomba di Shackleton per celebrare il ritrovamento del relitto dell’Endurance. Ero ai confini del mondo, ma mi trovavo al centro della storia.
Rendere omaggio al grande navigatore
Marzo 2022, Georgia del Sud, Grytviken: il Paese fantasma dei balenieri del ‘900 in Antartide. Uno dei luoghi più remoti al mondo, dove nei primi anni del secolo scorso, i cacciatori di balene avevano costruito una base. Oggi nelle costruzioni un tempo usate per la macellazione delle balene e per la produzione dell’olio, nidificano cormorani e procellarie, mentre foche ed elefanti di mare le usano come tane per la riproduzione. A Grytviken non c’è altro che un ufficio postale, un paio di case per gli ufficiali del governo britannico o gli scienziati di passaggio, un piccolo museo sui cetacei, una chiesa e… la tomba di Ernest Henry Shackleton, l’esploratore che qui morì il 5 gennaio del 1922, durante la sua terza spedizione antartica.
Ero arrivato in South Georgia dopo circa un mese da quando mi ero imbarcato su Bark Europa, un tre alberi olandese di inizio Novecento, per prendere parte a una spedizione a vela che da Ushuaia mi avrebbe portato a Cape Town. Dall’Argentina al Sud Africa, passando per l’Antartide la South Georgia e Tristan Da Cunha, l’isola abitata più remota del pianeta. Un viaggio Cape to Cape, per un totale di 52 giorni in mare e 5600 miglia nautiche.
Quasi due mesi, disconnessi dal mondo, navigando tra piattaforme di ghiaccio senza fine, superbe sfumature di blu turchese che risplendono all’interno delle cavità e delle fessure dei ghiacciai e la fauna più straordinaria che abita queste terre: questo remoto, freddo e bianco continente del Sud è semplicemente mozzafiato: foche, elefanti marini, colonie di pinguini reali, gentoo, chinstrap e macaroni, procellarie, stercorari, cormorani, pispole e i magnifici albatros.
Un’esperienza surreale, che ti riempie di emozioni, ispirazione e calma interiore, incoraggiandoti a godere appieno della vita.
Sotto la guida del Capitano Janke, una donna olandese che ha passato in mare gli ultimi 10 dei suoi 40anni, mi ero unito all’equipaggio insieme ad altre venti persone. Uomini e donne di tutte le età, provenienti da ogni parte del mondo: velisti, fotografi, ricercatori, semplici amanti del mare, ognuno di noi aveva il suo motivo per essere lì. Una sola cosa ci accomunava: voglia di spingerci oltre i nostri confini e rispondere all’innata passione dell’uomo di esplorare.
Fuggire dalle certezze di una vita “comoda”
Avevo lasciato Milano, la mia famiglia, un lavoro nel marketing in una grande azienda e una vita di certezze, perché l’unica cosa della quale ero veramente sicuro è che non volevo vivere intrappolato nelle convenzioni e guardarmi un giorno indietro ripensando alle parole di Mark Twain: “Tra vent’anni sarai più dispiaciuto per le cose che non hai fatto che per quelle che hai fatto”.
E così avevo deciso di sciogliere gli ormeggi e navigare lontano dal porto sicuro seguendo la mia passione per l’Oceano e la vela. Da anni la traversata del Sud Atlantico e la spedizione Antartica erano il mio sogno, e conoscevo a memoria l’epica storia di Shackleton, l’esploratore britannico che voleva realizzare la traversata del continente antartico. Il piano era di sbarcare nel mare di Weddell e di attraversare il continente per tornare all’oceano attraverso il mare di Ross. La nave che li avrebbe accompagnati in questa rischiosa impresa era la celebre Endurance.
Dopo pochi giorni eravamo parte dell’equipaggio, facevamo i turni al timone e di vedetta. Avevamo imparato a mangiare, lavarci, camminare con la barca costantemente inclinata a 45 gradi. Passavamo le serate a ricordare la ricca storia degli esploratori che erano giunti in quelle terre prima di noi e avevano affrontato i pericoli e le paure durante il passaggio attraverso lo stretto di Drake e i mari del Sud. Avventurieri del passato, e noi seguivamo le loro rotte.
Il mito di Ernest Shackleton
Mentre attraversavamo il Mare di Weddell a bordo di Bark Europa, ci raccontavamo spesso le storie dei membri della spedizione imperiale trans-antartica di Shackleton. Ventotto coraggiosi che avevano risposto a questo celebre annuncio: “Cercasi uomini per viaggio rischioso. Paga bassa, freddo glaciale, lunghe ore di completa oscurità. Incolumità e ritorno incerti. Onori e riconoscimenti in caso di successo”.
L’equipaggio dell’Endurance giunse nelle vicinanze del mare di Weddell il 7 dicembre 1914, uno degli ambienti più remoti e spietati del globo, disseminato di iceberg e spazzato da fortissimi venti superficiali. Shackleton lo chiamava “il peggiore mare del mondo”. Dopo aver cercato di avanzare attraverso gli enormi blocchi compatti di ghiaccio, il 19 gennaio 1915, la nave rimase bloccata nel pack e dopo alcuni mesi di agonia, il 27 ottobre dovette essere completamente abbandonata dall’equipaggio. Affondò definitivamente il 21 novembre 1915, dopo ben 281 giorni dall’incagliamento.
Ma la storia dell’Endurance non è finita con l’affondamento della nave. Il viaggio di Shackleton attraverso il Mare di Weddell in cerca di aiuto per i suoi uomini rimasti ad attenderlo diventerà una delle storie più famose di esplorazione e sopravvivenza.
Il 4 aprile 1916 Shackleton lasciò il suo equipaggio sull’isola Elephant e partì con soli cinque uomini su una scialuppa modificata dell’Endurance in direzione della Georgia del Sud. Percorse 800 miglia nautiche (circa 1500 km) di avventurosa traversata nei mari antartici fino a raggiungere l’isola della Georgia del Sud, da dove erano partiti 522 giorni prima, per chiedere soccorso, permettendo così di salvare tutto l’equipaggio.
Mentre il nome di Shackleton entrava nella leggenda, per oltre un secolo la nave Endurance, con i suoi 44 metri di lunghezza, era rimasta perduta nelle acque ghiacciate del Mare di Weddell che copre un’area di oltre 2,6 milioni di km2.
Eravamo là quando hanno trovato l’Endurance
L’Endurance era una goletta a tre alberi, lunga 144 piedi (circa 44 metri), costruita appositamente per le acque polari, e aveva uno scafo in quercia massiccia spesso 76 cm. Bark Europa era stata costruita solo un anno prima dell’Endurance (1912).
E il nostro viaggio prevedeva di ripercorrere le tappe di Shackleton: eravamo salpati il 17 febbraio 2022 da Ushuaia, e avevamo raggiunto l’Antartide attraversando il passaggio di Drake, il tratto di mare più tempestoso del pianeta. Una volta arrivati al Continente Bianco, avevamo fatto rotta verso le Isole South Shetland, il Mare di Weddell ed Elephant Island. Da li, navigando verso Nord-Est abbiamo attraversato il Mare di Scotia per arrivare in South Georgia dopo 7 giorni di navigazione.
Era il 9 Marzo 2022, quando venne annunciato il ritrovamento dell’ Endurance nel Mare di Weddell, ebbene quel giorno ci trovavamo a poche decine di miglia dalla posizione del relitto e della nave da ricerca sudafricana Agulhas II. Ad avvisarci fu Jordie, il nostro capo spedizione, durante l’aggiornamento quotidiano con tutto l’equipaggio. Fu una grandissima emozione e una sorpresa per tutti noi. Da settimane eravamo tagliati fuori dal mondo (io comunicavo con la mia famiglia e con la mia fidanzata un paio di minuti a settimana grazie a un telefono satellitare), eppure quella notizia ci era arrivato immediatamente.
Il relitto è stato ritrovato a 3.000 metri sott’acqua, in condizioni straordinariamente buone, con il legname intero e il nome ancora chiaramente visibile a poppa.
Aver attraversato la zona del ritrovamento pochi giorni prima era già straordinario, ma fu incredibile quando ci venne comunicato che stavamo per arrivare a Grytviken in South Georgia, proprio nel giorno in cui ci sarebbe stata anche l’ Agulhas II con tutto il suo equipaggio, compreso il team ricerca guidato da Mensun Bound, il famoso archeologo subacqueo che aveva coordinato le ricerche per il ritrovamento dell’Endurance.
E’ cosi in effetti è stato. Tutto il team era li presente a rendere omaggio a Shackleton e a celebrare il ritrovamento davanti alla sua tomba. Fu un esperienza indimenticabile nonché un momento storico.
Non avrei saputo riconoscere Mensun Bound allora. Quando arrivammo a Grytviken, come sempre ero sceso dalla barca prima degli altri con la mia macchina fotografica. Vidi quell’uomo da solo che leggeva il suo discorso. Era sicuramente parte dell’equipaggio della Agulhas II (non c’erano altri oltre a noi e a loro a Grytviken), avrei voluto avvicinarmi e parlargli, ma era così concentrato e preso dai suoi pensieri che non volevo disturbarlo.
Scattai la foto, poi andai a bere un whisky sulla tomba di Shackleton per rendergli omaggio con i miei compagni di Bark Europa. Salpammo poco dopo per riprendere il nostro viaggio in direzione di Tristan Da Cunha, prima di fare rotta su Città del Capo.
Altri giorni in mare senza mai vedere terra, migliaia di miglia, milioni di foto, incontri, esperienze, pensieri. Quando arrivammo in Sudafrica, Agulhas II era ad aspettarci attraccata al porto di Cape Town. Un segno, l’ennesimo. È stata forse questa serie di coincidenze che – una volta tornato a casa in Italia – mi ha spinto a prendere coraggio e scrivere un’email a Mensun Bound. Gli ho mandato le foto che gli avevo scattato e gli ho raccontato come la mia strada aveva incontrato la sua. Non mi aspettavo che mi rispondesse, meno che mai che quell’email sarebbe stata l’inizio della più straordinaria amicizia che avrei stretto nella mia vita.
Niccolò Banfi
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10 commenti su ““Sono andato a trovare Shackleton. Il più grande marinaio del ‘900″”
Bellissimo articolo, una storia strordinaria e immagini spettacolari!
COMPLIMENTI… Una avventura straordinaria. ciao
Conosco questa storia meravigliosa, ho letto Sud, Endurance e L’eroe della frontiera di ghiaccio. Un viaggio come quello di Nicolò Banfi mi sarebbe piaciuto molto, peccato magari in una prossima vita. Giuseppe Rambaldi
Finché esisteranno persone così forse non tutto è perduto.
Che avventura con la A maiuscola, complimenti per il racconto.
Straordinaria storia ed articolo, leggendolo ho sognato ad occhi aperti.
Che bello che quel gran uomo di Shackleton non è dimenticato. È un grande esempio per tutti noi. Più che bravo Nicolò Banfi, GRAZIE!
Un bel racconto, grazie! Grazie per ricordarci che sono esistiti ed esistono “eroi” che provano ad andare oltre alla mediocrità del racconto comune e sognano cose meravigliose, non accontentandosi di piegare il capo al loro destino.
Bellissima esperienza.grande ammirazione per Shackleton e per te.grazie
Esperienze uniche ….