Il migliore coach di Optimist al mondo è italiano. Intervista a Marcello Meringolo

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Marcello Meringolo, 48 anni, è l’allenatore della nazionale italiana di Optimist, una delle più vincenti al mondo negli ultimi anni.

Chi c’è dietro ai successi dei nostri atleti che fanno incetta di medaglie ai mondiali giovanili, a quello di Marco Gradoni, il ragazzo meraviglia tre volte campione mondiale di Optimist e ora timoniere di Luna Rossa, a quello di Mattia Cesana, fresco di “triplete” di titoli iridati ILCA (ex Laser), agli otto ori, tra mondiali ed europei, nelle regate a squadre Optimist? Un allenatore che, risultati alla mano, nel panorama della classe Optimist, è sicuramente tra i migliori (se non il migliore) al mondo.

Marcello Meringolo, 48 anni, è il tecnico della nazionale italiana di Optimist. La sua figura è ibrida, a metà strada tra il coach puro e il dirigente. I ragazzi lo amano per il suo carisma, gli allenatori dei circoli lo stimano e son ben contenti di “affidargli” i propri giovani talenti a cui Meringolo fornisce quella “marcia in più” verso la crescita sportiva e umana.

La nostra intervista a Marcello Meringolo

Per farci spiegare come funziona il suo ormai collaudato “sistema Optimist” lo abbiamo incontrato a Riva del Garda. L’Optimist (spesso al centro dei nostri “processi alla scuola vela” sull’abbandono giovanile e sulla carenza di risultati nelle classi olimpiche) rimane tuttora bacino di riferimento per la crescita dei velisti in Italia. Che siano regatanti o semplicemente, futuri appassionati di vela.

Marcello ha le idee molto chiare, il movimento Optimist porta a regatare più di 1800 bambini all’anno facendoli divertire e dando loro una ambizione. Per il resto, parlare poco e lavorare sodo è il suo stile. In questa lunga intervista (in cui finalmente parla tanto!) ci ha raccontato il lavoro svolto negli ultimi dieci anni, da quando la Federazione ha reso le classi indipendenti nell’organizzazione delle proprie attività.

Leggete con attenzione e capirete i segreti del suo metodo che funziona. I ragazzi che lo hanno sperimentato stanno arrivando adesso nelle classi olimpiche. Il bello deve ancora venire…


Marcello, quali sono i numeri del movimento Optimist in Italia?

Sono più o meno 1.800 i bambini che vanno in Optimist in Italia, senza contare le scuole di vela; circa un centinaio entrano nel sistema di osservazione della classe con tre livelli. Ci sono i GAN (Gruppo Agonistico Nazionale, ndr) juniores (nati tra il 2009 e il 2013) e cadetti (classe 2014-2015) e i raduni interzonali.

Inoltre ci sono le zone (i 15 distretti nazionali sotto l’egida della FIV, la federvela italiana, ndr) che organizzano raduni e il circuito Kinder, che dura da anni grazie ad un rapporto della classe con il Dott. Castiglia, con il quale lavoriamo anche su temi paralleli come l’ecologia e il parasailing che sarà nel 2024 all’interno del circuito con delle iniziative che stiamo definendo con il settore di riferimento della Federazione Vela. Al circuito Kinder abbiamo raggiunto dei numeri di partecipazione altissima, mettendo sullo stesso campo esordienti e atleti che partecipano agli eventi internazionali.

Raccontaci cos’è il GAN, da quanto c’è, come si è trasformato e cos’è per te.

Nel 2009 è stato deciso da parte della FIV di responsabilizzare le classi sulla formazione e gestione delle squadre nazionali. Nel 2012 Norberto Foletti (compianto storico presidente della classe Optimist, ndr) decise di rifondare la squadra nazionale: siamo partiti in quell’anno per cercare di ricostruire tecnicamente quel gruppo su un lavoro tecnico e tattico. Studiando quello che facevano gli altri abbiamo inserito, negli anni successivi, la figura del Rule Advisor Michele Ricci e del preparatore atletico con Andrea Madaffari, e mettendo insieme questi tre settori, con l’aggiunta della preparazione mentale con Chiara Collura abbiamo creato un prodotto finito per seguire i ragazzi che partecipano agli appuntamenti internazionali.

Al termine di questo percorso gli atleti hanno maturato esperienze, una conoscenza del regolamento, sono capaci di fare preparazione atletica a casa: tutto questo per andare ai campionati con l’obiettivo di fare il meglio possibile.

Abbiamo quindi dato un obiettivo ai ragazzi di medio livello, che è quello entrare nel GAN per potersi allenare con chi fa parte delle squadre nazionali, far lavorare i migliori ragazzi insieme almeno una volta al mese nel periodo autunno-inverno. Poi abbiamo creato il GAN cadetti (nel primo c’erano Marco Gradoni, Alex Demurtas, Mattia Cesana per fare un esempio – il primo timoniere di Luna Rossa, gli altri due sono stati recenti medaglie al mondiale giovanile in Brasile).

Alex Demurtas e Mattia Cesana
Alex Demurtas e Mattia Cesana alla premiazione del Velista dell’Anno 2022

All’interno dei progetti formativi, gli allenatori di circolo vengono coinvolti, perché poi il grosso del lavoro lo fanno loro e se sono preparati e aggiornati, è più facile per noi. L’obiettivo del progetto, per quanto riguarda i ragazzi, era seguirli durante l’anno per poi avere già un rapporto solido quando li accompagnavamo ai campionati internazionali. Abbiamo coinvolto velerie e cantieri per fornire materiale a chi veniva da lontano, abbiamo lavorato con la segreteria per gestire le spese, gli alloggi e contenere le spese, e tutto questo lavoro ha pagato.

Quanti giorni passa in acqua un bambino del GAN?

Non lo so, penso sia un numero consistente. Quello che mi piace sottolineare è che quello che fanno questi ragazzi lo fanno divertendosi, non lo farebbero altrimenti. Noi puntiamo sulle regate a squadre perché si divertono come dei matti, e avere l’opportunità di essere arbitrati da giudici preparati come Michele Ricci è uno stimolo (riflette).. Io stimo che saranno tra i 120 e i 150.

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Marcello Meringolo con i ragazzi della squadra Optimist vincitrice, per la terza volta, del titolo iridato a squadre

Questi bambini che sono nel GAN hanno delle agevolazioni a scuola?

Alcuni hanno agevolazioni, per esempio i residenti in Trentino. Credo che la FIV abbia un accordo, ma non ne so tanto. Ormai il rapporto con le scuole è molto migliorato, ci sono anche i licei sportivi.

Vedi bambini che vengono messi in difficoltà dalla scuola per la pratica dell’attività sportiva?

No perché sono tutti bravi i nostri (ride), hanno una media altissima. Penso che lo sport in generale abbia aiutato i ragazzi a scuola. Non mi è mai capitato di avere ragazzi che mancavano per problemi scolastici, anzi molto avanti rispetto a dei loro coetanei “non sportivi”. La vela è uno sport che ti stimola la testa.

Marcello Meringolo

In cosa vedi carenti i ragazzi?

Bisognerebbe levargli i telefoni ogni tanto, a volte esagerano. Dovrebbero usarlo meno perché toglie concentrazione a quello che devono fare, anche se ormai devi abituarti a questa realtà. Ma non deve essere un punto fisso della giornata. Se lo usano per le previsioni del tempo va bene…e poi l’Inglese, quella è una carenza che stiamo provando a migliorare ma purtroppo siamo tra i peggiori d’Europa.

Purtroppo essendo forti vengono anche intervistati spesso…

Esatto, e il rischio serio poi è che quando ci sono da discutere delle proteste facciano anche la figura dei cioccolatai…

La multidisciplinarietà è un fattore che incentivi oppure no? Si vede il valore di chi fa altri sport?

Sono favorevole, ci sono tanti ragazzi che già iniziano ad andare in wingfoil e io non ho mai detto di non farlo, se uno è bravo nel saper andare anche lì è un atleta che si sta formando. Secondo me la teoria di dover fare solo una cosa è una teoria sorpassata. Guarda anche Tommaso Geiger che ha vinto la selezione Nazionale e ha fatto 5° al mondiale, facendo anche le regate in Waszp, o Francesco Carrieri che appena dopo essere sceso dall’Optimist ha vinto l’italiano Waszp pochi mesi dopo.

Sport fuori dall’acqua che vedi complementari alla vela?

Il basket, è sport di squadra molto complesso, devi cambiare la strategia velocemente. Il nuoto è utile fisicamente ma non molto socievole, la pallanuoto invece mi piace molto. Noi usiamo il blazepod (set di luci da premere per allenare la reattività, ndr).

Tornando in acqua noi abbiamo tanto lavorato sulle regate a squadre, in fondo è un gioco che cambia la routine di allenamenti che potrebbero essere più noiosi. Poi però succede spesso che i ragazzi tornino a casa e facciano fatica ad essere seguiti in questo ambito, perché i circoli sono meno preparati sul team race. Ma come modello di preparazione io penso sia molto importante. E siamo proprio diventati bravi, dal 2016 abbiamo vinto cinque volte il campionato europeo e siamo arrivati una volta secondi, e dal 2019 ad oggi tre mondiali a squadre in quattro edizioni.

Quasi un peccato che questo modello non diventi olimpico!

Tu scherzi (ride)! Poi bisogna specializzare gli arbitri, è complicato avere l’occhio allenato perché nella media sono pochi gli eventi in cui anche gli stessi possono “allenarsi”. I ragazzi sono molto preparati e a volte certe azioni tattiche non sono conosciute da alcuni arbitri. Tengo a precisare comunque che la categoria Giudici va sempre ringraziata, perché dedicano tanto del loro tempo libero a far divertire i nostri ragazzi. Durante l’ultima edizione del Trofeo Claudio a Campione, in due serate abbiamo proiettato i filmati di alcuni match e li abbiamo commentati con tutte le squadre in aula e gli stessi arbitri. Sono momenti in cui tutti possiamo crescere molto.

In che modo, secondo te, la vela è uno strumento che aiuta i ragazzi ad affrontare le difficoltà nella vita prima che in mare?

Rispetto ad altri sport i velisti sono “costretti” ad essere responsabili. Hanno attrezzature che costano, rispetto a un pallone o altri sport che chiedono un impegno economico minore. Nella maggioranza dei casi i ragazzi sono molto bravi anche a scuola, questo è dovuto anche al fatto che nel nostro sport, le tante variabili impongono molta più attenzione su tutto quello che si fa. Il velista è a contatto con la natura, e sa rispettarla, fin da giovane e riesce a comprendere quanto sia difficile rispetto ad altri sport, forse per questo è molto motivante.

Quale dovrebbe essere, secondo te, la ricetta per diffondere di più la vela e quindi avere più velisti che proseguono nella loro attività?

Credo che si potrebbe pensare di avere un circuito di regate, che possa essere utilizzato anche per gente che non arriva a fare delle campagne olimpiche. Guardando in casa nostra, tanti che partecipano al circuito Kinder non andranno mai al mondiale e all’europeo, ma fanno quelle regate con grande entusiasmo.

Se pensiamo al dopo Optimist, e dopo la fascia under 19, quali sono le scelte che possono fare i “non olimpici” ? Questa è la domanda alla quale bisognerebbe dare una risposta, dove vanno a finire? Tanti sui J/70, tanti sui Melges, alcuni fanno Match Race … tanti oggi sulla Wing, sul Kite, o su barche volanti o altri sulle regate di altura. In effetti manca un’attività di derive over 19, forse sarà quella la vera sfida dei prossimi anni. Sembra che in molti stiano orientandosi sui monotipi volanti (Waszp e Moth)… che sia questa una soluzione?

A proposito, cosa succede una volta che i ragazzi raggiungono i limiti di età? Non rischiano di essere troppo grandi a 15 anni per l’Optimist?

Per fortuna ora ci sono delle classi che offrono delle alternative per chi cresce velocemente come il Feva o ILCA 4 (ex Laser 4.7) e permettono di passare già a 13 anni. Hanno un ruolo importante, numeri alla mano. Ci sono percorsi alternativi per quelli più grandi che potrebbero essere tranquillamente rinforzati. Per fare un esempio fresco, Mattia Cesana è sceso a 13 anni e mezzo dall’Optimist.

Non c’è un tentativo del “sistema” di tenere i bambini sull’Optimist?

No, pensa che sui 140 della selezione nazionale scorsa solo 15 erano dell’ultimo anno. Qualche pensatore che è convinto di questo c’è, ma vedo tanta responsabilità (da parte degli allenatori) nel farli scendere presto.

Un problema ulteriore è cosa fargli fare dopo, perché i circoli aiutano fino ai 14-15 anni ma poi economicamente è un problema e con la riforma fiscale ci saranno ulteriori problemi, l’istruttore non è più un dilettante sportivo ma un lavoratore. I circoli possono permettersi al massimo di avere due squadre, tipicamente Optimist e ILCA, ma poi? I circoli che hanno tre squadre saranno 7-8 in tutta Italia. Abbiamo delle difficoltà in alcune zone nella diffusione dei doppi, oppure sono molto localizzati, le zone si concentrano su una classe piuttosto che sull’altra.

ILCA - Derive
ILCA – Derive

Effettivamente la stragrande maggioranza di chi scende dall’Optimist va in ILCA, che in fondo prepara solo per un numero molto limitato di classi olimpiche…

Quella certamente è la prima spaccatura nel sistema. A volte i ragazzi sono costretti ad andare su quella barca perché è l’unica presente in quel circolo, e per chi è piccolo non c’è molta alternativa…

Tra l’altro è rimasta una sola barca favorevole ad un timoniere/a piccolo che è il 470, o il Nacra se compensata da un prodiere/a alto…

Al momento abbiamo un gruppo di ragazzine alte, e questo ci fa sperare per i prossimi anni.

Non pensi che l’Optimist abbia una problematicità nel favorire fisici minuti che poi che sono poi sfavoriti nelle classi olimpiche? Perché vincendo da piccoli entrano nel sistema di eccellenza e da lì migliorano e si avvantaggiano sui coetanei più grandi fisicamente che non accedono alle stesse opportunità.

E’ parzialmente vera questa cosa, ma non del tutto. L’importante è traghettare questi ragazzi e portarli con delle conoscenze buone per affrontare il passaggio. Di esempi ne abbiamo tanti, non abbiamo perso su tanti fronti. Sarà un problema generale perché sull’ILCA arrivano e poi non hanno il fisico per andare con la vela standard. Ma ci sono anche casi opposti, ti faccio un esempio: Francesco Marrai era alto e grande fin da piccolo e non ha raccolto molto in Optimist, ma nelle regate con vento oscillante batteva ragazzi molto più piccoli e veloci. Poi in laser ha trovato la sua dimensione e si è espresso ai massimi livelli.

I ragazzi del tuo primo GAN stanno iniziando ora ad arrivare ora nelle squadre olimpiche, pensi che vedremo dei cambiamenti? 

Credo fortemente che ci sia stato un cambio di direzione negli ultimi anni, non solo per il nostro lavoro ma anche per quello che è stato fatto a livello successivo. Dimitri Peroni, Alexandra Stalder, Chiara Benini Floriani facevano parte del primo GAN, ma ci sono tanti ragazzi in squadra che sono giovani e hanno potenziale e dei quali vedremo i frutti se non a Parigi 2024 a Los Angeles 2028. Senza guardare solo alla classe Optimist penso anche a Nicolò Renna che ha fatto tutto il percorso delle tavole o Ugolini-Giubilei che hanno fatto quello dei catamarani. Credo sia giusto sottolineare anche il grande lavoro che viene fatto negli altri settori a livello giovanile.

Sicuramente ci sono due passaggi cruciali nella formazione di un atleta olimpico, prima quello del post Optimist e poi quello dell’ingresso nelle classi olimpiche…

Esattamente, bisogna essere in grado di gestire le forze in campo. Se prendi i ragazzi dei mondiali giovanili in Brasile bisogna capire cosa fare una volta scesi da queste classi. Perché se non hanno la fisicità per proseguire nella classe in cui sono dovranno fare altro ma intanto hanno dimostrato di essere ad alto livello. Ma questo è fuori dal mio ambito di lavoro, io mi occupo di atleti fino ai 15 anni.

Ganga Bruni dice che bisogna aumentare la cultura del vento apparente in Italia. Quando è il momento per iniziare a far navigare i ragazzi su barche veloci?

Guarda, all’ultimo GAN ho proprio chiesto ai ragazzi se sapessero cosa fosse il vento apparente e nessuno ha saputo spiegarmelo, anche se sapevano come funzionava di fatto. Ho capito che c’è del lavoro da fare, anche perché le barche volanti sono una realtà e il foiling è un’opzione ormai concreta per il post Optimist con ILCA e doppi.

E a te cosa diverte e cosa ti stimola in quello che fai?

In tanti pensavano che finita l’era di Marco avremmo avuto un calo che era prevedibile. Ma avevamo un gruppo di ragazzi ipermotivato, e parlai loro chiaramente: “se pensate che l’anno prossimo vada a perdere tempo vi sbagliate di grosso”. Tutti loro hanno messo un sacco di entusiasmo nello sviluppo del nostro progetto. Quando incroci ragazzi che hanno passione in quello che fanno e vedere l’impegno che mettono facendo i raduni (anche perché ti vedi tre volte a settimana per tre volte al mese), hai la motivazione per andare avanti. Personalmente non smetto mai di imparare, non mi sento mai arrivato.

Quest’anno abbiamo perso qualche medaglia per strada ma abbiamo vinto tutto come squadra. Facciamo tanti investimenti, quello che facciamo ora nel GAN cadetti lo vedremo nei prossimi anni. Vedo tanti ragazzi e allenatori motivati nonostante le difficoltà del mestiere, hanno responsabilità importanti quando si prendono dei minori in carico: per me gli allenatori dei circoli sono fondamentali, il lavoro lo fanno a casa non senza difficoltà. La vela è uno sport poco comprensibile e certe volte i genitori, in alcuni casi, non lo capiscono, anche se devo dire che abbiamo avuto negli stessi genitori dei grandi punti di forza, non un freno.

Il tuo “modello Optimist” è applicabile ad altre classi?

Certo che sì, l’imprinting del lavoro che abbiamo fatto abbiamo dimostrato che funziona e si può utilizzare anche con altre classi, io penso che sia il sistema di lavoro che funziona. Avendo la fortuna di avere numeri così alti è più facile trovare talenti, ma poi va gestito. A volte il talento, se non viene gestito bene è più facile perderlo che sfruttarlo al massimo. Vedo che anche altre classi giovanili stanno cercando di andare in direzione del nostro progetto e questo non può che farci piacere. L’importante è avere la base più larga possibile, anche se penso che la nostra piccola barchetta avrà ancora molti anni di vita e di utilizzo.

Il talento che ti è spiaciuto di più non veder proseguire?

Faccio fatica a pensare a un nome, con la maggior parte di loro lavoro per 5-6 anni. Qualcuno che ha smesso di andare in barca c’è, ma le realtà territoriali non sempre ti aiutano, chi vive in certi posti è semplificato. Per alcuni arrivare ad un certo livello nell’under 19 è già un risultato.

marcello meringolo
Marco Gradoni e Ruggero Tita

Parliamo del “tuo” talento più puro, Marco Gradoni, e del suo passaggio dal 470 olimpico a Luna Rossa…

Intanto credo che sia una scelta da rispettare perché sicuramente l’ha valutata bene, non credo che l’abbia fatta in maniera istintiva, è molto entusiasta di cosa sta facendo, sta dando tutto sé stesso in questa opportunità che gli hanno dato Max Sirena e Luna Rossa. La parentesi classe olimpica è accantonata per il momento, ha tutte le qualità per rientrare quando vorrà e ripartire come vuole. Sicuramente è un ragazzo che a 19 anni ha espresso dei valori che gli altri non hanno mai espresso. Ogni tanto quando trovo qualcuno che è arrivato secondo dietro lui ai campionati gli dico “sei stato il primo degli umani”, quando regatava in Optimist è stato veramente difficile batterlo. Ho vissuto quegli anni molto bene, è stato un lavoro molto motivante farlo crescere e migliorare, per sfruttare al massimo il suo talento. A Jeddah nessuno avrebbe pensato a una prestazione così esaltante, che va condivisa con gli altri del team, un team che lavora veramente forte da anni dove lui è stato inserito, in un contesto di grande professionismo.

Credo che abbia stupito tutti la maturità con il quale ha regatato e si è posto alla stampa e ha dimostrato il valore della scelta che ha fatto…

Ogni tanto ci scordiamo che ha solo 19 anni, pensiamo ne abbia 25 ma ne ha solo 19. In questo momento il suo focus è su questo, e obiettivamente se a quell’età ti offrono questa opportunità, pagato, chi avrebbe detto di no?

Perché le federazioni che vincono le medaglie non investono sull’Optimist?

Intanto, va detto che anche la FIV su di noi investe una cifra molto distante da quella che spendeva fino al 2009, ma ottiene delle belle soddisfazioni… forse aver responsabilizzato i circoli e le classi per i più giovani, non fu una mossa sbagliata, anche se all’inizio spaventò un po’ tutti.

Anche la federazione inglese o australiana investono poco nelle classi giovanili. Noi come classe Optimist riceviamo un contributo di soldi dalla FIV, che certamente ci aiuta, ma non copre il monte spese delle squadre nazionali come faceva prima del 2009.

Ma in compenso la Federvela sta investendo molto sulla formazione degli istruttori e questo è un aiuto importantissimo. Quando fu fatta la scelta di far gestire alle classi le squadre nazionali, questo ci diede la possibilità di mettere insieme il programma che ci ha portato dove siamo arrivati. In altre nazioni, le Federazioni straniere spendono molto ma con scarsi risultati. Comunque dobbiamo ringraziare sempre il Presidente FIV Francesco Ettorre per il tempo che dedica all’attività della Federazione e anche alla nostra classe, abbiamo in lui una persona che ci è sempre stata vicina.

Chi sono state le nazioni avversarie agli ultimi mondiali?

Gli americani stanno investendo cifre importanti, i brasiliani, gli spagnoli, i francesi, gli svedesi, Singapore anche se dal 2016 in poi sono scesi, e certamente la Thailandia. Poi capitano l’australiano e l’inglese di turno che fanno nei 20 al mondo, che comunque è un risultato di altissimo livello e provengono da nazioni poi vincenti a livello olimpico.

La sensazione ricorrente è che essere vincenti da piccoli nel nostro sport non sia un predittore per una medaglia olimpica, ma sicuramente l’attività under 15 è solo il primo passo di un lungo percorso per arrivare al professionismo dove i passaggi successivi diventano cruciali.

Non posso giudicare quello che non so. Il problema economico esiste, non so le federazioni straniere cosa facciano, bisognerebbe realizzare uno studio su cosa fanno davvero e che budget hanno a disposizione. Io sono convinto che siamo in un momento di trend di crescita nelle classi olimpiche, e c’è una generazione di ragazzi che tra poco arriverà ai massimi livelli che potrà fare molto bene, ma poi siamo un popolo di insaziabili e non capiamo che per vedere i risultati di questi progetti servono molti anni.

Sicuramente rispetto a 10-15 anni fa (possiamo chiamarla “era Gaibisso”?) si vede una diversa cultura di squadra, in tante classi.

Guarda per esempio l’ILCA femminile: c’è la Benini, la Albano, la Zennaro e a otto mesi dai Giochi Olimpici non sappiamo ancora chi ci andrà. Prima avevamo delle punte di diamante e delle seconde linee che non si avvicinano minimamente. Il sistema sta producendo meglio, senza parlare del Nacra dove abbiamo una squadra fortissima!

Dove ti vedi in futuro?

Io sto bene dove sto e la mia posizione è ben supportata dalla Federazione, vedo che c’è tanto seguito a quello che facciamo. Guarda, che vincere i mondiali Optimist non è una passeggiata, ogni campionato a cui partecipi è sempre una esperienza di vita importante, io mi sto godendo questo, sono sempre più contento di questa squadra.

Poi ho in Ricci, Madaffari, Gesi, Mariotti dei grandi punti di riferimento anche per me e vado avanti contento di quello che stiamo facendo. Se poi un giorno qualcuno mi proporrà di fare qualcos’altro dovrò valutare da professionista se è una strada percorribile. A parte che non ci sono mai state proposte di fare altro, forse perché facciamo bene questo ed è meglio che stia qui (ride)… poi non spetta a me. Il consiglio federale e il direttore tecnico fanno le loro scelte e io sono più che contento di quello che sto facendo.

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Marco Gradoni ai tempi dell’Optimist è stato seguito da Marcello Meringolo

Lanciamo una provocazione…allenare Marco Gradoni per i Giochi di Los Angeles?

Vedremo cosa vuole fare lui (sorride)!

Di sicuro è molto bello vederti con i bambini, sei una figura importante per loro…

La cosa buffa è che ci rivediamo a distanza e tutti mi raccontano e ricordano le cose fatte insieme. Abbiamo davvero dei ragazzi in gamba e i prossimi anni ci potremo divertire ancora nelle classi superiori e con il mondiale giovanile in Italia l’anno prossimo sarà una bella opportunità per i nostri.

Quanto fa bene l’effetto Gradoni alla vela italiana?

Fa bene vedere che un ragazzo con genitori senza tradizioni veliche sia venuto fuori dal nulla da un corso di vela fatto a Fano. Le scuole vela sono un bacino fondamentale per reclutare ragazzi che ci possono dare tanto. Va data una nota di merito al circolo che lo ha tirato su e al sistema delle scuole vela italiane, la prima base è quella lì.

Lamberto Cesari

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