Inchiesta nautica sostenibile. Episodio 3 – L’approccio progettuale, vela e motore si parlano…
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Terza puntata di un dossier del GdV per provare a fare un po’ di chiarezza: cosa significa nautica sostenibile? Questa volta affrontiamo l’argomento dell’approccio progettuale necessario a ridurre l’impatto ambientale di un’imbarcazione. Partiamo da una provocazione: “E se negli ultimi anni il mondo della nautica a motore a vela stessero imparando a vicenda?”
Negli articoli precedenti della nostra inchiesta ci siamo focalizzati sulle “emissioni dirette” nel mondo della nautica: “Quanto inquiniamo, dal punto di vista del carbon footprint, mentre navighiamo o siamo in crociera?“. Un approccio che necessariamente concentra l’attenzione sul sistema propulsivo. È il più immediato e intuitivo, è la derivazione diretta dei ragionamenti che di base si fanno nel mondo automotive.
Non oggetti, “luoghi da vivere”
A prescindere però che anche nelle modo delle automobili discorso va affrontato in maniera più ampia (considerando altri aspetti come ad esempio l’intero ciclo vitale del prodotto, il water footprint, e cosi via…) parlando di barche serve sempre ricordare che queste non sono solo oggetti, ma luoghi, luoghi da vivere. Quindi molto più complessi da considerare rispetto ad un’automobile, inoltre negli ultimi anni abbiamo assistito ad una notevole accelerazione nel cambiamento sia dal punto di vista delle tecniche costruttive, che delle richieste del mercato. E partirei da queste ultime…
Vela e motore: mondi così distanti?
È interessante ragionare su come il mondo della vela e del motore stiano tra loro avvicinandosi, anche se dirlo sembra scorretto, quasi eretico. Ma, in estrema sintesi:
– negli ultimi anni le barche a vela sono diventate sempre più veloci nelle loro applicazioni estreme e innovative (leggi foils, oppure cat e monoscafi racing hi-tech, anche se non volanti);
– all’opposto queste, le barche vela nelle loro interpretazioni di serie e per la crociera, sono sempre più “domestiche”, anzi addomesticate. Armatori, ospiti, chi le noleggia chiede un livello di comfort sempre più alto. È stato anche varato il termine (brutto ma efficace) monomarano per definire l’anello do congiunzione tra cat e monoscafo. In altre parole gli eredi dei vecchi decksaloon e motorsailer.
Come a casa…
I tempi della vela, quella dei grandi numeri, dura e pura sono lontani. La barca a vela da crociera da godere prima di tutto in movimento, gustandosi il piacere del viaggio, sta lasciando spazio alla barca intesa come “luogo statico”. Magari in posti bellissimi, all’ancora, al gavitello o in porto che sia, ma comunque “ferma” (per quanto può esserlo, visto che è per natura galleggiante). Ognuno gioisca o si incupisca, a seconda dei propri convincimenti. Ma così è. Velocità (in termini assoluti) e comodità erano appannaggio esclusivo del mondo della nautica a motore.
L’importanza del viaggio
All’opposto le barche a motore stanno diventando sempre più lente e silenziose:
La prima domanda non è più: “Quanti nodi fa?”. Ma piuttosto: “Qual è la miglior andatura, quella più efficiente”. Il fascino delle super motorizzazioni, dei tre benzina V8 disassati e perfettamente cromati dal tanto rumore e dalla grande spettacolarità è relegato alla passione di un ristrettissimo numero di diportisti e costruttori.
Si ragiona molto di più sulla capacità di creare un efficiente sistema: propulsione, carena, dislocamento (quest’ultimo è, in estrema sintesi, sinonimo di abitabilità). La velocità massima non è più il solo indicatore di qualità di una barca, per quanto, ovviamente, resti sempre un fattore di valutazione fondamentale. Anche qui, come si diceva per il modo della vela, la cosa può piacere o meno. Ma così è. Se si va alla ricerca di nuovi record lo si fa nel mondo dell’elettrico.
Nautica sostenibile a 360%
Allo stesso tempo se una volta la barca a motore era intesa come lo strumento ideale per muoversi velocemente da un luogo all’altro (magari anche soffrendo un po’ per umore e vibrazioni) per poi godersi la sosta, ora anche il momento del viaggio stesso sta acquistando sempre più valore. Da qui il grande sviluppo delle nuove carene “ibride”, semi dislocanti e semi plananti; da qui anche l’adozione di sistemi di propulsioni ibridi ed elettrici, che per definizione per ora non portano a grandi velocità di punta (se non per pochi istanti).
I valori base sono anche silenziosità, assenza di vibrazioni, consumi ridotti. È sempre più presente un approccio alla nautica sostenibile a 360%. Da un lato la tecnologia lo rende sempre più possibile, dall’altro la richiesta da parte del “mercato”, dei diportisti intesi come persone e non solo come acquirenti, va proprio in quella direzione.
Parola d’ordine? EFFICIENZA
“Capacità di rendimento e di rispondenza ai propri fini”. Le definizioni di “Efficienza” possono essere quasi infinite, prima di tutto perché quasi sempre legate ad applicazioni specifiche, ma questa (Treccani) è particolarmente centrata perché si focalizza sui “propri fini” . Non più valori assoluti (“Quanto fa?” Auto o barca che sia), ma relativi all’utilizzo specifico (“Come lo fa?” Quali le conseguenze per me utente e per l’ambiente in cui vivo?) per gli interessi “miei” e della mia comunità (globale).
Esempio 1. I nuovi Cat da crociera
Nelle prossime puntate scenderemo nei dettagli tecnici dei vari aspetti costruttivi e progettuali di questo approccio. Per ora ci soffermiamo su due esempi lampanti di cosa è successo negli ultimi anni.
I catamarani da crociera a motore. Sono ora di “gran moda”, erano quasi sconosciuti al mercato fino a poco tempo fa. Ora i grandi vantaggi di abitabilità ed efficienza in navigazione sono stati improvvisamente “scoperti”, mettendo in disparte gli svantaggi (volendo sintetizzare: ingombri in porto e costi). Questo perché se una volta venivano semplicemente mutuate le carene e in generale progetti a vela, ora vive nuova generazione di carene (più strette) e propulsioni (meno potenti) che rendono il sistema più efficiente.
Esempio 2. Gli “optional”.
Le barche, a vela o motore che siano, diventano sempre più complesse. È la conseguenza della “domesticizzazione” di cui parlavo prima (la parola, in realtà, non esiste nel vocabolario, ma perdonateci, rende bene l’idea). Se pretendiamo lo stesso livello di comfort che abbiamo a casa anche a bordo è evidente che dovremo riempire la nostra barca di impianti che ci rendano la vita più facile e comoda. Un processo che porta più complessità, ma anche più peso. Più dislocamento.
Basti pensare, nel tempo, all’aria condizionata, agli stabilizzatori, alle movimentazioni servoassistite di plance e portelloni, ma anche di tavoli, tavolini o manovre correnti nel caso delle barche a vela. Anche l’elettrificazione, di cui abbiamo parlato nelle puntate precedenti, e fonte di grande complessità gestionale e di aumento dei pesi.
Da un lato i progettisti e i designer devono imparare a gestire questi apparati nella loro complessità e nell’applicazione in un mondo “ostile” come quello marino. Dall’altro devono imparare a gestire i pesi: per ridurli (veramente), per allocarli nei luoghi più adatti. Nei prossimi “episodi”, nel dettaglio, alcuni esempi virtuosi…
di Luca Sordelli
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