“Ho incontrato una leggenda della vela. Si chiama Cino Ricci”

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Ci sono incontri che ti cambiano la vita. Come quello avvenuto tra la giornalista Sara Canali, autrice con Stefano Vegliani del podcast di Pianozero Media “Azzurra, la scia di un sogno“, con un mito della vela. Cino Ricci. Questa è la storia, raccontata da Sara, del loro incontro. Ma prima, vi ricordiamo di ascoltare il podcast, merita. Non a caso è consigliato dal Giornale della Vela!

Quando ho incontrato Cino Ricci

È un brivido, seguito dallo stomaco che si chiude e un’agitazione ingiustificata. La conosco bene questa sensazione, mi succede ogni qualvolta mi trovo a dover condurre interviste con personaggi leggendari dello sport, nonostante io eserciti questa professione da diversi anni. Hanno qualcosa di così extra-ordinario che ti fanno sentire piccolo, bambino. È successo anche quella mattina di luglio mentre ero sul treno che, da Riccione, dove mi trovavo per un evento di lavoro tema padel, mi avrebbe portata a Ravenna. Avevo un appuntamento con Cino Ricci, a casa sua, per registrare la voce da inserire all’interno del podcast “Azzurra, la scia di un sogno”.

Ora, come sono arrivata su quel vagone, con quell’appuntamento bizzarro per raccontare una storia che è nata prima di me, è un fatto che richiede un piccolo riavvolgimento di nastro. Passo indietro: verso maggio, il collega e amico Stefano Vegliani, sapendo della mia passione per i podcast trasformata in professione grazie alla società Pianozero Media di cui faccio parte, mi contatta e mi chiede: “perché non facciamo un bel prodotto sulla storia di Azzurra che quest’anno festeggia i 40 anni?”. Nell’imbarazzo di dover rispondere che non avevo assolutamente idea di che cosa stesse parlando, ricordo che bofonchiai qualcosa, insomma, presi tempo. Una ricerca veloce su internet ed ecco apparire foto di un’imbarcazione, dell’avvocato Agnelli, di Montezemolo e di una brocca d’argento.

Insomma, c’era della ciccia, alias, elementi che fanno gola all’idea di raccontarne la storia. Ma quando Azzurra solcò le acque di Newport era il 1983 ed io non ero ancora nemmeno nei pensieri dei miei genitori. Per poter assecondare quella proposta, dovevo studiare. E parecchio. Entrare in un mondo, quello velico, fatto di passione, di racconti, di avventure, di imprese e di tanta umanità. Stefano aveva stilato una lista di personaggi da intervistare: Andrea Vallicelli, progettista di Azzura, Mauro Pelaschier, timoniere, Margherita Bottini, giornalista. E poi Cino Ricci. Solo Cino Ricci, nessun’altra indicazione.

Cino Ricci
Cino Ricci

Mi ci volle poca ricerca per trovarmi di fronte a un curriculum di grande impatto, fatto di vittorie, di regate, e di quella avventura che cambiò per sempre le sorti della vela italiana. Nel frattempo, Vegliani si era occupato di sentire molti dei protagonisti che avrebbero prestato la voce al nostro prodotto editoriale, ma io pensavo che non potesse mancare quella di colui che non aveva nemmeno bisogno di essere declinato in una professione: perché lui era (ed è) Azzurra. Gli telefonò Stefano prima, poi passò la palla a me.

Ed eccomi di nuovo su quel treno, con un registratore in mano, alcuni appunti su un quaderno e l’orario sotto controllo. Non potevo tardare troppo, avevo degli appuntamenti fissati a Riccione che mi chiedevano di tornare nel pomeriggio. Ed ecco salire quella sensazione di stare andando ad incontrare qualcuno dalla personalità gigante. Arrivata alla stazione di Ravenna, decido di prendere un taxi che mi porta direttamente davanti ad alcune villette a schiera in un tranquillo quartiere residenziale. Al citofono risponde una voce flebile, delicata e mi invita ad entrare.

Ad accogliermi, un uomo dagli occhi vispi, la bella parlantina rallentata dall’età e spalle leggermente curve. Nonostante sia naturalmente invecchiato rispetto alle foto che lo ritraevano a bordo di Azzurra 40 anni fa, il suo vigore è immediatamente riconoscibile: l’uomo di fronte a me è quel Cino Ricci che, con classico piglio romagnolo, andò dall’avvocato Gianni Agnelli convincendolo a far partecipare una nazione sgangherata come la nostra, appena uscita martoriata dagli Anni di Piombo, a uno dei tornei sportivi più importanti e prestigiosi del mondo.

Non entriamo in casa, restiamo nel giardino, seduti a un tavolo. Io gli racconto il progetto, gli dico che mi piacerebbe ripercorrere con lui la storia di quell’incredibile avventura sportiva, capire i retroscena che hanno portato un consorzio di aziende italiane a credere in lui e nel suo sogno. Lui mi guarda, annuisce, non so se capisce davvero che si tratta di un podcast, ma non importa perché quando apre bocca è un fiume.

Cino Ricci: “La vela italiana non era pronta per la Coppa America”

Racconta che la sua prima reazione alla proposta di costruire un equipaggio per partecipare alla selezione per gli sfidanti della Coppa America fu un sonoro No. Senza ripensamenti. “La vela italiana non era pronta”, dice. E quando gli chiedo se si ricorda l’emozione di quando vide Azzurra la prima volta, la sua risposta è emblematica: “Ma non so, io ero troppo vecchio per la nautica, per le barche”. Capisco che l’approccio nostalgico non funziona. Provo con la lusinga: “Avete cominciato vincendo subito la prima regata proprio contro i francesi. Si capiva anche che eravate bravi”. Risposta: “Sì, eravamo bravi… Eravamo i meno somari di tutti!”.

Ecco, è questo il piglio da romagnolo di cui parlavo anche prima, lo stesso con cui, mi racconta, si era presentato da Agnelli per chiedere fondi per la sua impresa. E quando l’avvocato, dopo aver detto sì, si raccomandò di non fargli fare la figura dei cioccolatai, la sua risposta fu: “non so che figura facciano i cioccolatai, ma noi non la faremo sfigurare”. Mi ha colpito questa cinica irriverenza mixata al sapere esattamente come ottenere ciò che si vuole. Poi, nel mezzo di un racconto, si ferma a fissare un colombo selvatico. Mi dice che viene ogni mattina a trovarlo. E come niente, torna a parlare di mare.

Cino Ricci
Cino Ricci
Photo:© Carlo Borlenghi

Ogni tanto si perde nei suoi pensieri, ride, ricostruisce con lucida perfezione ogni passo di quel viaggio che ha portato da Formia a Newport non solo una barca, ma tutti gli appassionati e la stampa italiana e un equipaggio che, a detto sua, creò mettendo insieme coloro che avevano risposto a un annuncio sul Giornale della vela. “Presi della gente che non era mai andata in barca: giocatori di pallacanestro. Atleti di sollevamento pesi, Pinco Palini che non sapevano neanche cosa fosse il mare. Tanto dicevo: sai nuotare? Sì, allora va bene. Non ti preoccupare se ti ho scelto è il segno che mi vai bene e riesci a fare quello che ti dirò di fare”.

Al telefono intanto Stefano Vegliani ascolta tutto e suggerisce domande, un po’ le faccio io, perché piano piano la storia comincia a prendermi, voglio capire come pensa, come ragiona e ricostruire perché, in alcuni momenti di 40 anni fa, avesse agito in un determinato modo piuttosto che in un altro.

Il tempo vola, io mi ci perdo in quel mare raccontato. Poi, è vero, ho l’emozione facile e l’entusiasmo contagioso, ma ogni briciola in più che riesco a rubare alla sua memoria mi diventa nutrimento. Passa un’ora senza che ce me ne accorga, si sentono rumori della strada, passa qualche gabbiano, due gatti litigano, ma intanto il racconto continua, mi inonda, mi immerge e sommerge. Non una pausa caffè, non un bicchiere d’acqua. Solo ricordi che scorrono, con la lentezza dei suoi 89 anni e la voce che ogni tanto si rompe. Vorrei poter esserci stata.

“Azzurra mi ha fatto fare novanta gradi nella vita perché dopo non ho più lavorato nella ditta dove facevo l’operaio. Mi pagano il caffè anche oggi! E mi vengono a trovare persone che hanno fatto parte di quell’avventura, ne parliamo, ricordiamo, discutiamo. Ha rappresentato qualcosa che ha cambiato per sempre la vela italiana e le nostre vite”, dice.

Lo ricordo quel momento, quello dei saluti. Avevo un treno da prendere, ma avrei voluto andare avanti a sapere di più e di più ancora. E non importa se ogni tanto qualche informazione non era certa al 100%, se la memoria faceva bizze e piroette su alcuni episodi, perché la narrazione, a volte, va al di là della precisione e assesta la coerenza. Non conoscevo la storia di Azzurra, sono uscita dal vialetto di casa di Cino Ricci sapendo la versione che mi aveva raccontata lui. Solo dopo avrei approfondito con quella “ufficiale”, con i documentari della RAI, con le interviste dell’epoca. In quel momento, tanto mi era bastato e il ritorno sul treno in senso contrario ha permesso di far depositare il tutto.

Ogni cosa che succede, ha una sua conseguenza nei tempi a seguire. E il futuro è oggi che, mentre scrivo questo articolo, nel giorno in cui il podcast su Azzurra è andato On Line su tutte le piattaforme streaming, succede qualcosa di incredibile. In questi mesi sono entrata talmente dentro questa storia che quasi mi sembra di averla vissuta anche se pensavo che avesse poco a che fare con me che ho sempre scelto la montagna al mare.

Cino Ricci

Oggi mi ha chiamato mia prozia Mariuccia, la sorella di mia nonna, che ha grande dimestichezza con i social media e non si perde nessuna mia pubblicazione. Mi rimprovera, perché scrivo di Azzurra e non le dico niente. E scopro che, non solo lei Cino Ricci lo ha conosciuto, ma ci è anche andata in barca visto che suo marito, il prozio Luciano, navigava con lui. E che lo skipper per eccellenza è passato anche dalla Brianza, da dove arriva tutta la mia famiglia. Allora mi chiedo se tutto questo sia stato un caso, se davvero esiste la casualità o se tutto torna, alla fine, a ciò che deve essere unendo i puntini disseminati qua e là con una logica che si scopre solo alla fine.

In fondo, mi sento un po’ Azzurra anche io.

Sara Canali

azzurra
Azzurra, la scia di un sogno. La copertina del podcast consigliato dal Giornale della Vela

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2 commenti su ““Ho incontrato una leggenda della vela. Si chiama Cino Ricci””

  1. Grazieeee purtroppo immagini di un epoca che non ci sarà più, nemmeno per una Ravenna sotto influenza Gardiniana…ed io c ero per fortuna di nascita. Grazie anche a Cino per quanto fatto e auguri con un buon bicchiere di Sangiovese alla vera Romagna

  2. È sempre un piacere leggere di Cino Ricci e dell’avventura di Azzurra che io ho scoperto dopo quando il nostro Cino commentava in contrapposizione con Mauro Pelaschier l’epica Sfida di Luna Rossa , ci volle poco per ricostruire la storia c’era già internet , in questi anni sovente la mia visione e l’idea di come vanno le cose in mare è costruita sulle sue considerazioni come nel caso della tragedia di Rimini. Ammetto che ho evitato per anni di acquistare il suo libro “Odiavo i Velisti ” ma il campionato invernale regate d’altura è a metà febbraio , la barca è in cantiere e stamattina iniziamo il refitting , ho il tempo per leggerlo ed ingannare l’attesa l’ho appena ordinato consegna il 28.
    Mi ascolterò il podcast , buon lavoro e buone feste , sereno natale.

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