Maxi Dolphin. Tutti gli ultimi progetti del cantiere della Franciacorta
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In Franciacorta c’è un cantiere che è un’eccellenza del Made in Italy che ha costruito alcuni degli yacht più belli degli ultimi anni firmati da grandi progettisti. La sua storia ce la racconta l’ad Luca Botter. E ci svela le ultime novità.
“Non credo ci siano segreti. C’è solo tanto lavoro” confessa Luca Botter, amministratore delegato di MD Technologies la società che dal 2016 gestisce Maxi Dolphin cantiere nato nel 1987. La domanda era perché tanti armatori e altrettanti progettisti famosi, da Bruce Farr a German Frers, da Luca Brenta al duo Finot – Conq, da Marcelino Botin a Mark Mills, solo per citarne alcuni, abbiano scelto di costruire le loro barche in un cantiere immerso nei vigneti della Franciacorta, a metà strada tra il mare di Genova e quello di Venezia.
“Il più delle volte perché l’armatore aveva visto una delle nostre barche e gli era piaciuta. Tanti, italiani e stranieri, perché vogliono un’espressione del made in Italy. Molti perché alla prima domanda che fanno vistando il cantiere: Ma la barca la costruirete qui? Io rispondo: Certo! Tutta, dall’inizio alla fine. Facciamo tutto noi e qui. Ecco, non c’è un segreto, ma quello che ci distingue è la nostra idea di come si costruiscono le barche”.
E per i progettisti, chiediamo? “Ci scelgono per il rapporto di collaborazione che il nostro ufficio tecnico riesce a instaurare. C’è sempre un intercambio molto intenso. Non siamo progettisti ma sappiamo sviluppare, anche ottimizzare, ogni indicazione che ci venga trasmessa dallo yacht designer. Ancora di più per gli interni. Abbiamo i nostri artigiani, la nostra falegnameria e una persona dell’ufficio tecnico segue l’interior design, più spesso l’armatrice, nell’organizzazione degli ambienti, nella scelta dei materiali, dei tessuti, dei complementi elaborando rendering che aiutino a trovare la miglior soluzione. Lo stesso per esempio per i sistemi idraulici: abbiamo un tecnico dedicato. Insomma, massime tecnologie e artigianalità”.
Un non-segreto quello che sta dietro le barche costruite da Maxi Dolphin che ha preso il via con Carmen di Bellavista, 72 piedi di Bruce Farr varato nel 1989. A condurre la costruzione nel cantiere voluto e organizzato da Vittorio Moretti (industriale dell’edilizia e poi del settore enologico con le sue rinomate Cantine, ndr), armatore di Carmen di Bellavista, Ettore Santarelli, il progettista gardesano papà tra l’altro del Dolphin 81, e del Joker. Dalle prime battute con Santarelli a costruire Carmen con scafo e coperta in SP system in vetro, resina epoxy, kevlar, carbonio e sandwich in airex, c’è Luca Botter. “Andavo in barca a vela da sempre” ricorda Botter. “Moretti mi ha chiamato. Con Maxi Dolphin, che doveva essere il nome della barca ed è diventato quello del cantiere, sono entrato nel mondo di chi le barche le costruisce. Ho cominciato avendo a che fare con Bruce Farr! Puoi immaginare”.
ci ha svelato Luca Botter, “sta suscitando molto interesse”.
Dopo Carmen di Bellavista il via alla costruzione dei Joker e dei Dolphin 81. Negli anni ne saranno costruiti più di 200, ma core business di Maxi Dolphin è costruire one off custom. “Tutte le nostre barche sono state importanti. Ma l’emozione di costruire Viriella, il 118 piedi di Germán Frers, è stata particolare. Era il 1999 e costruire un 36 metri in materiali compositi non era cosa da tutti. è stata dura e abbiamo imparato tanto. Non è stata una barca facile. Anche portarla al mare è stata un’impresa. Dovevano andare a Marghera ma sull’autostrada per Venezia c’erano sempre lavori. Si pensò anche di trasportarla appesa a un dirigibile. Senza chiglia e albero Viriella pesava 70 tonnellate. Si poteva fare. Alla fine, caricata su un lungo rimorchio, per strade provinciali e comunali, l’abbiamo portata a Cremona e messo tutto su una chiatta che ha sceso il Po a Marghera. Da lì su una nave a La Spezia dove abbiamo montato il bulbo, armato l’albero e consegnato Viriella”.
Un’avventura, quella di Viriella, che era stata preceduta da un’altra che ha segnato la storia di Maxi Dolphin e quella più generale della vela. “Il primo Wally, Genie of the Lamp, l’abbiamo costruito noi. Lavorare per Luca Bassani Antivari, un vero grande innovatore, che era spessissimo in cantiere, è stata un’esperienza unica. Genie of the Lamp conteneva tutte le sue idee: design, poppa aperta, manovre semplificate, cilindri idraulici. L’abbiamo costruito in sandwich di carbonio. Era talmente avanti di concezione che quando lo portammo alle Voiles de Saint Tropez la gente diceva che non era finito perché in coperta c’erano solo due winches!”. Carmen di Bellavista, Viriella, Genie of the Lamp. Tre nomi in un lungo elenco di barche che passa anche dai cinque MD65 (20,01 metri di lunghezza) firmati da Luca Brenta, progettista che sceglie sempre Maxi Dolphin per costruire il TP52 per il team austriaco C-Quadrat che fece il suo esordio nell’allora Breitling Cup del 2006.
Anno che è anche quello di un day sailer progetto Maxi Dolphin e dell’ingresso nel motore. “Tutto è nato dalla ricerca di un tender per Viriella. Sul mercato non c’era nulla che soddisfacesse Moretti che alla fine disse: Ce lo facciamo noi. Il progetto fu di Roberto Starkel e da lì è partita l’idea dei MDPower costruiti però con le stesse tecnologie e materiali delle barche a vela: carbonio pre-preg, sandwich, laminazione sotto vuoto e post cottura in forno. Il primo, l’MD51 lo presentammo al Monaco Yacht Show del 2006. Bello, si vede da come è costruito e rifinito che fate barche a vela, ci dicevano”. Il cantiere si impegna così su due fronti: quello dei MDPower con one off da 51 a 70 piedi e quello della vela. Qui dopo altri MD65 by Brenta arriva all’MD67 firmato da Axel de Beaufort e Guillaume Verdier e all’MD100 Nomad IV. “Il 100 piedi di Finot-Conq è stato impegnativo a livello tecnico e altrettanto interessante visto che abbiamo disegnato noi gli interni. Tutto in sandwich di carbonio e nomex: scafo, paratie, coperta, arredi. Tutto. Alla fine un 30 metri di sole 55 tonnellate. Andava fortissimo e vinse, con record, la transatlantica Canarie-Grenada del 2015”. Poi il fondatore di Maxi Dolphin, Vittorio Moretti, decide di fare un passo indietro e propone a Luca Botter di proseguire in prima persona. “Non ci ho pensato due volte perché credo in questo marchio e ci sarò fino alla fine. Chiesi all’ingegner Giovanni Pizzatti se da socio voleva continuare a occuparsi della parte tecnica e creare un gruppo di giovani yacht designer e progettisti. Era il 2016 e siamo partiti con un fantastico team. Ma è stata ed è dura. Chi non lo vive non può immaginare cos’è un cantiere. Specie come il nostro, che non ha alle spalle un investitore o un paperone che risolve i problemi. I nostri finanziatori sono gli armatori e tutto quello che ci danno glielo dobbiamo rendere con gli interessi in qualità, in capacità, con tutta la nostra esperienza e in lavoro col massimo impegno. Lo ripeto a ogni riunione”.
La scommessa di Botter parte con l’MD75 di Bill Tripp e poi con un altro 75 piedi, Karma, progetto di Mark Mills con interni firmati da Nauta Design. “Siamo tornati a lavorare con Mario Pedol e Massimo Gino che avevano già curato il design di un MD Power: il tender di 48 piedi per il My Song di Pierluigi Loro Piana”. E Karma, varato nel 2020, un successo che ha vinto il titolo di Best Sailing Yacht all’International Yacht & Aviation Awards 2020. “Un premio importante. Ha fatto capire a chi ancora non lo sapeva di cosa eravamo capaci”. Karma lancia la corsa. Nel giro di pochi anni vengono costruiti due MD62ab, un performance cruiser progetto dell’argentino Alejandro Bottino. Il primo, Deriva, attraversa l’Atlantico e raggiunge il suo armatore, il secondo, Ekita, dimostra tutte le sue potenzialità anche sui campi di regata come alla Barcolana Maxi 2022. Intanto, mentre si completava Ekita, da Maxi Dolphin si lavorava su nuove costruzioni. E oggi nei capannoni di Erbusco si lavora su quattro nuovi MD: tre, un 38, un 55 piedi e un 63 piedi, firmati da Marcelino Botin, e un imponente 78 piedi di Giovanni Ceccarelli.
“L’MD55 è agli ultimi ritocchi in vista del varo. L’ufficio tecnico ha lavorato molto sia per l’assetto generale sia per lo stile degli interni. È un concentrato di tecnologia per la costruzione in pre preg di carbonio e per le soluzioni che ne fanno un’imbarcazione full electric. Ci sono pannelli solari sull’hard top, sul bimini e sul lazy bag della randa che alimentano i motori ausiliari e pure il tender ha un motore elettrico alimentato da pannelli sul pagliolato”. Varo in programma nella prossima primavera, invece per l’MD63, un cruiser veloce che Botin ha disegnato utilizzando analisi CFD simili a quelle che usa per progettare l’AC75 per il team Alinghi Red Bull Racing di cui è Chief Designer. Quindi sarà la volta dell’MD78 disegnato da Ceccarelli. “Un comodissimo cruiser con una costruzione molto avanzata tutta in carbonio e con un’architettura navale che permetterà di impegnarsi senza problemi nelle regate nel circuito dei Maxi. Lo consegneremo a luglio 2024”. E poi, chiediamo. “E poi” conclude Luca Botter “stiamo facendo spazio per un daysailer di 38 piedi firmato Botin e ci sono i progetti di un 80 piedi e di un 100 piedi dall’impronta mediterranea che suscitano molto interesse. Anche perché saranno costruiti, come sempre, alla nostra maniera, alla maniera di Maxi Dolphin”.
Emilio Martinelli
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