La sindrome del cambio barca. Dai primi sintomi all’acquisto compulsivo

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sindrome cambio barca

Marco Cohen*, in questo esilarante racconto, vi svela cosa succede nella mente di un armatore quando decide di cambiare barca e vendere la sua vecchia amata. Tra viaggi iperbolici nel mercato dell’usato, scherzi degli amici, armatori dissociati e schizoidi. Storia di un cambio barca da ricordare.

La sindrome da cambio barca

Tre del mattino. L’occhio è a palla sul muro. No, non ho mai sofferto di insonnia in vita mia.

Mi alzo, prendo l’iPad e vado in cucina… e inizio su YOU… no… non i siti a cui voi maligni potreste pensare ma: YouBoat, Boat24, Bateau, Racing Yacht, Seahorse Magazine, Yachting World e potrei continuare all’infinito. Penso di essere uno dei massimi esperti mondiali sull’argomento.

cambio barca
*Marco Cohen (qui al timone del suo Mat 1010 Dajenu), produttore cinematografico per lavoro e velista per passione, si descrive così: ““Ho riabbracciato la vela a 37 anni dopo l’ennesimo infortunio a calcio, quando ho realizzato che è l’unico sport che si può fare da seduti e con un bicchiere in mano”.

Sindrome da cambio barca – I sintomi

E sì, sono in uno stato di trance agonistica, di dionisiache visioni che, chiunque si sia trovato nel processo cambio barca, conosce molto bene.

Chi dice che i due momenti più traumatici nella psiche di una persona (oltre ovviamente le sconfitte dell’Inter) siano i lutti e i traslochi, non ha mai attraversato il processo “vendo la mia barca e ne cerco una nuova”. Questo processo si manifesta attraverso alcuni sintomi inequivocabili:

Conosci a menadito le dotazioni di un ClubSwan 42 venduto in Malesia e aspetti un suo ribassamento di prezzo, pur sapendo che in Malesia, a prendere una barca, non ci andrai mai.

Ondeggi in modo psicopatico e schizofrenico tra barche milionarie ipertecnologiche e daysailer da focaccia e vermentino di 8 metri del 1995.

Stalkeri in modo irresponsabile e inspiegabile armatori e cantieri da tutto il mondo. Mi ricordo un mio carteggio plurimensile col povero Kelbert del meraviglioso cantiere dei JPK (di cui conoscevo polari e metodo costruttivo a menadito), discutendo sulle prestazioni con vento leggero del JPK 10.80, che non avrei mai comprato.

– Ma soprattutto uno, il sintomo più pericoloso. Il completo disfacimento del senso di realtà che ti sostiene nella tua vita lavorativa. Della serie sognare non costa nulla. Mi sono immaginato perfino su un VOR70 da giro del mondo. Mezzo forse non ideale per andare a prendere l’aperitivo a Portofino o fare il bagno a Punta Chiappa. Peraltro, con un pescaggio di quasi cinque metri non entra nel 50% dei porti italiani, ma come diceva un filosofo (Hegel?) “tanto peggio per i fatti” e quindi continuiamo a sognare.

Il fantomatico Luigi Maria Gabbiani

E a proposito di sogni. Non mi sarei mai potuto sognare il più tremendo e crudele degli scherzi a cui sono stato sottoposto dai miei “amici” durante il mio ultimo cambio barca. Come direbbe qualcuno: “con amici così, chi ha bisogno di nemici”.

cambio barca
Il J/92 Dajenu, la barca venduta da Cohen nel racconto

Ma procediamo con ordine…stavo per vendere il mio amato J/92 per comprare l’attuale MAT 1010 e mi aspettavo qualcosa del genere… per cui quando il signor J. Bond (John non James) mi ha cercato dalla Scandinavia per farmi un’offerta ho subito detto “Ragazzi, non sono nato ieri, inutile che mi facciate ‘sti scherzi che tanto non ci casco”. Scherzi del destino, il signor Bond era reale, solo che l’offerta era troppo bassa.

Invece quando mi ha chiamato tale Luigi Maria Gabbiani, consulente attualmente in Grecia con tanto di SIM greca (falsa), grande conoscitore e amatore della mia barca (ovviamente con uno del mio equipaggio come complice sulla parte tecnica) e che stranamente poteva venire a visitare la barca a Chiavari prima dell’offerta solo sabato pomeriggio (quando casualmente giocava l’Inter) e i miei amici erano sicuri che non ci sarei mai andato…

Lo liquido con un elegante “non ti preoccupare, tanto la barca è sempre aperta e sempre ispezionabile per un survey col tuo consulente anche senza di me”. Senza sospettare nulla. Esisteva pure un profilo Facebook (poi rivelatosi falso, fatto ad hoc per me) che da uomo astuto e diffidente ero andato a controllare. Ovviamente l’offerta va a buon fine e mi chiude simpaticamente con un “ok il prezzo è giusto, ma almeno il pranzo in cui ti porto l’assegno me lo offri tu e che sia in un posto di classe”.

Scelgo, da uomo di classe e gusto, la Langosteria Bistrot a Milano e gli do appuntamento al martedì successivo. La sera torno a casa, chiamo il francese del MAT dei miei sogni. Volevo dirgli: “Ho venduto la barca, martedì incasso e nel week end la vengo a prendere”.

La mattina dopo convoco commosso la mia famiglia e annuncio l’arrivo nel weekend di un nuovo Dajenu. Passo una giornata meravigliosa, dormo finalmente come un bambino, dopo il periodo insonne e mi presento in splendida forma al ristorante.

cambio barca
Si beve dopo il tranello tramato dagli amici di Marco Cohen (con l’immancabile bicchiere di bianco, a destra)…

“Siamo tutti Luigi Maria”

Questa sopra è la foto ricordo… non trovo l’acquirente né il consulente ma tutti i miei amici al tavolo con la maglietta con il mio faccione e la scritta “Siamo tutti Luigi Maria”.

Con grandissima dignità assorbo il colpo, ma riprendo a non dormire preso dall’ansia perché il francese, giustamente, alla notizia che non posso più dare il deposito perché non ho più l’assegno, mi manda a fanculo e mi dice che ha già un altro acquirente.

… e vissero tutti felici e contenti

La mia versione è che, quando uno si comporta con questa compostezza e nobiltà d’animo verso i suoi orridi amici, alla fine è giusto che sia premiato. Perché sì, questo scherzo tremendo ha un lieto fine.

Alla fine vendo la barca a 5.000 euro in più perché trovo un inglese (non James Bond) assatanato di J/Boats ma soprattutto scopro che il francese aveva bluffato e quindi un mese dopo mi riprendo con 10.000 euro di sconto il MAT 1010, giusto in tempo per fare la Giraglia…

Se siete arrivati fino a questo punto dell’articolo, che sto scrivendo mentre sono di nuovo ricascato nel periodo cambio barca, capirete perché ho bluffato con i miei amici dicendo che il MAT 1010 l’avevo già venduto. Magari! Assolutamente non vero e anzi mi sono dovuto affidare agli amici del GdV con un annuncio (lettissimo).

Il Mat 1010 di Marco Cohen

Profilo dell’armatore dissociato e schizofrenico

Miracolo. Dopo un mese di assoluto silenzio il telefono inizia a squillare (in fondo il primo Giornale di vela d’Italia… momento di auto sponsorizzazione e omaggio all’Editore).

Tra questi un armatore del ponente ligure: pensavo di essere io l’unico schizofrenico e dissociato che passa negli annunci dai VOR 70 ai daysailer d’epoca… ma come diceva un film anch’esso d’epoca, “lui è peggio di me”.

Nella fenomenologia dell’armatore in cambio barca aggiunge un’altra caratteristica originale: schizofrenico sì, ma pure compulsivo!

In visita alla mia barca, si confessa dicendo che questa sarebbe la sua 25esima barca in pochi anni. Maniaco, perfezionista, molto simpatico e consapevole del suo vizio mi mostra le foto delle sue barche. Assolutamente perfette e immacolate, insomma come si dice sempre negli annunci… pari al nuovo.

Un collezionista: si passa da modelli ultracrocieristici con tanto di boiler e aria condizionata a barche estreme da regata senza manco il serbatoio dell’acqua.

Con un unico fil rouge. Le prende, le sistema arricchendole di ogni ben di dio di accessori e quando finalmente sono perfette e sistemate come le vuole lui…. le mette in vendita!

Caro Giornale della Vela, finisco con una proposta. A fianco dei vostri annunci “compra e vendi”, in un piccolo box, dovreste inserire anche un numero verde per supporto psicologico armatori alle prese con il tragicomico momento del cambio la barca.

Se non l’hai mai provato, caro lettore, non puoi capire!

Marco Cohen


Vi è piaciuto lo “stile Cohen”? Allora godetevi gli altri suoi articoli, tra cui:


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1 commento su “La sindrome del cambio barca. Dai primi sintomi all’acquisto compulsivo”

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