Andrea Pezzi: “Sulla barca che ho costruito a modo mio sono felice”
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Al Marina di Cala dei Sardi siamo saliti a bordo di Nove, la barca custom in legno e carbonio di Andrea Pezzi, imprenditore digitale ed ex conduttore televisivo. Andrea ci ha accolto e con lui, prima di uscire a fare due bordi, abbiamo chiacchierato di barche, di vela e di vita.
“Ero un ragazzo da spiaggia. Poi ho scoperto che esistevano gli scogli. Ma dalle mie parti non c’erano e ho capito che me li sarei dovuti andare a cercare”.
La nostra chiacchierata con Andrea Pezzi
Andrea Pezzi, nella vita come nel mondo della vela, è partito dal basso. Oggi, l’ex dj di MTV e conduttore televisivo di programmi di successo (“Kitchen”, “Serenate”, “Pezzi di…”, 2008 per citarne alcuni) nato a Ravenna 49 anni fa, è uno dei “guru” del digital advertising con la sua società MINT e armatore di Nove, un particolarissimo custom di 63 piedi (19,15 m) in lamellare di cedro rosso e carbonio. Ma da giovanissimo, sulle spiagge romagnole, sognava il Moro di Venezia e di avere, un giorno, una barca a vela tutta sua. Missione compiuta. Lo intercettiamo a bordo della sua barca, il rumore del vento di sottofondo.
Andrea, qual è stato il tuo primo contatto con la vela?
Sono romagnolo. Avevo il mito di Raul Gardini, erano gli anni d’oro dell’Italia in America’s Cup con il Moro, Ravenna era al top anche nel volley grazie a lui con il Messaggero Volley. Il primo contatto con la vela fu da “tifoso”, prima di tutto. La barca a vela, per un po’ di anni, è rimasta solo un sogno. Non me la potevo permettere.
Ma, alla soglia dei 50 anni, ce l’hai fatta.
Vero, Nove è la mia prima barca a vela. Ma ho preso la patente nautica quasi vent’anni fa e ho avuto modo di girare il Mediterraneo in lungo e in largo. Non c’è stata estate, dal 2005 in poi, che non abbia noleggiato una barca. E, nel frattempo, ho posseduto un gommone. Ma non un modello qualsiasi, un prototipo di dieci metri in legno nero, “Black Silk” (seta nera): un oggetto bellissimo che immaginai e schizzai sul tovagliolo di una pizzeria.
Tu non ami soltanto l’oggetto finito. Tu vuoi anche immaginarlo e costruirlo…
Il lato costruttivo di una barca è quello che più mi affascina. Pensateci. La barca a vela è l’unico mezzo che, dalla notte dei tempi, per muoversi non utilizza altra energia che quella del vento, della natura. Quando costruisci una barca, devi tenerlo presente per far sì che possa farlo nel modo più semplice possibile. Ecco perché quando abbiamo deciso di creare Nove, mi sono documentato nei minimi dettagli, leggendo volumi fondamentali sulla vela come quello di Glenans e quello formidabile sull’aerodinamica, che tengo in barca, di Paolo Lodigiani, “Capire e progettare le barche: Aero e idrodinamica della barca a vela”. Devi sempre andare a fondo e capire quello che stai facendo, per che cosa lo stai facendo. Distribuzione dei pesi, carichi, rinforzi…
Parlando di Nove, hai detto “abbiamo deciso”.
La barca è frutto di un lavoro di squadra. Il mio amico Claudio Demartis, grande velista e inventore della Barcolana come la conosciamo oggi, l’ha pensata insieme a me.
Era da tempo che volevamo realizzare qualcosa assieme e Nove è stata l’occasione. Claudio mi ha presentato Alessandro Vismara, che ci ha aiutato con la sua visione ed expertise nella progettazione (il tratto distintivo è nella tuga della barca) e nella razionalizzazione dello scafo.
Del legno, grande protagonista nella barca, si è occupato Giorgio Ferluga delle Officine Alto Adriatico a Trieste, uno dei migliori maestri d’ascia che ha lavorato anche con Sciarrelli, uno dei miei progettisti di riferimento.
Gli altri?
Cesare Sangermani. Se anni fa qualcuno mi avesse detto, “pensa a una barca”, io avrei pensato a un Sangermani. E stimo particolarmente Luca Bassani con i suoi Wally. È un vero visionario, che ha avuto il coraggio di seguire le sue convinzioni, cambiando il modo di concepire le barche. Oggi siamo amici con Luca, ma la prima volta che l’ho conosciuto mi sono inchinato!
Torniamo a Nove. Scafo e coperta sono costruiti in legno di cedro e carbonio…
Tradizione e modernità. Una sintesi di tutti i progettisti che vi ho citato. Io non sono un regatante, amo le barche belle più che quelle prestanti. La barca deve avere quel sapore antico, di semplicità francescana. Io che amo la cultura classica la volevo in legno. Non mi interessavano “plasticoni” in vetroresina e nemmeno le superbarche full-carbon per correre. Per me la barca a vela è svegliarsi la mattina con il profumo del caffè che si mischia con quello del mare, stare in coperta a guardare le stelle, il piacere (e non la sfida) del vento…
Comunque, non avete lesinato sul carbonio.
Assolutamente no. La barca, che disloca a vuoto 25 tonnellate, dispone di una quantità di carbonio sufficiente per costruire uno scafo in carbonio delle stesse dimensioni. Ad esempio, nel punto di massimo baglio (5,29 m), dato che l’albero non è passante, abbiamo realizzato un anello di tenuta in carbonio che è una vera opera di ingegneria! Ne è uscito uno scafo tutto sommato leggero ma sicuro. Ha tutte le caratteristiche per assolvere le funzioni di una barca a vela. Ovvero, navigare il più possibile a vela.
Navighi da tanti anni e ora puoi trarre alcune considerazioni. Cosa ti ha insegnato la barca a vela?
Grazie per questa domanda. Un grande insegnamento l’ho tratto dal concetto di navigazione alla vecchia maniera, basato sul nord reale. Navighiamo affidandoci a una bussola. Proprio come accade nella vita, secondo me. E in barca – come nella vita – l’indicazione fornita è deflessa. Sta a te correggere gli errori e mantenerti in rotta, conoscendo la dinamica dell’ambiente, i calcoli di deviazione, il nord magnetico. Con la conoscenza, ne vieni fuori. Nella vela, nella vita.
L’esperienza più bella che hai vissuto a bordo?
Era l’alba, stavo tornando dalla Sardegna in Toscana. C’erano vento forte e onda formata, condizioni impegnative ma io mi sono trovato, con Nove, in quella situazione che gli antichi greci definivano “a filo d’onda”, ovvero il modo con cui i velieri camminavano con gli dei. La barca ti sembra immobile, sospesa in una bolla. Tutto intorno a te è agitato, ma tu sei fermo perché sei perfettamente connesso con la natura e i suoi elementi. Un momento magico durato pochi minuti, ma che io ricordo lunghissimo.
E quella più brutta?
Una straorza da incubo in mezzo allo Ionio. Io stavo dormendo, il marinaio che era con me ha deciso di issare il gennaker. C’erano cinque nodi, ma in poco tempo ne sono arrivati 25/30. Gestire la situazione in due è stato un inferno, ne siamo usciti con un “nodo gordiano” tagliando la drizza del gennaker.
Il marinaio mito di Andrea Pezzi?
Solo uno, di fantasia. Ulisse/Odisseo (ride). Amo molto anche l’etica dei vecchi pirati. In mare non si discute, i conti si regolano a terra…
Esattamente il contrario di quello che accade oggi, nelle regate. Dove gli equipaggi litigano in mare e poi a terra tutti amici.
Vero (ride)! Ma all’epoca non era un divertimento. C’era la vita di mezzo. E comunque, ecco perché non mi piace il mondo delle regate. Non mi interessano le avventure dei solitari, non mi interessano i campioni di vela. Devo per forza citare un marinaio mito? Eccone due: Raul Gardini e Giorgio Falck. Grandi imprenditori “prestati” alla vela.
Con chi ti piacerebbe navigare?
Non ho più miti. Per lavoro facevo programmi TV dove le persone si raccontavano. Ne ho conosciuti tanti, di miei miti. Ora non ne ho più bisogno. Quindi, non me ne frega un c…! Meglio navigare da soli. O meglio, una persona c’era. Un caro amico mio e di Claudio, che ora non c’è più. A cui è dedicato il nome della barca.
Nove?
Nove, con il 3 nella “e”. Il 9 marzo è la sua data di nascita, per me lui è stato un maestro. Ma non solo. Nove è il mio numero preferito. È il nono mese, settembre, è anche quello in cui sono nate almeno un paio di persone che amo moltissimo.
I tuoi luoghi del cuore dove calare l’ancora?
Una premessa. Amo tutto il Mediterraneo. Non è un caso che sia la culla della cultura occidentale. Nordafrica, Spagna, Grecia, Tirreno e Adriatico… Ma il luogo a cui penso ogni notte prima di addormentarmi sono le isole di Lavezzi, in Corsica. Dove il giallo di quelle spighe e le pietre disegnate dai venti si fondono con un’acqua cristallo creando un panorama unico. Sono poi un fan dell’isola di Ventotene (il porto romano è una testimonianza pazzesca) e di Marettimo, alle Egadi. Soprattutto il suo lato ovest, non abitato, è uno dei luoghi più belli del mondo.
Tu che conducevi programmi di e sulla cucina… cosa ami cucinare a bordo?
Quello che mi offre la natura. Mi piace pescare alla traina e quando arriva una bella preda mi piace sfilettarla, a mo’ di sushi, oppure prepararci una pasta. Ciò che ti procuri da solo, dedicandoci tempo e fatica, ha un sapore migliore. Avete presente il Piccolo Principe? “È il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante”. Poi amo le vongole, le telline, i ricci e tutto ciò che ha un forte sapore di mare. Poi cipolla cruda, pomodori, crostacei: la catalana è un altro mio punto debole. Il tutto lo gusti meglio se accompagnato da un buon bicchiere di champagne, meglio se Pas Dosé, realizzato senza liqueur d’expédition (l’aggiunta di alcun liquore di dosaggio, normalmente aggiunto dopo la sboccatura e prima dell’imbottigliamento, ndr).
Quali caratteristiche deve avere un buon marinaio?
La conoscenza del mezzo su cui sta navigando, manualità, riservatezza, silenzio, capacità di anteporre sempre la sicurezza al proprio bisogno di avventura.
Un consiglio di Andrea Pezzi per chi va in barca?
Abbiate rispetto degli altri, in mare. Non siate cafonauti.
La vela fa bene?
La vela è il piacere perfetto. E’ un mix combinato di situazioni di piacere: la navigazione, la sera in rada, l’esplorazione, il bicchiere bevuto nel silenzio. La barca a vela è il mezzo più bello sul quale un essere umano può muoversi. E fateci caso, date un occhio alla situazione geopolitca nel mondo e vi renderete conto che chi ha potere, nel mondo, è chi ha navigato.
Con il tuo lavoro hai spesso avuto a che fare con l’Intelligenza Artificiale (AI). Nelle barche, avrà un futuro?
Ci sono due scuole di pensiero sull’AI. La prima è che sarà sostitutiva a quella umana. Io sono dell’altra sponda, quella che ritiene che l’Intelligenza Artificiale debba essere un appoggio a quella dell’uomo. In barca accadrà lo stesso, forse in misura anche meno consistente. Non esiste un algoritmo in grado di processare la natura. E poi, delegare il piacere dell’andar per mare a un’AI che senso avrebbe?
Eugenio Ruocco
VIDEO – A bordo della barca di Andrea Pezzi
Focus: Nove (19m), la barca di Andrea Pezzi
Vi siete mai chiesti cosa significa l’espressione inglese “one-off” riferita a una barca a vela? Identifica le barche realizzate in un pezzo unico, non semplicemente delle imbarcazioni custom, ma delle vere e proprie opere uniche realizzate per le esigenze dell’armatore, come se fossero un abito da sartoria.
Siamo stati all’ecoporto Marina di Cala dei Sardi per scoprire da vicino cosa è un one-off, a bordo di Nove, 63 piedi (19,15 x 5,29 m) di Andrea Pezzi, progetto one-off (V 63 XR) in legno e carbonio realizzato in collaborazione con Vismara, OYA Yacht Design, con il contributo fondamentale di Claudio Demartis e costruito da Officine Alto Adriatico. Una barca molto italiana, dall’idea ai professionisti che ci hanno lavorato, fino alla costruzione. L’ex dj e conduttore televisivo, oggi “guru” del digital advertising, ha deciso di realizzare la barca dei sogni, fatta su misura per le sue esigenze e per i suoi sogni di navigazione. Una barca che fosse molto “casa”, che lo emozionasse, e lo riportasse ad atmosfere e odori delle barche sue prime navigazioni a vela.
Quando la barca è un one-off l’armatore diventa parte attiva del progetto e il cantiere cerca di fare diventare realtà quella che all’inizio è solo un sogno o uno schizzo a matita su un foglio bianco.
Così è stato per Nove, dove l’armatore ha letteralmente disegnato la sua idea di barca, con la richiesta che fosse una barca moderna ma dal sapore antico, che “odorasse di legno”. Per questo motivo il one off Nove è una barca costruita in legno e rinforzata col carbonio. Un’accoppiata non comune, ma che racchiude la filosofia della barca, moderna ma antica, una fuoriserie accogliente da lunghe navigazioni. Volendo fare dei paragoni con il mondo dell’automotive, potremmo definira come un SUV di classe.
L’anima della barca di Andrea Pezzi
La sensazione particolare di entrare dentro un one-off è stata l’impressione di entrare a “casa” dell’armatore. Quando andiamo a bordo di una barca prodotta in grande serie, per quanto ce ne siano di bellissime sul mercato, tutto sembra un po’ più anonimo. Su Nove abbiamo avuto la sensazione opposta.
E non è solo la scelta dei materiali, con un legno caldo che rende l’atmosfera all’interno di Nove simile a quello di una nave antica, ma qualcosa di più. Una sensazione di accoglienza, di rifugio, perché in fin dei conti cosa sono le barche, se non il rifugio felice di chi prima le sogna e poi le vede realizzate e ci naviga sopra, magari, perché no, intorno al mondo.
Lo scafo è stato realizzato in fasciame di cedro rosso su di uno scalo con seste in legno. La coperta è di compensato di mogano. Le strutture sono in legno massello douglas e le strutture della chiglia sono in legno Iroko. Le aree dove si concentrano i carichi come le lande, la trave dell’albero il fondo dello scafo, la zona dei madieri sono rinforzate con il carbonio, per dare rigidità alla struttura ma con rinforzi che non appesantiscano troppo la barca.
Il pescaggio con chiglia a L è di 2,80 metri, pensato soprattutto per garantire il passaggio praticamente in tutti i porti del Mediterraneo o nelle baie meno profonde. Il piano velico è abbastanza classico, con una randa senza square top ma leggermente allunata, e un fiocco autovirante. Sulla definiera a prua si possono armare vele tipo Code Zero e i gennaker. Nove è una barca marina, come abbiamo avuto modo di verificare durante la nostra giornata passata a bordo, ma è stata disegnata comunque una carena piuttosto agile, che consente a chi è a bordo di godersi la navigazione a vela non appena la brezza sale. E Nove è capace di regalare, come vi raccontiamo a breve, buone velocità, che anche in crociera non fanno male.
In navigazione
Abbiamo osservato prima Nove dal gommone, durante questo servizio fotografico realizzato a Cala dei Sardi, Olbia, poi siamo saliti a bordo per navigare con lei. La prima cosa che salta all’occhio, guardandola dall’esterno, è come in pochi minuti due sole persone d’equipaggio siano passati dalla barca all’ormeggio ad avere le vele issate e navigare. In due infatti, grazie ai comandi elettrici delle manovre e al rinvio delle stesse in zona timoneria, con le drizze invece che sono all’albero per tenere “pulita” la zona centrale della barca, si riesce tranquillamente a governare questo One Off di 63 piedi. Le condizioni per altro erano di brezza allegra, che ha iniziato intorno ai 12 nodi per arrivare sotto raffica anche a 16-18 nodi.
Nove è una barca che appare docile, sbanda in modo graduale anche sotto raffica, condizione in cui rimane in controllo anche se non si lasca immediatamente la randa.
E le velocità? In queste condizioni vi possiamo assicurare che questa barca non farà fatica a macinare miglia. Dalla bolina larga al traverso si naviga infatti oltre i 10 nodi, di bolina intorno ai 9, non male per essere comunque una barca destinata alla crociera super comoda.
Tuga ed esterni
Una delle particolarità di Nove è certamente la tuga. La forma è tondeggiante e l’altezza sulla coperta piuttosto importante. Verso poppa ha un piccolo prolungamento che serve ad aumentare l’ombra nella zona del pozzetto dove si pranza o dedicata al social. A proposito del pozzetto, qui ci sono due zone ben distinte. La prima è a poppa, sullo stesso livello del ponte, ed è quella dove sono collocate le due timonerie e alcuni rinvii delle manovre sui winch posizionati a poppa. La seconda zona è quello che potremmo definire come pozzetto vero e proprio, leggermente ribassato rispetto al piano di coperta, protetto dall’ampia tuga e dai paramare, comunicante con l’interno attraverso una porta vetrata.
Manovre da Easy Sailing
Le manovre di questo One Off sono state studiate sulle richieste dell’armatore. Andrea Pezzi voleva una barca facile, con le manovre essenziali e governabile anche da solo o in due persone. Non c’è carrello per la randa che è rinviata con un sistema di paranchi sulla tuga, e il fiocco è autovirante. Una barca che ha bisogno al massimo di un comandante o di un marinaio, per chi decide di avere un aiuto durante le navigazioni, ma niente di più.
Le manovre sono state disposte in modo piuttosto razionale. L’obiettivo era lasciare “pulita” la zona pranzo del pozzetto, tutte le manovre dovevano quindi essere rinviate a prua o a poppa di questa. I winch delle drizze sono stati piazzati in zona albero, ma sono azionabili dalla timoneria. Sui winch di poppa si lavorano alternativamente la randa, sopravvento, e il fiocco, sottovento. Con soli 4 winch si governa con buona efficienza una barca di 63 piedi, anche nella brezza tesa della Costa Smeralda.
Interni
La prima particolarità degli interni è quella che la dinette si trova sullo stesso piano del pozzetto esterno. Non ci sono scalini, ed una porta scorrevole in vetro rende i due ambienti comunicanti. La dinette è rialzata per godere della visuale della tuga che, considerando la vetrata che da verso poppa, è praticamente a 360 gradi. Andando verso prua, scendendo tre scalini, si arriva alla zona notte, dove il legno regna, composta da due cabine ospiti gemelle e quella armatoriale, a letti separati. Tutte le cabine sono fornite di bagno privato.
Mauro Giuffrè
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