L’OPINIONE Dove va la nautica? Lontano dai giovani. Siete d’accordo?

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Come sarà la nautica in Italia tra qualche anno? A quali armatori si rivolgerà? Quale sarà l’evoluzione del mercato? Sono le domande che si è posto il nostro lettore Andrea Foschini e che lo hanno spinto a scriverci le sue riflessioni. Riflessioni e considerazioni, come lui stesso sostiene, opinabili e controbattibili. Fateci sapere se siete d’accordo con lui o la pensate diversamente: basta un commento all’articolo o sui social!

Dove va la nautica

Come sarà la nautica in Italia tra qualche anno? A quali armatori si rivolgerà?

Sono domande legittime, che qualunque mercato si pone, dall’automotive all’alimentare, dalla moda ai social. Le imprese guardano avanti, spesso per crescere, a volte per differenziare, altre per sopravvivere. Nulla da eccepire sulle previsioni dei prossimi cinque anni e sugli ordini acquisiti dai cantieri per il prossimo biennio, segni tangibili del momento di salute del settore, ma una riflessione su come evolverà la nautica in Italia penso sia opportuna. Io ne ho una mia, personale, che come tutte le opinioni è discutibile ed opinabile.

Se guardo alle prossime generazioni, chi oggi è in età scolastico/universitaria, vedo ragazzi che non inseguono più certi stereotipi, come la macchina di lusso, la giacca con la cravatta di alta moda o la mega villa. Piuttosto vedo giovani che per spostarsi usano il monopattino elettrico, che quando devono presenziare a qualche occasione sono in jeans e sneakers e che per vivere cercano un monolocale arredato Ikea.

Se la nostra generazione ha beneficiato di un indiscusso benessere economico abbastanza diffuso, che ha permesso la seconda casa o la barca, oggi, tolti pochi casi sempre più rari, ai nostri figli non lasceremo capitali importanti, anzi forse saranno loro ad aiutare qualche genitore dal punto di vista del sostegno.

Lo sport è una delle principali circostanze che avvicina la vela ai ragazzi, ma deve essere una vela non elitaria, una vela per tutti. Le classiche, quali ad esempio i circuiti Rolex, rischiano di allontanarsi abbastanza da questo mondo che deve approcciare la vela per la prima volta, pertanto restano esclusivamente le regate organizzate dai circoli. Ma non è con lo sport che si riempiono le banchine dei marina.

Continuando la mia riflessione, abbiamo assistito nel settore auto ad un veloce passaggio dal rincorrere dimensioni sempre maggiori, alla ricerca di veicoli di dimensioni più contenute: oggi si vendono, invece dei mega suv, i più modesti crossover.

Le case, assistiamo a costruzioni sempre più ridotte, ma più razionali e sostenibili.

La moda ha sdoganato, anche nelle occasioni più formali, abiti semplici e sempre meno eleganti (nel senso comune del termine e dell’immaginario che per anni ha contraddistinto l’eleganza).

Dove sono finite le barche piccole?

La nautica a mio avviso è in controtendenza.

Oggettivo il fatto che nei saloni trovare un natante è sempre più difficile, così come trovare una barca a vela sotto i 150000 €.

Guardando indietro, gli anni d’oro della nostra cantieristica, pioniera della nautica in Italia (e poi tristemente scomparsa con le varie crisi o con le altrettanto varie mode) risalgono a meno di 50 anni fa. Comar, Alpa, Barberis, solo per citarne alcuni nel modo della vela, fino a venti o a trenta anni fa costruivano barche per una nautica per tutti. Chi era più facoltoso si permetteva il 12 metri (uno splendido esempio l’Alpa 12,50), chi aveva qualche risparmio e tanta passione si “accontentava” di un Comet 8,50 o del suo rivale in legno, il bellissimo Passatore.

Questo contesto ha permesso di sviluppare il settore, l’intero indotto della nautica, che oggi vedo all’orizzonte impoverirsi. Non parlo in termini economici, quanto in termini di persone che vivono di nautica.

Di barche a vela da 70 piedi se ne fanno forse sei, dieci al massimo in un anno, di yacht a motore da 90 piedi altrettanti.

I cantieri più strutturati possono costruire una cinquantina di barche l’anno, nei casi limite un centinaio. Rimangono numeri importantissimi come fatturato, ma molto contenuti per un Paese che vanta 8000 km di coste. Di splendide coste.

Il charter è la soluzione?

Il charter è la soluzione? In parte si, ma spesso un marinaio che va in barca una settimana all’anno non è lo stesso marinaio che è anche armatore. E comunque, anche con il charter, non riempiremo i pontili dei marina.

Quello che vedo oggi è che la nautica sta allontanando persone da questo mondo, perché sempre più mette una barriera, economica, per accedervi, insostenibile per i più.

Coppa America, Ocean Race, quale pubblico oggi le segue?

Non vedo la passione nelle persone che conosco dei tempi di Azzurra o della prima Luna Rossa.

Penso che la nautica debba avere un ruolo importante nel tessuto industriale ed artigianale del nostro Paese e che sia indispensabile ridimensionarla, ritornare a mettere davanti la passione alle dimensioni.

Penso che se non avviciniamo i ragazzi al mare, la nautica in pochi anni ne risenta, perché non avremo generazioni interessate alla vela o più in generale appassionate dall’andar per mare.

Dovremmo prendere esempio dalla bicicletta

Trent’anni fa praticare lo sport della bici (quella da corsa era il modello d’eccellenza) era alla portata di tutti. Con meno di un milione delle vecchie lire prendevi un bel telaio, un cambio discreto (il dilemma era Campagnolo o Shimano?) ed un abbigliamento più che valido. Oggi la bicicletta ha prodotto una varietà di telai enorme, da corsa, da spiaggia, da sterrato, da tutto, alzando enormemente il costo delle biciclette, ma lasciando la possibilità a chi ha 500 euro in tasca da spendere per fare questo sport, di poterlo praticare. Oggi va in bicicletta per sport molta più gente di 30 anni fa.

Concludo solo invitando i Cantieri a ragionare di ritornare a riempire il mercato con i natanti, dimensioni contenute, niente accessori non indispensabili per navigare, un po’ per tutte le tasche.

Forse non torneremo ai tempi della navigazione con i Vaurien o i Caravelle in Laguna, pernottando in tenda (nonostante siano emozioni che nessun grande yacht può regalare), ma dai 20 ai 30 piedi è ragionevole investire per il futuro.

Se non per passione, almeno per garantirsi le future generazioni come clienti.

Buon vento a tutti!

Andrea Foschini*

*Andrea Foschini, con la sua associazione Vela e legno, si occupa di costruzione, restauro e scuola vela su barche in legno e Formazione di maestro d’ascia

Cosa ne pensate? Siete d’accordo o pensate che ci siano molti altri “sfoghi” nella vela per i giovani? Fatecelo sapere!

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27 commenti su “L’OPINIONE Dove va la nautica? Lontano dai giovani. Siete d’accordo?”

  1. Salve, penso che si debba aumentare anche i posti in marina, soprattutto per chi vuole un natante e quasi impossibile averlo. Ci sono solo posti per imbarcazioni dai 13/15 metri, perché chiaramente i marina ci guadagnano di più.

  2. Il problema Non è tanto acquistare la barca, nel mercato usato si trovano buone occasioni. I dolori arrivano nel mantenerla: manutenzione e porti soprattutto. Se non investiamo nelle strutture e non diamo una calmata ai prezzi di stazionamento la nautica ne soffrirà sempre più in futuro.

    1. I “marina” dovrebbero essere creati e gestiti dai comuni , che dovrebbero dare i posti barca con priorità ai residenti, poi ai richiedenti generici. Il motivo che tiene lontani gli italiani,dalla nautica maggiore, (barche che richiedono un ormeggio) che sarebbe un popolo di navigatori , è principalmente il costo dell’ormeggio. In alcuni porti associazioni gestiscono i porti dividendo fra i diportisti i costi reali, dimostrando che si potrebbero spendere cifre irrisorie rispetto ai prezzi solitamente richiesti.

    2. Antonino Caraco'

      Ormai nei marina o negli ormeggi canali guardandoci intorno siamo tutti alti di età per non dire anziani, quando ho cominciato io a 25 anni eravamo in netta maggioranza giovani con tante idee e sogni , ma a prescindere che vengono pagati poco , lavoro precario ed ecc.non hanno i nostri sogni hanno il cellulare in mano non hanno spirito di adattamento e non vogliono sporcarsi le mani .

  3. Bisognerebbe rendere possibile e accessibile a tutti permettersi un posto barca, tante persone potrebbero avere la passione per la vela ma da sempre nei porticcioli (privati) i prezzi sono inaccessibili, mi chiedo perché il demanio, comune o regione non dispone di un numero x di pontili da assegnare (anche in base al reddito) di posti barca…. Io abito in Liguria, purtroppo la realtà come per le spiaggie è questa.Potrebbe essere un motivo per avvicinare giovani e non alla vela!

  4. Sinteticamente credo che:
    La produzione dei grandi cantieri sia orientata ai charter
    Per converso si trovano ottime occasioni abbordabili per parecchi (non scrivo molti) giovani
    Il costo maggiore è il mantenimento ormeggio incluso
    Un problema da non trascurare è la mancanza di tempo sia per la piccola manutenzione (che fatta in proprio permette grandi risparmi e di conoscere a fondo la barca=sicurezza) sia per le ferie.

  5. Il consumismo ha distrutto la nautica, praticando una selezione basata sul denaro. Non è mai nata una nautica “pret a porter”, come in Francia.

  6. Come si fa a fare avvicinare la vela ai giovani se sul litorale romano non c’è verso di noleggiare una deriva a meno di fare un abbonamento a un circolo nautico. Se gli armatori preferiscono tenere le barche ferme piuttosto che far fare due bordi gratis. Mi hanno chiesto 1500 per il noleggio di un fine settimana a settembre… Così la vela muore e basta…

  7. Ho restaurato un alpa 19 abbandonato in giardino tanto lavoro pochi soldi
    Ora me la godo con mio figlio di 17 anni
    Il mare è una scuola straordinaria di vita
    Il mare deve essere di tutti

  8. Alberto Eleonora Dollinar

    Fino a quando non si insegna ai giovani a sgottare le sentine con la spugna, a stuccare e pitturare le carene ed a lavare i piatti, a guardare il cielo e le nuvole per comprendere meglio il meteo ed imparare le cose semplici reali, il rispetto per chi sale in barca e soprattutto per il mare, andremo lontani dall’ Amore dei giovani per il mare………..e la scuola cosa insegna in merito?
    Avevo fondato la Scuola di ambientamento al mare……senza profitto, con entusiasmo dei giovani, e dei pensionati navigati, ora purtroppo chiusa.

    1. Cominciamo dai porti pubblici in concessione praticamente divenuti come proprietà privata di questi ultimi e a prezzi assurdi e senza controllo per gli utenti. (, vedi l omologa questione spiagge). Il problema non è comprare la barca, magari modesta, ma tenerla… Un vero tiro al piccione!

  9. Purtroppo i costi dei marina restano troppo alti, manca una nautica più “popolare”, una nautica dove puoi scegliere se avete certi servizi e di conseguenza pagare , oppure scegliere di avere solo un ormeggio senza servizi. Un mercato dove il “posteggio”annuale può arrivare in un paio d anni , al valore del mezzo, sia difficile da sostenere.

  10. Se costruire un motoscafo fa guadagnare 5 o 10 volte quello che fa guadagnare una barca a vela dubito che ci siano cantieri che si “imbarchino” nella costruzione di nuovi natanti, ….purtroppo. A questo aggiungiamo i costi dei marina e il ridicolo numero di scivoli per le barche carrellabili e lasciamo ogni speranza

  11. Francesco Fabiani

    Facciamo che finché sulle riviste non se ne parla o se ne parla pochissimo, che se non si sa neanche dove vederle, che se non si sa quanto costano e i costruttori di piccole imbarcazioni non vengono filati, è normale che sia i ragazzi che tutti gli altri si allontanino.

  12. Giuseppe Scognamiglio

    Concordo appieno questa autentica riflessione sui semplici valori della vela. Ho avuto la fortuna di iniziare la vela sulle derive di legno, e sopratutto di aver avuto come maestri dei vela veri marinai. Diversi neo armatori di barche sopra i 40 piedi non sanno riconoscere il segno distintivo di un modello di barca, del progettista ne’ tantomeno riconoscere il cantiere o il periodo di costruzione. Alcuni non sanno neanche chi ha progettato la propria imbarcazione. Sono felice armatore di un natante di 24 piedi della Beneteau, il First progetto Finot degli anni 80’ e considero una dimensione ideale di una imbarcazione tra i 24 piedi ai 32. Oltre questa lunghezza si perde anche la libertà di uscire da soli. Consiglio a futuri armatori queste dimensioni, anche a chi esprime la volontà di fare crociera con amici o famiglia per 2 wk ad Agosto, perché è più vantaggioso avere un natante da usare sempre tutto l’anno e fittare contestualmente la barca più grande per le sole 2 wk ad Agosto. Con il vantaggio di cambiare ogni stagione le aree di navigazione spostandosi in aereo anziché fare svariati giorni di trasferimento. A conti fatti costa meno che gestire un 40 piedi per tutto l’anno.
    I giovani tramite tanti circoli si avvicinano alla vela, ma poi non la praticano costantemente perché non possono permettersi di acquistare una barca di minimo 32 piedi. Dovremmo prendere esempio dai paesi scandinavi o dalla vicina Francia dove la vela è da sempre sport e stile di vita alla portata di tutti. Altra idea è quella coinvolgere i circoli all’acquisto di diversi natanti da utilizzare per esempio per i corsi avanzati e da noleggiare ai soci. Così come anni fa’ avveniva per alcuni circoli importanti americani. Vedi alcuni modelli di S & S progettati apposta per i circoli.
    Complimenti per l’articolo.

  13. Ho 49 anni, a 16 ho passato ho passato un’estate facendo campeggio nautico col Finn, scuffiavo in spiaggia e usavo la randa come tenda, a 22 ho girato il mediterraneo con un 6m SI a cui avevo messo le luci di navigazione a petrolio, ad oggi ho un 57 piedi……voglio cambiare barca e rimpicciolirmi ma sul mercato non trovo niente che mi emozioni. I 16 enni di oggi purtroppo mai farebbero un’esperienza come la mia……L’evoluzione con gli anni ha rovinato tanto e portato poco

  14. Io ho l’impressione invece che i giovani non amino la “scomodita” della vela cosi’ come non ci pensano neanche ad andare in vacanza con una tenda canadese come facevamo noi negli anni 70-80.

    Oggi si può comprare usata una barca di 8 metri per 10.000 euro .. se la si prende con un socio costa come un motoretta. Nuove certo sono cifre importanti con bassi margini per i cantieri.

    Poi più che il costo della barca spaventa il costo di Gestione che per un 8 metri è sui 3.000 euro all’anno.
    Con la stessa cifra allora preferiscono una vacanza di 3 settimane easyjet + airbnb alle Baleari o in Grecia.

  15. È tutto troppo caro. 3 anni fa avrei potuto permettermi un catamarano di 48 piedi. Ora fatico a concepire l’acquisto di un 40 piedi. Il costo è lo stesso di un 48 piedi di 3 anni fa…

  16. Per la barca si deve avere tanta passione, tanto tempo e anche tanta disponibilità economica Come fanno i giovani con contratti precari e suscettibili di trasferimento ad impegnarsi con l’acquisto di un natante e mantenerlo ?
    Se devi pure acquistare il posto barca quasi che ti ci viene un bilocale nella prima periferia
    Detto questo la vela mi sembra sempre di più uno sport per vecchi…

  17. Un bell’articolo che fa riflettere su come si evolverà il mondo della nautica da diporto con le prossime generazioni in Italia. Seppur concordi ad asserire che ad essere responsabile è e sarà sicuramente l’aspetto economico (capacità economiche del singolo, costi di vita, per non parlare costi di gestione di un’imbarcazione…), ritengo che parte della colpa ricada anche sulle generazioni più giovani che spesso guardano il mare solo come ambiente prettamente “estivo”, guardandolo solo dalla spiaggia. L’andare per mare, di giorno, di notte, con solo raggiante o con pioggia e freddo è un’emozione che tutti dovrebbero provare, per apprezzare e capire come va goduta veramente questa grande risorsa! E vorrei anche sottolineare che vivere veramente il mare significa andar a vela…che sia con un windsurf, con una deriva o con una barca a vela vera e propria. Questo è il miglior modo di godere e apprezzare il mare, di sentire la natura e di ascoltare e ritrovare se stessi.
    Esorto davvero tutti noi giovani ad avvicinarsi al mondo della nautica e a godere delle emozioni che ne possono derivare.
    .
    .
    .
    “Arma la prora e salpa verso il mondo” 🌍 ⛵️⚓️
    G. D’Annunzio

  18. Oltre a un problema di mercato e anche un fattore culturale, lo stereotipo medio è ancora il calciatore e la velina, di conseguenza gli sponsor investono dove c’è business e la vela rimane per appassionati benestanti, i circoli arrancano e se non ci fossero volontari che li mandano avanti chiuderebbero…..probabilmente i cantieri puntano su clienti facoltosi proprio perché questo motivo e cambiare l’approccio culturale sia nella vela che in altri sport minori diventa un processo difficilissimo

  19. Mi unisco alla lista delle lagnanze. Coste meravigliose, mare splendido, entroterra fantastico, meteo clemente: un pese perfetto per la diffusione della Cultura dell’Andar per Mare… ma solo per chi se lo può permettere. Il charter non è andar per mare, è farsi una vacanza con uno skipper o affittare una barca contando sull’esperienza accumulata si e no in 30 giorni l’anno e quasi sempre con il bel tempo.
    Forse i nostri figli cambieranno le cose in modo “creativo” aumentando il numero dei “porti a secco”, girando con derive da mettere sul tetto dell’auto o con catamarani a vela gonfiabili. Qualcuno si auto-costruirà qualche bagnarola con la quale farà il pieno di divertimento, roba smontabile veloce da armare e facile da stivare in casa. Mi vengono in mente le canoe polinesiane di Gary Dierking, le fantastiche derive di Iain Oughtred gli scafi a remi e a vela di John Welsford i progetti del nostro mitico Paolo Lodigiani. Forse la vela, quella vera, tornerà ad essere parte di piccole cerchie di nerd e appassionati che si scervelleranno per uscire in mare senza doversi vendere un rene…

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