Crivizza, la “vecchietta” del 1966 che sta vincendo tutto
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Crivizza, la “vecchietta” del 1966 che sta vincendo tutto
Crivizza, classe 1966. Slanci esagerati e una delle poppe più eleganti che ancora solcano l’acqua. Basterebbero già queste poche parole per definire questa gran classic boat, un incredibile II Classe RORC (Royal Ocean Racing Club) di 11.67 metri, costruito in legno dai Cantieri Apollonio di Trieste su progetto di Alan Buchanan. Ma Crivizza è anche un missile, una signora barca che, al netto dei suoi 57 anni, ancora semina il panico sui campi di regata trionfando allegramente sui circuiti dedicati alle Classiche.
Incuriositi, abbiamo avuto modo di “chiacchierarne” con gli armatori, Ariella Cattai e Gigi Rolandi (segretario generale AIVE). Ecco, quindi, Crivizza, una barca classica come poche altre.
Crivizza | Storia
Velisti sin da giovani, dopo una vita passata tra le montagne svizzere, al CERN, tornare al mare, a vivere il mare, è stata scelta quasi necessaria. Così si sono avvicinati a Crivizza, sia Ariella che Gigi, quasi senza saperlo. Tornati in Italia, in Versilia, sui pontili di Viareggio si rendono conto che una barca classica è la scelta loro più naturale. Rivedere il Kerkyra II, iconico One Tonner progettato da Sparkman & Stephens per Marina Spaccarelli Bulgari (terzo alla One Ton Cup del ‘69 con Straulino al timone) li convince sempre più di quest’idea. Sono le barche della loro giovinezza, barche cariche di un sapore che ora va sparendo.
Entra qui in gioco un altro grande nome della vela, l’amico Mauro Pelaschier, che gli indica proprio Crivizza, a terra da due anni ma un grande progetto. Lui stesso, nel 2018, ci aveva fatto il giro d’Italia a tappe, promuovendo la Charta Smeralda come ambasciatore della One Ocean Foundation. È amore a prima vista, e Crivizza diventa loro.
Comprata e messa in acqua, forte di un nuovo gioco di vele magistralmente realizzato dalla Olimpic Sails di Trieste, Crivizza rivela subito il suo spirito. La barca è performante e super competitiva, orza come poche e resta intuitiva, equilibratissima sul timone. Si spalanca un mondo e Ariella e Gigi si lanciano in quest’avventura, circondati da amici e appassionati pronti a partecipare. In appena un anno, Crivizza diventa il centro di gravità per oltre 20 persone che, a turno, si rivelano sempre pronte a salire a bordo come equipaggio.
Un equipaggio di amici, ma competitivo come pochi e dai risultati sorprendenti. Il fulcro sono sempre loro, Ariella e Gigi, immancabilmente accompagnati da Umberto Wetzel e Antonia Contin. Ma a bordo salgono anche grandi nomi della vela, Mauro Pelaschier, Roberto Perrone Capano e Roberto Sponza, per citarne alcuni.
Crivizza | Refit
In una prima e soddisfacente stagione, com’è naturale, Crivizza rivela gli acciacchi dell’età. L’autunno 2022 è quindi il turno del refit. Presso il Cantiere Francesco del Carlo di Viareggio viene così immersa nel mondo delle maestranze versiliesi, un mondo, peraltro, tra i migliori che si possano trovare –come sottolineano gli armatori. Vengono rifatti coperta e dritto di prua, così come viene rinforzato anche il piede d’albero. Un lavoro magistrale da cui emerge una barca perfetta, fedele all’originale e ancora più competitiva. La stagione 2023 lo conferma, sebbene ancora lungi dal concludersi. È infatti ora il turno di Imperia, poi la Francia, con Antibes, Cannes e Saint Tropez.
Crivizza | Il piacere di avere una barca classica
Alla fine della nostra “chiacchierata”, una domanda si rivela più che naturale. Guardando un panorama come quello attuale, ricco di barche e modelli di ogni tipo, tra “classiche” e “contemporanee” esiste un abisso. Cosa significa quindi avere una barca classica? Cosa conquista davvero?
La prima risposta è assolutamente sensoriale: il legno –risponde subito Gigi– l’odore del legno. È una componente che ti avvolge non appena sali a bordo, una componente che ti riporta indietro nel tempo, alle barche come Vagabonda, le barche su cui si è cresciuti.
La seconda componente è l’amore e la passione che queste barche evocano. Una barca, di qualsiasi generazione, è una creatura che va amata. Una creatura che va amata e che necessita di lavoro. E una barca così, necessariamente, è più facile da amare, chiave di volta per accettare i sacrifici e il lavoro che necessariamente comporta.
Anche l’ambiente che vi gravita intorno, però, è incredibile –aggiunge Ariella. Quello delle barche classiche è un mondo a sé stante, con un’atmosfera tutta sua. La competizione esiste, tanta anche, ma non è così tirata, è la competizione tra amici, tra appassionati, pronti a sfidarsi in acqua e chiacchierare amabilmente a terra. E non mancano i grandi della vela. È un mondo unito da una passione profonda, da cui poi nasce la competitività, ma una competitività carica di bellezza, “cozy” quasi, in cui si sta davvero bene. E con barche così è certamente più facile viverlo.
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A cura di D. De Luise
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