Classic Boat – Le mitiche barche del periodo 1967-1970
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Vi abbiamo parlato di Classic Boat e ve ne abbiamo presentato le più significative, progetti brillanti e meritevoli di essere celebrati e considerati per il valore che hanno (QUI). Parlare di queste barche e confrontarle solo per firma e lunghezza fuori tutto, però, strapperebbe i progetti dal loro tempo, decontestualizzandoli dal periodo progettuale cui appartengono. Per approfondire il tema come merita, quindi, ecco una serie di articoli di approfondimento, brevi analisi dei canoni progettuali, delle loro evoluzioni e delle stesse Classic Boat, periodo per periodo.
Classic Boat, le mitiche barche del periodo 1967-1970
Il finire degli anni ‘60 fu un periodo irripetibile, una fase fondamentale per la storia della vela. Con la ripresa economica successiva al secondo conflitto mondiale, il mondo dello yachting vive una trasformazione radicale, forse unica. Quasi spariti, i grandi yacht dell’élite vengono affiancati dalla sempre più numerosa comparsa di barche più piccole, sempre più performanti e gestibili da equipaggi ridotti. La vela, di colpo, assume una concezione meno elitaria, si apre alla classe media, lanciandosi in una grande stagione di regate e innovazione tecnologica.
Con il finire degli anni ‘60 questa tendenza è al suo culmine, arricchita su molti fronti dall’entrata in campo di nuove concezioni progettuali e altrettanto nuove innovazioni tecnologiche. È una stagione in bilico tra il disegno “classico” e l’innovazione più radicale, a sua volta spaccata tra i binomi della produzione tradizionale e di serie. I punti di svolta sono due: l’eclatante vittoria del piccolo Rabbit di Dick Carter alla Fastnet Race del 1965 (QUI la storia) e l’inizio della grande produzione industriale, canonicamente rappresentata dall’Arpège di Michel Dufour, prodotto in 1500 esemplari a partire dal ‘67.
Classic Boat 1967-’70 – Nuovi canoni e nuovi materiali
Il breve periodo che va dal ‘67 al ‘70 vede un profondo cambiamento nell’approccio alla progettazione, anche se ancora ai suoi albori e che non permea l’intero panorama. Ma le nuove concezioni introdotte dal Rabbit di Carter prendono piede, venendo pian piano assimilate nei progetti successivi.
Di colpo cambiano le linee d’acqua e le forme degli scafi, i bagli massimi iniziano a crescere, “ingrassando” e allungando l’opera viva a barca sbandata, aumentandone la velocità critica. In parallelo cambiano le appendici, sempre più affusolate, lontane delle tradizionali chiglie lunghe, che ancora però sopravvivono, come nell’Alpa A11 di Illingworth, del resto ancora forte anche di un baglio relativamente stretto. La lezione è però appresa, come ben dimostra il successo dell’Arpège, con il suo ampio baglio, gli slanci meno evidenti (sebbene non indifferenti, a poppa come a prua) e una realizzazione più economica, a coronare l’entrata in scena della vetroresina.
Il periodo è quindi vivace, carico di un’atmosfera di grande ricerca, dove innovazione e stile classico si incontrano, come è evidente in tanti dei grandi progetti che i cantieri, forti della nuova capacità produttiva, sfornano in grande successione. Barche come lo Swan 43 e l’Alpa 12.70 di Sparkman & Stephens ben rappresentano questa capacità di ibridare, massimi esempi, forse, del matrimonio tra linee classiche di coperte e slanci, con le innovazioni nascoste invece sotto il galleggiamento, dove compaiono ora derive fini e timoni su skeg. Soluzioni che ritroviamo anche in tante altre Classic Boat del tempo, quali gli Alpa 9.50 e 11.50, il Freya 45 prodotto da Benello e il Centurion 32, di Holman.
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Classic Boat 1967-’70 – L’alba delle “piccole”
Non è però solo una ricerca volta al miglioramento di quanto offerto dalla tradizione, quella che pervade questi anni, e non sono esclusivamente le “grandi” barche a inseguire le innovazioni. Anzi, è tra le “piccole” che forse queste prendono più piede, forti dell’esempio di Dufour. Comar (allora Sipla), proprio in quel periodo lancerà uno dei suoi bestseller, un piccolo miracolo prodotto ancora oggi, il Meteor, un 6 metri rivoluzionario. Largo al baglio massimo, con una poppa quasi tronca, priva di slanci, e dalle grandi performance, il piccolo Meteor si dimostra un immediato successo, anche grazie ad un’altra grande qualità che andava prendendo piede: l’attenzione all’ergonomia, al comfort e alle finiture degli interni. Un caso non isolato, come dimostra anche il Samourai, la controparte francese (più grande, con i suoi 7.4 metri), prodotta in oltre 800 esemplari da CNSO, e replicata poi, dagli stessi, nel 9 metri Karate.
Classic Boat 1967-’70 – La ricerca della performance
In questo ribollire di soluzioni e innovazione, la competizione sportiva è il principale elemento di traino, forse come sarà ancora solo nel decennio successivo. La regata è quindi un forte elemento di traino per il crescente mercato, che a lei guarda e, in parte, per lei produce, fornendo scafi alle crescenti schiere di crocieristi-regatanti. Ne sono ottimo esempio l’Ecume de Mer e l’Impala 35 (S&S 34), rispettivamente, diretta replica dell’omonimo Quarter Tonner progettato da Finot il primo, e fast-cruiser ante-litteram d’eccellenza l’altro, vincitore assoluto della Sydney Hobart del ‘69. Tra questi casi, anche il grande Alpa 12.70, progettato in appena 15 esemplari per consorzio di 20 persone interessate ad avere uno scafo competitivo con cui regatare.
Complessivamente, un periodo unico, un calderone di ricerca e di spinte fortissime, destinate a migliorare i canoni progettuali e costruttivi. Una spinta fondamentale che, già a partire dai primi anni del decennio successivo ha portato alla nascita della Golden Age della Vela, i primi anni dello IOR (International Offshore Rule), con un progressivo miglioramento delle linee d’acqua, dei materiali, del rigging e delle performance. Un’epoca breve ma miliare, imprescindibile alla vela per come la conosciamo oggi.
Tre “chicche” sulle Classic Boats
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A cura di D. De Luise
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3 commenti su “Classic Boat – Le mitiche barche del periodo 1967-1970”
Che Vergogna vi siete dimenticati le mitiche barche di Carlo Sciarrelli…..
E l’Arpege? Vogliamo dimenticare il Mitico ?
E’ ampiamente citato!