Come rallentare una barca da regata. I 10 segreti per non vincere
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I dieci segreti per non vincere una regata nel manuale rigorosamente semiserio di Marco Cohen*. E se vincete… tranquilli: è stata solo una casualità! Leggete e fateci sapere con un bel commento se vi riconoscete in una delle situazioni descritte…
Crocieristi, che uscite con la barca col pieno d’acqua nei serbatoi e le taniche di riserva piene di gasolio, velisti amatoriali che per pigrizia lasciate le vostre vele arrotolate per periodi più lunghi dei pagamenti a 180 giorni data fattura dei vostri peggiori clienti, sappiate che questo pezzo non fa per voi.
Come rallentare una barca da regata
Mi rivolgo invece a voi, regatanti e armatori, voi ancora pieni di speranze con velleità agonistiche, ovviamente non da Campionato Mondiale ORC, ma desiderosi di primeggiare nelle competizioni di circolo di medio/alto livello, magari superando l’agguerrito vostro vicino di banchina.
Lo so cosa state pensando, avete letto qualsiasi tipo di guida sul “tuning” e i segreti degli esperti e dei velai… ma vi chiedo di seguirmi nei miei tortuosi ragionamenti ispirati da quello scapestrato del Cappellaio Matto. Nel meraviglioso paese di Alice, possedeva numerosi orologi che segnavano i giorni e i mesi ma non le ore, rendendoli sostanzialmente inutili per la vita reale e le decisioni quotidiane.
Ho riassunto in questo articolo i 10 punti fondamentali, i capisaldi per rallentare una barca da regata in modo tale da ridurre al minimo le possibilità di vittoria. E qualora doveste vincere, niente panico. Si tratta di una pura casualità (vedi punto 1). Buona lettura!
1. La vittoria (prima o poi, e forse) arriverà
Inizio con una buona notizia: anche un orologio rotto due volte al giorno segna l’ora esatta. Allo stesso modo per voi, anche sbagliando in continuazione, prima o poi, il momento della vittoria arriverà.
2. Il mistero delle regolazioni in regata
Avete presente quelle barche da regata fighe piene di tacche e tacchette con numeri dal boma ai punti di scotta, fino alle diverse regolazioni sparse per la barca sotto forma di adesivi? “35 gradi di vento, 18 gradi di inclinazione; 12 nodi di apparente carrello fiocco buco 4” e così via… Ecco la mia barca ne è piena, con segni e appunti lasciati dal precedente armatore, un bretone e navigatore solitario. Gente vera, insomma. Certo se mi ricordassi dove cavolo li ho messi… “Scusate mi sembra non porti bene, qualcuno ha visto le tabelle?”, urlo a metà della prima boa di bolina.
Risposta: “L’ultima volta che le ho viste erano nel tavolo da carteggio”, e visto che l’ultima volta del tailer parlante era la Giraglia 2019 pre-covid… lasciamo stare. Spostiamo a cazzo di un paio di segni e a quel punto uno si ricorda e dice: “Buco 4… ma era 4 da contare da poppa o da prua che nel caso è invece il buco 6?”. L’appassionante discussione, che nel frattempo distrae l’80% dell’equipaggio dai loro compiti, si interrompe bruscamente per l’avvicinamento alla prima boa del lato di lasco.
3. La tensione delle sartie “eterna”
Un caso a parte merita la tabella delle tensioni delle sartie e dello strallo, che ho fatto saggiamente sigillare sotto plastica e che ci osserva da tempo immemore vicino allo spazio esterno di fianco alla bussola.
Per motivi di devianza e turbolenze psicologiche, che ancora non mi riesco a spiegare… e avendo messo il tensiometro nello stesso scomparto del cavatappi di riserva, in modo da poterlo sempre trovare, nessuno si è mai preoccupato di misurarle e regolarle… siamo in assetto da vento medio dai tempi dell’ultima Champions dell’Inter…
4. I pesi… questi sconosciuti
La frase definitiva sul tema la disse il nostro grande velaio Roberto Westermann che un giorno esclamò guardando il pozzetto invaso dai nostri bagagli prima di una regata lunga: “Non ho mai visto cosi tanti bagagli sembra il check-in della British Airways”.
Ho sempre pensato che il risparmio pesi fosse una roba da esaltati. Fino a che un giorno (peraltro era post 151 Miglia e Giraglia) abbiamo dovuto svuotare completamente il mio Mat 10.10 Dajenu, per fare la stazza ORC International per partecipare alla Copa del Rey di Palma. Bestemmie e colpi della strega a parte… abbiamo visto riemergere la barca in stile sommergibile con il classico ginocchio di prua disegnato dalla matita del mago Mark Mills: wow!
5. Fantasmi in cambusa
Vorrei parlare solo dei cibi solidi, perché sul consumo di alcol a bordo mi affido al quinto emendamento, lo stesso che mi copre su parte dei risultati agonistici. A proposito di ciò: chiederei al GdV la cortesia di pubblicare nei servizi sulle regate solo i nomi dei vincitori evitando voyeuristici sguardi nella parte bassa delle graduatorie. Così al classico “Come è andata?”, potrò rispondere “Bene, a metà classifica”.
Comunque, dicevo, vige una legge universale in cambusa: le cose che porti in barca non ri-escono da sole. Per cui quando in vista di lunghi trasferimenti e regate notturne carichi al supermercato la barca con prodotti a lunga scadenza, ricordati che potresti poi fare interessanti ritrovamenti archeologici come le 12 preziose confezioni delle Insalatissime Rio Mare riscoperte sotto l’armadietto intatte e assolutamente commestibili a 24 mesi dall’acquisto…
6. Come (non) allenarsi prima della regata
L’allenamento. Dal dizionario: “preparazione specifica e metodica atta a ottenere il mantenimento dell’efficienza ad una prova o gara sportiva”. E qua chiamo i lettori del Giornale della Vela e mi appello alla loro sensibilità: ma chi cacchio ha il tempo di farlo prima di una regata o di una serie di competizioni che ti allontanano dalla famiglia e dal luogo di lavoro… al massimo andrebbe fatto durante!
7. Se bolini male, in poppa andrai peggio
Qui siamo a metà tra leggi fisiche e metafisiche. Un incrocio tra la legge del moto su un piano inclinato, in cui man mano che procede il corpo prende sempre più velocità: nel nostro caso si va al rovescio, ovviamente si rallenta…
La famosa legge di Murphy la parafraserei così: ”Se sei un cane in bolina, alla prima boa con l’issata del gennaker andrà peggio”.
8. Il cazzeggio è la miglior ricompensa in regata
Concentrazione psicologica. Qua vi rivelo un piccolo trucco che spero vi sia gradito. Troppo faticoso mantenere alta la concentrazione, soprattutto se stai al timone come me. Troppo lungo e complesso restare concentrati per tutta la durata di una regata (costiera o triangoli che siano).
Come per le tavolette di cioccolato divise in tanti blocchi, io divido il percorso in parti più piccole: decido di meritarmi, al termine di ciascuna di esse, uno o più momenti per commenti, piccole gioie (magari per un avversario superato), un bicchiere di vino, ammirare il paesaggio e via dicendo. Fatelo anche voi e vedrete che un centinaio di metri persi non ve lo leva nessuno.
9. In regata, segui gli altri. Anche se sbagliano
Perché focalizzarsi sulla propria barca quando puoi guardare gli altri? Naturale conseguenza del punto 8. Poche cose mandano in bestia il mio equipaggio come questa. Un po’ come quelli (io per primo) che, anche se vedi una strada senza uscita con burrone sul navigatore, svoltano comunque perché non riescono a non seguirlo.
Per anni, lo confesso, sono stato ossessionato da una barca di velisti locali tigullini (come il rinomato stracchino della Centrale del latte di Chiavari): l’X-332 Aria di Burrasca di Franco Salmoiraghi e, anche se vedevo chiaramente macchie di rinforzo al largo li seguivo nel bordo verso terra.
10. Condividi e fatti invidiare
Quando stai facendo, per una volta, una cose bene in barca, prima di continuare postala. “Fermati attimo sei bello”, diceva più o meno il Faust di Goethe che ovviamente non aveva Instagram: ma se l’avesse avuto sono sicuro sarebbe stato il primo a volerlo condividere con i suoi amichetti teutonici. In più i suoi sarebbero stati tra Francoforte e Weimar…
Vuoi mettere i miei che spesso stanno a Milano in ufficio mentre io veleggio in mezzo al mare e in mezzo alla settimana?
*Chi è Marco Cohen
Marco Cohen, produttore cinematografico e velista, armatore del Mat 10.10 Dajenu con cui si diverte a regatare (con scarso successo, confessa) tra il Golfo del Tigullio e il Mediterraneo, si descrive così: “Interista, filosofo, taglia 54 e nei momenti belli 56. Ho riabbracciato la vela a 37 anni dopo l’ennesimo infortunio a calcio, quando ho realizzato che è l’unico sport che si può fare da seduti e con un bicchiere in mano.
Per il Giornale della Vela ha scritto vari articoli, alcuni esilaranti come quello sulla “fenomenologia del Campionato Invernale” oppure quello sulla “sindrome dell’armatore” e il suo manuale per partecipare alle regate d’altura sapendo di perdere.
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