VIDEO New Generation Parasailor. Abbiamo provato la supervela
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Il mondo della crociera è sempre più testimone della scomparsa degli spinnaker. C’è poco da fare, ormai non li usa (quasi) più nessuno. E forse a ragione, perché, fuori della regata, è una vela “scomoda”. La soluzione è spesso la vela bianca, pratica ma limitata. E infatti esiste un’opzione migliore: il Parasailor. Si issa in un minuto, si scalza, e poi si procede tranquilli, con tutti i vantaggi di tre vele in una: Spinnaker, Gennaker e Code 0 insieme. Il suo segreto? L’ala. Per conoscerlo meglio, ne abbiamo provato l’ultima evoluzione, il New Generation Parasailor, ad ala ibrida. Ve lo raccontiamo nelle prossime righe e nel video qui sotto.
New Generation Parasailor
Derivato dall’aeronautica leggera, il Parasailor è uno spinnaker munito di ala tipo da parapendio, grazie alla quale il vento è tradotto in una forza traente e ascendente. Insomma, l’ala “solleva” la prua della barca e la “trascina” in avanti, offrendo propulsione, stabilità e sicurezza a bordo. Caratteristiche fondamentali con venti importanti, ma che consentono alla vela di performare anche in poca aria. Il tutto senza tangone, quindi gestibile anche short handed.
Immaginatevi in due su di un 50 piedi, con più di 25 nodi e 140 metri quadri di vela da gestire, e immaginate di poterlo fare con facilità. L’andatura è indifferente, il range va dalla bolina larga (60/70°) alla poppa piena (180°). Non un’altra vela è sù, la barca è stabile e rollio e sbandate virtualmente nulle. Il pilota automatico tiene la rotta e le regolazioni sono minime, da gestire al cambio d’andatura. Niente tangone, così bastano poche braccia e, la vela, una volta a segno fa da sé. Questo è il sunto di New Generation Parasailor, un colpo di genio che dal 2004 stravolge la fisica delle vele portanti. Lo produce Istec e, appunto, ne abbiamo provato la nuova generazione, ad ala ibrida, in poco meno di 10 nodi di vento.
Il nostro Test
Per la prova sono nel Golfo del Tigullio, su un 50 piedi del ‘67. La vela è proporzionata ai suoi 15.2 metri, circa 140 mq di superficie. L’equipaggio, più che short-handed: solo io ed Ezio Grillo di F&B Yachting, rivenditore italiano Parasailor. Vedere poche braccia e una vela più grande di casa mia, onestamente, mi perplime. Scelta invece brillante, perché la facilità con cui gestiamo il Parasailor mi vincerà subito.
Appena issata e scalzata, la vela si gonfia e, da fermi e a secco di vele, in un paio di minuti facciamo 6/7 nodi, con 8/9 nodi di reale in 70° di apparente. La barca scivola come su due binari. Il vento gira di colpo e dobbiamo abbattere, per riportarci in acque libere. E. accompagna la poggiata quadrando il braccio, io timono e lasco scotta. La vela cambia di mura, sempre gonfia, e si assesta da sé, in una delle più calme abbattute di sempre. Abbandonati dal vento, ora sui 3 nodi, il Parasailor coglie comunque ogni refolo. Grazie all’ala la vela rimane gonfia e, le velocità, simili a quelle del vento reale. Contro 3 nodi, ne facciamo quasi altrettanti, con un apparente di 5 kn a 80°. Un paio di manovre ancora e sono conquistato dalla semplicità ed efficienza di questa vela.
I segreti del New Generation Parasailor
Partiamo dalle basi. Il Parasailor è una vela portante simmetrica per la crociera o le lunghe regate d’altura. Le sue qualità, le abbiamo viste, sono versatilità (60°-180° sul vento apparente), stabilizzazione e range di performance (da 3/5 a 30+ nodi). Senza dimenticare stabilità di rotta, assenza di tangone e gestibilità short-handed. Punti di forza notevoli, come anche evidenzia la nostra prova. Ma anche la fisica retrostante affascina.
La chiave del tutto è l’ala. Ancor più efficiente nel New Generation Parasailor, dove è ibrida, composta da cassoni e sezioni a pelle unica, anziché dalla singola opzione, come era nei modelli precedenti. Anche la vela, però, è fondamentale. Visualizzata come fosse uno spi, risulta aperta da un “taglio” nel punto di massima pressione del vento. Questa superficie funziona da convettore di energia: canalizza l’aria all’interno dell’apertura dove, sottovento, scorre poi intorno l’ala, creando una bassa pressione che l’ala traduce in forze traenti ascendenti. La propulsione non è quindi più per “spinta”, ma generata da un “traino” di 45° in avanti e verso l’alto. L’opposto rispetto a quanto non facciano gli spinnaker, tanto gloriosi quanto nevrotici al salire del vento, dove schiacciano la prua generando instabilità.
Con il Parasailor invece, all’aumentare dell’aria, la prua è sgravata di carico, sollevata. Risultato che aumenta stabilità e velocità critica (arretra il centro di deriva), contribuendo al comfort complessivo e al fattore sicurezza. Grazie a un continuo ricircolo d’aria tra i cassoni, l’ala rimane gonfia, e con lei la vela, fattore che semplifica ogni manovra, limitando rollii e sbandate e funzionando su più andature e intensità di vento (da 3/5 kn a salire).Ne emerge una vela portante dalle qualità multiple, semplice da armare e ancor più da usare. La prova del nove? È spesso usata da equipaggi short handed e/o impegnati in regate oceaniche, quali la ARC, dove non mancano venti importanti, che affronta anche per giorni, grazie agli ampi range che consente.
Per quanto riguarda i prezzi, variano da barca a barca, ma, per farsi un’idea, per la vela compresa della sua calza speciale, si parla di cifre intorno al 20% in più di quelle relative a un gennaker nuovo completo di frullone. Però, da tenere a mente, qui si hanno 3 vele in una.
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2 commenti su “VIDEO New Generation Parasailor. Abbiamo provato la supervela”
Per me, il modo migliore di usarlo è al posto degli spi da ventone, anche con una mano di randa. Sostituisce tutti gli A3-4-5. Al posto di runner e code zero, invece, è meglio una vela ”intermedia” come il flat furling reacher, va dai dai 35° ai 150° di apparente fino a +20kt (One Sails per il suo indica fino a 22kt). Se c’è il Genoa invece si può optare per un all purpouse.
…so di gente che lo ha usato anche con più di 40 nodi…