Come si fa rinascere una barca IOR anni 70/80? Parola ai guru
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Come si fa rivivere una barca IOR degli anni ‘70/80, quali vele bisogna usare, a quali manifestazioni si può partecipare?
A rispondere a queste domande ci ha pensato l’associazione Vele Storiche di Viareggio (VSV) che di barche costruite, anche in vetroresina, dal 1970 al 1984 se ne intende. VSV dal 2007 organizza raduni di barche d’epoca e classiche che comprendono anche IOR famosi come Ganbare, disegnato dall’archistar Doug Peterson, capostipite della generazione delle barche moderne. Per non parlare di Bribon, la barca del re di Spagna Juan Carlos (nella foto sotto), progettata dagli italiani Fontana-Maletto-Navone.
Il presidente di VSV Gianni Fernandes, l’esperto di restauri Enrico Zaccagni e il velaio che ha disegnato le vele di Azzurra, Guido Cavalazzi (clicca qui per saperne di più), hanno tracciato le linee guida per valutare se una barca IOR (1970-1984) può essere considerata un “Classic IOR” e come refittarla.
Classic IOR – Regole flessibili e un buon restauro
Enrico Zaccagni ha spiegato che la nascita delle barche di serie in vetroresina coincide con la nascita del regolamento per le regate IOR e mai come in quel periodo le barche di serie sono state influenzate da queste regole. Così, per la prima volta nella storia, nasce una grande produzione industriale nel mondo della vela. Questa concomitanza è parte fondamentale dell’evoluzione della nautica e, in quanto tale, va celebrata. E quale modo migliore, se non il celebrare i protagonisti stessi?
- Leggi anche: Gli IOR che ci avete segnalato
Molte di queste barche hanno fatto la storia. E adesso? Sono barche di seconda mano, ma nate importanti. Il problema, se vogliamo dargli un valore storico, è che nel tempo nel tempo quasi sempre sono state modificate, adattandosi alle esigenze degli armatori. Questo patrimonio merita di essere valorizzato attraverso un restauro che rispetti in buona parte il progetto originale, con la dovuta flessibilità derivante dall’evoluzione tecnica.
Zaccagni ha fatto un semplice esempio, se a una poppa chiusa “rovesciata” tipica di quel periodo è stata applicata una plancetta e una scaletta bagno per facilitare la discesa a mare, oltre ad essere antiestetica è anche non conforme ad una classificazione di valore storico della barca. Ma come salvare questo patrimonio? Zaccagni sintetizza: sicuramente ci vogliono regole, ma i criteri e i regolamenti devono essere flessibili, per consentirne l’uso, la sopravvivenza e il rinascimento.
Classic IOR – I grandi cambiamenti delle vele, che fare?
Guido Cavalazzi, memore delle sue esperienze su un perfetto esempio di Classic IOR, il one tonner Ojala II (foto sotto), ha spiegato che il piano velico degli IOR presenta differenze notevoli rispetto a quello delle barche attuali. Il classico progetto IOR vede infatti boma corti e rande dall’allungamento verticale più pronunciato, accompagnate da genoa molto grandi e ampi corredi di vele prodiere, oltre ad utilizzare lo spinnaker e mai il gennaker che non esisteva ancora. In più le vele erano in dacron, belle bianche.
È però ovvio che, nel tempo, vele, tagli e materiali siano cambiati, vedendo comparire i vari reacher a sostituire i genoa e i gennaker rispetto agli spinnaker. E i materiali e i tagli delle vele non hanno più nulla a che vedere con le vele anni ’70/80 del secolo scorso. Tutti cambiamenti sensati, che incrementano anche le performance delle barche con le vele di oggi. Una questione cui, ad un certo punto, andrà posta attenzione.
Complessivamente, può sì essere l’era del ‘brutto anatroccolo’, come sottolinea Cavalazzi, l’era delle barche spettacolari e poi dimenticate, ma, a livello competitivo, non potrà esserci un liberi tutti, non per eccesso di zelo, ma per riportare davvero in auge un principio fondativo dello spirito IOR, onestà ed equità di stazza, così riassunto: “Lo spirito e l’intento della Regola è quello di promuovere le regate con imbarcazioni d’altura da regata, di vario tipo e costruzione, con un rating giusto ed equo”.
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