Il soccorso in mare è a una svolta, anche per merito dell’Italia
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Grazie a una tecnologia satellitare sviluppata in Italia dalla Stazione Satellitare Cospas/Sarsat di Bari i naufraghi che lanciano un Mayday possono ora ricevere un segnale di avvenuta ricezione. Una consapevolezza che può fare la differenza tra la vita e la morte. La drammatica esperienza di Luca Sabiu.
Ciò che distingue i sopravvissuti dai morti in caso di naufragio spesso è la forza di volontà, la voglia di farcela, la motivazione. Ma a condizionare molto lo stato d’animo del naufrago, e quindi la sua lotta per la sopravvivenza, c’è un fattore chiave: il sapere o meno che il tuo grido disperato di aiuto è stato intercettato. Che c’è qualcuno che sta venendo a prenderti. Insomma che quel Mayday lanciato nell’infinito del cielo ha raggiunto un angelo e da lì a poche ore ci sarà la salvezza.
Perché il segnale di ritorno al Mayday è vitale per il naufrago
Questa consapevolezza da parte del naufrago può fare la differenza tra la vita e la morte. Per due ragioni precise. La prima è psicologica. Sapere di poter essere salvati di lì a breve permette di colpo di vedere la fine del tunnel. Ritornano le forze fisiche e la lucidità mentale. È come se si riprendesse il controllo di tutto. Anche la percezione del tempo si riallinea con quella reale. Ma soprattutto viene meno quell’ansia che chiude lo stomaco e i polmoni. Si torna a respirare. Non è ancora finita, ma la luce è dietro l’angolo. Viceversa, il non sapere nulla, rimanere in balia di sé stessi logora velocemente ogni capacità di resistenza. Tutti gli studi sugli incidenti in mare dimostrano che i naufraghi muoiono molto di più per lo scoraggiamento che non per cause concrete, quali l’affogamento o la fame e la sete.
La seconda ragione per cui avere un feedback positivo al Mayday nelle situazioni estreme può salvare la vita al naufrago riguarda le azioni concrete che si mettono in atto nell’emergenza. Alcune di queste, dettate dallo stato di shock, dalla concitazione e dalla paura di non farcela, possono essere completamente sbagliate. E in alcuni casi fatali. Abbandonare in fretta la barca, per esempio, che espone il naufrago alla mancanza di qualunque riparo e alla precarietà di una zattera alla deriva. Oppure bere l’acqua di mare che debiliterebbe ulteriormente gli organi vitali. Altre azioni disperate del naufrago potrebbero intralciare o addirittura pregiudicare ogni tentativo di soccorso.
Il velista Luca Sabiu, naufrago disperato in Atlantico
Un caso emblematico dell’importanza di avere un feedback positivo da parte del naufrago che lancia un Mayday è quello che ha coinvolto il navigatore Luca Sabiu. Il 4 ottobre 2017 durante la Mini Transat, regata transatlantica in solitario, Sabiu naviga nel Golfo di Biscaglia.
Durante la notte, sono le ore 23,51, il suo Mini 6.50 Jolly Roger disalbera. In quel momento c’è una burrasca Forza 7 con circa 4,2 metri di onda e 43 nodi di vento. Condizioni pesanti. “Quando mi sono reso conto che ormai la mia regata era finita – racconta Luca – l’unica cosa che contava era salvarmi la vita. Per farlo però dovevo liberare il prima possibile i cavi d’acciaio e tessili che tenevano l’albero penzolante ancora attaccato alla barca e che purtroppo stava sfondando la fiancata dello scafo”.
Mentre combatte per tranciare quell’ammasso letale di sartie, drizze e cavi, Luca deve spesso rientrare spesso in pozzetto per evitare che la barca vada all’orza. Il rischio di una scuffia in quei frangenti per lui significa una sola cosa: la morte certa. “Durante una di queste operazioni – spiega ancora Luca – forse complice l’avere indossato la muta di sopravvivenza che mi intralciava nei movimenti, sono caduto rovinosamente in pozzetto fratturandomi due costole su un winch. Da quel momento in poi i miei movimenti erano molto limitati. E a quel punto la situazione è diventata ancora più complicata, perché intanto la barca si stava riempiendo di acqua. Gli incessanti colpi del moncone dell’albero avevano aperto una falla nello scafo”.
GUARDA IL VIDEO – IL NAUFRAGIO DI LUCA SABIU
“Ero solo, non vedevo elicotteri o navi lì a salvarmi”
Subito dopo Luca attiva sia il Plb che l’Epirb per lanciare il Mayday e chiedere soccorso. Schiaccia quei bottoni rossi attaccandosi alla speranza che i satelliti facciano il loro lavoro e qualcuno lo tiri fuori da quell’incubo. “Il tempo passava – ricorda Luca – anche se la mia percezione dello scorrere del tempo era alterata dagli eventi. Ma nulla appariva all’orizzonte. Non vedevo elicotteri o navi vicino a me. Nessuno che veniva ad aiutarmi. Lo sconforto era tanto, ma alla fine ha prevalso il mio spirito di sopravvivenza”. Luca prende il grab bag, quindi estrae l’antenna Vhf d’emergenza e continua per una mezz’ora circa a trasmettere il Mayday, questa volta in fonia. Fino a quando una stazione costiera, sfruttando un ponte radio, riceve la sua richiesta e gli conferma a voce che hanno mandato un elicottero a soccorrerlo. “Da quel momento la situazione a bordo è cambiata totalmente – rievoca Sabiu – perché avevo ormai la certezza che qualcuno sarebbe arrivato prima o poi”.
Gli “angeli” della Stazione Satellitare di Bari
A intercettare la richiesta di aiuto di Luca Sabiu e soprattutto a trasmettergli quel messaggio destinato a cambiargli la vita è il Maresciallo Michele Iusco della Stazione Satellitare Cospas-Sarsat di Bari. Questo ente che lavora alle dirette dipendenze del Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto – Guardia costiera garantisce h24 per 365 giorni l’anno un servizio finalizzato alla salvaguardia della vita umana in mare in Italia e in altri 19 paesi. Un’attività strategica che copre un’area che si estende dal Mediterraneo centrale fino al Corno d’Africa. Grazie al personale tecnico della Stazione Satellitare di Bari e alla tecnologia implementata nella base solo nel 2021 sono state 318 le persone in pericolo di vita tratte in salvo.
LEGGI ANCHE: STAZIONE SATELLITARE, UN’ECCELLENZA ITALIANA
Nel cuore della notte e non senza difficoltà per via del vento ancora forte e il mare grosso, Luca Sabiu viene quindi recuperato da un elicottero spagnolo e portato in salvo. La sua Jolly Roger invece andrà dispersa in Atlantico. “Una volta a terra, ho contattato gli uomini della Cospas-Sarsat, direi i miei “angeli” – racconta Luca – per ringraziarli del loro prezioso lavoro che ha permesso di salvarmi la vita, ma anche di questa straordinaria tecnologia satellitare a cui da anni lavorano”.
Nelle emergenze si deve sapere che non si è abbandonati
Quell’incontro, anche se solo “virtuale”, è stato anche una preziosa occasione per fare un debriefing dell’incidente. L’analisi della gestione dell’emergenza da parte del navigatore italiano durante il suo naufragio è stata lucida e precisa. Del resto da regatante oceanico e soprattutto formatore velico, nonché specialista della sicurezza in mare, Luca era preparato a un evento del genere. Ha sfruttato ogni mezzo di comunicazione, compresa la radio, ed è stato molto fortunato. Ma cosa sarebbe accaduto ad altri velisti comuni? “In modo costruttivo e non senza un po’ di imbarazzo – spiega Sabiu – ho fatto notare al personale della Stazione Satellitare di Bari che nelle procedure di emergenza in mare manca un pezzo fondamentale: ossia proprio il feedback sugli apparati Epirb e Plb una volta che vengono attivati. Di fronte a un’emergenza si spinge un bottone e basta: non si sa se quel Mayday viene intercettato o meno, e l’angoscia di rimanere soli lascia il naufrago nello sconforto assoluto”.
Sistema RLS: una rivoluzione per il soccorso in mare
A distanza di qualche anno, nel marzo del 2022, Luca e i suoi “angeli” si sono incontrati di nuovo, questa volta di persona. Il Comandante della base Angelo Maggio, il maresciallo Iusco, il Direttore Tecnico Alessio Arcadio e gli altri uomini del team hanno ospitato Luca nella Stazione Satellitare a Bari. L’emozione di questa “reunion” non è mancata. Per il profilo umano della vicenda, naturalmente, ma anche per un’importante novità tecnica che cambierà volto al soccorso in mare a livello mondiale. Anzi lo sta già facendo. Sono già disponibili infatti particolari trasmettitori di emergenza, chiamati “beacon”, che sono abilitati a ricevere l’RLS, acronimo di “Return Link Service”, ossia l’avviso di ricezione del segnale inviato dal naufrago e del rilevamento della sua posizione.
In pratica una volta lanciato il Mayday, i diportisti in difficoltà possono sapere in quasi tempo reale se il loro messaggio è stato ricevuto e se la macchina dei soccorsi è stata attivata. In una seconda fase di sviluppo, sarà disponibile anche un servizio di scambio di messaggistica breve attraverso il quale il naufrago potrà integrare la richiesta di aiuto con informazioni utili alle squadre di soccorso (numero dei componenti dell’equipaggio, presenza di feriti a bordo, stato della barca, etc.). Il sistema RLS, sviluppato dalla Commissione Europea ha già ricevuto l’approvazione da parte del Programma COSPAS-SARSAT, ed è operativo da qualche mese. Molto evocativo il motto con il quale il Comandante Angelo Maggio ha voluto accompagnare questo progetto a dir poco rivoluzionario: De Caelum Spes, ossia “dal cielo una speranza”.
Insomma una bella notizia per Luca Sabiu che con la sua disavventura ha contribuito a dare una testimonianza diretta di cosa significa realmente essere “naufraghi”, ma anche per tutti i velisti, i navigatori, coloro che fanno regate e quanti attraversano gli oceani di tutto il mondo. Tranquilli, da oggi in poi in caso di difficoltà non sarete più soli.
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1 commento su “Il soccorso in mare è a una svolta, anche per merito dell’Italia”
Luca è un ragazzo d’oro, buono come il pane, forte come un cinghiale.
Forte di testa, di tecnica e di mentalità.
Umile, ma non modesto, come solo i grandi.
Non vedo l’ora di navigarci insieme.
Grazie Luca!